Renzi dice una cosa. Poi ne scrive un’altra. Le bugie sul Def nero su bianco.
Ci sarà modo di analizzare, una volta che i dati saranno messi nero su bianco e firmati dal Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi, l’incongruità tra dichiarazioni alla stampa italiana (che passa tutto senza mai alzare il ditino) e numeri reali presentati alla Commissione Europea.
Stiamo parlando del Documento Economia e Finanza 2015, di cui oggi, 7 aprile, si occupa il Consiglio dei Ministri.
Purtroppo le bugie, da qualche tempo, hanno le gambe lunghissime.
Renzi, fonte Il Sole 24 Ore: “Nel Def «non ci sono tagli e non ci sono aumenti della tasse: so che non ci siete abituati, ma da quando siamo al governo abbiamo operato una riduzione costante della pressione fiscale»”. Nella Nota di Aggiornamento del Def, dell’ottobre 2014, si è previsto un aumento delle tasse da 786 nel 2014 a 854 nel 2018, con una pressione fiscale record nel 2016, con il 43,6% sul Pil, ben superiore al 43,3% del 2014. Il documento è stato firmato anche da Renzi, che, evidentemente, o non legge ciò che firma, o ha preoccupanti vuoti di memoria, o mente ben sapendolo.
Si tenga conto che poi la Commissione Europea ha inasprito il documento dell’ottobre scorso, riducendo il deficit dal 2,9%, chiesto da Renzi, al 2,6%. Quindi i dati sotto mostrati sono leggermente più positivi di quanto poi deciso definitivamente.
Padoan spiega che “il Pil previsto per il prossimo triennio è quindi di +0,7 nel 2015, di +1,4 nel 2016 e di +1,5 nel 2017. Sul fronte dell’indebitamento il rapporto deficit-pil si dovrebbe attestare al 2,6% nel 2015, all’1,8% nel 2016 e all’1,7% nel 2017”.
Il punto interessante è che la prosopopea della “ripresa”, delle “riforme”, del “taglio delle tasse”, è identica a quella di un anno fa, e anche allora i numeri stimati erano identici a quelli di oggi, con l’aggravante che le previsioni di un anno fa sono state tutte errate e vengono rinviate ad oggi, nella speranza che, una volta o l’altra, ci si colga (il 2014 si è chiuso con una recessione dello 0,4% contro una stima di crescita, nell’aprile 2014, dello 0,8%: un errorino di una ventina di miliardi in otto mesi).
Non si capisce perché affidarsi agli stessi attori e alle stesse politiche (quelle degli avanzi primari finanziati dalle tasse di famiglie e imprese) che negli ultimi 20 anni hanno distrutto l’Italia.
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