wmkrgWarren Mosler commenta l’articolo del premio nobel Paul Krugman in cui demistifica l’odio per il debito. Lo stesso che si riconosceva d’accordo con la Teoria Monetaria Moderna (ma in parte) sostiene anch’esso la necessità del debito pubblico per l’economia. Ma per le motivazioni sbagliate.

Di seguito in corsivo l’articolo di Krugman e in grassetto le parole di Mosler.

Aug 21 (NYT)- Rand Paul ha detto qualcosa di molto divertente l’altro giorno. No veramente, sto dicendo sul serio anche se, chiaramente non è stato intenzionale. Tramite il suo account Twitter ha fatto notare l’irresponsabilità della politica fiscale americana, dichiarando, “l’ultima volta che gli Stati Uniti non hanno avuto debiti  è stato nel 1835”.

 

(Warren Mosler) – E ciò fu seguito dalla peggior depressione nella storia degli Stati Uniti.

 

Wags ha immediatamente sottolineato che l’economia statunitense è stata complessivamente un’economia in crescita per gli ultimi 180 anni, rammentando inoltre che il fatto che il governo debba dei soldi al settore privato potrebbe non essere una cosa così negativa. Il governo britannico, ad ogni modo, ha avuto debiti per gli ultimi 300 anni, un periodo che copre tutta l’epoca della rivoluzione industriale, la vittoria su Napoleone e molto altro.

Possiamo quindi asserire semplicemente che il debito pubblico non è poi così malvagio come le leggende ci raccontano? O che magari il debito pubblico potrebbe essere un qualcosa di positivo?

Che ci crediate o no, molti economisti sostengono che l’economia necessita di un sufficiente ammontare di debito per funzionare bene.

 

(wm) – Sì, serve per consentire al settore privato di non spendere interamente il proprio reddito (risparmiare), e quando per le famiglie indebitarsi per spendere non è più sufficiente la disoccupazione di altri è il risultato.

 

E qual è il livello sufficiente? Probabilmente più di quello che abbiamo oggi. Cioè, ci sono molti elementi che evidenziano come a livello globale (nell’economia di oggi) i governi non siano abbastanza indebitati.

 

(wm) – Sì, questa è chiamata disoccupazione: la prova che la spesa in deficit è insufficiente per compensare la necessità (del settore privato NDR) di non spendere tutto il proprio reddito. Qualcosa che gli economisti sanno essere speculare da almeno 300 anni.

 

Lo so che ciò potrebbe suonare assurdo. Dopotutto, noi abbiamo passato gli ultimi cinque o sei anni in uno stato di “panico fiscale”, sentendo tutti gli “esperti” dichiarare che dovevamo tagliare il nostro deficit e ridurre i nostri debiti il prima possibile perché altrimenti diventeremo la Grecia, la Grecia te lo assicuro.

Ma la forza dell’argomento che dobbiamo tagliare il  deficit è stata sempre un trionfo dell’ ideologia a scapito dell’evidenza empirica, e un numero costante di persone seriamente oneste — molto recentemente Narayana Kocherlakota (il presidente uscente della Fed di Minneapolis) argomentano la necessità di aumentare il debito governativo,  non di diminuirlo.

Perché?

 

(wm) – Questa è la risposta corretta— perché il debito pubblico statunitense, per esempio, non è nient’altro che l’insieme dei dollari spesi dal governo che non sono stati ancora utilizzati per pagare le imposte. Tutti quei dollari emessi costituiscono l’ammontare netto delle attività finanziarie in valuta statunitense presenti nell’economia globale (risparmi nominali netti), sotto forma di denaro contante o di conti correnti bancari in dollari presso la Fed sotto forma di conti di riserva e conto titoli. Da un punto di vista operativo, non è sbagliato chiamare tutti questi dollari “base monetaria”. E un’economia in crescita, che genera un aumento complessivo di reddito non speso, necessita conseguentemente un’equivalente aumento di spesa – pubblica o privata – che ecceda il reddito, affinché una produzione di beni e servizi crescente venga venduta.

 

Un’altra risposta potrebbe essere l’emissione di debito è funzionale ad acquistare beni e servizi utili, e dovremmo farlo nel momento in cui questi beni hanno un giusto prezzo.

 

(wm) – Risposta sbagliata. Non è mai un problema di giusto prezzo. In realtà è sempre una scelta politica relativa a come si vogliono allocare le risorse tra il settore pubblico e il settore privato.

 

Gli U.S.A. soffrono di una palese mancanza di infrastrutture: strade, ferrovie, sistemi idrici e molto altro ancora; ed  il governo federale può indebitarsi ad un tasso di interesse storicamente basso.

 

(wm) – Risposta sbagliata. Sì, abbiamo un serio problema di infrastrutture statali. La questione centrale, comunque, è se il governo statunitense ha risorse disponibili e se voglia allocarle proprio per tale scopo.

 

E i tassi d’interesse non sono in alcun caso un criterio da valutare.

 

Quindi, questo è  un ottimo momento per prendere in prestito ed investire nel futuro e  un pessimo momento per quello che sta accadendo in questa fase: un declino senza precedenti della spesa pubblica nell’edilizia in relazione alla crescita della popolazione e all’inflazione.

 

(wm) – Concordo, è un ottimo momento per ricominciare ad investire in infrastrutture, dovute alle predette mancanze.

 

D’altro canto stabilire se sia o meno un buon momento per aumentare la spesa in deficit dipende da quanto l’economia va a rilento, così come dimostrato dal tasso di disoccupazione, la popolazione attiva ecc. e non dalle necessità infrastrutturali.

 

E la mia lettura, basata su questo criterio, mi suggerisce che questo è un buon momento per un’espansione fiscale proattiva.

 

Ad ogni modo a prescindere da ciò che riteniamo sia giusto o sbagliato in termini di aumento del deficit o riguardo al fatto che il governo debba più o meno indebitarsi, se analizziamo nel dettaglio il suo funzionamento, vediamo che un governo deve  in origine, necessariamente “spendere” o “prestare” e solo in seguito “si indebita”.Come direbbe un lavoratore della Fed: “non puoi drenare riserve se prima non hai aggiunto riserve”

 

Oltre quanto sopra riportato, i bassi tassi di interesse ci stanno dicendo qualcosa di specifico riguardo a cosa vogliono veramente i mercati.

 

(wm) – Sbagliato, i mercati ci stanno dicendo qualcosa riguardo a quello che i partecipanti al mercato stesso pensano rispetto al tasso d’interesse obiettivo fissato dalla Fed sul mercato interbancario (Fed funds rate) nel corso del tempo.

 

In fondo quello che sto dicendo è che avere un certo livello di indebitamento pubblico potrebbe aiutare l’economia a funzionare in modo migliore. Come?

 

(wm) – Giusto, la spesa in deficit aumenta il livello dei redditi e delle attività finanziarie nette nell’economia, sostenendo così una spesa sufficiente per fare in modo che tutta la produzione sia venduta.

 

La risposta, stando al professore dell’M.I.T.’s Ricardo Caballero e altri, è che il debito di un governo politicamente stabile e affidabile fornisce “asset sicuri” che aiutano gli investitori nella gestione dei rischi, rende le transazioni più sicure ed evita di azzuffarsi in modo distruttivo per il denaro.

 

(wm) – Risposta sbagliata. La spesa netta del governo fornisce in prima istanza dollari (crediti di imposta) sotto forma di depositi in dollari detenuti nei conti di riserva presso la Fed. I titoli di Stato non sono nient’altro che depositi alternativi di quegli stessi dollari detenuti in un conto titoli presso la Fed. Tutti e due sono ugualmente sicuri.

 

Ora, in linea di principio anche il settore privato può creare asset sicuri, come i depositi delle banche che sono universalmente riconosciuti come sicuri. Negli anni precedenti alla crisi del 2008, Wall street affermava di aver creato intere categorie di nuovi asset finanziari da loro considerati  sicuri, il tutto si basava sul tagliare e rimodulare i flussi di cassa (cash flows) derivanti dai mutui subprime e da altre attività finanziarie.

Ma tutti questi cosiddetti brillanti e sicuri strumenti finanziari altamente ingegnerizzati si sono dimostrati essere una truffa: Quando la bolla edilizia è esplosa, tutti i titoli tripla A sono diventati carta straccia, quindi gli investitori impauriti sono ritornati a rifugiarsi in attività emesse dal governo degli Stati Uniti e in altre attività emesse dalle maggiori economie globali. In questo processo gli investitori hanno guidato i tassi di interesse sul debito verso il basso

 

(wm) – I tassi scesero perché anticiparono le future scelte della Fed.

 

Quello che gli investitori fecero fu ri-prezzare gli asset finanziari. Gli investitori non possono cambiare l’ammontare totale degli asset. Il totale può solamente cambiare se ci sono nuove emissioni e rimborsi/scadenze.

 

E questi bassi tassi di interesse secondo Mr. Kocherlakota sono un problema. Quando i tassi di interesse sul debito governativo sono molto bassi (anche quando l’economia è in crescita) non lasciano margini di manovra nel caso in cui ci sia un basso livello di crescita, e tutto ciò può generare una difficoltà nel combattere la recessione.

 

(wm) – E’ vero, ma tagliare i tassi di interesse  non combatte la recessione. E questo è provato dal fatto che i bassi tassi di interesse riducono i redditi da interesse pagati dal governo all’economia (nel complesso N.D.R), finendo così con l’indebolirla.

 

Ci sono poi diverse conseguenze per la stabilità finanziaria: bassi rendimenti degli asset sicuri molto probabilmente spingeranno gli investitori ad aumentare l’esposizione al rischio – o per questa ragione spingeranno a un altro round di nuove diavolerie finanziarie create dagli speculatori di Wall Street.

 

(wm) – Questa potrebbe essere comprovato dall’aumento di emissioni di titoli ad alto rischio, ma non c’è stata prova di questo. Infatti, quando il petrolio era a 100 dollari al barile il margine di guadagno ha guidato un aumento del credito che ha generato un aumento dl PIL, come dimostrato dal suo crollo quando il prezzo è sceso.

 

Cosa possiamo fare? Alzare semplicemente  i tassi di interesse, come alcuni analisti finanziari stanno chiedendo (tenendo sempre d’occhio i loro profitti), potrebbe minare la nostra ripresa ancora fragile.

 

(wm) – Molto probabilmente alzare i tassi di interesse potrebbe generare una modesta ripresa, tramite l’aumento del deficit pubblico conseguente al maggior reddito da interesse pagato dal governo all’economia. Ad ogni modo, preferirei una politica di tagli alle tasse o di aumento della spesa pubblica per aumentare il PIL, anziché un aumento dei tassi d’interesse. Ma questa è solo la mia opinione.

 

Quello di cui noi abbiamo bisogno è aumentare i tassi di interesse in momenti di cicli economici positivi senza causare cadute economiche repentine. E una politica di questo tipo, afferma Kocherlakota, potrebbe avere come obiettivo un più alto livello di indebitamento pubblico.

 

(wm) – Mr. Kocherlakota non sbaglia ad affermare ciò, ma di nuovo io preferirei a prescindere un ampio taglio delle tasse per arrivare allo stesso risultato, ma come dicevo prima, sono solo mie osservazioni.

 

In altre parole, la grande paura del debito che ha avvolto la politica americana dal 2010 al 2012 e che ancora domina il dibattito economico in Gran Bretagna e nell’area Euro è addirittura più sbagliata di quanto noi, che ci collochiamo nel campo degli anti-austerità, pensavamo.


(wm) – Vero, e anche questo autore [ossia Krugman, ndt]

Non solo il governo ha operato misure di restrizione fiscale affossando l’economia proprio nel momento in cui già stava rallentando (prolungando la crisi), non solo sono stati tagliati gli investimenti pubblici nel momento in cui tutti gli investitori obbligazionari stavano pregando perché si spendesse di più, adesso stanno probabilmente ponendo le basi per un’altra futura crisi.

(wm) – Si è vero, ma sta accadendo per motivi di disaccordo. Qui il problema non riguarda gli investitori che supplicano per avere investimenti pubblici. Qui il problema è sempre quello dello scopo pubblico che sta dietro alle politiche economiche.

 

La cosa che fa sorridere è che queste scriteriate politiche e tutte le sofferenze che esse hanno determinato sono vendute con una veste molto accattivante che potremmo definire “responsabilità fiscale”

 (wm) – Il problema più grande di questo editoriale sono  le motivazioni sbagliate fornite a sostegno di una corretta politica economica (al di la dei paradigmi economici), che vengono sempre abbattute dall’opposizione e ciò avviene perché gli argomenti dell’opposizione sono estremamente più convincenti (elettoralmente parlando) rispetto ai suggerimenti economici esposti dalle voci di spicco della sinistra americana.

Traduzione di David Lisetti, revisione Alessio Tartari

Un documento dell’economista americano della Mmt per superare la convinzione che le politiche espansive siano vincolate dall’esterno: “I governi reagiscono ad un deficit di partite correnti tirando le leve della politica fiscale e monetaria, cercando di incrementare la disoccupazione e di rallentare la crescita. Questa è una cattiva scelta politica”

Domenico Viola esporrà in maniera semplice e comprensibile i problemi del sistema Eurozona e come uscirne con la Me-Mmt. Inizio 21,30

Di seguito la sintesi degli interventi dei referenti economici Mario Volpi e Filippo abbate, rispettivamente associazioni Me-Mmt Umbria e Toscana, al seminario “Uscendo dall’Euro

«Ipotizziamo che nel giorno X il governo italiano darà vita al processo di uscita dall’euro ed ipotizziamo che l’euro continuerà ad esistere come valuta di altri Stati europei (tale ipotesi è necessaria poiché, secondo molti analisti, se l’Italia uscisse dall’euro ci sarebbe la deflagrazione dell’intera Eurozona e quindi della moneta unica: se ciò si verificasse verrebbero meno tutte le riflessioni che seguiranno).
L’unico momento in cui il tasso di cambio della Nuova Lira (in seguito NL) sarà fisso è all’inizio del processo; tale cambio sarà di 1 ad 1, quindi 1 euro varrà come 1 NL. Da quel momento in poi il tasso di cambio sarà flessibile e quindi libero di fluttuare. Ciò significa che la BCI potrà comunque intervenire con operazioni di politica monetaria per difendere il valore della NL da eventuali apprezzamenti o deprezzamenti nell’interesse pubblico ma non vincolerà il suo valore a quello di altre valute internazionali attraverso accordi di cambio fisso o semifisso.
Arriva il giorno X:
Lo Stato pagherà stipendi pubblici, commesse pubbliche, pensioni e trasferimenti in NL. Gli stipendi verranno convertiti alla pari e quindi uno stipendio pubblico annuo di 30.000 euro diverrebbe di 30.000 NL.
Lo Stato allo stesso tempo accetterà come valuta per l’estinzione degli obblighi fiscali soltanto le NL (soltanto le NL verranno accettate come mezzo di pagamento per le tasse). Ciò determinerà una crescente domanda di NL anche nel settore privato – dipendenti privati ed imprese chiederanno di essere pagati in NL perché soltanto con queste potranno pagare le tasse. La crescente domanda di NL in una fase in cui questa sarà ancora scarsa nel sistema difenderà il valore della valuta.
Se ricordate, quando abbiamo cambiato valuta ed abbiamo adottato l’euro, cosa è successo al settore privato? Non eravamo obbligati a pagare stipendi in euro, avremmo potuto pagarli in altra valuta (dollari, yen); ma avendo ridenominato tutte le tasse in euro, siamo stati di fatto costretti a spendere e riscuotere in euro. Tutta la monetizzazione del paese in NL potrebbe avvenire nella stessa maniera.
Veniamo ai depositi ed ai prestiti. La nostra proposta prevede di:
– Lasciare i depositi bancari esistenti in euro che saranno convertiti soltanto su richiesta del cittadino. Quindi se avete soldi in banca nessuno li denominerà in NL; se avete dei soldi in banca non sarete costretti a convertirli in NL; ma se volete potrete andare presso la banca o altri operatori e farvi cambiare gli euro in NL a prezzi di mercato
– Lasciare i prestiti bancari esistenti in euro che saranno denominati in NL soltanto su richiesta del cittadino – vale lo stesso discorso che abbiamo fatto per i depositi. Ovviamente da oggi i nuovi prestiti erogati dal settore bancario saranno in NL
Nel caso in cui i cittadini richiedano la conversione in NL dei depositi e dei prestiti bancari, il governo obbligherà le banche a soddisfare le richieste dei clienti in tempi brevi, al tasso di cambio vigente, attraverso leggi, regolamenti e controlli.
Quanto maggiori saranno le conversioni spontanee da euro a NL tanto più l’operazione avrà successo ed è importante tener presente quali siano gli incentivi a convertire i depositi esistenti:
– Il fatto che tasse, multe, imposte si possono pagare soltanto in NL renderà necessaria la conversione di almeno parte dei risparmi
– Il fatto che lo Stato spenderà in NL determinerà l’apertura di depositi in NL e ciò incentiverà anche la conversione di parte dei depositi in euro
– il fatto che soltanto i depositi in NL saranno garantiti illimitatamente dalla BCI mentre quelli in euro saranno garantiti nei limiti delle norme di legge vigenti
– il fatto che i depositi in NL saranno più economici di quelli in euro (poichè questi ultimi saranno equiparati a depositi in valuta estera e quindi saranno più costosi) sarà un ulteriore incentivo alla conversione
A nostro parere denominare immediatamente depositi e prestiti in NL non è prudente per almeno 8 motivi che elenchiamo di seguito:
1) La ridenominazione immediata dei depositi in NL incentiverebbe la corsa agli sportelli e le fughe di capitali; i cittadini consapevoli che il governo denominerà i depositi bancari in NL, nel timore che la NL si svaluterà rispetto all’euro, potrebbero ritirare contanti o potrebbero spostare presso banche estere i loro risparmi in euro. Questo comportamento, se effettuato in massa, genererebbe problemi al settore bancario (vedere caso greco). Lasciando la scelta di convertire i propri risparmi al cittadino, si ridurrebbero quantomeno tali comportamenti.
2) La ridenominazione immediata dei depositi in NL incentiverebbe il deprezzamento della NL. Cerchiamo di comprendere un meccanismo importante: se noi in massa vendiamo NL per comprare euro, la NL di deprezzerà e l’euro si apprezzerà. Viceversa, se vendiamo euro per comprare NL quest’ultima si apprezzerà e l’euro si deprezzerà. Supponiamo che il 30% degli italiani preferiscano detenere i propri risparmi in NL e l’altro 70% invece in euro (è solo un’ ipotesi ma il ragionamento vale anche cambiando le percentuali). In seguito alla ridenominazione immediata, il 70% che preferisce detenere risparmi in euro potrebbe riconvertire i propri risparmi di nuovo in euro – vendendo NL – generando così il deprezzamento della NL. Se i depositi invece fossero lasciati in euro potrebbe accadere che il 70% (che preferisce detenere i depositi in euro) non porrà in essere alcuna azione mentre il 30% di italiani che vogliono NL – perché devono pagarci le tasse o perché preferiscono detenere depositi nella nuova valuta perché garantita dallo Stato – potrebbero convertire euro in NL sostenendo così il valore della nuova valuta. Tenete inoltre presente che se la NL si apprezza la BCI sarà sempre in grado di contenerne l’ apprezzamento; mentre se la NL si deprezza repentinamente, la BCI potrebbe non essere in grado di contenerne il deprezzamento. Lasciare i depositi in euro sarebbe quindi utile per sostenere il valore della nuova valuta evitando una svalutazione repentina all’inizio del processo e favorendo un deprezzamento graduale e gestibile.
3) Con la ridenominazione immediata dei depositi la NL sarà subito abbondante nel sistema e ciò potrebbe provocare ulteriori pressioni svalutative. Nel caso contrario invece la nuova valuta sarà scarsa e la BCI sarebbe l’unico soggetto ad avere NL da vendere (quantomeno nella fase iniziale); ciò darà alla BCI un certo grado di potere nell’influenzare il tasso di cambio. Sarà soltanto la BCI a disporre di NL e sarà presumibilmente lei a decidere quanti euro ci vogliono per ottenere una unità della nuova valuta, quanto meno inizialmente. Tenete inoltre presente che, oltre alla domanda interna di NL, ci sarà un’ immediata e crescente domanda anche da parte degli operatori finanziari (dealers) che necessitano della nuova valuta per soddisfare le richieste internazionali della stessa (cittadini esteri che vorranno venire in vacanza in Italia, cittadini ed imprese estere che vorranno acquistare merci italiane o che vorranno investire nel nostro paese). La domanda estera si aggiungerà a quella interna e ne sosterrà il valore. In seguito, man mano che l’afflusso derivante dalla domanda di NL diminuisce e le NL aumentano nel sistema in seguito alle conversioni spontanee dei soggetti economici, si potrà verificare un morbido e graduale deprezzamento della NL.
4) Lasciare i depositi in euro permetterebbe alla BCI di accumulare euro man mano che soggetti economici, interni ed esteri, venderanno euro per ottenere NL. La BCI infatti, sarebbe l’unico soggetto economico a poter soddisfare la domanda iniziale di NL potendo così accumulare euro. Gli euro così accumulati potrebbero essere utilizzati dallo Stato per far fronte alle sue passività denominate in euro. Proprio in conseguenza a ciò proponiamo di non ridenominare, quantomeno inizialmente, i TDS esistenti ed attualmente in circolazione. Come detto in precedenza, la forte domanda di NL da parte di soggetti interni ed esteri, non solo ci difenderebbe da una violenta svalutazione iniziale, ma consentirebbe allo Stato di accumulare gli euro necessari a quantomeno ridurre il debito pubblico in euro. Le prime scadenze dei titoli potrebbero essere onorate in tal modo ed in un secondo momento, quando l’afflusso di euro calerà d’intensità, si prenderanno le giuste decisioni nell’interesse pubblico. La denominazione dei depositi in NL al momento dell’uscita dall’euro, non consentirebbe alla BCI di accumulare euro e si perderebbe tale opportunità.
5) Lasciare i depositi in euro permetterebbe una transizione graduale che fornirebbe il tempo necessario per le modifiche degli sportelli automatici e darebbe modo alle NL di entrare nel circuito economico evitando il rischio di penuria di liquidità che invece si potrebbe verificare nel caso in cui, dalla notte al giorno successivo, tutto venisse immediatamente denominato in NL.
6) Con la ridenominazione iniziale dei depositi si presterebbe il fianco ai media che bombarderanno con l’assioma ” se usciamo dall’euro la Nuova Lira si svaluterà enormemente”; in effetti le conseguenze di tale scelta daranno ragione ai media nel senso che la denominazione immediata in NL ne provocherà una svalutazione repentina per i motivi argomentati precedentemente.
7) I cittadini, già vessati dalla crisi e dalle politiche di austerità dei precedenti governi, vedrebbero la ridenominazione iniziale dei depositi in NL come l’ennesima coercizione del governo a loro spese; ciò farebbe perdere consenso politico al governo che si appresterà a compiere questo importante processo. Preferiamo non entrare in riflessioni di natura politica ma crediamo che questo aspetto sia di enorme importanza e non debba essere assolutamente sottovalutato.
8) La ridenominazione immediata dei depositi è una scelta NON REVERSIBILE. Una volta fatta non si torna più indietro. Lasciare i depositi in euro, non solo presenta i vantaggi precedentemente esposti, ma mantiene la possibilità per il governo di poterli convertire in un secondo momento.
Secondo la maggior parte degli economisti, lasciare i depositi in euro sarebbe sconveniente o addirittura impossibile. Ci teniamo a precisare che entrambe le opzioni consentirebbero allo Stato di perseguire politiche anticicliche e quindi di espandere i deficit pubblici nell’interesse dei cittadini. Riconosciamo inoltre che la ridenominazione immediata è per alcuni aspetti più semplice mentre lasciare i depositi in euro richiede un costante monitoraggio delle situazioni che si verranno a creare per poter elaborare di volta in volta la scelta migliore. Infine siamo profondamente consapevoli delle criticità che si potrebbero generare perseguendo la soluzione da noi proposta. Tuttavia siamo altrettanto convinti che lasciare depositi in euro sia più pratico, più vantaggioso e meno traumatico per il sistema economico che comunque si troverebbe a vivere un processo decisamente delicato come quello della sostituzione della valuta di Stato ed, in ogni caso, rimarrebbe sempre l’opportunità di ridenominarli in NL se ciò diventasse vantaggioso o necessario.
NB
· Prima dell’inizio del processo di transizione sopra descritto, cioè nel momento in cui il governo neoeletto che è intenzionato ad uscire dall’euro salirà al potere, potrebbe essere necessario introdurre dei limiti ai quantitativi di prelievi mensili in euro onde evitare la situazione che si è venuta a creare in Grecia. Il limite può essere individuato intorno ai 2.000,00 euro al mese per singolo c/c. Sempre nel periodo precedente al processo di transizione, potrebbe essere vantaggioso accompagnare questa limitazione con l’impossibilità da parte dei correntisti di spostare i propri risparmi su c/c esteri.
· Durante la fase di transizione potrebbe essere vantaggioso impedire il prelievo in contanti di euro: il cittadino potrebbe in ogni caso effettuare pagamenti elettronici in euro ma se necessita di contante potrà prelevare soltanto il controvalore (tasso di cambio vigente) in NL.
· Man mano che l’afflusso di euro alla BCI (in seguito alla domanda di NL parte dei soggetti economici interni ed esteri) diminuisce determinando un aumento di NL nel sistema, la nuova valuta inizierebbe a deprezzarsi. Tale deprezzamento consentirebbe ai cittadini di ottenere più NL per lo stesso controvalore in euro. Ciò costituirebbe un ulteriore incentivo per la conversione dei depositi ancora rimasti in euro».
Fonte: http://sollevazione.blogspot.it/2015/07/uscire-dalleuro-come-1-note-sul.html

LA FURBIZIA DI BRIGHELLA.
Un’analisi di Chiara Zoccarato sull’iniziativa di Macro Regione Alpina EUSALP promossa dal Presidente del Consiglio Regionale del Veneto Roberto Ciambetti.

 

Leggo ora della nuova iniziativa di Macro Regione Alpina EUSALP, “straordinario” esempio di Governance Multilivello.
Prime osservazioni, puramente formali e politiche. La Lega a livello nazionale dice di volere l’uscita dell’Italia dall’eurozona, ma poi si attiva per l’istituzione di queste “macroregioni” che hanno ragione di esistere solo ed esclusivamente all’interno dell’Unione Europea. La contraddizione è palese. Fatemi capire! La seconda è il piano B nel caso il piano A fallisca, oppure il piano B è quello che volete veramente e il piano A vi serve per raccogliere voti? Oppure la confusione è grande nel partito e non capite fino in fondo nessuno dei due? Forse addirittura credete che si possa uscire dall’euro e restare in Europa, godendo di lira e macroregioni insieme?
Torniamo al merito dell’iniziativa.
Non mi soffermo sul fatto che stare nell’Unione Europea significa dire addio a democrazia, diritti civili e interesse pubblico. Ne abbiamo già parlato ampiamente. Diciamo che in questo modo qualche imprenditore ci può guadagnare. E certo, la base elettorale locale è quella. Ma l’imprenditore non irrora sistematicamente il tessuto sociale circostante con i suoi guadagni, paga il minimo stipendio possibile ai dipendenti, se gli conviene sposta la produzione altrove (tempo fa andavano di moda Carinzia e Slovenia, ovviamente nella prospettiva della macroregione resta tutto in famiglia…ma che dire all’operaio di Casier?), e non è detto che saranno quelli nostrani ad usufruire di questa macroregione. Il trattato TTIP prevede la massima libertà di concorrenza. Il Veneto sarà un crocevia su cui pianteranno i paletti multinazionali straniere. Facendo fallire le nostre pmi. Di che ricchezza parliamo? Ci danno lavoro? A quanto? Uno stipendio da fame nel deserto che ci ritroviamo con la perdita del welfare?
E’ il settore pubblico quello preposto al benessere e alla cura dei cittadini, che eroga servizi, prestazioni a salvaguardia del reddito (maternità, malattia, disoccupazione o infinitamente meglio il PLG), infrastrutture, quello che l’unione europea comprime e svilisce per promuovere il privato. E che nessuna Governance Multilivello può sostituire.
Finiamola di credere e far credere queste tre cose a cittadini ed elettori:
– i servizi fatti dai privati sono migliori
– gli imprenditori pagano le tasse quindi finanziano il settore pubblico
– i fondi europei sono una risorsa
Punto uno:
Il privato non può erogare prestazioni in perdita: non c’è guadagno nella cura di malati terminali, tossico dipendenti, anziani con reddito minimo. Non c’è guadagno nel fornire trasporti pubblici in zone e orari poco frequentati. Non c’è guadagno a fornire istruzione a bambini poveri, magari apparentemente poco brillanti, stranieri, con problemi fisici e mentali. Chi lo farà? Fare debiti è un problema per i privati, MA PER UNO STATO SOVRANO CHE EMETTE LA PROPRIA VALUTA, NON LO E’ AFFATTO….può arrivare a fare deficit stellari finchè non raggiunge la piena occupazione e la piena capacità produttiva! E siamo lontani anni luce.
Quindi questa cosa che il privato è preferibile perchè sa gestire le risorse al meglio è solo fare i conti della serva…Miglioriamo efficienza, organizzazione e controllo, ma lasciamo che resti pubblico, con accesso a risorse ILLIMITATE, senza dover contare gli spiccioli nei cassetti.
La meravigliosa Governance Multilivello regala scarsità e insegna che devi fare il bravo bottegaio, non il bravo POLITICO! La furbizia di Brighella.
Punto due:
Le tasse in eurozona non finanziano affatto i servizi ai cittadini, ma servono a pagare le quote dei vari fondi europei Salvastati di cui nemmeno usufruiamo (per fortuna aggiungo subito! essendo vere e proprie ghigliottine), eventuali prestiti (vedi caso greco), gli interessi sul debito pubblico e a contribuire al raggiungimento del pareggio di bilancio, aumentando le entrate. Quest’ultimo punto è chiarissimo proprio nel vostro caso, cari enti locali, il Patto di Stabilità ve lo dice nero su bianco. Scordatevi l’idea di poter prima o poi ottenere l’autonomia e tenervi le tasse locali in casa. La modifica dell’articolo 119 della Costituzione lo dice chiaramente che gli enti locali oramai esistono per il solo scopo di contribuire agli obiettivi di bilancio dello Stato nell’osservanza dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione Europea. E temo che presto se ne accorgeranno anche gli enti a statuto speciale.
Punto 3:
I fondi europei sono di due tipi. Il primo, sono fondi costituiti con i soldi degli stati membri stessi, solo che le quote erogate non corrispondono in modo proporzionale alle somme che riceviamo da investire sul suolo nazionale, belli i fondi europei! L’Italia (fonte Censis) è il terzo contributore netto, diamo 100 ma ci arriva 60. Siamo in perdita, cifre e conti alla mano. Ok, mettendovi insieme ne intercettate 150? Ma dovrete condividere e siamo al punto di prima. Il secondo tipo è da farsa, come quello in arrivo chiamato Piano Junker o fondi FEIS, basati su schema Ponzi. Da mettersi le mani nei capelli.
In soldoni, per contribuire ai fondi europei, lo stato dà 100 per farti avere 60, ma ti tassa di 100. Inoltre trasferisce meno fondi alle regioni a causa del patto di stabilità, che allora chiederanno più fondi all’Europa che chiederà più soldi allo Stato che poi chiederà più tasse ai cittadini (tutti, compresi quelli della macroregione!!) e sacrifici agli enti locali che saranno costretti a tagliare ulteriormente servizi, privatizzare (vedi punto uno), svendere beni demaniali (pubblici!)…
Insomma, state dicendo che avete trovato il modo di portare più acqua con un secchio bucato?
Ma il boom imprenditoriale e artigianale del Veneto non risale agli anni ’80, con la nascita e lo sviluppo di aziende straordinarie: distretto dello scarpone e abbigliamento sportivo, elettrodomestici, occhialeria? Periodo in cui non c’era federalismo fiscale e la cassa del mezzogiorno pompava soldi a sud a manetta. Non è che per caso c’è qualcosa di sbagliato nella narrativa politica attuale? se poi andiamo ancora più indietro, ai tempi della Serenissima, su ruolo dello Stato, regolamentazione del mercato e debito pubblico c’è da parlare per ore.
Si può far meglio di così. Ci sono soluzioni che possono fare felici gli imprenditori (tutti, non solo alcuni!), i lavoratori, le famiglie, i pensionati, i cittadini di questa regione e di tutte le regioni d’Italia senza rivalità. Ne abbiamo parlato, parliamone ancora.