19 luglio 2012, approvando il Fiscal Compact con una maggioranza schiacciante alla Camera, abbiamo ufficialmente consegnato le sorti del Belpaese nelle mani dei tecnocrati europei, che ne controlleranno integralmente le attività economiche dopo aver già da tempo acquisito i diritti su quelle politiche. Il tutto nella quasi totale assenza, per non dire “allineamento”, dei media del mainstream.
Per capire la gravità della situazione bisogna prima di tutto analizzare che cos’è il Fiscal Compact e quali conseguenze scaturiranno dalla ratifica dello stesso.
Che cos’è il Fiscal Compact
Formalmente è il Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria firmato il 2 marzo 2012 da tutti gli stati dell’Unione europea ad eccezione del Regno Unito e della Repubblica Ceca.
Il Trattato contiene una serie di disposizioni, chiamate anche “regole d’oro”, con cui gli Stati si impegnano a migliorare e coordinare al meglio le politiche economiche all’interno dell’Unione al fine di salvaguardare la stabilità di tutta la zona Euro.
Ufficialmente entrarà il vigore il 1° Gennaio 2013 a condizione che almeno 12 Stati membri, appartenenti all’area Euro, l’abbiano ratificato.
Abbandoniamo però il versante formale e scendiamo nei dettagli per capire effettivamente di cosa si tratta. Il Fiscal compact, in sintesi, si compone di due regole che riguardano rispettivamente: il “patto di bilancio” e l’obiettivo della riduzione del debito pubblico. Lo scopo dichiarato lo troviamo nelle ultime righe dell’art. 1 comma 1: crescita sostenibile, competitività e coesione sociale. Analizzeremo questi obiettivi nel corso dell’articolo approfondendone determinati aspetti.
Regola numero uno: Il patto di bilancio
Il patto di bilancio è disciplinato dall’art. 3 del trattato:
a) la posizione di bilancio della pubblica amministrazione di una parte contraente è in pareggio o in avanzo;
Questa regola sancisce l’impossibilità per uno Stato di chiudere in passivo il proprio bilancio annuale. In altri termini la spesa a deficit non è più contemplata, l’unica alternativa al pareggio è il surplus. Generare ulteriore debito pubblico non è più possibile.
b) la regola di cui alla lettera a) si considera rispettata se il saldo strutturale annuo della pubblica amministrazione è pari all’obiettivo di medio termine specifico per il paese, quale definito nel patto di stabilità e crescita rivisto, con il limite inferiore di un disavanzo strutturale dello 0,5% del prodotto interno lordo ai prezzi di mercato. Le parti contraenti assicurano la rapida convergenza verso il loro rispettivo obiettivo di medio termine. Il quadro temporale per tale convergenza sarà proposto dalla Commissione europea tenendo conto dei rischi specifici del paese sul piano della sostenibilità. I progressi verso l’obiettivo di medio termine e il rispetto di tale obiettivo sono valutati globalmente, facendo riferimento al saldo strutturale e analizzando la spesa al netto delle misure discrezionali in materia di entrate, in linea con il patto di stabilità e crescita rivisto;
d) quando il rapporto tra il debito pubblico e il prodotto interno lordo ai prezzi di mercato è significativamente inferiore al 60% e i rischi sul piano della sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche sono bassi, il limite inferiore per l’obiettivo di medio termine di cui alla lettera b) può arrivare fino a un disavanzo strutturale massimo dell’1,0% del prodotto interno lordo ai prezzi di mercato;
e) qualora si constatino deviazioni significative dall’obiettivo di medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo, è attivato automaticamente un meccanismo di correzione. Tale meccanismo include l’obbligo della parte contraente interessata di attuare misure per correggere le deviazioni in un periodo di tempo definito.
Entriamo nello specifico: la regola espressa dal comma a) si considera rispettata se gli Stati aventi un debito pubblico superiore al 60% del PIL chiuderanno il bilancio con un deficit strutturale massimo dello 0,5%/PIL, il limite è fissato all’1% nel caso in cui il debito pubblico sia inferiore al 60%. Laddove il percorso per il raggiungimento dell’obiettivo subisca un rallentamento o una deviazione è fatto obbligo alla parte contraente attuare un meccanismo di correzione.
Alla Commissione europea spetta il compito di valutare e vigilare sul rispetto degli obiettivi di medio termine imposti agli Stati dal patto di stabilità e crescita 1, ma la funzione della Commissione non si esaurisce e risulta essere di ben altra portata.
Il paragrafo 2 del Trattato ci chiarisce le idee in merito:
2. Le regole enunciate al paragrafo 1 producono effetti nel diritto nazionale delle parti contraenti al più tardi un anno dopo l’entrata in vigore del presente trattato tramite disposizioni vincolanti e di natura permanente – preferibilmente costituzionale – o il cui rispetto fedele è in altro modo rigorosamente garantito lungo tutto il processo nazionale di bilancio. Le parti contraenti istituiscono a livello nazionale il meccanismo di correzione di cui al paragrafo 1, lettera e), sulla base di principi comuni proposti dalla Commissione europea, riguardanti in particolare la natura, la portata e il quadro temporale dell’azione correttiva da intraprendere, anche in presenza di circostanze eccezionali, e il ruolo e l’indipendenza delle istituzioni responsabili sul piano nazionale per il controllo dell’osservanza delle regole enunciate al paragrafo 1. Tale meccanismo di correzione deve rispettare appieno le prerogative dei parlamenti nazionali.
Gli Stati che ratificheranno il fiscal compact saranno quindi obbligati ad adottare tali regole tramite disposizioni vincolanti e di natura permanente – preferibilmente costituzionale e i meccanismi di azione correttiva (di cui sopra) saranno istituiti sulla base di principi proposti/imposti dalla Commissione che ne determinerà anche la natura, la portata e il quadro temporale. L’intera politica economica e fiscale di uno Stato viene trasferita nelle mani di tecnocrati non eletti. L’opera di esautorazione dei Parlamenti nazionali è giunta alla fase finale, le Costituzioni degli stati dell’Eurozona, con rare eccezioni, sono da considerare carta straccia.
Regola numero due: il percorso di riduzione del debito pubblico
L’art. 4 introduce la seconda regola che va ad integrare il patto di bilancio, gli art. 5 e 6 ne stabiliscono le regole:
Quando il rapporto tra il debito pubblico e il prodotto interno lordo di una parte contraente supera il valore di riferimento del 60% di cui all’articolo 1 del protocollo (n. 12) sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato ai trattati dell’Unione europea, tale parte contraente opera una riduzione a un ritmo medio di un ventesimo all’anno come parametro di riferimento secondo il disposto dell’articolo 2 del regolamento (CE) n. 1467/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997..
La parte contraente che sia soggetta a procedura per i disavanzi eccessivi ai sensi dei trattati su cui si fonda l’Unione europea predispone un programma di partenariato economico e di bilancio che comprenda una descrizione dettagliata delle riforme strutturali da definire e attuare per una correzione effettiva e duratura del suo disavanzo eccessivo. Il contenuto e il formato di tali programmi sono definiti nel diritto dell’Unione europea. La loro presentazione al Consiglio dell’Unione europea e alla Commissione europea per approvazione e il loro monitoraggio avranno luogo nel contesto delle procedure di sorveglianza attualmente previste dal patto di stabilità e crescita.
Spetterà al Consiglio dell’Unione europea e alla Commissione europea monitorare l’attuazione del programma di partenariato economico e di bilancio e dei piani di bilancio annuali ad esso conformi.
Al fine di coordinare meglio le emissioni di debito nazionale previste, le parti contraenti comunicano ex ante al Consiglio dell’Unione europea e alla Commissione europea i rispettivi piani di emissione del debito pubblico
In sintesi gli Stati il cui debito pubblico non è inferiore al 60% sul PIL dovranno attuare un programma (che comprenda una descrizione dettagliata delle riforme previste) di riduzione del debito che dovrà scendere ogni anno di almeno 1/20 della distanza tra il valore effettivo e la soglia del 60%. L’approvazione di tali programmi spettano al Consiglio e alla Commissione che dovranno essere anche informati preventivamente di tutte le spese a deficit previste dai piani annuali.
Ma non è tutto, perché gli articoli successivi, in particolare l’otto, stabiliscono che sarà la Corte di Giustizia dell’Unione Europea a stabilire, con una sentenza vincolante, le sanzioni alle parti contraenti che non rispetteranno le regole, sanzioni che arrivano fino allo 0,1 % del PIL. Naturalmente sarà la Commissione a stilare relazioni che potranno inchiodare gli Stati negligenti.
E’ più chiaro ora chi effettivamente governerà i paesi sottoscrittori del Trattato?
Queste considerazioni però non spiegano in modo esaustivo la tesi espressa nel titolo di questo articolo, qualche sprovveduto lettore potrebbe pensare che gli stati spendaccioni si meritino la maestra, o meglio, la Commissione “di sostegno” per aver fatto i cattivi. Andiamo quindi ad analizzare le cifre di questo atto accolto con entusiasmo dalla maggioranza dei nostri parlamentari.
L’obiettivo dichiarato è quello di portare il debito pubblico sotto la soglia del 60% in 20 anni partendo da una cifra molto vicina al 120%. Ciò significa che dovrà essere ridotto di almeno il 3% all’anno. Abbiamo detto che il bilancio dello Stato dovrà essere in pareggio, non potrà quindi generare ulteriore debito. Tutte le variazioni percentuali del PIL, di conseguenza, produrranno altrettante variazioni del rapporto debito/PIL. In altre parole, se la variabile debito è fissa e considerando che il debito pubblico italiano è pari a circa il 120%, affinché si rispetti la regola 1/20, è necessario che inizialmente il PIL cresca di almeno il 2,5%, successivamente, con un debito al 100% è sufficiente una crescita del 2%, e così via. Ma quanto cresce il PIL del nostro paese? Questo è il punto centrale del discorso: il nostro prodotto interno lordo non solo non cresce, ma diminuisce, chiamasi recessione. Le stime parlano di un segno negativo sia per il 2012 che per il 2013. Se il PIL non cresce e il pareggio di bilancio non ci permette di generare nuovo debito, facendo rapidi calcoli, l’Italia dovrà trovare una cifra vicina ai 50 miliardi di euro entro il 2013 per rispettare il suo piano di rientro. Cifre molto simili saranno necessarie per gli anni successivi a meno che non ci sia una miracolosa ripresa della produzione nazionale, cosa che appare alquanto improbabile se ci si ostina a seguire una politica economica che non stimola la domanda. Lo scenario è al limite del drammatico se si considera che la “spending review” di Monti, che sta gettando nella depressione anche i più entusiasti estimatori del Professore, mira a racimolare qualcosa come 29 miliardi di euro in tre anni. Si parla di decine di migliaia di dipendenti pubblici in esubero, meno posti letto negli ospedali, tagli alla scuola e alla giustizia. Dove pensa di trovare ulteriori 50 miliardi di euro?
Qualcuno dica a Monti che dalle vene degli italiani non sgorga danaro, ma sangue.
1 Il Patto di stabilità e crescita (PSC) è un accordo stipulato dai paesi membri dell’Unione Europea, inerente al controllo delle rispettive politiche di bilancio, al fine di mantenere fermi i requisiti di adesione all’Unione Economica e Monetaria europea (Eurozona). Detto anche “Trattato di Amsterdam”, fu sottoscritto nel 1997 al fine di realizzare il rafforzamento del percorso d’integrazione monetaria intrapreso nel 1992 con la sottoscrizione del Trattato di Maastricht. (Wikipedia)
Archivio per mese: Luglio, 2012
La crisi economica produce effetti devastanti per le imprese, con crollo dei consumi, mancati pagamenti della pubblica amministrazione e minore propensione delle banche a dare prestiti
Siamo tutti noi utilizzatori di strumenti, l’economia e il sistema monetario sono strumenti
Nel momento in cui si pensa che la situazione in Europa non possa peggiorare, si è smentiti. La Spagna: una piccola casa degli orrori economici
Incontro a Cremona con Parguez, Fantacci e Amato. L’evento è stato organizzato con la rete degli imprenditori coordinati da Rossella Giavarini. Temi affrontati: soluzioni strutturali e nell’immediato alla crisi dell’euro.
Solo quando l’ultimo bene pubblico sarà stato privatizzato…
Occorre una valuta fiat per sostenere la piena occupazione. E una valuta fiat, come il dollaro USA e l’Euro, include la certezza di debito e tasse
Vittorio Grilli, nuovo Ministro dell’Economia, intende ridurre drasticamente il debito pubblico vendendo i beni che appartengono allo Stato
Il 21 luglio si terrà a Cremona un incontro con il Prof. Alain Parguez e il Prof. Luca Fantacci. La partecipazione è estesa, oltre che agli imprenditori, a tutti gli attivisti della rete territoriale di democraziammt
Innocente Truffa Mortale – 2
Spendendo a deficit lasciamo il peso del debito ai nostri figli.
I fatti:
Nel complesso, in termini reali, non esiste questa possibile zavorra. Debito o non debito, i nostri figli potrebbero consumare qualunque cosa essi producano.
Questa innocente truffa mortale è spesso la prima risposta che la maggior parte delle persone offre a quello che esse percepiscono come il problema principale associato alla spesa pubblica a deficit. Un prestito significa pagare domani la spesa di oggi, o, come si vede comunemente nei media:
“Deficit maggiori oggi significano tasse più alte domani.”
Pagare in seguito significa che, in qualche modo, gli standard di vita reali e il benessere generale dei nostri figli diminuiranno nel futuro a causa della spesa a deficit [effettuata, ndt] nel presente.
Gli economisti professionisti chiamano questo fenomeno il problema del debito “inter-generazionale”. Si ritiene che quando il governo federale spenda a deficit, stia in qualche modo facendo sì che la reale zavorra delle spese odierne sarà pagata dalle generazioni future.
E i numeri sono scioccanti!
Ma, fortunatamente, come tutte le sette innocenti truffe mortali, questa può essere smontata del tutto in una maniera facilmente comprensibile. In realtà, l’idea dei nostri figli che vengono necessariamente privati di beni e servizi reali nel futuro, a causa di quello che viene chiamato debito pubblico, è quantomeno ridicola.
Ecco una storia che illustra la questione. Molti anni fa, mi sono imbattuto in un ex senatore e governatore del Connecticut, Lowell Weicker, e sua moglie Claudia, in un porto a St. Croix. Ho chiesto al governatore Weicker cosa ci fosse di sbagliato nella politica fiscale del Paese. Lui ha replicato che avremmo dovuto smettere di contrarre questi deficit che lasciano il fardello del pagamento delle spese di oggi ai nostri figli.
Perciò, gli ho posto alcune domande, sperando di evidenziare le lacune celate nel suo ragionamento: “quando i nostri figli costruiranno 15 milioni di automobili all’anno, da qui a 20 anni, dovranno rimandarle indietro nel tempo fino al 2008 per ripagare il loro debito? Per caso noi stiamo ancora rimandando beni e servizi reali indietro nel tempo fino al 1945, per ripagare il debito residuo della seconda guerra mondiale?”
Oggi, candidandomi per il Senato USA nel Connecticut, [ho capito come, ndt] nulla sia cambiato. La tesi ricorrente degli altri candidati è che ci stiamo indebitando con [paesi quali, ndt] la Cina per finanziare la spesa di oggi, e che stiamo lasciando ai nostri figli e nipoti il conto da pagare.
Ovviamente, sappiamo tutti che non stiamo mandando beni e servizi reali indietro nel tempo per ripagare i deficit del governo federale, e che nemmeno i nostri figli dovranno farlo.
Non vi è alcuna ragione per cui la spesa pubblica degli anni precedenti dovrebbe impedire ai nostri figli di andare a lavorare e produrre tutti i beni e servizi possibili. In futuro, i nostri figli, proprio come oggi, potranno andare al lavoro, produrre e consumare il loro output reale di beni e servizi, a prescindere da quanti buoni del Tesoro americani non siano ancora stati pagati. Non esiste qualcosa come il destinare l’output dell’anno in corso al passato, e rimandarlo indietro nel tempo alle generazioni precedenti. I nostri figli non potranno ripagarci, per nessuna cosa che gli lasciamo, nemmeno se volessero.
Allo stesso modo, finanziare il pagamento di qualcosa con spesa a deficit non porta ad alcuna particolare conseguenza. Quando il governo spende, modifica delle cifre al rialzo in conti correnti bancari. Più specificamente, tutte le banche commerciali che utilizziamo per le nostre operazioni quotidiane detengono conti correnti presso la Fed, chiamati conti di riserva; anche i governi esteri detengono conti di riserva presso la Fed. Questi conti di deposito presso la Banca Centrale sono simili ai conti correnti di qualsiasi altra banca.
Quando il governo spende senza tassare, tutto ciò che fa è aumentare delle cifre nei “conti correnti” che le banche hanno presso la Fed. Ciò significa che quando essa effettua un pagamento in vostro favore di $2000, per la previdenza sociale ad esempio, sta aumentando di $2000 le cifre del conto corrente della vostra banca presso la Fed, il che automaticamente aggiunge $2000 al vostro conto presso la vostra banca.
Poi, dovete capire cos’è realmente un buono del Tesoro: nulla in più di un “libretto di risparmio” presso la Fed. Quando comprate un buono del Tesoro, inviate del denaro alla Fed e, in un tempo futuro, essa vi restituisce quella quota capitale più gli interessi. La stessa cosa vale per un libretto di risparmio presso qualsiasi altra banca: cedete dei soldi alla banca e, in cambio, vi viene restituito quel denaro più gli interessi. Poniamo che la vostra banca voglia investire $2000 in buoni del Tesoro. Per far eseguire il pagamento dei buoni, la Fed riduce di 2000 il numero di dollari che la vostra banca ha a disposizione nel suo conto corrente Fed, e aggiunge $2000 al libretto di risparmio Fed della vostra banca (chiamo i buoni del Tesoro per quello che sono, cioè “libretti di risparmio”).
In altri termini, quando il governo compie quello che viene detto “indebitamento”, tutto ciò che fa è movimentare dei fondi da conti correnti presso la Fed, ad altri libretti di risparmio presso la Fed. Di fatto, l’intero ammontare dei $13 trilioni di debito pubblico è il totale delle quote dei libretti di risparmio presso la Fed.
E che cosa accade quando i buoni del Tesoro scadono, e il “debito” deve essere ripagato? Sì, avete indovinato: la Fed sposta semplicemente il saldo di denaro dal libretto di risparmio (buoni del Tesoro) al conto di deposito della banca presso la Fed. Questa non è nemmeno una novità: si fa esattamente così da molto tempo e nessuno sembra capire quanto sia semplice e che non sarà mai un problema.
La tassazione e la spesa pubblica influenzano la redistribuzione
La redistribuzione riguarda i destinatari di tutti i beni e servizi che vengono prodotti. Di fatto, questo è ciò che fanno i politici ad ogni cambio di legislatura: essi re-indirizzano beni e servizi reali per decreto, a destinazioni migliori o peggiori a seconda dei casi. Le possibilità di destinare [beni e servizi in maniera, ndt] migliore sono sostanzialmente inferiori, se non comprendiamo le sette innocenti truffe mortali. Ogni anno, ad esempio, il Congresso discute di politica fiscale puntando gli occhi sulla redistribuzione di redditi e spese. Molti mirano a tassare quelli che “possono permetterselo” e indirizzano la spesa pubblica a coloro che “ne hanno bisogno”. Ed essi decidono anche come e quanto tassare gli interessi, le plusvalenze finanziarie, gli immobili, così come la tassazione dei redditi. Tutti questi sono problemi redistributivi.
Inoltre, il Congresso decide chi viene assunto e licenziato dal governo, i venditori da cui esso deve rifornirsi e chi è destinatario dei pagamenti diretti. Il Congresso emana anche le leggi che influenzano direttamente molti altri aspetti dei prezzi e dei redditi.
Gli stranieri che possiedono dollari USA sono particolarmente a rischio. Essi guadagnano quei dollari vendendoci beni e servizi reali, ma non hanno la sicurezza di poter comprare beni e servizi reali da noi in futuro. I prezzi potrebbero alzarsi (inflazione) e il governo degli USA potrebbe legalmente imporre tutti i tipi di tasse su qualunque cosa che gli stranieri vogliano comprare da noi riducendo il loro potere d’acquisto.
Pensate a tutte le automobili che il Giappone ci ha venduto per meno di $2.000 alcuni anni fa. I giapponesi hanno sempre detenuto quei dollari nei conti di deposito presso la Fed (possiedono titoli di Stato USA), e se ora volessero spendere quei dollari per comprare auto da noi, probabilmente dovrebbero pagare più di $20.000 a macchina. Come possono rimediare all’innalzamento dei prezzi? Chiamare il manager e lamentarsi? Ci hanno venduto milioni di automobili perfette in cambio di aperture di credito sui libri contabili della Fed, con cui possono comprare solo ciò che noi gli consentiamo. E osservate cosa è accaduto di recente: il taglio dei tassi della Fed che hanno ridotto gli interessi percepiti dal Giappone sui suoi titoli di Stato USA (questa discussione prosegue più avanti, nella trattazione di un’altra truffa innocente).
Tutto ciò è perfettamente legale e non è mai soggetto a cambiamenti, poiché l’output annuale è “diviso” tra la popolazione. Nessuna parte di output reale viene “buttata via” a causa di un enorme debito, e non importa quanto sia grande. Un debito enorme non riduce l’output e l’occupazione, a meno che dei politici ignoranti non decidano di prendere delle misure contro il deficit che riducano davvero l’output e l’occupazione. Sfortunatamente, è proprio il caso di questi giorni, ed ecco perché questa è un’innocente truffa mortale.
Oggi (15 Aprile, 2010) è chiaro a tutti che il Congresso ci sta sottraendo più potere d’acquisto in tasse di quanto sia necessario per fare spazio alla spesa pubblica. Anche dopo che il settore privato abbia speso ciò che vuole e il governo fa la sua spesa massiccia, esistono ancora molti beni e servizi rimasti invenduti, in quel mega-negozio chiamato economia.
Come lo sappiamo? Facile! Contate gli individui nelle statistiche relative alla disoccupazione. Guardate all’ammontare enorme di capacità in eccesso nell’economia. Osservate quello che la Fed chiama “output gap”, ovvero la differenza fra quanto (e cosa) potremmo produrre in una condizione di piena occupazione e quanto stiamo producendo. E’ immenso.
Certamente, ci sono un debito e deficit nazionali da record, il che significa, ora lo sapete, che abbiamo tutto quel denaro in conti di deposito di banche presso la Fed, chiamati titoli di Stato. Casualmente, il deficit di bilancio complessivo degli USA, adattato alle dimensioni dell’economia, è ancora di molto inferiore a quello del Giappone, dell’Europa, ed enormemente inferiore ai deficit degli USA nel periodo della seconda guerra mondiale che ci hanno portato fuori dalla Depressione (senza avere zavorre di debiti come conseguenza).
Se siete arrivati fino a questo punto del libro, potreste già sapere perché le dimensioni del deficit non sono un problema finanziario. Spero che sappiate che le tasse servono a regolare l’economia, non a ottenere ricavi, come pensa il Congresso. Quando osservo l’economia odierna, mi sembra lampante che il problema stia nel fatto che le persone non hanno abbastanza denaro da spendere: nessun elemento mi suggerisce che il problema sia l’eccesso di potere d’acquisto e la spesa eccessiva da parte di esse. Chi non sarebbe d’accordo?
La disoccupazione è raddoppiata e il PIL è più di 10 punti percentuali al di sotto della soglia che dovrebbe raggiungere se il Congresso non ci oberasse di tasse, sottraendoci così tanto potere d’acquisto.
Quando operiamo ad un potenziale inferiore a quello necessario – ovvero, sotto al livello di piena occupazione – allora stiamo privando i nostri figli dei beni e servizi reali che potremmo produrre per loro. Allo stesso modo, quando operiamo tagli all’educazione superiore, stiamo privando i nostri figli della conoscenza di cui avranno bisogno per tirare fuori il meglio da loro stessi in futuro. Quindi anche quando facciamo tagli sulla ricerca di base e l’esplorazione spaziale, priviamo i nostri figli di tutti i frutti di quel lavoro che stiamo invece trasferendo ai disoccupati.
Quindi sì, i cittadini della nazione devono consumare l’output di quest’anno, e devono anche decidere di utilizzare parte dell’output come “beni e servizi di investimento” che dovranno aumentare la produzione futura. Sì, il Congresso ha molta voce in capitolo nel determinare chi consuma l’output corrente. I potenziali problemi di redistribuzione causati dai precedenti deficit possono essere facilmente affrontati dal Congresso, e la distribuzione può essere legalmente alterata per gli scopi da esso perseguiti.
Quindi come ripaghiamo la Cina?
Coloro che si preoccupano di ripagare il debito nazionale non hanno minimamente capito l’abc di come funziona tutto il sistema (di debiti e crediti), a livello operativo. Altrimenti, essi si renderebbero conto che la domanda è interamente inapplicabile al caso in questione. Ciò che non capiscono è che sia i dollari sia i titoli del debito del Tesoro (titoli di Stato) non sono altro che “conti”, i quali non sono altro che cifre, registrate dal governo nei propri libri contabili.
Perciò, iniziamo ad analizzare come siamo arrivati fino a questo punto nei rapporti con la Cina. Tutto è cominciato quando la Cina ha voluto venderci dei beni, e noi abbiamo voluto comprarli.
Ad esempio, supponiamo che l’esercito americano abbia voluto comprare uniformi dalla Cina per $1 miliardo, e che la Cina abbia voluto vendere uniformi all’esercito americano a quel prezzo, per $1 miliardo. Quindi l’esercito compra uniformi dalla Cina per $1 miliardo. Per prima cosa, cercate di capire che entrambe le parti sono soddisfatte: non esistono “squilibri”. La Cina preferisce avere $ 1 miliardo piuttosto che tenersi le uniformi, altrimenti non le avrebbe vendute; e l’esercito americano preferisce le uniformi piuttosto che il denaro, altrimenti non le avrebbe comprate. Le transazioni sono tutte volontarie, e tutte denominate in dollari USA Ma torniamo al nostro punto centrale: come viene pagata la Cina?
La Cina possiede un conto di riserva presso la Federal Reserve. Per ricapitolare, un conto di riserva non è nulla più che un nome estroso per un conto corrente. È la Federal Reserve, e allora li chiama “conto di riserva”, invece di definirli semplicemente “conti correnti”. Per pagare la Cina, la Fed aggiunge $1 miliardo al conto corrente della Cina presso la Fed: lo fa aumentando le cifre del conto corrente cinese di $1 miliardo. I numeri non vengono da nessuna parte, esattamente come i numeri del tabellone di uno stadio di football. La Cina allora ha a disposizione diverse scelte. Può non far nulla, e quindi lasciare il miliardo di $ nel suo conto corrente presso la Fed, oppure può comprare dei titoli di Stato americani.
Di nuovo, per ripassare velocemente, un titolo di Stato americano è niente più che un nome estroso per un libretto di risparmio presso la Fed. L’acquirente cede denaro alla Fed, che gli viene poi restituito con gli interessi. Questo è un libretto di risparmio: date denaro alla banca e lo ottenete indietro più tardi con gli interessi.
Perciò, poniamo che la Cina compri un titolo di Stato con scadenza ad un anno. Tutto ciò che accade è che la Fed sottrae $1 miliardo dal conto corrente cinese presso sé stessa, e lo aggiunge al libretto di risparmio cinese, sempre presso di essa. Un anno più tardi quello che accade è che quando il titolo di Stato detenuto dalla Cina scade, la Fed rimuove questo denaro dal libretto di risparmio cinese (inclusi gli interessi) e lo aggiunge al conto corrente cinese presso la Fed.
In questo momento, la Cina detiene titoli di Stato per un valore di circa $2 miliardi. Quindi cosa facciamo quando essi scadono ed è tempo di ripagare la Cina? Togliamo quei dollari dal libretto di risparmio [cinese, ndt] presso la Fed e li aggiungiamo al loro conto corrente; e aspettiamo che ci dica cosa voglia fare poi, ammesso che voglia qualcos’altro.
Questo è ciò che accade quando tutti i titoli di debito del governo americano scadono, cosa che succede di continuo. La Fed rimuove dollari dai libretti di risparmio e aggiunge dollari ai conti correnti registrati sui suoi libri contabili. Quando le persone comprano titoli di Stato, la Fed toglie denaro dai loro conti correnti e lo aggiunge ai loro libretti di risparmio. Allora perché tutta quest’agitazione?
È tutto un tragico fraintendimento.
La Cina sa bene che essa non ci serve per “finanziare i nostri deficit” e ci sta prendendo in giro, [cosi come lo stanno facendo, ndt] Geithner, Clinton, Obama, Summers, il resto dell’amministrazione, il Congresso e i media.
Ora fatemi descrivere tutto ciò in termini più tecnici, per chi fosse interessato. Quando una banconota o buono del Tesoro è acquistata da una banca, ad esempio, il governo crea due voci sul suo foglio di calcolo, che noi chiamiamo “sistema monetario”. Primo, addebita il conto di riserva dell’acquirente presso la Fed (cioè, gli sottrae denaro); poi, accredita il conto dei titoli (libretto di risparmio) presso la Fed (cioè, gli rifornisce denaro). Come prima, il governo semplicemente modifica cifre sul proprio foglio di calcolo – un numero viene diminuito ed un altro aumentato. Quando arriva il terribile giorno, e i titoli di Stato detenuti dalla Cina scadono, dovendo essere ripagati, di nuovo la Fed semplicemente modifica due voci del suo foglio di calcolo. La Fed addebita i conti dei titoli della Cina presso sé stessa; poi accredita i conti correnti della Cina. Ecco tutto: debito pagato!
Ora la Cina ha ottenuto nuovamente i suoi soldi. Ha un bilancio di dollari in attivo (molto consistente) nel suo conto corrente presso la Fed. Se desidera altro – macchine, barche, immobili, altre monete – deve comprare ai prezzi di mercato, presso un venditore consenziente che voglia in cambio dei depositi di denaro. Se la Cina effettivamente compra qualcosa, la Fed sottrarrà quell’ammontare dal suo conto corrente e lo aggiungerà al conto corrente di chiunque gli abbia venduto qualcosa.
Notate anche che “ripagare la Cina” non cambia in alcun modo la ricchezza dichiarata della Cina in $. Semplicemente, essa detiene dollari in un conto corrente, invece che attraverso titoli di Stato americani (dei libretti di risparmio) di eguale valore. Se essa desiderasse invece più titoli di Stato, nessun problema: la Fed, di nuovo, muoverebbe semplicemente i suoi dollari dal suo conto corrente al suo libretto di risparmio, modificando le cifre appropriate.
Ripagare l’intero debito nazionale americano è solo una questione di sottrazione del valore dei titoli in scadenza da un conto della Fed, e simultanea addizione di quel valore ad un altro conto della Fed. Questi trasferimenti non sono degli eventi rilevanti per l’economia reale, e non sono la fonte delle ansie tremende diffuse dagli economisti mainstream, dai politici, dagli uomini d’affari, e dai media.
Ripetiamolo ancora: per ripagare il debito nazionale il governo modifica due voci nel proprio foglio di calcolo – un numero, che ci dice quanti titoli sono detenuti dal settore privato, viene diminuito, ed un altro numero, che ci dice quanti dollari sono detenuti presso la Fed in conto di riserva, viene aumentato. Nulla di più. Debito pagato. Tutti i creditori recuperano i loro soldi.
Pertanto, cosa accade se la Cina rifiutasse di comprare il nostro debito ai bassi tassi d’interesse attuali che gli vengono offerti? Bisogna aumentare i tassi d’interesse per convincerli ad acquistare i titoli di Stato, vero? Sbagliato!
Possono lasciare i loro soldi nei propri conti correnti. Tutto ciò non ha alcun effetto per un governo che capisca il suo sistema monetario. Quei fondi non vengono utilizzati per essere spesi, come descritto in precedenza. Non vi sono conseguenze negative se quei fondi restano in un conto corrente presso la Fed, invece che in un libretto di risparmio.
Che cosa accadrebbe se la Cina affermasse: “Non vogliamo più possedere un conto corrente presso la Fed. Pagateci in oro o con qualche altro mezzo di scambio!”. Semplicemente, i cinesi non hanno quest’opzione con il nostro attuale sistema monetario “fiat”[1]; peraltro, l’avrebbero saputo quando hanno venduto le uniformi all’esercito americano ed hanno accettato che fosse accreditato del denaro presso la Fed. Se essi desiderano altro rispetto ai dollari, devono comprarlo da un venditore consenziente, così come facciamo noi quando spendiamo i nostri soldi.
Un giorno, saranno i nostri figli a modificare cifre su quelli che saranno i loro fogli di calcolo, esattamente come abbiamo fatto noi, e come hanno fatto i nostri genitori (speriamo però con una migliore comprensione del sistema!). Per ora, l’innocente truffa mortale di “lasciare il debito interno ai nostri figli” continua a determinare le politiche nazionali impedendo di ottimizzare la produzione e l’occupazione.
L’output perso inutilmente e il capitale umano deprezzato costituiscono il vero prezzo che noi e i nostri figli stiamo pagando adesso, e che peggiora sia il presente che il futuro. A causa di esso, ci accontentiamo di qualcosa in meno rispetto a quanto potremmo produrre e sopportiamo alti livelli di disoccupazione (insieme a tutti i crimini, i problemi familiari e medici ad essa associati); tutto mentre i nostri figli vengono privati dei reali investimenti che avremmo potuto fare per loro, se avessimo saputo come mantenere pienamente impiegate e produttive le nostre risorse umane.
[1] Nel 1971, gli Stati Uniti hanno abbandonato il “gold standard” per i conti internazionali, interrompendo formalmente tutta la convertibilità garantita dal governo dei dollari USA.
Qui la prima parte delle “7 innocenti frodi mortali della politica economica” di Warren Mosler
Traduzione a cura di Giacomo Bracci.
Dal libro di Warren Mosler, The Seven Deadly Frauds of Economics Policy pubblicato in italiano da Edizioni Arianna
http://www.edizioniarianna.it/index.php?option=com_abook&view=book&catid=20%3A-free-writers&id=81%3Ale-sette-innocenti-frodi-capitali-della-politica-economica&Itemid=55
Qui il pdf gratuito in inglese http://moslereconomics.com/wp-content/powerpoints/7DIF.pdf