SAGGIO
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IL PARLAMENTO EUROPEO
UNIONE EUROPEA:
È DAVVERO UNA DEMOCRAZIA?
Prima di introdurre il tema principale, cioè il funzionamento del Parlamento europeo, è fondamentale premettere brevemente tre concetti importantissimi:
- Cos’è lo Stato;
- Differenza tra Democrazia e Tirannia;
- Cos’è la dottrina della separazione dei poteri Legislativo, Esecutivo e Giudiziario.
1) Lo Stato
Lo Stato per definizione è un ordinamento politico e giuridico a base territoriale.
Lo Stato nasce dal contratto sociale, che è un patto stretto tra i singoli individui, i quali si mettono assieme formando una società, riunendosi attorno a valori comuni, che vengono poi tradotti in un ordinamento giuridico. In questo modo, col patto sociale, gli individui passano da un’esistenza animalesca e primitiva, basata sulla competizione di tutti contro tutti, alla cooperazione, dalla quale nasce lo Stato, il quale permette l’evoluzione e la crescita individuale e collettiva per l’interesse comune, cosa impossibile nello stato di natura, come descritto da Jean-Jacques Rousseau nel 1792: “solo la volontà generale può dirigere le forze dello Stato secondo il fine della sua istituzione, che è il bene comune; …il contrasto degl’interessi privati ha reso necessario l’istituzione della società, ed è stato l’accordo dei medesimi interessi a renderla possibile. Il legame sociale risulta da ciò che in questi interessi differenti c’è di comune… la società deve essere governata unicamente sulla base di questo interesse comune.”
Lo Stato è costituito da tre elementi fondanti, che sono: Popolo, Territorio e Sovranità. Pertanto, qualora venisse meno anche uno solo di questi tre elementi costitutivi, o la frazione di uno di essi, allora non si potrebbe più parlare tecnicamente di Stato.
Esistono, infatti, eventi in grado di menomare la sovranità dello Stato: ogni evento bellico è, per sua definizione, il tentativo di sottomettere uno Stato, compromettendo la sua sovranità e la sua indipendenza. Infatti, in caso di invasione armata, certamente non svanisce il territorio, che geograficamente, seppure bombardato, rimane. Non scompare neppure il popolo, che nonostante i morti conseguenti ad una guerra, non si estingue completamente. Uno Stato invaso perde invece il potere d’imperio, ovvero la sua sovranità sul suo territorio.
Ecco perché sottrarre ad uno Stato la sovranità, non solo è l’unica condotta che si può realisticamente commettere contro la sua stessa esistenza, ma rappresenta, senza dubbio, l’azione più grave e ostile che si può compiere contro di esso.
2) Democrazia o Tirannia?
A seconda del centro di potere individuato dallo Stato per esercitare la sovranità, si distinguono le forme di governo democratiche da quelle tiranniche.
La Democrazia si ha quando è il popolo stesso che esercita la sovranità, il potere di imperio, su sé stesso e sul proprio territorio, mentre la Tirannia si ha quando un individuo, o un’élite dominante, esercita il potere d’imperio sul popolo e sul territorio.
La forma di governo, però, non può incidere sulla sovranità e, quindi, sull’esistenza dello Stato. Addirittura, nemmeno un colpo di Stato ed il passaggio da una forma di governo all’altra possono mutare il potere d’imperio, ma al massimo potrebbero far cambiare il soggetto che lo esercita.
Capire se in uno Stato vige la Democrazia, o la Tirannia, è qualcosa che si può stabilire solo di fatto, in quanto tutti i tiranni della storia hanno sempre cercato di ammantarsi col velo della democrazia e di legittimarsi giuridicamente, a partire dai tiranni greci e da quelli romani, fino ai dittatori più recenti del ‘900, per concludere con le tirannie contemporanee, più sottili e nascoste, ben descritte da George Orwell nel suo famosissimo libro intitolato “1984”.
3) La separazione dei poteri
La separazione dei poteri è uno dei principi giuridici fondamentali dello Stato di diritto e della democrazia. I poteri dello Stato si dividono in:
- Potere Legislativo, in capo al Parlamento Nazionale eletto dai cittadini a suffragio universale, che si occupa di emanare le leggi;
- Potere Esecutivo, che esegue gli ordini del Parlamento, applicando le leggi a livello amministrativo sul territorio;
- Potere Giudiziario, che applica la legge dal punto di vista giuridico e punisce i trasgressori.
Ciascuno di questi tre poteri deve essere indipendente dagli altri, pena il passaggio da Democrazia a Tirannia. Il principio fondamentale della divisione del potere si rinviene già nella riflessione filosofica sulle forme di governo nell’antica Grecia. Platone, nel dialogo La Repubblica, parlava già allora dell’indipendenza del giudice rispetto al potere politico, ma fu, poi, Aristotele, nella Politica, in occasione della descrizione delle forme di governo (Monarchia e Aristocrazia, da un lato, e Democrazia, dall’altro), a teorizzare per la prima volta la separazione dei tre poteri Legislativo, Esecutivo e Giudiziario, teoria, successivamente fatta propria anche da Tommaso d’Aquino e quindi dalle Costituzioni dei Paesi cristiani in primis, poi seguiti da quasi tutti gli altri Stati.
UNIONE EUROPEA E PARLAMENTO EUROPEO
L’Unione Europea è un ente sovranazionale, un ordinamento giuridico di natura spiccatamente economica, che traduce in diritto la nota ideologia economica neoliberista.
L’Unione Europea, altro non è che l’insieme dei suoi Trattati economici costitutivi, da Maastricht a Lisbona.
L’UE avrebbe la pretesa di essere uno Stato, ma non lo è, in quanto ha un territorio, ma non è propriamente suo; non ha un popolo, ma ha la pretesa di governare su tanti popoli; ha sovranità solo su specifiche materie.
Anche l’Unione Europea è composta da istituzioni: esistono il Parlamento Europeo (membri eletti) ed il Consiglio Europeo (membri non eletti), che svolgono una mera funzione legislativa (che per certi aspetti ricorda lontanamente quella del nostro Presidente della Repubblica), poi vi è la Commissione Europea (membri non eletti), che concentra il Potere Legislativo vero e proprio, ossia l’iniziativa legislativa, ed il Potere Esecutivo; infine, c’è la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la quale esercita il Potere Giudiziario.
Nato col nome di Assemblea, il Parlamento europeo si riunì per la prima volta nel Palazzo d’Europa a Strasburgo nel 1958, ma la sua istituzione formale avvenne successivamente, con l’Atto unico europeo nel 1962.
In base ai trattati istitutivi iniziali, i membri del Parlamento erano nominati tra i parlamentari dei singoli Stati membri, i quali, quindi, non erano eletti, ma nominati e svolgevano a tutti gli effetti un doppio mandato.
A partire dal 1979, invece, si è prevista, con decisione del Consiglio europeo, l’elezione dei membri del Parlamento da parte dei cittadini e a suffragio universale, con un mandato di cinque anni di durata. Tuttavia, solo recentemente, nel 2018, il Consiglio ha stabilito l’incompatibilità tra carica di Parlamentare europeo e quella di Parlamentare nazionale, oltre che prevedere il sistema elettorale proporzionale.
Pertanto, il Parlamento europeo rappresenta oggi l’unica istituzione europea eletta dai cittadini.
L’Art. 14 TUE (Trattato sull’Unione Europea) fissa il numero massimo di Parlamentari europei a 750 più il Presidente, ma con l’uscita del Regno Unito (Brexit) oggi il parlamento è sceso a 705 membri.
L’Italia è rappresentata da 76 Parlamentari europei.
Anche i Parlamentari europei, ovviamente, sono indipendenti, nel senso che non devono obbedire agli ordini dei propri Paesi e non hanno mandato imperativo elettorale, esattamente come i parlamentari nazionali. Inoltre, una volta eletti, i Parlamentari europei possono organizzarsi in gruppi politici non nazionali, composti da membri eletti dei diversi Paesi.
In principio, il Parlamento europeo disponeva di meri poteri consultivi, che si traducevano nell’emanazione di un parere non sempre richiesto, e, soprattutto, mai vincolante. Poi, con i trattati Maastricht e Lisbona, il Parlamento europeo ha assunto una embrionale funzione a livello legislativo, banalmente di ratifica. Infatti, oggi la funzione legislativa del Parlamento europeo, se di funzione legislativa si può parlare, consta di una procedura ordinaria e di una procedura speciale.
- La procedura ordinaria è in capo sia al Parlamento europeo, sia al Consiglio europeo, che agiscono in codecisione e viene applicata nella maggior parte dei settori di competenza dell’Unione Europea, potendo approvare o respingere o proporre emendamenti ad un atto proposto dalla Commissione europea, la quale, però, va nuovamente sottolineato, detiene l’esclusività dell’iniziativa legislativa. In caso di proposta di emendamenti da parte del Parlamento europeo e del Consiglio europeo su una norma proposta dalla Commissione europea, inizia il rimpallo del testo tra Parlamento e Consiglio, da una parte, e Commissione, dall’altra, fino a che non si arriva o all’approvazione o alla bocciatura, o alla conciliazione. LEGGI APPROFONDIMENTO (1) ALLA FINE
- La procedura speciale si ha su temi specifici, come ad esempio il bilancio o la lotta alle discriminazioni, ma la Commissione europea detiene sempre l’iniziativa legislativa. Non si ha la codecisione tra Parlamento europeo e Consiglio europeo, ma, a seconda della materia, si ha la preminenza del parere di un organo sull’altro. Inoltre, sempre a seconda della materia, può essere previsto il “parere conforme”, ossia l’impossibilità di proporre emendamenti, ma solo l’approvazione o il respingimento.
LEGGI APPROFONDIMENTO (2) ALLA FINE
Perché si parla di lacuna democratica nell’Unione Europea?
L’enorme differenza tra Parlamenti nazionali ed il Parlamento europeo è che quest’ultimo non ha il potere di iniziativa legislativa, che è riservato esclusivamente alla Commissione europea, che esercita anche il Potere Esecutivo. Nell’Unione Europea, quindi, il Potere Esecutivo ed il Potere Legislativo vero e proprio, sono concentrati pericolosamente in un’unica istituzione, la Commissione europea, i cui membri non sono eletti e sono, quindi, privi di legittimazione popolare.
Pertanto, essendo disatteso il principio giuridico della separazione dei poteri e non essendo dotato il Parlamento europeo dell’iniziativa legislativa, risulta impossibile definire democratico l’ordinamento comunitario.
Dunque, allo stato dell’arte, sillogisticamente non si può che prendere atto che l’Unione Europea è una nuova forma di totalitarismo, certamente diversa da quelle del passato, ma che ha in comune tutti gli elementi essenziali propri di una Tirannia, compreso il fatto di avere una forte volontà di legittimarsi attraverso un ordinamento giuridico e di presentarsi come democratica.
A conferma di quanto appena detto, si osserva che uno degli elementi propri dei totalitarismi moderni è costituito dal fatto che il Parlamento è svuotato del suo potere fondamentale, ossia quello Legislativo: il Parlamento è, per definizione, il luogo in cui si legifera nel dibattito tra i soggetti eletti dalla sovranità popolare, tra le varie correnti, tra le varie idee. Nel caso del Parlamento europeo, invece, (è necessario sottolinearlo nuovamente) è vero che i popoli europei eleggono direttamente i membri del Parlamento, ma esso non ha funzioni legislative concrete e agisce meramente in sede di ratifica, essendo privo del potere di iniziativa legislativa.
L’Art 17 TUE codifica l’iniziativa legislativa come ad appannaggio esclusivo della Commissione europea, la quale, come già anticipato, non è diretta espressione della sovranità popolare. In questo modo l’Unione Europea allontana il potere di fare le leggi dal popolo, dagli elettori.
Oltretutto, sempre il medesimo articolo 17 norma, di fatto, la teoria dell’indipendenza del Potere Legislativo dalla politica, cioè dalla democrazia, in quanto codifica il divieto, per la Commissione europea, di prendere anche solo consigli dagli Stati membri, o dalle altre istituzioni europee.
Se il Parlamento europeo esercitasse il Potere Legislativo, l’Unione Europea sarebbe democratica?
Orbene, nel caso in cui fosse il Parlamento europeo, eletto con sistema proporzionale dai cittadini degli Stati membri, ad esercitare pienamente il Potere Legislativo, tuttavia nessun popolo europeo tornerebbe ad essere sovrano sul proprio territorio, in quanto, nel Parlamento europeo, ogni popolo nazionale si trova in schiacciante e ridicola minoranza rispetto alla somma di tutti gli altri (ricordiamo, infatti, che, ad esempio, i parlamentari italiani eletti sono una piccolissima minoranza, 76 su 705). Pertanto sarebbero popoli stranieri, forti di una maggioranza parlamentare sproporzionata rispetto al singolo popolo nazionale, ad imporre le loro decisioni all’interno di ogni territorio nazionale, e non più il popolo di appartenenza.
Di conseguenza, ogni Stato membro dell’UE non riacquisterebbe la sua indipendenza e la sua sovranità, ma continuerebbe a rimanere, a tutti gli effetti, una sorta di territorio colonizzato, sotto la sovranità esterna esercitata da altri popoli oltre i suoi confini, esattamente come se fosse stato sconfitto e invaso da una potenza straniera. Non va dimenticato infatti che in uno Stato si è in democrazia se e solo se è il suo popolo che esercita la sovranità sul suo territorio.
L’Unione Europea che effetto ha sugli Stati aderenti?
Utilizzando una similitudine piuttosto impattante, l’Unione Europea, per come è stata concepita giuridicamente, risulta molto simile ad un tumore che si sviluppa all’interno di un essere vivente (gli Stati aderenti). Possiamo dire, infatti, che l’UE è come se fosse composta da cellule abbastanza simili a quelle dell’ospite, ossia quelle tipiche dello Stato (perché ha un po’ di popolo, un po’ di territorio, un po’ di sovranità), ma queste cellule non sono tanto simili e sufficienti da costituire in tutto e per tutto quel particolare individuo, ossia uno Stato sovrano e indipendente vero e proprio, né sono abbastanza diverse e funzionali da diventare un nuovo individuo, ovvero un nuovo Stato.
Pertanto, essendo una via di mezzo, un’aberrazione della natura, (cioè un monstrum giuridico), non solo l’Unione Europea, come istituzione, sarebbe incapace di sopravvivere da sola se venisse separata dagli Stati europei aderenti (proprio come un tumore morirebbe non appena asportato dall’organismo), ma risulta letale anche per gli Stati aderenti (similmente ad un tumore che determina il decesso del organismo nel quale nasce e cresce, ostacolando le sue funzioni vitali) perché cedendo essi via via quote sempre maggiori di sovranità, finiscono per perdere gli strumenti sovrani vitali per svolgere il fine per il quale sono nati*1, cessando, di fatto, proprio di esistere in qualità di Stati sovrani.
*1 SPIEGAZIONE ➡️ E questa è una cosa gravissima per il popolo, perché, ripetiamo, qual è il fine dello Stato?
Pertanto, se lo Stato non ha più gli strumenti per svolgere il fine per il quale è nato, a causa della menomazione della sua sovranità, il popolo è costretto a ritornare allo stato di natura, ovvero alla disgregazione della società in singoli individui, forzati a relazionarsi tra loro solo attraverso la forte competitività di tutti contro tutti, passando un’esistenza nella quale sono obbligati a pensare solo a come sopravvivere, incurvati su se stessi, come animali, e dove non è più possibile alcun progresso materiale, intellettuale e spirituale, né per gli individui, né per la collettività. |
Questa Unione Europea non democratica si è forse allontanata rispetto al progetto europeo originario?
Andando direttamente alle radici ideologiche dell’Unione Europea, rappresentate dal Manifesto di Ventotene (scritto da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni nel 1941), leggiamo frasi di questo tenore: “Il popolo ha sì alcuni bisogni fondamentali da soddisfare, ma non sa con precisione cosa volere e cosa fare.” (pag. 39) Appare evidente la pericolosità di tale affermazione, che sottovaluta l’importanza della sovranità popolare e della democrazia stessa, ritenendo il popolo mediamente inadeguato ad essere sovrano, mentre i popoli, come sappiamo, hanno il diritto di compiere in libertà anche scelte sbagliate, perché questo significa essere in democrazia.
Il seguito del manifesto è addirittura peggiore sotto il profilo democratico; infatti, leggiamo: “Nelle epoche rivoluzionarie, in cui le istituzioni non debbono già essere amministrate, ma create, la prassi democratica fallisce clamorosamente.” (pag. 37 e 39) Per epoche rivoluzionarie, qui si intende la fase di integrazione europea, nella quale la democrazia, secondo i padri ideologici dell’Unione Europea, non può avere posto. Da qui, si riesce a comprendere meglio perché il Parlamento europeo sia privo dell’Iniziativa Legislativa e perché i parlamentari europei rimangono puntualmente inermi di fronte alle decisioni che arrivano dai rapporti di forza economica, sui quali di fatto non possono avere un efficace margine di intervento, privi dell’iniziativa legislativa.
Per finire, forse la peggiore delle frasi che appare nel manifesto di Ventotene, è la seguente: “I democratici non rifuggono per principio dalla violenza, ma la vogliono adoperare solo quando la maggioranza sia convinta della sua indispensabilità… Sono perciò dirigenti adatti solo nelle epoche di ordinaria amministrazione.” (pag. 37) Ecco che, invece, nell’epoca rivoluzionaria dell’Unione Europea, la violenza viene costantemente adoperata, e la vediamo proprio nelle norme dei trattati, come la famigerata NAIRU, la quale prevede un tasso minimo di disoccupazione strutturale (per l’Italia del 8% per quest’anno) al fine, come sempre, di garantire la stabilità dei prezzi. È, quindi, a causa di una pioggia di direttive europee che migliaia di aziende sono costrette a subire, dapprima, un calo delle vendite, per poi essere costrette a chiudere, in nome del principio della stabilità dei prezzi, con tutte le drammatiche conseguenze sociali che ciò comporta: famiglie distrutte dai problemi economici, lavoratori che si tolgono la vita, giovani che non riescono economicamente a emanciparsi e a formare una propria famiglia, città rase al suolo da eventi calamitosi e mai ricostruite, un sistema sanitario scadente, scuole fatiscenti, infrastrutture stradali insicure, ecc…
Possiamo, quindi, davvero oggi parlare di un tradimento di questo spirito o del suo compimento? Questi sono argomenti sui quali è vitale riflettere, perché incidono invasivamente sulle nostre vite.
Che tipo di totalitarismo hanno prodotto i trattati europei?
I trattati europei hanno generato un ordinamento antidemocratico molto sottile, che ha caratteristiche più simili alla dittatura distopica del grande fratello di Orwell, che non alle classiche tirannie che siamo abituati a studiare nella storia recente, dove normalmente un totalitarismo è associato al concetto di nazionalismo, cioè uno Stato che vuole imporre, anche sul piano internazionale, il suo potere d’imperio.
L’Unione Europea è una Tirannia diversa, che può essere descritta tecnicamente come dittatura finanziaria, qualcosa di nuovo in un ordinamento giuridico.
Se, infatti, selezioniamo alcune norme del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, abbiamo chiaro questo concetto in pochissimi articoli. È esemplificativo, a questo livello, l’Art. 127 TFUE, ossia la norma che disciplina il sistema europeo delle banche centrali, il cosiddetto SEBC, che fornisce un obiettivo chiaro alla politica della Banca Centrale Europea, la BCE, e al sistema bancario, affermando che al primo posto vi è la stabilità dei prezzi*2. Questo aspetto è fortemente indicativo di come l’Unione Europea abbia solo un filtro, un solo colore, che è quello economico (neoliberista), attraverso il quale pretende faustianamente di omologare e catalogare tutti gli aspetti della vita umana e tutti i diritti, i quali, invece, essendo molto più complessi e profondi, non possono essere valutati cinicamente sulla base della mera sostenibilità economica.
L’articolo 127, però, non si ferma qua, perché poi stabilisce un principio ancora più grave sotto il profilo democratico: ossia che la stabilità dei prezzi viene prima degli obiettivi dell’Art. 3 TUE.
Leggendo la norma, scopriamo che gli obiettivi dell’Art. 3 TUE sono la pace e il benessere dei popoli, che, per norma dei trattati europei, sono, a questo punto, subordinati alla stabilità dei prezzi: questo è un fatto assolutamente grave e lontano da ogni tipo di valutazione di carattere democratico.
*2 SPIEGAZIONE ➡️ Cos’è la stabilità dei prezzi e a chi fa comodo?
Con stabilità dei prezzi, l’Unione Europea altro non intende che il controllo di un particolare tipo di inflazione, continuamente propagandata dai mass-media, cioè la cosiddetta inflazione da domanda ossia quel rarissimo fenomeno che si potrebbe verificare in seguito al verificarsi contemporaneo di tre pesanti variabili, una più improbabile dell’altra, che sono:
Con il concomitare nello stesso momento di queste tre variabili, potrebbero forse aumentare sia i prezzi, che i salari in proporzione, perché se, invece, ad esempio, aumentasse anche la produzione, allora, per la legge della domanda e dell’offerta, l’offerta di prodotti soddisferebbe la domanda e i prezzi non crescerebbero e non si avrebbe alcuna inflazione. |
Pertanto, questo tipo di stabilità dei prezzi, che persegue l’Unione Europea, giova ai cittadini? La risposta è no, poiché i cittadini non vedrebbero peggiorare il loro potere d’acquisto a causa dell’inflazione, la quale causerebbe contemporaneamente sia la crescita dei prezzi sia la crescita dei salari dei lavoratori.
Invece l’inflazione, cioè l’aumento dei prezzi, danneggerebbe enormemente i grandi accentramenti di capitale finanziario, ovvero quei poteri che detengono grandi quantità di denaro, i quali vedrebbero drasticamente menomato il proprio potere economico e quindi politico: non essendo composti da lavoratori che percepiscono una retribuzione, ma solo da enormi somme di danaro, che producono altro danaro, attraverso la speculazione finanziaria, subirebbero inevitabilmente solo l’aumento dei prezzi, senza giovare in alcun modo anche dell’aumento dei salari. L’altro tipo di inflazione, che è quella classica vera e propria e che stiamo oltretutto vivendo sulla nostra pelle in questo periodo, è sempre una classica inflazione da offerta, nella quale sono i produttori ad aumentare i prezzi dell’offerta, ossia dei beni prodotti, per salvaguardare il margine di profitto, in questo caso, rispetto ad un’eccessiva tassazione, da shock esterno (dovuto alla speculazione finanziaria sui titoli energetici, in primis, nella Borsa di Amsterdam, resa possibile dall’Unione Europea) e ad isteriche previsioni di mercato. |
Ancora, l’ulteriore elemento fondante, che caratterizza la dittatura finanziario-neoliberista dell’Unione Europea, è la forte competitività, sancita nell’Art. 3 del trattato di Maastricht.
Tale norma stabilisce che all’interno dell’area dell’Unione Europea, gli Stati europei sono costretti, per sopravvivere, a combattere l’uno contro l’altro, a livello commerciale. Da ciò consegue, ad esempio, che il successo dell’Italia deve passare per l’abbattimento di un altro Stato e viceversa. Pertanto, un sistema neoliberista e predatorio di questo tipo può solo portare alla catastrofe e alla miseria per i popoli europei.
Dall’altra parte, invece, il nostro modello nazionale costituzionale, all’Art. 2, prevede gli inderogabili doveri di solidarietà politica economica e sociale e stabilisce, così, un modello diametralmente opposto a quello di competitività dell’Unione Europea. Questo è dovuto al fatto che una totale competizione di mercato, con l’esclusione dello Stato, ossia della democrazia, da ogni tipo di intervento finalizzato a controllare, disciplinare e coordinare il settore economico, per definizione uscirebbe completamente dal seminato costituzionale, creando un sistema nel quale, senza riequilibrio democratico, un competitor alla fine vincerà su tutti gli altri.
A riprova di ciò, abbiamo assistito in questi decenni alla concentrazione dei redditi e della ricchezza nelle mani di una piccola percentuale di popolazione, tale per cui l’1% della popolazione detiene il 99% della ricchezza. Questo è inevitabile, perché applicare il modello economico neoliberista nella vita reale, come quello codificato nei trattati europei, non può che tradursi in un esperimento criminale e sadico, nel quale le persone vengono costrette a giocare ad una versione del noto gioco di società “Monopoli”, nella quale loro stesse sono le pedine. Come sappiamo, nel gioco del Monopoli non esiste lo Stato, non c’è ridistribuzione della ricchezza, e un solo giocatore risulta vincitore, mentre tutti gli altri falliscono ed escono dal gioco; fallimento che, però, nella vita vera, significa la morte sociale.
Dove rischia di condurci l’ideologia neoliberista propria dell’ordinamento dell’Unione Europea?
In Italia abbiamo subito la dittatura fascista e sappiamo fin troppo bene qual era la caratteristica del fascismo, cioè quella di subordinare il potere del Parlamento a quello del Governo, ossia accentrare il Potere Legislativo e il Potere Esecutivo, allontanando, così, la sovranità lontano dal popolo italiano, che, però, eleggeva i parlamentari. Per questo, il popolo italiano, dovrebbe avere una certa predisposizione a comprendere la gravità dell’asimmetria dei poteri all’interno delle istituzioni europee.
Non è un caso se la Costituzione della Repubblica Italiana, memore degli orrori del passato, ha posto al centro della vita democratica il Parlamento, facendo divieto, in linea di principio, all’Esecutivo, cioè al Governo, di esercitare il Potere Legislativo. I nostri Padri Costituenti, avevano ben chiaro che, al fine di creare un ordinamento veramente democratico, non avrebbero dovuto dare precedenza alla governance, ma la priorità sarebbe dovuta essere, certamente, quella di far sì che il popolo venisse rappresentato proporzionalmente in un’assemblea, il Parlamento, dal quale, solo così, sarebbe emersa una volontà assolutamente democratica e pura, quale frutto della somma delle diverse visioni presenti nel Paese, e non come frutto della dittatura della maggioranza.
Ancora, i nostri Padri Fondatori erano approdati alla conclusione che le politiche economiche neoliberiste, cioè quelle che oggi sono caratteristiche dell’Unione Europea, erano state l’origine della crisi economica del 1929 e la causa dell’avvento dei nazionalismi, che avevano poi condotto alla Seconda Guerra Mondiale. Pertanto, era necessario in economia (lo dicevano sia Aldo Moro, che Ghidini) l’intervento dello Stato, affinché controllasse, disciplinasse e coordinasse il settore economico; la democrazia doveva intervenire nell’indirizzare l’economia verso il bene comune e, quindi, mettere fine alla forte competitività tra gli Stati e tra gli individui, poiché essa aveva condotto il Paese alla miseria e alla morte di così tanti esseri umani.
E, attenzione, era chiarissimo anche che le politiche neoliberiste non avevano causato solo la Seconda Guerra Mondiale; infatti, il picco degli scambi commerciali internazionali fu raggiunto proprio poco prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale.
Perché il neoliberismo, cioè la forte competitività in un libero mercato, è così pericoloso per la pace?
Perché, quando uno Stato esporta beni in un altro Stato, oltre a produrre beni per il proprio popolo, deve produrne anche per l’altro popolo, quello dello Stato importatore. Così, nello Stato esportatore, aumenta la produzione e quindi l’assunzione di lavoratori, da cui il calo della disoccupazione. Viceversa, nello Stato importatore i prodotti che arrivano dall’estero vengono comprati dalla popolazione al posto dei prodotti nazionali, e inevitabilmente ciò causa un calo di produzione e licenziamenti, da cui l’aumento della disoccupazione.
Pertanto, con lo scambio internazionale di merci, si trasferisce anche la disoccupazione, con tutte le tensioni sociali che essa comporta, le quali causano a loro volta inevitabilmente ostilità tra popoli e tra i politici delle varie Nazioni, abbassando il grado di sopportazione reciproca, alla quale seguono puntualmente provocazioni e minacce, che portano al riarmo, finché anche un semplice incidente può diventare il casus belli per arrivare finalmente alla resa dei conti.
A tal riguardo, Gustavo Ghidini, uno dei nostri più illustri Padri Fondatori, in seno all’Assemblea Costituente affermava: “Se si lascia libero sfogo alla legge della libera concorrenza e alla libera iniziativa animata solo dal fine del profitto personale, si arriva pur sempre al super capitalismo e così a quelle conseguenze (omissis…) fra le quali primeggia la guerra tremenda che fu la rovina di tanti popoli (omissis…). Ci sono limiti, perché non si vuole che si formino delle grandi concentrazioni di proprietà che sottraggono all’iniziativa privata grandi strati di produttori e costituiscono a un tempo delle potenze economiche tali che, se anche potessero condurre ad un grado di produttività più elevato, portano altresì a quella potenza politica che, non avendo altro intento che il vantaggio patrimoniale privato, disconosce e travolge gli interessi materiali, morali e politici della collettività scatenando quelle conflagrazioni che ci hanno portato alla miseria attuale. Noi invece vogliamo che la proprietà si conformi alla sua funzione sociale”.
Le parole di Ghidini sono estremamente attuali e sono un monito per tutti noi: se non ipotizziamo la cancellazione di un ordinamento sovranazionale, quello dell’Unione Europea, che vive esclusivamente per tutelare gli interessi dell’alta finanza speculativa internazionale (la stabilità dei prezzi), a scapito delle democrazie popolari, allora gli Stati e i popoli verranno travolti. E Ghidini, come anche gli altri Padri Costituenti, ci ricorda anche come finirà, perché la storia ha il brutto vizio di ripetersi: continuando su questa strada, torneremo a essere investiti da “quelle conflagrazioni che ci hanno portato alla miseria attuale… fra le quali primeggia la guerra tremenda che fu la rovina di tanti popoli”. È questa la grande verità ed è questo il vero dramma. Non è in gioco la semplice redistribuzione della ricchezza, ma la sopravvivenza della società civile e, addirittura, oggi, l’esistenza stessa del genere umano, a causa della capacità distruttiva degli attuali armamenti (in primis quelli nucleari).
Autore
Diego Manca, Presidente MMT Regione Veneto
LEGGI APPROFONDIMENTI (1) e (2)
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LETTURA APPROFONDIMENTO (1)
La procedura legislativa ordinaria
Legislatori: Consiglio dell’UE e Parlamento europeo
Diritto di iniziativa legislativa: Commissione europea
Elementi principali della procedura:
- la Commissione europea presenta una proposta al Consiglio e al Parlamento europeo
- il Consiglio e il Parlamento adottano una proposta legislativa, in prima o in seconda lettura
- se le due istituzioni non raggiungono un accordo dopo la seconda lettura, è convocato un comitato di conciliazione
- se il testo approvato dal comitato di conciliazione è accettabile per entrambe le istituzioni in terza lettura, l’atto legislativo è adottato
Se una proposta legislativa è respinta in una fase della procedura o se il Parlamento e il Consiglio non giungono ad un compromesso, la proposta non è adottata e la procedura si conclude.
Base giuridica: articoli 289 e 294 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
1) Proposta legislativa
La procedura è avviata quando la Commissione europea presenta una proposta legislativa al Consiglio e al Parlamento europeo. La Commissione sottopone contemporaneamente la proposta all’esame dei parlamenti nazionali e, in alcuni casi, del Comitato delle regioni e del Comitato economico e sociale.
Le proposte legislative sono adottate dal collegio dei membri della Commissione mediante procedura scritta (senza discutere il testo) o mediante procedura orale (con discussione). Se è richiesta una votazione, la Commissione delibera a maggioranza semplice.
Diritto di iniziativa
La Commissione è l’unica istituzione dell’UE che ha il potere di intraprendere la procedura legislativa in ambito UE. Essa presenta proposte di atti giuridici dell’UE di propria iniziativa, su richiesta di altre istituzioni dell’UE o in seguito ad un’iniziativa dei cittadini.
Il Consiglio può, a maggioranza semplice dei suoi membri, chiedere alla Commissione di effettuare studi e presentare eventuali proposte legislative appropriate.
Anche il Parlamento può, a maggioranza dei membri che lo compongono, chiedere alla Commissione di presentare proposte legislative.
In casi specifici definiti dai trattati, la procedura legislativa ordinaria può essere avviata:
- su iniziativa di un quarto degli Stati membri (quando la proposta riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale o la cooperazione di polizia)
- su raccomandazione della Banca centrale europea (su proposte relative allo statuto del sistema europeo delle banche centrali e della Banca centrale europea)
- su richiesta della Corte di giustizia dell’UE (su questioni relative allo statuto della Corte, all’istituzione di tribunali specializzati collegati al Tribunale, ecc.)
- su richiesta della Banca europea per gli investimenti
2) Prima lettura
Il Parlamento europeo esamina la proposta della Commissione e può:
- adottarla oppure
- introdurre emendamenti
Dopo di che, il Consiglio può:
- decidere di accettare la posizione del Parlamento, nel qual caso l’atto legislativo è adottato
- modificare la posizione del Parlamento, nel qual caso la proposta torna al Parlamento per una seconda lettura
Termine: la prima lettura in sede di Parlamento e di Consiglio non è soggetta a limiti di tempo.
Documenti prodotti:
- atto legislativo – regolamento (vincolante in tutte le sue parti e direttamente applicabile in tutti gli Stati membri), direttiva (vincolante riguardo ai risultati da raggiungere, può essere destinata a tutti o solo ad alcuni Stati membri, che sono liberi di scegliere la forma e i metodi per attuarla) o decisione (vincolante in tutte le sue parti per coloro cui è indirizzata) del Parlamento e del Consiglio
- posizione del Consiglio in prima lettura, se il Consiglio decide di apportare modifiche alla posizione del Parlamento
- orientamento generale, ossia un accordo politico al livello del Consiglio che può essere adottato in attesa della posizione del Parlamento in prima lettura
Fasi intermedie precedenti l’adozione di una posizione in prima lettura
Prima che il Parlamento europeo esprima il suo parere, il Consiglio può adottare un “orientamento generale”. Il Consiglio ricorre a questo documento per fornire al Parlamento un’idea della sua posizione sulla proposta legislativa della Commissione. Un orientamento generale può accelerare la procedura legislativa e facilitare il raggiungimento di un accordo tra Parlamento e Consiglio.
Il Consiglio, il Parlamento e la Commissione possono anche organizzare riunioni informali interistituzionali, note come “triloghi”, per aiutarli a raggiungere un accordo. A tali riunioni partecipano rappresentanti del Parlamento, del Consiglio e della Commissione.
Non vi è alcuna regola fissa in merito al contenuto dei triloghi, che possono quindi variare da discussioni tecniche a discussioni politiche a cui partecipano ministri e commissari. I triloghi possono anche servire per raggiungere un accordo su emendamenti legislativi tra il Parlamento e il Consiglio. Tuttavia l’accordo che ne scaturisce è informale e deve essere approvato secondo il regolamento interno di ciascuna istituzione.
3) Seconda lettura
Il Parlamento europeo esamina la posizione del Consiglio e può:
- approvarla: l’atto è adottato
- respingerla: l’atto non entra in vigore e l’intera procedura si conclude
- proporre emendamenti e rinviare la proposta al Consiglio per una seconda lettura
Il Consiglio esamina la posizione del Parlamento in seconda lettura e può:
- approvare tutti gli emendamenti del Parlamento: l’atto è adottato
- non approvare tutti gli emendamenti: è convocato il comitato di conciliazione
Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata sugli emendamenti del Parlamento rispetto ai quali la Commissione ha dato parere positivo. Delibera all’unanimità sugli emendamenti del Parlamento rispetto ai quali la Commissione ha dato parere negativo. Il Consiglio può pronunciarsi unicamente sugli emendamenti del Parlamento.
Termine: tre mesi per ciascuna istituzione, con un’eventuale proroga di un mese.
Documenti prodotti:
- risoluzione legislativa del Parlamento europeo sulla posizione del Consiglio in prima lettura, se il Parlamento approva la posizione del Consiglio (in questi casi, l’atto legislativo è adottato e pubblicato in forma di direttiva, regolamento o decisione del Parlamento e del Consiglio)
- posizione del Parlamento europeo adottata in seconda lettura, se il Parlamento, tramite votazione, apporta delle modifiche alla posizione del Consiglio
- se il Consiglio approva la posizione in seconda lettura del Parlamento, l’atto legislativo è adottato ed è successivamente pubblicato in forma di direttiva, regolamento o decisione del Parlamento e del Consiglio
- se il Consiglio non approva la posizione del Parlamento in seconda lettura, non vi è alcun documento ufficiale
4) Conciliazione
4.Conciliazione
Se il Consiglio non approva tutti gli emendamenti del Parlamento in seconda lettura è convocato un comitato di conciliazione, che si compone di un numero uguale di membri del Parlamento e di rappresentanti del Consiglio e deve concordare un progetto che sia accettabile per entrambe le istituzioni.
Se il comitato:
- non raggiunge un accordo su un progetto comune, l’atto legislativo non è adottato e la procedura si conclude
- raggiunge un accordo su un progetto comune, questo viene trasmesso al Parlamento e al Consiglio per una terza lettura
Votazione in sede di comitato di conciliazione
La delegazione del Parlamento in sede di comitato di conciliazione approva il progetto comune a maggioranza assoluta dei voti.
I rappresentanti del Consiglio deliberano in genere a maggioranza qualificata (in alcuni casi è richiesta l’unanimità).
Termine: il comitato di conciliazione deve essere convocato entro sei settimane, con un possibile prolungamento a otto settimane. Il comitato dispone in seguito di sei settimane per concordare un progetto comune.
Documenti prodotti:
Progetto comune approvato dal comitato di conciliazione, se è raggiunto un accordo. La formulazione del progetto comune non può essere modificata dalle due istituzioni.
5) Terza lettura
Il Parlamento europeo esamina il progetto comune e può:
- respingerlo o non pronunciarsi su di esso: la proposta non è adottata e la procedura si conclude
- approvare il progetto: se il Consiglio si allinea, l’atto legislativo è adottato
Il Parlamento approva il progetto comune a maggioranza semplice dei voti espressi.
Il Consiglio esamina il progetto comune. Se esso:
- lo respinge o non si pronuncia, la proposta non entra in vigore e la procedura si conclude
- approva il progetto, e il Parlamento fa lo stesso, l’atto legislativo è adottato
Il Consiglio approva il progetto comune a maggioranza qualificata.
Termine: sia il Parlamento che il Consiglio devono reagire entro sei settimane, a decorrere dalla data in cui il progetto comune è stato approvato.
Documenti prodotti:
Il Parlamento adotta una risoluzione legislativa sul progetto comune approvato dal comitato di conciliazione, mediante la quale approva o respinge il progetto.
Se il progetto comune è approvato da entrambe le istituzioni, l’atto legislativo è pubblicato in forma di direttiva, regolamento o decisione del Parlamento e del Consiglio.
Proposta respinta
Se una proposta legislativa è respinta in una qualsiasi fase della procedura, o se il Parlamento e il Consiglio non giungono a un compromesso, la proposta non è adottata e la procedura si conclude.
Una nuova procedura può essere avviata solo con una nuova proposta della Commissione.
LETTURA APPROFONDIMENTO (2)
La procedura legislativa speciale
In breve
Legislatore: il Consiglio è, all’atto pratico, l’unico legislatore. Il Parlamento europeo deve dare la sua approvazione riguardo ad una proposta legislativa o essere consultato in proposito.
Diritto di iniziativa legislativa: Commissione europea
Tipi di procedura:
- approvazione – il Parlamento europeo ha il potere di accettare o respingere una proposta legislativa con votazione a maggioranza assoluta, ma non la può modificare;
- consultazione – il Parlamento europeo può approvare o respingere una proposta legislativa, o proporre emendamenti.
Base giuridica: articolo 289, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea
Norme: i trattati non forniscono una descrizione precisa delle procedure legislative speciali. Le norme sono pertanto definite ad hoc, in base degli articoli pertinenti del trattato.
In dettaglio
Approvazione
Nell’ambito della procedura di approvazione il Consiglio può adottare proposte legislative dopo aver ottenuto il consenso del Parlamento europeo. Il Parlamento ha pertanto il potere di accettare o respingere una proposta legislativa mediante votazione a maggioranza assoluta, ma non la può modificare. Il Consiglio non ha il potere di disattendere il parere del Parlamento.
In quanto procedura legislativa, l’approvazione è utilizzata per l’adozione di nuove norme riguardanti la lotta alla discriminazione e fornisce inoltre al Parlamento un diritto di veto allorché viene applicata la base giuridica generale sussidiariaria ai sensi dell’articolo 352 del trattato sul funzionamento dell’UE.
L’approvazione del Parlamento è inoltre richiesta nel quadro di procedure non legislative, ad esempio:
- quando il Consiglio adotta taluni accordi internazionalinegoziati dall’UE;
- in casi di grave violazione dei diritti fondamentali(articolo 7 del trattato sull’Unione europea);
- ai fini dell’adesioneall’UE di nuovi membri;
- nelle disposizioni in caso di recesso dall’UE.
Consultazione
Nell’ambito della procedura di consultazione il Consiglio adotta una proposta legislativa dopo che il Parlamento ha presentato il proprio parere in proposito.
Nell’ambito di questa procedura il Parlamento può approvare o respingere una proposta legislativa, o proporre emendamenti ad essa. Il Consiglio non è giuridicamente obbligato a tenere in considerazione il parere del Parlamento, ma secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia non può adottare una decisione senza avere ricevuto detto parere.
La procedura si applica in vari settori, quali le deroghe nell’ambito del mercato interno e le norme in materia di concorrenza.
La consultazione del Parlamento è richiesta inoltre nel quadro di procedure non legislative, allorché sono adottati accordi internazionali nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune
LETTURA APPROFONDIMENTO (2)
Procedure legislative speciali
In breve
Legislatore: il Consiglio è, all’atto pratico, l’unico legislatore. Il Parlamento europeo deve dare la sua approvazione riguardo ad una proposta legislativa o essere consultato in proposito.
Diritto di iniziativa legislativa: Commissione europea
Tipi di procedura:
- approvazione – il Parlamento europeo ha il potere di accettare o respingere una proposta legislativa con votazione a maggioranza assoluta, ma non la può modificare;
- consultazione – il Parlamento europeo può approvare o respingere una proposta legislativa, o proporre emendamenti.
Base giuridica: articolo 289, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea
Norme: i trattati non forniscono una descrizione precisa delle procedure legislative speciali. Le norme sono pertanto definite ad hoc, in base degli articoli pertinenti del trattato.
In dettaglio
Approvazione
Nell’ambito della procedura di approvazione il Consiglio può adottare proposte legislative dopo aver ottenuto il consenso del Parlamento europeo. Il Parlamento ha pertanto il potere di accettare o respingere una proposta legislativa mediante votazione a maggioranza assoluta, ma non la può modificare. Il Consiglio non ha il potere di disattendere il parere del Parlamento.
In quanto procedura legislativa, l’approvazione è utilizzata per l’adozione di nuove norme riguardanti la lotta alla discriminazione e fornisce inoltre al Parlamento un diritto di veto allorché viene applicata la base giuridica generale sussidiariaria ai sensi dell’articolo 352 del trattato sul funzionamento dell’UE.
L’approvazione del Parlamento è inoltre richiesta nel quadro di procedure non legislative, ad esempio:
- quando il Consiglio adotta taluni accordi internazionali negoziati dall’UE;
- in casi di grave violazione dei diritti fondamentali (articolo 7 del trattato sull’Unione europea);
- ai fini dell’adesione all’UE di nuovi membri;
- nelle disposizioni in caso di recesso dall’UE.
Consultazione
Nell’ambito della procedura di consultazione il Consiglio adotta una proposta legislativa dopo che il Parlamento ha presentato il proprio parere in proposito.
Nell’ambito di questa procedura il Parlamento può approvare o respingere una proposta legislativa, o proporre emendamenti ad essa. Il Consiglio non è giuridicamente obbligato a tenere in considerazione il parere del Parlamento, ma secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia non può adottare una decisione senza avere ricevuto detto parere.
La procedura si applica in vari settori, quali le deroghe nell’ambito del mercato interno e le norme in materia di concorrenza.
La consultazione del Parlamento è richiesta inoltre nel quadro di procedure non legislative, allorché sono adottati accordi internazionali nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune