di Thomas Fazi
Di fronte alle nuove misure di austerità preannunciate da Padoan, è legittimo chiedersi perché i politici continuino a perseguire politiche che elettoralmente non pagano. Cerchiamo di vagliare le possibili ipotesi. Che in Europa negli ultimi anni si siano implementate politiche ultra-impopolari mi sembra lapalissiano. A questo punto possiamo ipotizzare che: (a) i politici nazionali siano stati costretti a implementare queste politiche dall’Europa, nel qual caso quest’ultima sarebbe un problema serissimo con cui fare i conti; (b) che i politici siano così stupidi o ottenebrati dall’ideologia da non rendersi conto che queste politiche sono impopolari: molto improbabile direi; (c) che le implementino nonostante si rendano perfettamente conto delle conseguenze in termini di perdita di consenso.
Onestamente quest’ultima ipotesi mi sembra la più probabile, anche se non si può negare che in qualche caso (vedi Tsipras) l’ipotesi (a) abbia giocato un ruolo fondamentale. Nel qual caso dobbiamo chiederci: lo fanno perché (c1) sono talmente convinti che queste misure siano necessarie per farci stare tutti meglio alla lunga, al punto di essere addirittura disposti a sacrificare il loro futuro politico sull’altare dell’interesse nazionale? O (c2) perché quelle politiche esprimono gli interessi dei blocchi di potere che quei partiti rappresentano. Onestamente la (c2) mi sembra la più plausible.
Aggiungerei solo un elemento: le classi politiche sono sempre più transnazionali, nel senso che il destino dei singoli politici è sempre meno legato a un singolo paese, data la possibilità di riciclarsi con postazioni profumatamente pagate negli organismi europei, internazionali o privati. Se tali politiche servano proprio ad “accreditarsi” presso i suddetti organismi, si potrebbe quasi ipotizzare che il “costo” delle politiche impopolari implementate a livello nazionale sia, per certi aspetti, sempre più basso.
Archivio per mese: Febbraio, 2017
di Filippo Abbate e Maria Luisa Visone
Nel rispetto della volontà popolare che ha espresso, con la vittoria del No al referendum, la difesa della nostra Costituzione, comincia una serie di appuntamenti con l’intento di divulgare concetti fondamentali in maniera semplice e accessibile. Conosceremo e comprenderemo gli ostacoli che oggi impediscono l’attuazione della parte economica della Costituzione italiana del ‘48.
Articolo 47
La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio, in tutte le sue forme…
Incoraggiare il risparmio
Per il cittadino, risparmiare, significa non spendere oggi una parte del reddito e accantonarla; in realtà nel suo pensiero c’è già insita la funzione del risparmio. In economia il risparmio è dato dalla differenza tra reddito e consumo; rappresenta l’eccesso di entrata sull’uscita, sempre che il reddito sia sufficiente a coprire le spese. Lo scopo del sacrificio di oggi è il bisogno futuro. Di fatto ci sembra scorgere questo nella parola incoraggia dell’articolo 47 della Costituzione: il passaggio ad una cultura orientata al futuro, all’agire affinché la parte accantonata ogni anno come flusso, si trasformi nel tempo in stock di ricchezza.
La Repubblica è l’Italia, sono i suoi organi costituzionali democratici, “responsabili” nella carta costituzionale di spronare e tutelare il risparmio, così come di promuovere le condizioni, per l’esercizio del diritto al lavoro. Perché il lavoro è anche un dovere: lavorare per contribuire al progresso materiale e spirituale della società (articolo 4).
Creare le condizioni per il lavoro, poi, genera risparmio, grazie alle entrate derivanti dall’occupazione.
Sia risparmiare che contribuire alla società con il lavoro sono comportamenti virtuosi. Le azioni di Parlamento e Governo, strumenti della sovranità popolare, nell’osservare principi e limiti costituzionali, camminano costantemente accanto al cittadino in questa direzione.
I saldi settoriali e la Costituzione
Il cittadino, insieme alle imprese, appartiene al settore privato e interagisce con il settore pubblico (Stato) e con il settore estero. L’analisi macroeconomica utilizza lo strumento dei saldi settoriali per evidenziare la differenza tra entrate e uscite dei tre settori; se il saldo di un settore è positivo si determina un risparmio (surplus); se è negativo, un indebitamento netto (deficit). L’interazione tra i diversi settori conduce all’identità contabile per cui la somma dei saldi è sempre uguale a 0. In altre parole, almeno uno dei settori deve indebitarsi per rendere valida l’uguaglianza. Se il saldo dello Stato è in deficit, il suo deficit non è altro che la differenza tra le entrate, rappresentate in buona parte dalle tasse versate dai cittadini, e le spese; ad esempio la costruzione di una scuola o il pagamento di stipendi del pubblico impiego. In sostanza, il risparmio nel settore privato aumenta in corrispondenza di un saldo in deficit del settore pubblico.
Mettendo in relazione l’identità contabile dei saldi settoriali con il principio costituzionale incoraggiare il risparmio, possiamo dedurre che la condizione necessaria per attuare il dettato costituzionale, è che lo Stato possa spendere di più di quanto incassa, favorendo, così, il risparmio dei cittadini.
Ma può oggi lo Stato incentivare il risparmio? Di fatto no, dal momento che l’art.3 del Fiscal Compact prevede che le parti contraenti applicano la regola che “in aggiunta e fatti salvi i loro obblighi ai sensi del diritto dell’Unione europea: la posizione di bilancio della pubblica amministrazione di una parte contraente è in pareggio o in avanzo”. Necessità di pareggio e impossibilità di disavanzo, sancite al nuovo art. 81 della Costituzione, modificato nel 2012.
Tutelare il risparmio
Nella tutela del risparmio sancita dalla Costituzione, si riafferma il valore della difesa. Tutelare qualcuno significa proprio proteggerlo, rappresentando i suoi interessi o gestendo i rischi derivanti da una mancata protezione.
Il soggetto da tutelare è il risparmio dei cittadini; i rischi sono rappresentati dall’eventuale mancanza di risparmio o dal non riuscire a preservarlo. La Repubblica, tutelando il risparmio, rende possibile la creazione di ricchezza.
Nell’intenzione dell’Assemblea Costituente, il riferimento al risparmio è quello legato al concetto lavoristico, al diritto del lavoratore di avere una retribuzione sufficiente in ogni caso a garantire a lui e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa (articolo 36).
Il riferimento in tutte le sue forme potrebbe far pensare anche a quella parte di risparmio, trasformata in investimento di natura privatistica, ma, a nostro parere, bisogna evidenziare il concetto di tutela che, nella Costituzione, avvicina il risparmio a strumenti quali depositi su conti correnti e titoli emessi dallo Stato.
Il ruolo dello Stato
In osservanza dell’articolo 47, la Repubblica riesce a tutelare il risparmio, evitando che venga aggredito dall’esterno se è depositato in conto corrente o parcheggiato nei Titoli di Stato? Anche in questo caso, la risposta è no.
Da sempre i Titoli di Stato sono considerati sicuri, poiché si ritiene l’emittente, Stato, in grado di adempiere al suo impegno: restituire il prestito e pagare gli interessi nella stessa valuta ricevuta. In uno Stato con potere di emissione monetaria non ci sono ostacoli, sia nell’onorare gli impegni presi, che nell’agire attivamente per la tutela del risparmio. Lo Stato potrà sempre restituire qualsiasi quantitativo di moneta avuta in prestito, perché ne ha il potere di emissione.
Ma il potere di emissione è stato ceduto alla Bce e l’Italia, al pari degli altri paesi dell’Eurozona, riceve la moneta in prestito, finanziandosi sul mercato alla stregua di un privato.
Rispetto alla tutela del risparmio, il cittadino che da sempre deposita il suo denaro in banca affinché sia custodito con la diligenza del buon padre di famiglia, ha appreso che, con il recepimento della direttiva europea sul Bail-in, per importi superiori a 100.000 euro, in caso di dissesto bancario, i suoi soldi concorreranno a ripagare le perdite dell’istituto bancario in default.
Gli ostacoli da rimuovere
E’ evidente che la normativa successiva alla Costituzione del ’48 con l’attuazione dei Trattati Europei, è intervenuta sulla parte economica, in contrasto con quanto prescrive l’articolo 47.
Non stupisce, dal momento che l’approccio è completamente diverso.
Nell’Eurozona “Forte concorrenza, stabilità dei prezzi e indipendenza della Banca centrale dai Governi: già a una prima lettura dei Trattati Europei emerge come siano questi i principi sovraordinati agli altri” (Vladimiro Giacché Costituzione Italiana contro i Trattati Europei – Il conflitto inevitabile – 2015).
La Costituzione mette al centro il cittadino e, attraverso il lavoro, lo nobilita come parte attiva della società. Leggendo, invece, gli articoli 127, 128 e 130 del Trattato di Lisbona sono chiari i meccanismi di funzionamento di una Banca centrale, orientata al mercato, alla stabilità dei prezzi e al contenimento dell’inflazione.
Riguardo la possibilità di operare in deficit, l’articolo 3 del Fiscal Compact, come ricordato, non lascia alcun dubbio.
Questi i primi ostacoli da rimuovere per incoraggiare e tutelare il risparmio.
di Andrea Terzi. Fonte: Tutto quello che c’è da sapere sul Target2
Il fulcro di un’unione monetaria – e di ogni economia – è il sistema dei pagamenti. I saldi Target2 si limitano a registrare i movimenti della “moneta della banca centrale” nell’Eurosistema. Così non possono essere fonte di instabilità. Qualunque sia la loro dimensione.
Pagamenti bancari e moneta della banca centrale
Se per accertare il buon esito di un pagamento bancario è sufficiente dare un’occhiata ai movimenti sul conto corrente, la sua puntuale esecuzione è resa possibile da una più complessa operazione di regolamento tra la banca del pagante e quella del beneficiario. L’operazione richiede il buon funzionamento di quello che è il nocciolo duro di ogni economia e, in particolare, di un’unione monetaria: il sistema dei pagamenti.
In Europa, più di mille banche regolano i pagamenti di importo rilevante direttamente in “moneta della banca centrale” (Mbc) su una piattaforma chiamata Target2, gestita dall’Eurosistema, e più specificamente dal personale e dall’infrastruttura di Banca d’Italia, Deutsche Bundesbank e Banque de France, sulla quale transitano ogni giorno, in media, circa 2mila miliardi di euro, circa un quinto del Pil dell’area euro.
La Mbc che le banche si scambiano è un credito spendibile, in pratica una “banconota elettronica”. La banca che deve regolare un pagamento la può ottenere in prestito da un’altra banca, se questa trova conveniente prestare ad altri la liquidità già ottenuta e non impiegata. Ma le banche nel loro insieme possono ottenere Mbc soltanto attraverso due canali: il rifinanziamento della banca centrale alle condizioni fissate dalla politica monetaria (a fronte di garanzie idonee); e gli acquisti di titoli di debito privato e pubblico da parte della banca centrale che, con il Quantitative easing, sono diventati sistematici da ottobre 2014. Si noti, infine, che anche il disavanzo pubblico crea Mbc, ma questa viene assorbita interamente dall’emissione di titoli di debito pubblico.
Il regolamento di un pagamento tra banche italiane in Mbc funziona pressappoco così. La banca A invia al sistema le istruzioni richieste per regolare un pagamento con la banca B. Se la banca A ha bisogno di fondi, la Banca d’Italia li mette a debito della banca A e li accredita alla banca B. Se poi B è disposta a concedere credito ad A a un tasso appetibile per la banca A, i fondi fanno il cammino inverso e tornano alla banca A che cancella il debito con la Banca d’Italia ed è ora indebitata con la banca B.
Se invece la banca B è in Germania, l’iter dell’operazione di pagamento è un po’ più lungo. In questo caso, la Banca d’Italia presta fondi alla banca A, ma non può accreditarli direttamente alla banca tedesca. Ciò perché nell’Eurosistema ogni banca accede al sistema dei pagamenti attraverso la propria banca centrale nazionale, che per la banca tedesca è la Bundesbank. Dunque, non potendo accreditare gli euro alla banca B, la Banca d’Italia li accredita alla Bundesbank, che a sua volta li accredita alla banca B.
I saldi Target
A fine giornata, il sistema calcola la posizione netta di ciascuna banca centrale nazionale con tutte le altre e il saldo viene assegnato al bilancio della Banca centrale europea. A ogni banca centrale nazionale viene dunque assegnata una posizione bilaterale netta (a credito o a debito) con la sola Bce. Questa posizione è il TARGET balances of participating NCBs
Nel nostro esempio, il pagamento della banca italiana a quella tedesca dà luogo a una posizione debitoria della Banca d’Italia, e creditoria della Bundesbank, nei confronti della Bce. Se poi la banca tedesca presta i fondi alla banca italiana e gli euro tornano da dove erano venuti, i saldi Target della Bundesbank e della Banca d’Italia si azzerano.
Un altro tipo di pagamento che modifica i saldi Target è quello effettuato direttamente da una banca centrale nazionale che acquista (o vende) titoli operando con banche di un altro paese dell’euro. Se ad esempio la Banca d’Italia acquista titoli da una banca tedesca, regolerà il pagamento accreditando la Bundesbank, con le medesime conseguenze sul saldo Target dell’esempio precedente.
In altre parole, il saldo Target riflette il flusso netto cumulato dei pagamenti in Mbc che la banca centrale nazionale effettua e riceve, per proprio conto o per conto delle banche della propria giurisdizione. Un saldo negativo della Banca d’Italia indica creazione di Mbc che è finita alle banche degli altri paesi dell’euro. Un saldo positivo indica invece un afflusso di Mbc creata in una diversa giurisdizione. È dunque comprensibile il motivo per cui il saldo Target delle cinque banche centrali che hanno accesso alla piattaforma pur non facendo parte dell’Eurosistema (Bulgaria, Danimarca, Lituania, Polonia e Romania), non potendo creare Mbc in euro, non presenta mai un saldo negativo.
In ultima analisi, i saldi Target si limitano a registrare i movimenti di “moneta della banca centrale” nell’Eurosistema. Dunque, non possono essere fonte di instabilità, qualunque sia la loro dimensione. L’Eurosistema non pone limiti alla dimensione dei saldi delle singole BCN nel rispetto del principio, essenziale per la moneta unica, della perfetta fungibilità della MBC a prescindere dalla BCN che la ha creata. Un ampliamento dei saldi, tuttavia, può essere il sintomo di altre problematiche. Chi vuole uscire dall’euro passi prima alla cassa