2023 (quarta puntata)
La scelta di Olimpia
scritto da Elisabetta Uccello e Giuseppe Nasone
Una storia doppia a puntate scritta a quattro mani, in attesa delle imminenti elezioni. Ricordate Sliding doors?
Bene, lo schema è analogo: una protagonista, un bivio temporale, due situazioni, due vicende. La discriminante: una scelta a monte.
Il colore del pallino che vedrete sulle immagini svelerà qual è la storia che si sta sviluppando nell’ipotetico futuro immaginato dagli autori, pallino blu – storia A, pallino rosso – storia B. Ecco oggi la quarta puntata. Buona lettura.
Una cosa non era chiara ad Olimpia.
In tutto questo, i popoli non sembrava avessero gran voce in capitolo. Sì, certo, la Commissione aveva predisposto un sistema di istanze on line per i singoli cittadini europei in modo da bypassare i governi nazionali. Questa era una fortuna perché dava voce alla pluralità dei singoli Stati membri ma le venne il dubbio su a cosa servissero a questo punto i parlamenti nazionali visto che la Commissione era un organo che agiva in piena indipendenza.
Decise di farsi chiarezza. Pensò di seguire alcune lezioni di diritto costituzionale all’università per dipanare la logica sottostante alla dissonanza percepita. Un professore la illuminò quando pronunciò: “C’è un piccolo problema di democraticità nell’ordinamento europeo. Ma il processo di integrazione è ormai irreversibile”.
Disorientata da quell’affermazione, rispolverò un vecchio libro del padre. Un fragrante libro ingiallito del 1975 “Istituzioni di diritto pubblico”.
Lire 1850.
Ed iniziò a scorrerne piacevolmente le pagine. Poi dalla libreria in legno estrasse la Costituzione Italiana. Era una Costituzione vecchia, quella del 1948. Ed iniziò a scorrerne piacevolmente le pagine.
Infine cercò in internet il tanto celebrato trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea sul quale il professore aveva dissertato la mattina stessa. Aprì il file dal sito ufficiale dell’Unione Europea e si sentì all’improvviso travolta e sperduta: 344 pagine! Per di più decisamente criptico rispetto ai due testi che aveva sul tavolo.
Scoraggiata, declinò per il Trattato sull’Unione Europea. Già più corto.
La colpì dapprima quell’esordio…le “Alte parti contraenti”, poi l’enfasi sulle libertà individuali e l’economia sociale di mercato fortemente competitiva. Cos’è? si chiese.
Cercando, strariparono fiumi di documenti, ricerche, studi, tesi… Confusione totale. Poi trovò un video di un giornalista. Si trattava del portavoce di una scuola di macroeconomia, la MMT, la Teoria della Moneta Moderna.
Aveva alle spalle degli economisti, varie università e centri studi. Interessante…
Parlava di piena occupazione, di spesa in deficit dello Stato senza vincoli preimposti per la creazione di posti di lavoro, di stato sociale, di pieno benessere. Ragionava di moneta moderna come lo strumento dello Stato per guidare i talenti dei cittadini. Spiegava che democrazia vuol dire Stato che dà voce e realizza la volontà dei cittadini. Parlava di Patria tra le Patrie. Di partecipazione di cittadini, non di individui.
“Piena occupazione con la spesa pubblica”. Rimbombava nella testa di Olimpia… Stonava con il pareggio di bilancio europeo.
Olimpia aveva un lavoro sicuro e anche se la paga era appena sufficiente per arrivare a fine mese, la sua situazione era pur sempre decisamente migliore, pensò, rispetto ai suoi amici e conoscenti. Qualcuno si era dovuto trasferire in Inghilterra o in altri Paesi esteri. Qualcun altro aveva spostato la sede delle proprie aziende nei paesi dell’est. E c’era anche chi aveva, un giorno, abbassato le saracinesche di quella bottega artigianale che da decenni identificava un mestiere con una famiglia. Sopra la saracinesca di quel negozio invecchiava ora un cartello “Affittasi”.
La convinzione diffusa, propagata nei salotti televisivi, riteneva che il problema della povertà dovesse essere risolto. Per eliminarla, si dovevano cambiare i poveri. Il pensiero economico dominante sosteneva che così si doveva agire: i poveri avrebbero dovuto imparare COME lavorare: più formazione professionale, più specializzazione. Non lavoro per tutti ma lavoro detto di qualità, per coloro in possesso di specifiche competenze.
E ancora… nella testa di Olimpia riecheggiava “Piena occupazione con la spesa pubblica”. E si chiese dunque se la guerra alla povertà non dovesse dipendere solamente dal cambiamento delle persone ma da un cambiamento del sistema.
Ribatteva infatti la scuola MMT: “Lo Stato datore di lavoro di ultima istanza”. “Lo stretto pieno impiego”, “Un programma di lavoro garantito” che, determinando il prezzo del lavoro, realizzi occupazione, formazione retribuita e stabilità dei prezzi. Ed ecco che il cuore di Olimpia si illuminò! Tutto era chiaro. Ecco la soluzione al problema: lo Stato! La moneta di Stato aveva il potere di eliminare la povertà.
Olimpia aveva capito!
Disposta a mettersi in gioco, volle andare oltre. Prese contatti con i movimenti sovranisti che da tempo peroravano la causa ancorché timorosa in ragione della propria inesperienza politica.
Dopo il primo contatto entusiasmante, rimase delusa dal disordine che caratterizzava i vari gruppi: benché animati da nobili intenti e con programmi politici eccellenti, non riuscivano a dialogare fra loro. E nemmeno a darsi strutture interne efficaci perché, aveva notato, l’individualismo era molto forte.
Ma il tempo stringeva, la Commissione Europea avanzava a tappe forzate, incontrastata. Così Olimpia cadde nello sconforto. Non c’era tempo. Ormai non c’era più tempo. Forse avrebbe dovuto prendere coraggio prima. Vincere il timore di non essere adeguata. Rompere gli schemi.
Purtroppo era tardi. Troppo tardi.
Si giustificò dicendo a se stessa….”Uno in più non avrebbe cambiato il corso degli eventi…”.
Tutto vero, tutto giusto.
Ma, chissà perché, quel nodo allo stomaco non si volle sciogliere.
Un’altra cosa chiara era l’incompatibilità del modello UE con il modello della Costituzione. A riguardo Olimpia, che aveva deciso di contribuire in qualche modo personalmente, nel suo piccolo (e non era la sola che lo faceva), alla formazione di un’opinione pubblica consapevole, si costruì uno schema che portò con sé mostrandolo tutte le volte che trovava qualcuno interessato e sensibile all’argomento. Lo schema, chiaro e sintetico, era questo.
Si commentava da solo. In un giorno di ozio, per svago mise a “sfidarsi” tra loro la Costituzione italiana e i Trattati europei, in una particolare tenzone: la frequenza linguistica. E fece una presentazione della sfida.
La competizione consisteva nel vedere quanto certi termini significativi ricorressero nei due testi normativi (naturalmente ponderando in proporzione alla lunghezza complessiva rispettivamente del testo italiano e di quello europeo con un rapporto di circa uno a sette). Il primo round fu “vinto” dalla Costituzione Italiana sulle seguenti parole.
Parole significative, che suggerivano un modo di vedere “italiano” (la Costituzione, ripeteva Olimpia agli interlocutori, è un abito sartoriale confezionato sugli italiani). Ancora più significative però, le parole con cui i Trattati “vinsero” il secondo round, facendo finire così in pari la singolare sfida.
Era solo un gioco, che tuttavia contribuiva a mettere in luce come l’Unione Europea fosse niente altro che un partenariato con gli steroidi a cui interessavano le banche, la finanza, il mercato, laddove la Costituzione italiana parlava di famiglia, di lavoro, di diritti e libertà. La differenza tra la chiusura visuale megalomane dell’UE e l’ampiezza e la vastità filosofica di orizzonti della Costituzione, era lampante. Ma che fatica farlo capire agli altri!
Olimpia entrò come tanti, nel secondo pomeriggio di quel lunedì, nel sito istituzionale del Governo italiano e attese la diretta della conferenza stampa da Palazzo Chigi. Il dopo elezioni dava i suoi frutti. Acquisita la fiducia dalle Camere, il nuovo Governo appena formato non aveva temporeggiato e dodici giorni dopo (appena sei dal recepimento di specifico atto d’indirizzo dal Parlamento), a conclusione di un Consiglio dei Ministri che fu per la verità più simile a una maratona dato che era durato – con brevissime pause – tutto il fine settimana, un presidente del Consiglio dall’aria seria ma tranquilla comunicò con giustificata solennità che, a seguito di una riunione – specificò – “serrata ma serena”, il Consiglio dei Ministri aveva deliberato l’avvio della procedura di recesso dall’Unione ai sensi dell’articolo 50 del TUE. Comunicazione ufficiale era stata immediatamente trasmessa al Consiglio Europeo e agli altri organi dell’Unione oltre che a terzi soggetti istituzionali per conoscenza. Il Presidente auspicò che entro pochi giorni si sarebbe dato l’avvio alle prime consultazioni con la controparte, preliminari alle negoziazioni vere e proprie. Inoltre, a breve sarebbero seguite comunicazioni in merito alle prossime azioni interne conseguenziali all’avvio della procedura. Le voci circolanti nei giorni precedenti erano così confermate: il dado fu tratto, lo Stato italiano aveva mosso il primo passo vero per uscire dall’Unione Europea.
Tra l’altissima attenzione interna ed estera e l’eccitazione generale, gli eventi sembrarono accelerare esponenzialmente… (CONTINUA)
Bello. Complimenti per la fantasia del formato, un grande aiuto alla comprensione del uso della moneta per la vita e l’operosità del popolo.
Grazie Renato per i complimenti su questo umile lavoro. Se vuole, le saremmo grati se contribuisse a diffondere questa e le altre puntate tra le sue conoscenze. A presto. Giuseppe Nasone