Fonte: https://www.rivieraoggi.it/2016/04/14/218242/il-magico-mondo-di-gozi-europa-moltiplicatore-di-opportunita-video/
MONTEPRANDONE – Quasi 200 persone presenti all’auditorium Pacetti di Monteprandone per ascoltare Sandro Gozi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega agli Affari Europei. Ospitato dal Pd monteprandonese e accolto dall’applauso entusiasta dei presenti (che gli hanno perdonato i cinquanta minuti di ritardo), Gozi è stato accompagnato nella sua esposizione dal segretario regionale del Pd Francesco Comi e dal deputato del Pd Luciano Agostini.
L’incontro, moderato dalla giornalista Stefania Serino, ha visto Gozi elogiare la riforma costituzionale del governo Renzi (“Se ne parla dal 1979, noi finalmente l’abbiamo fatta, abbreviamo i tempi per approvare una legge”), quindi l’uso dei fondi finanziari europei usati in Italia (“Siamo passati dal 56% al 92% grazie all’opera del governo”). Per Gozi anche il cosiddetto “Piano Juncker” è un successo: “Quando chiedevamo a Bruxelles che fosse aumentato, i tedeschi ci guardavano male, pensando fossimo i soliti spreconi. Invece è in Italia che si sta utilizzando maggiormente il Piano, il 35% dei fondi utilizzati riguardano il nostro paese, ben 1,7 miliardi di euro di investimenti”.***
1,7 miliardi che sono pari a solo lo 0,1% del Pil annuale italiano e per di più da spalmare in più annate, ma evidentemente i tempi di vacche magre per Gozi sono terminati: “Grazie alla nostra azione europea abbiamo allentato finalmente il Patto di Stabilità che faceva impazzire i sindaci italiani. Basta penare”. Nonostante ciò i dati del Documento Economia e Finanza parlano di un taglio della spesa in conto capitale, dal 2015 al 2016, di ben 6 miliardi (pagina 37). Lo Stato programma di investire meno, molto meno.
Il rappresentante del governo, probabilmente il più filo-europeista del Pd e che dal 2011 ha votato tutti i provvedimenti delle austerità europee senza manifestare crisi di coscienza, ammette ora che la Grecia “è stata devastata dall’austerità” ma per paradosso proprio la Grecia “dimostra che un’altra Europa è possibile: qui i rifugiati vengono soccorsi dalle Organizzazioni Non Governative e proprio dall’Europa. Lì c’è il nostro confine. I governi europei non hanno capito quello che hanno capito i terroristi dell’Isis: loro colpiscono la generazione Erasmus, ovvero le 19 nazionalità di giovani che hanno perso la vita al Bataclan, o in altre delittuose occasioni. Loro sanno che siamo europei, noi no”.
Dunque “il decennio dell’austerità è finito”, sentenzia, ma in mancanza di contraddittorio pubblico occorre rilevare che, sempre dal Def, è già garantito un saldo primario (differenza tra tasse pagate e spesa pubblica) superiore a quello del 2015, e infatti il deficit atteso sarà più basso di quello del 2015: 2,3% contro 2,6%. E negli anni a venire le cose, nero su bianco, andranno sempre peggio per i cittadini. Ovvero: l’austerità continuerà più forte di prima.
Magari Gozi, il quale garantisce al pubblico del Pacetti (presenti numerosi sindaci oltre quello di Monteprandone Stefano Stracci, assessori e rappresentanti del Pd locale tra cui il candidato sindaco di San Benedetto Paolo Perazzoli) che “noi a Bruxelles adesso siamo più esigenti nelle negoziazioni rispetto al passato”, avrà il cappello magico per garantire come quel 2,6% diventi, come minimo, 3%, dando un segnale numericamente espansivo, e non solo con la propaganda. O magari, come bisognerebbe auspicare oggi, 8 o 10%. Altrimenti, al di là della solita retorica governativa degli ultimi vent’anni, la discrasia tra dire e fare non sarà in grado di salvare nessun governo dall’impopolarità.
Perché nella provincia in cui ha parlato ci sono 27.300 iscritti al collocamento più migliaia di precari, sotto-occupati o che neppure cercano più un lavoro, e con gli 0,1% si fanno bei comizi ma non si parla a loro, ovvero si esula da ciò che l’articolo 3 della Costituzione imporrebbe ai governi: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

***Il famoso “Piano Juncker” citato dal nostro Gozi darà lavoro a (si stima) 3.200 persone, praticamente se fossero tutte concentrate nel Piceno la disoccupazione diminuirebbe per circa il 15% solo nella nostra provincia restando invariata nel resto d’Italia. Le ditte che ne stanno beneficiando sono Telecom, Grimaldi, 2i Rete Gas, Raffineria di Milazzo. Solo 318 milioni per progetti delle Piccole e Medie Imprese. Fonte http://www.corriere.it/economi…. I nostri politici però hanno messo un tappeto rosso (devo dire che è stato anche un po’comico vedere tanti ex comunisti ai piedi di un ultra-liberista, bersi tutto il calice senza nemmeno fiatare).Sandro Gozi

La nostra associazione è fermamente schierata in difesa della Repubblica.
Siamo convinti che la consapevolezza economica permette di smascherare l’inganno nascosto dietro ad un linguaggio tecnico di difficile comprensione per il cittadino medio e in modelli di ingegneria economica che sono, di fatto, modelli di ingegneria sociale. Per questo promuoviamo da anni incontri pubblici di educazione economica in tutto il territorio.
La conoscenza economica è l’arma più potente che possiamo utilizzare per combattere le nuove forme di dittatura cui siamo soggetti e ripristinare quella Costituzione per cui migliaia di italiani hanno sacrificato la loro vita e personalità dallo spessore umano e culturale immenso ci hanno donato.
Essere partigiani oggi significa imbracciare il fucile della conoscenza, ostacolare ogni tentativo di ulteriore smantellamento della Costituzione repubblicana e costituire e collaborare con forze politiche che abbiano nel proprio programma al primo punto il ripristino della democrazia in questo paese.
La sovranità politica necessita di sovranità economica, perché la mancanza dell’una disattiva l’altra.
“Non c’è democrazia politica senza democrazia economica” disse Lelio Basso.
Liberazione

Vari politici e osservatori da tempo sostengono l’idea del referendum per l’uscita dall’euro. E’ una buona strada? Sarebbe efficace? Dunque, prima di tutto è fondamentale comprendere che la nostra Costituzione, in base all’articolo 75, non permette referendum abrogativi su leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali.
Il precedente che viene spesso richiamato è il referendum che fu allestito con legge costituzionale del 3 aprile 1989 da un parlamento totalmente concorde, per domandare al popolo italiano se fosse d’accordo con l’accelerazione del processo di integrazione europea. Il popolo italiano rispose con un plebiscito a favore dell’Europa, registrando l’88% dei Sì.
Piccolo particolare: per realizzare la legge costituzionale per fare successivamente il referendum, sono necessarie due deliberazioni da parte di Camera e Senato, quattro votazioni in tutto, di cui la seconda a maggioranza assoluta. Mentre nel 1989 tutti i partiti erano d’accordo nel fare una legge costituzionale ad hoc per indire un referendum, oggi abbiamo un parlamento composto per la maggior parte da Pd, Scelta Civica, Ncd, Forza Italia. Siete davvero sicuri che costoro voterebbero a favore dell’indizione di un referendum per uscire dall’Euro? Considerata soprattutto la storica ostilità di membri del Pd e affini a tali tematiche?
Ma anche se si arrivasse all’approvazione della legge costituzione per fare il referendum, questo avrebbe poi un valore consultivo. Ovvero, in parole povere, sarebbe un grande sondaggio. Se vincesse il Sì, il governo Renzi non avrebbe poi nessun obbligo di uscire dall’euro, nonostante l’espressione del popolo italiano in quel senso. Questo referendum difatti non creerebbe effetti giuridici diretti come accade ad esempio con i referendum abrogativi.
Il gioco continuerà a dettarlo la maggioranza di governo e potrà ignorare tranquillamente l’esito referendario, perciò tanti saluti. Oltretutto, proviamo ad immaginare il clima di terrore che verrebbe creato dai mass media (Televisioni nazionali e Radio in primis) prima della votazione e per tutta la campagna referendaria. Già oggi creano il panico nella popolazione quando qualcuno in Tv prova a dire che l’euro è sbagliato, con i fans della moneta unica che invocano carriole per andare a far la spesa e tracollo dell’economia nel caso in cui si uscisse dall’euro: pensate a cosa potrebbe succedere nel momento della campagna referendaria.
Senza contare i mercati in fibrillazione, spread ecc.. La cittadinanza sarebbe talmente spaventata da tutti i terrorismi economici infondati che si riverserebbe in massa nelle urne per votare a favore della permanenza nell’Eurozona. E a quel punto, come potremo continuare la nostra divulgazione per il ripristino della sovranità monetaria, quando il popolo si sarà espresso (poiché fuorviato) per restare nell’euro?
Molto semplice: fine della battaglia per l’uscita dall’euro, cari signori. Ecco ciò che accadrebbe. L’inutilità dei referendum, in assenza di sovranità monetaria, è palese, basti pensare a che fine ha fatto la volontà del popolo greco di uscire dall’austerità a luglio 2015. Quindi noi dobbiamo divulgare alla cittadinanza il modo per uscire dalla morsa dell’Eurozona, e questa può avvenire solo attraverso una presa di coscienza da parte della società civile riguardo le potenzialità di uno stato a moneta sovrana, tale per cui i cittadini decidano di destinare il proprio voto unicamente a chi vuole uscire dall’euro con una decisione del governo, proprio come proposto dal programma economico della Me-mmt.
Noi dai summit di Rimini del 2012 stiamo divulgando giorno per giorno le modalità corrette di ripristino della sovranità monetaria, non permettiamo che i nostri sforzi vengano vanificati da referendum farlocchi e fuorvianti. Chi propone soluzioni come il referendum è chi non vuole capire il sistema monetario e non credo sia un mio amico nella lotta contro l’euro e l’Ue.
Perciò unitevi a noi, e divulghiamo senza sosta.
Euro referendum

Di seguito un articolo del Corriere della Sera pubblicato sulla Digital Smart Edition, a firma di Stefania Tamburello.Qui il link. Mosler si trova a Vibo Valentia per il Festival dell’Economia, invitato dall’associazione Rete Mmt.

Salario minimo e occupazione, finanziati da Bce: l’inedita proposta dell’ex guru di Wall Street

Warren Mosler e l’italiano Damiano Silipo lanciano dal festival dell’Economia di Vibo Valentia un’idea per aiutare la Banca centrale europea ad evitare il rischio deflazione
«Proposta che non richiede la modifica dei trattati»

La Bce ha bisogno di uno strumento in più per sconfiggere il pericolo della deflazione. A dirlo, con in mano una proposta di intervento alternativo che verrà presentata a giorni alla comunità scientifica, sono due economisti, l’italiano Damiano Silipo e lo statunitense Warren Mosler, che hanno scelto il giovane festival dell’economia di Vibo Valentia per anticipare la loro idea. Un’idea che si inserisce nel dibattito attorno agli esiti più lenti del previsto del Quantitative easing, si muove soprattutto nel campo degli euroscettici e segue la scia per esempio dell’Helicopter money che sarebbe in grande sintesi la trasmissione di liquidità da parte delle banche centrali direttamente a cittadini e imprese, saltando le banche.

«Occorre far aumentare l’inflazione»

«La nostra proposta non richiede, come l’Helicopter money, interventi di modifica dei trattati ma si presenta come uno strumento aggiuntivo a disposizione della Bce» sostiene Silipo, docente di economia presso l’Università della Calabria. «Bisogna cambiare strada per fare aumentare l’inflazione e l’obiettivo deve essere la piena occupazione, altrimenti a breve tutti i giovani saranno disoccupati», sostiene Mosler (per leggere le sue teorie e le notizie correlate più interessanti, sfiora l’icona blu e apri il suo sito), già gestore di hedge funds, docente universitario e fondatore della scuola post-keynesiana della Modern Monetary Theory, a cui fa riferimento tra gli altri Stephanie Kelton, la consigliera economica del candidato democratico alla Presidenza degli Stati Uniti, sfidante di Hillary Clinton, Bernie Sanders.

Creare lavoro «di transizione» e dar forza alla ripresa

La proposta punta tutto sul lavoro, e sul creare occupazione per far risalire l’inflazione e dare forza alla ripresa, nell’ambito del mandato della Banca centrale europea di mantenere la stabilità dei prezzi assicurandone la crescita vicino, ma sotto, al 2%. Il punto di partenza sarebbe un grande piano per dare lavoro e salario a chi vuole lavorare, un lavoro di transizione destinato a confluire nel generale sistema privato. Ebbene a finanziarie tale piano, fissando il salario minimo di riferimento, dovrebbe essere la Bce che invece di determinare il livello dei tassi di interesse e dare liquidità alle banche per portare l’Euroarea fuori dal pericolo di deflazione, fisserebbe quello dell’occupazione dando liquidità al lavoro.

35 ore settimanali a 7 euro l’ora

I proponenti costruiscono lo scenario ipotetico: l’offerta di lavori di transizione della Bce sarebbe di 35 ore settimanali con un salario di 7 euro a ora, pagato appunto da Francoforte. Nel mese di ottobre 2015 ci sono stati 17.240 milioni di lavoratori disoccupati nei 19 Paesi della zona euro. Supponendo che tutti i disoccupati avessero optato per un lavoro di transizione al salario minimo previsto, il costo massimo diretto per l’Eurotower sarebbe di 18,14 miliardi euro al mese. Il costo per i Paesi, in termini di contribuzione al capitale della Banca centrale, sarebbe di 2,1 miliardi, ma nel contempo risulterebbe anche un risparmio immediato complessivo di 12,3 miliardi al mese per le mancate spese di sostegno al reddito degli ex disoccupati. Tali somme risparmiate, al netto delle spese di capitale aggiuntivo, sarebbero trasferite, spiega Mosler, alla BCE che in ultima analisi spenderebbe quindi per l’attuazione del programma di lavoro di transazione circa 8 miliardi di euro al mese.

Aumento dei consumi e crescita del Pil nominale

I proponenti indicano anche il vantaggio in termini di aumento del Pil e di ripresa dell’inflazione: nel primo trimestre del 2016 la crescita del Pil nominale sarebbe pari quindi a 24 miliardi di euro, pari all’importo netto necessario per l’attuazione del programma. Nel periodo successivo, ipotizzando una propensione al consumo dello 0,92%, la spesa BCE potrebbe rimanere la stessa, ma il Pil nominale continuerebbe ad aumentare grazie all’effetto moltiplicatore. Quanto al tasso di inflazione — sempre secondo la proposta completa di riflessioni tecniche, pr proiezione e calcoli — toccherebbe un massimo poco superiore al 2% prima di riscendere e di stabilizzarsi all’ 1,65% dopo circa 3 anni. Non ci sarebbe quindi il pericolo di generale inflazione sgradita.

La paga fissa, strumento di stabilità

La fissazione di un salario minimo, così come per esempio è avvenuto nel passato per l’oro, servirebbe da ancoraggio agli altri prezzi e servirebbe da strumento di stabilità e, in pratica, sarebbe «la fonte della definizione del valore dell’euro nella zona euro». Da qui il ruolo della Bce che potrebbe usare il salario come strumento della politica monetaria per guidare il tasso di inflazione.

Meglio del «quantitative easying»

«Il mandato della Banca centrale è solo quello di garantire la stabilità dei prezzi, e questo lo può fare meglio e più rapidamente con il programma dei lavori transitori piuttosto che con quello di Quantitative Easing», taglia corto Mosler sorvolando sulle perplessità che la sua proposta può sollevare in Bce, ma anche nei governi e nei sindacati. Ma avvertendo che “Prendendo tutti gli economisti del mondo non saranno in grado di dare e accordarsi su un’unica soluzione».

“E’ incredibilmente stupido avere un sistema in cui le persone che vogliono lavorare – che sono in grado di lavorare – vengano pagate per non lavorare, invece di pagarle per svolgere un lavoro produttivo. Sarebbe un bene per loro, per la società, per tutti… Noi dobbiamo utilizzare il Governo come Datore di Lavoro di Ultima Istanza e proporre programmi di Lavoro Garantito. Dobbiamo finirla con lo spreco della disoccupazione”.
Professor William Black – Macroeconomista MMT all’Università del Missouri Kansans City.
Vuoi saperne di più? Ti aspettiamo venerdì alle 20.30 a Pinerolo (Torino), con Sergio Ferrero, relatore della serata,  che descriverà il funzionamento della moneta moderna e gli obiettivi della Modern Money Theory.
L’evento avrà luogo all’Istituto Maria Immacolata, viale della Rimembranza 21.

Ecco il sondaggio sull’economia andato in onda in una recente puntata di Ballarò, sulla tv pubblica:Tagliare sprechi e spesa pubblica” vuol dire ridurre in ogni caso i soldi in circolazione.
Sono politiche restrittive di austerità: mi spiegate quale sarebbe la differenza con l’opzione “proseguire con l’austerità”, Ballarò?
E poi fateci caso. Anche tassare i patrimoni corrisponde ad una sottrazione di denaro dal settore di famiglie e imprese, lo vediamo ogni giorno con la supertassazione che ci impongono dal 1994 ad oggi per soddisfare i parametri europei, con una serie di avanzi primari di bilancio senza precedenti (ovvero ci tassano più di quanto ci danno con la spesa pubblica).
Mentre “Vendere il patrimonio pubblico” consiste nella svendita di tutti quei beni o aziende dello stato che fanno registrare introiti per le casse statali, ogni anno. Privarsene significa rinunciare a questi ultimi, e mettere nelle mani dei privati molti servizi pubblici essenziali, con conseguente aumento delle tariffe (il privato punta al massimo profitto) per una popolazione già in ginocchio economicamente.
Dunque, in definitiva, le opzioni “Vendere il patrimonio pubblico” e “Tassare i patrimoni” sono assimilabili alla categoria “Proseguire con l’austerità“. Mi chiedo: perché fare un sondaggio con cinque opzioni, quando si poteva semplicemente far scegliere tra “Proseguire con l’austerità” e “Uscire dall’euro e aumentare il deficit”?

Sondaggio Ballaròp


Pubblichiamo il video integrale di un interessante confronto che si è svolto a Fabriano sul tema del Lavoro. Organizzato dal locale Movimento Cinque Stelle, relatori erano, oltre al nostro Pier Paolo Flammini della Me-Mmt Marche, lo scrittore e saggista Lucilio Santoni e lo scrittore e filosofo Alessandro Pertosa.
Molti sono stati gli spunti del dibattito e, dopo le iniziali relazioni, l’analisi ha affrontato lungamente la contrapposizione tra la Piena Occupazione e il Reddito di Cittadinanza, oltre che il rapporto della Costituzione con il lavoro e l’evoluzione tecnologica. Si è ribadito anche in questa sede, non senza incontrare resistenze e in alcuni casi con un confronto vivo e ricco di spunti di attualità, come con la Mmt i concetti “statici” sia economici che di organizzazione sociale siano superati nel segno della autodeterminazione liberati da vincoli inconciliabili con la nostra Carta Costituzionale.
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Scarica qui il paper completo: Programma di Impiego Pubblico di Ultima Istanza
L’associazione Me-Mmt Italia ha il piacere di pubblicare uno studio di Giuseppe Mastromatteo e Lorenzo Esposito* sui Piani di Lavoro Garantito, o di Ultima Istanza. Il lavoro è stato già pubblicato al link BinzaGR
L’opera di Minsky è uno dei pilastri fondamentali su cui si è sviluppata MMT. I piani di lavoro basati sulla sua teoria sono già stati sperimentati con esito positivo e una ricaduta sulla ripresa economica molto più efficace rispetto al reddito minimo
*Giuseppe Mastromatteo
Professore Associato di Economia presso la Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano. Collabora con il Laboratorio di Analisi Monetaria dell’Università Cattolica e con il Centro Interuniversitario per la crescita e lo sviluppo. È membro del comitato direttivo di “Econometrica” ​​(Centro interuniversitario per l’etica e la responsabilità sociale). Ha pubblicato svariati articoli sull’economia monetaria e pubblica. giuseppe.mastromatteo@unicatt.it
Lorenzo Esposito
Lavora dal 1998 in Banca d’Italia occupandosi di vigilanza finanziaria e bancaria. Dal 2013 collabora con l’Università Cattolica di Milano in attività di ricerca e didattica su teoria monetaria e della regolamentazione bancaria. Ha pubblicato diversi articoli sull’argomento.

lorenzoxesposito@yahoo.it
Giuseppe Mastromatteo ed Lorenzo Esposito

Fonte: http://emiliaromagna.mmtitalia.info/?p=828
Tutti i giorni da mattina a sera ci vengono propinati i dogmi: “privato più efficiente”, “mercato libero non ha bisogno di regolamentazione”, “mercato libero si regge con le proprie gambe”.
Vi proponiamo una breve news riportata oggi dal Wall Street Italia che ripropone gli ultimi dati Istat, che dimostrano come il mercato non abbia in sé i famosi e ventilati “anticorpi” in grado di renderlo immune dal bisogno di correttivi, quanto meno:

Nel corso del 2015, la pressione fiscale dell’Italia è calata -0,1 punti su base annua, attestandosi al 43,5%. Tuttavia, rispetto alla stima precedente, la variazione è stata di un rialzo di 0,2 punti.  Lo ha reso noto l’Istat, spiegando che la modifica è da imputare alle operazioni che sono state messe in atto per risolvere la crisi delle quattro banche, salvate dal crac: ovvero Banca Etruria, CariFerrara, CariChieti, Banca Marche.
Le risorse che dal sistema bancario italiano sono andate a rimpimguare il Fondo Nazionale di Risoluzione (pari a circa 2,3 miliardi di euro) sono state registrate nell’ambito delle imposte indirette (nello specifico “altre imposte sulla produzione”), mentre i fondi trasferiti dal Fondo stesso per coprire le perdite delle banche commissariate (pari a circa 1,7 miliardi) sono stati contabilizzati all’interno delle uscite in conto capitale.
Data la revisione delle entrate, la pressione fiscale è stata così rivista al rialzo di 0,2 punti percentuali.
Money

Traduzione di Marco Cavedon
MMT 101: Una Replica Alle Critiche.
Postato il Primo Dicembre 2013 da Devin Smith.

Redatto da Eric Tymoigne e L. Randall Wray
Questa è la prima parte di una serie di sei nel corso della quale parleremo delle critiche alla MMT. Come già sanno i lettori del nostro blog, i nostri critici continuano a sollevarci le medesime ripetitive obiezioni. Loro screditano la MMT attribuendoci affermazioni che non abbiamo mai fatto. Loro prendono le nostre parole e le distorcono per costruire uno spaventapasseri che poi tentano di distruggere. Non importa quante volte noi rispondiamo ad una particolare critica, loro ci riprovano sempre riutilizzando sempre i medesimi argomenti. Warren Mosler è solito utilizzare l’analogia col videogioco “Colpisci lo Scoiattolo”: ne colpisci uno ma ne riappare sempre un altro.
Anche se sappiamo che è un’impresa estremamente ardua e inutile cercare di disilludere i critici dei loro adorati e fasulli argomenti, riteniamo che sarebbe utile per coloro che si avvicinano alla MMT con meno pregiudizi avere alla portata di mano le risposte a cinque categorie di critiche.
Oggi forniremo un’introduzione a questa serie di critiche che tratteremo. Ognuno dei successivi 5 post le affronterà ad una ad una. Forniremo anche una lista delle fonti utilizzate per tutti gli argomenti che tratteremo.
Per coloro che volessero approfondire, è possibile accedere al seguente link (Levy Institute) per scaricare l’intero paper sul quale è basata questa serie. Coloro che preferiscono documenti di minori dimensioni possono leggere la presente serie di post. Mentre procederemo risponderemo ai commenti e realizzeremo degli aggiornamenti al fine di chiarire l’argomento.
Per coloro che leggono il nostro sito (http://neweconomicperspectives.org/) da più tempo non ci sarà alcuna difficoltà nel seguirci, anche se ciò richiederà molto tempo. La perseveranza sarà una dote necessaria. Cercheremo di essere il più precisi possibile, in quanto “colpire gli scoiattoli” richiede diligenza.
Uno dei maggiori contributi della Modern Money Theory (MMT) consiste nello spiegare perché i governi dotati di una moneta sovrana[1] possiedono una forte flessibilità nell’ambito di una politica economica libera da costrizioni finanziarie.
Non solo essi possono emettere la loro valuta[2] per pagare i debiti pubblici denominati nella loro stessa unità di conto, ma possono anche cambiare le regole in gioco al fine di superare le restrizioni che si autoimpongono per quanto concerne le operazioni di bilancio.
Come tale, questo tipo di governo non è finanziariamente vincolato nelle sue operazioni come invece lo sono le nazioni non sovrane e grazie a questa caratteristica può indirizzare le sue attività al raggiungimento di obiettivi quali la piena occupazione e la stabilità dei prezzi.
Attraverso una dettagliata analisi delle istituzioni e delle pratiche che riguardano le operazioni fiscali e monetarie del Tesoro e della banca centrale di nazioni quali gli USA, il Brasile, l’Argentina, l’Eurozona e l’Australia, la MMT ha fornito argomentazioni a livello istituzionale ed accademico sul funzionamento interno delle economie dei paesi dotati di sovranità monetaria e di quelli non sovrani (Mosler 1999; Bell 2000; Bell and Nell 2003; Bell and Wray 2002; Wray 1998, 2003a, 2003b, 2003c, 2007, 2012; Fullwiler 2006, 2009, 2011, 2013; Kelton, Fullwiler and Wray 2012; Mitchell and Mosler 2002; Muysken and Mitchell 2008; Rezende 2009).
Le argomentazioni a livello istituzionale riguardano il ruolo del Tesoro nella politica monetaria, il modo in cui la banca centrale attua questa politica, le implicazioni sul bilancio patrimoniale delle operazioni del Tesoro e della banca centrale, l’importanza delle identità contabili nazionali e l’irrilevanza economica – ma non politica – delle costrizioni autoimposte.
Le conclusioni accademiche della MMT riguardano l’utilità nel combinare Tesoro e banca centrale all’interno di un settore che definiremo governativo, le causalità tra i bilanci finanziari macroeconomici desiderati ed effettivi, il ruolo funzionale delle tasse e dei titoli e le relative costrizioni sul governo. Tutti questi elementi istituzionali ed accademici vengono riassunti dall’affermazione secondo la quale i governi con moneta sovrana sono sempre solventi e possono permettersi di acquistare tutto ciò che viene venduto nella loro unità di conto nazionale nonostante potrebbero dover affrontare costrizioni a livello di inflazione e politiche.[3]
La MMT inoltre ha fornito argomentazioni di politica economica riguardo la stabilità finanziaria, la stabilità dei prezzi e la piena occupazione. Essa afferma che questi sono importanti traguardi che devono essere raggiunti indipendentemente da altri, attuando politiche strutturali che funzionino indipendentemente dal clima politico attuale e che gestiscano il più direttamente possibile gli obiettivi che devono essere raggiunti. La MMT rigetta la tradizionale scelta tra inflazione e disoccupazione e non fa affidamento sulla crescita economica in stretta sintonia con il raggiungimento della piena occupazione, che sono visti come obiettivi di politica economica indipendenti.

Le critiche alla MMT possono essere classificate in 5 categorie:

  1. le considerazioni circa l’origine della moneta e il ruolo delle tasse nell’accettazione della valuta del governo;
  2. le considerazioni in ambito di politica fiscale;
  3. le considerazioni sulla politica monetaria;
  4. la rilevanza delle conclusioni della MMT per le economie in via di sviluppo;
  5. la validità delle raccomandazioni di politica economica della MMT.

Questa serie di articoli si dedica a ciascuna di queste categorie utilizzando l’approccio a circuito e le identità contabili nazionali e aggiungendo progressivamente altri settori economici.
La seconda parte di questa serie si focalizza sul settore governativo. Il post dimostra l’importanza delle tasse per il regolare funzionamento di un governo che basa le sue attività su un sistema monetario e comincia con la trattazione dell’ipotesi del consolidamento (tra Tesoro e Banca Centrale, NdM).
La terza parte si concentra sull’economia del settore privato nazionale e descrive alcune conclusioni sulla condotta della politica fiscale e la corretta gestione del bilancio delle entrate da parte del governo.
La quarta parte aggiunge la figura della banca centrale e studia le interazioni tra la stessa, il Tesoro e  l’economia privata.
La quinta parte aggiunge il settore estero e studia l’impatto della politica fiscale, il ruolo dei regimi che si basano sul tasso di cambio (tra valute) e il livello di sviluppo di una nazione.
Il post finale si concentra sul contesto politico e sulle conclusioni dell’MMT.
Qui forniremo una descrizione molto breve delle basi della MMT che vi aiuterà a seguire l’esposizione che svilupperemo nei prossimi articoli.
Consideriamo l’approccio circuitista post keynesiano Francese – Italiano particolarmente utile nel far comprendere il punto che il denaro necessario per la spesa deve venire da qualche parte. Molti riconoscono che per finanziare un acquisto una persona deve utilizzare una precedente entrata, oppure vendere un asset (attività finanziaria, NdM) o ricorrere ad un prestito.
A livello individuale questo certamente è vero. Tuttavia il denaro che deriva dalle entrate affluisce nello stesso modo in cui le ricevute derivanti della vendita di asset necessariamente devono venire da qualche parte – e un regresso all’infinito non è logicamente possibile. La tipica fonte divina neoclassica della finanza è il risparmio – ma se il risparmio viene considerato nella sua forma finanziaria (denaro e non beni reali NdM) deve prima essere stato generato da qualcun altro che ha speso e si ritorna nel regresso all’infinito.
Quindi, quando il circuito inizia con un prestito bancario per finanziare l’acquisto di prodotti (utilizzati per la generazione di altri prodotti) tutti i problemi di logica vengono risolti.
La spesa e la creazione di “denaro” nella forma di un deposito bancario sono legate. E’ meglio pensare a queste come voci di un bilancio patrimoniale: la banca accetta l’ITD (Io Ti Devo, cioè un debito, NdM) del debitore ed accredita la sua richiesta di deposito (realizza un prestito, NdM). L’ITD del debitore viene compensato dall’accredito presso il suo deposito (conto corrente, NdM). La spesa semplicemente sposta il deposito richiesto a un venditore. La moneta viene creata “in modo endogeno” (dentro il sistema privato, NdM) per finanziare la spesa.
Più tardi, quando i prestiti vengono ripagati, sia il deposito richiesto che l’ITD del debitore vengono addebitati – il denaro viene distrutto. Non c’è alcuna magia, alcuna “manna dal cielo”, non c’è separazione del settore “reale” (curva IS, Investimento – Risparmio o  Investment – Saving) dal settore “monetario” (curva LM, Liquidità – Denaro o Liquidity – Money). Come Clower avrebbe osservato, con il denaro si acquistano dei beni e con i beni si acquista denaro ma con i beni non si comprano altri beni. Il baratto non è consentito in quanto prima di spendere bisogna ottenere denaro da flussi in entrata, vendita di asset o richiesta di prestiti. E il denaro deve essere creato da un primo prestito che fa iniziare il ciclo.
Questa è l’idea dietro l’approccio della “moneta endogena” adottato dai Post Keynesiani: i prestiti creano depositi e il ripagamento dei prestiti distrugge i depositi. Molti Post Keynesiani vanno oltre e adottano l’approccio “orizzontale”: sia la fornitura di prestiti che di riserve bancarie sono denaro orizzontale, ad un tasso di interesse amministrato in modo esogeno (Moore 1988). Non dobbiamo qui entrare nei dettagli di questo approccio, né un lettore deve accettare una fornitura orizzontale (solo a livello di settore privato, NdM) di depositi e prestiti (noi non lo facciamo!). Il concetto fondamentale è che i prestiti bancari non sono mai limitati dai depositi che affluiscono nelle banche, dal momento che le banche creano depositi quando prestano.
Iniziamo con un semplice schema del circuito.

Fig 1
Qui la banca fa un prestito ad un’impresa emettendo un deposito su richiesta; l’impresa assume lavoro dal settore domestico, pagando un salario; la banca addebita il deposito richiesto dall’azienda e lo accredita al settore domestico; la famiglia acquista i prodotti dell’azienda; la banca addebita il deposito della famiglia e accredita quello dell’impresa; e alla fine l’impresa utilizza il deposito richiesto (all’inizio del ciclo, NdM) per ripagare il prestito.
Finché la famiglia non risparmia e i depositi richiesti non possono essere riscattati (non sono convertibili in riserve, ndM), il circuito “si chiude”.
Non ci dedicheremo alla questione del risparmio, del pagamento degli interessi e dei profitti in questa sede – i risultati sono ben conosciuti nella letteratura circuitista.
Ciò che è importante notare qui è il fatto che la banca in questo semplice modello non può “finire il denaro” da prestare. Essa crea il “denaro” (deposito richiesto) quando realizza il prestito. L’unica costrizione è la volontà della banca di prestare e la volontà dei mutuatari di chiedere in prestito.
Il problema certamente è che se c’è più di una banca può realizzarsi un drenaggio (di denaro, NdM) da una all’altra. In questo caso, deve esserci qualcosa da “drenare” – qualcosa per la quale un deposito richiesto possa essere “riscattato” (convertito in riserve, NdM). Aggiungiamo una banca centrale che crei riserve che possano essere usate dalle banche per il clearing (meccanismo di compensazione delle riserve tra le banche, NdM).
Fig 2Fig 3
In questo caso ci chiediamo: ”Da dove vengono le riserve ?”. La banca centrale le ottiene dalle banche private ? Certamente no; deve prima essere lei che “le spende o le presta” e in questo modo le crea. Le riserve sono passività della banca centrale, create sia attraverso prestiti che con l’acquisto di asset. Può la banca centrale “finire mai il denaro”, cioè le sue stesse riserve ? No, può sempre crearle se richieste.
In generale, come sappiamo, le banche devono raggiungere dei requisiti di riserva e le banche utilizzano le riserve per il clearing. A questo punto entrano in gioco le “riserve orizzontali”: ogni banca centrale che amministra un obiettivo per il tasso di interesse overnight (letteralmente “durante la notte”, cioè da un giorno al seguente, è il tasso di interesse dei prestiti interbancari a breve termine, NdM) deve fornire delle riserve su richiesta – altrimenti perderebbe il controllo del tasso di interesse. Nella letteratura Post Keynesiana si afferma che la politica della banca centrale “soddisfa” sempre la richiesta di riserve. Dato che questa domanda è fortemente legata al tasso di interesse (controllato dalla banca centrale, NdM), c’è poco spazio per “errori” da parte della banca centrale. Essa deve soddisfare più o meno esattamente la richiesta.
Crediamo che questo punto di vista sia ora largamente condiviso anche dal pensiero economico ortodosso: le moderne banche centrali operano con un obiettivo di tasso di interesse overnight e soddisfano la richiesta di riserve da parte delle banche al fine di mantenere costantemente questo obiettivo.
Tutto ciò è ormai assodato e non è oggetto di controversie (o non dovrebbe esserlo).
LA MMT PORTA LO STATO ALL’INTERNO DEL CIRCUITO.
Che cosa introduce l’MMT ?

  1. La moneta unità di conto, perlomeno oggi, è virtualmente sempre denaro dello stato – ad esempio il “dollaro” è la valuta scelta dalle autorità (degli Stati Uniti d’America).
  2. Le autorità emettono la valuta, che è costituita da banconote e monete denominate in quella unità di conto e la banca centrale (che sia o meno legalmente indipendente) emette le riserve delle banche nella stessa unità di conto.
  3. Le autorità impongono le tasse e altre obbligazioni nella stessa unità di conto e accettano le loro stesse passività (banconote, monete e riserve che tutte insieme costituiscono denaro ad alto potenziale – High Powered Money o HPM) come mezzi di pagamento allo stato.
  4. Le autorità emettono HPM denominato nella stessa unità di conto quando spendono.
  5. Le autorità vendono altri tipi di passività (generalmente di più lungo termine) denominate nella stessa unità di conto, accettando i loro stessi Io Ti Devo (ITD) ad altro potenziale (il denaro che loro per prime hanno speso, NdM) come pagamento.

Dovremmo pertanto insistere sul fatto che ogni circuito moderno dovrebbe accettare che il “denaro delle banche” creato all’inizio del ciclo è denominato nell’unità di conto dello Stato. In più è necessario riconoscere che le banche utilizzano HPM per il clearing (più in specifico la porzione di HPM per il pareggiamento delle riserve) e quindi anche l’intero circuito dovrebbe cominciare con HPM. Crediamo che ciò sia ora accettato da economisti circuitisti quali Parguez e Seccareccia che esplicitamente hanno messo lo Stato all’interno del circuito. (Parguez 2002, Parguez e Seccarrecia 2000).
Lo scopo finale che spesso ci prefiggiamo è quello di dimostrare che fin dall’inizio le autorità impongono un’obbligazione (contributi, multe, tasse) per assicurare che il loro HPM venga accettato, tuttavia qui non parleremo di ciò.
Espandiamo il nostro semplice modello utilizzato sopra includendo il governo. Assumiamo in prima istanza il caso di un’economia molto semplice, con un governo che emette la sua valuta e impone una tassa che deve essere pagata con questa valuta. Questo sarebbe stato il tipico caso di circa due secoli fa quando i governi emettevano monete o addirittura dei bastoncini (come unità di conto) e le spendevano direttamente nei loro acquisti dal settore non governativo. (Più tardi vedremo la questione del consolidamento tra banca centrale e tesoro, che fa impazzire molti dei nostri critici).
Fig 3
Ora la domanda è, da dove viene il denaro ? E’ per caso manna che viene dal cielo ? E’ per caso parte di una iniziale dote fatta all’umanità ? Viene per caso in prima istanza da coloro che pagano le tasse? Chiaramente la risposta è no. Viene dallo Stato, dal momento che si tratta di un ITD (Io Ti Devo) dello Stato denominato nella sua unità di conto. Può questo governo “finire mail il suo denaro” – la sua stessa valuta sottoforma di monete o bastoncini? Chiaramente no. Deve esso “prendere in prestito” la sua stessa valuta prima di poterla spendere ? No. Ha bisogno delle entrate delle tasse prima di poter spendere ? No. Esso spende la sua valuta creandola dal nulla.
Allarghiamo ora l’analisi. Includiamo una banca centrale che emette riserve, così adesso abbiamo “denaro ad alto potenziale (HPM)” costituito sia da moneta che da riserve. Se la moneta viene depositata presso una banca, questa la trasmette alla banca centrale per ricevere un accredito al suo conto di deposito riserve; la banca centrale detiene la moneta come un asset in contropartita alle riserve che ha emesso (che è una sua passività).
Ora ci sono due vie ovvie attraverso le quali l’HPM viene immesso nell’economia: la spesa dello stato ed i suoi prestiti. Le banche non possono entrare in possesso di HPM per il clearing (o per raggiungere i requisiti di riserva) a meno che lo Stato per primo non abbia speso o prestato denaro HPM creandolo dal nulla. Notate l’analogia col caso dei depositi bancari: la banca per prima deve spenderli o prestarli al fine di crearli. Abbiamo già osservato che tra i Post Keynesiani assolutamente non c’è disaccordo fino a questo punto dal momento in cui siamo consapevoli che “i prestiti creano depositi” – il punto di vista comune secondo il quale le banche si siedono e aspettano che arrivi un deposito prima che possano realizzare un prestito deve avere la sequenza logica invertita. E’ anche corretto affermare che lo Stato deve spendere o prestare il suo HPM creandolo dal nulla prima che banche, imprese o famiglie possano entrare in possesso di monete, banconote o riserve bancarie.
Fig 4
Possiamo complicare la cosa ulteriormente. Assumiamo che il Tesoro utilizzi la Banca Centrale come fosse la sua banca. I pagamenti sono fatti dalla Banca Centrale in nome del Tesoro e la Banca Centrale riceve i pagamenti delle tasse per il Tesoro. Assumiamo che ciò avvenga pagando e ricevendo banconote della banca centrale, come mostrato nello schema di cui sopra.
Si noti che abbiamo escluso dal diagramma il pagamento dei salari da parte dell’imprenditore, che permette ai lavoratori di pagare le tasse. Avrebbe complicato lo schema – si può immaginare che c’è anche un circuito che parte dall’imprenditore che paga i salari e si chiude con il lavoratore che spende per i consumi.
Può il governo “finire i soldi” per spendere? No. La banca centrale può emettere banconote per pagare l’imprenditore (ciò rappresenta un “avanzo” nei confronti del Tesoro) e riceve le banconote come pagamento delle tasse. Il governo ha bisogno delle entrate delle tasse prima di poter spendere? No. Esso spende per primo.
Infine, includiamo le banche private così che i pagamenti del governo vengano eseguiti staccando degli assegni bancari che i destinatari depositano nelle loro banche. Le banche inviano gli assegni alla banca centrale per ricevere degli accrediti nelle loro riserve. Per semplicità assumeremo che l’imprenditore e il lavoratore che paga le tasse utilizzino la stessa banca. Certamente se ciò non avviene, allora dobbiamo fare riferimento allo schema sopra che mostra il meccanismo del clearing tra le banche (che avviene) utilizzando il bilancio patrimoniale della banca centrale (le riserve che essa genera al netto, NdM).
Fig 5

Per entrare un pò più nel dettaglio, quando il Tesoro vuole spendere, emette una passività (un buono, moneta, un titolo) nei confronti della Banca Centrale, che accredita il deposito richiesto. Per spendere il Tesoro “stacca un assegno” per un imprenditore.
L’imprenditore deposita l’assegno presso la Banca 1 (che riceve un accredito di riserve) e assume forza lavoro per adempiere ai suoi obblighi con lo Stato (per poter pagare le tasse, NdM); il lavoratore poi riceve dei salari sottoforma di accrediti del suo conto di deposito (presso la banca 1, NdM) e utilizza questo deposito per acquistare prodotti e pagare le tasse. Quando le tasse vengono pagate, le riserve della Banca 1 vengono addebitate. La spesa del governo aggiunge riserve, mentre le tasse addebitano le riserve.
Per concludere: può il governo “finire i soldi” in questo semplice modello? Ancora, la risposta è no. Deve attendere le entrate delle tasse prima che possa spendere? Ancora no, in verità il governo deve spendere (o prestare) HPM creandolo dal nulla prima che le banche possano eseguire pagamenti alla banca centrale nel nome di coloro che pagano le tasse.
Anche se le banche nel nostro modello possono sempre accreditare i conti di deposito di coloro che pagano le tasse (così essi possono scrivere assegni per pagarle), tuttavia le stesse non possono creare riserve da addebitare quando le tasse vengono pagate attraverso la banca centrale. Finché la banca centrale è disposta a fornire riserve su richiesta (come deve fare dal momento in cui gestisce un tasso di interesse a livello orizzontale (del settore non governativo, privato – NdM)), essa presterà o spenderà (tramite l’acquisto di asset) riserve creandole dal nulla per permettere il pagamento delle tasse anche se il tesoro non sta spendendo.
Noi riconosciamo che nei paesi sviluppati oggi esiste una divisione di responsabilità tra Tesoro e Banca Centrale e che la Banca Centrale in molte nazioni è ufficialmente indipendente dallo Stato. Non andremo a cercare i cavilli per capire fino a che punto la Banca Centrale è legalmente separata dal Tesoro (negli Stati Uniti, ad esempio, non c’è dubbio che la FED fu creata da un atto del Congresso e che sia soggetta alla sua volontà; sul fatto che il Congresso preferisca non esercitare un elevato controllo sulla FED siamo d’accordo).
Ma come prima approssimazione, noi preferiamo consolidare le operazioni del tesoro e della banca centrale; poi le separeremo per un’ulteriore analisi. Spiegheremo in dettaglio più tardi il perché di questa semplificazione e perché non la riteniamo errata.
Per la maggior parte degli scopi, all’utilizzatore di HPM (banca, famiglia, impresa) potrebbe non interessare particolarmente che si tratti di un ITD del Tesoro piuttosto che della Banca Centrale. (Questi ITD) sono quasi perfettamente intercambiabili. Il consolidamento (tra le operazioni del Tesoro e della Banca Centrale, NdM) ci permette anche in prima analisi di chiarire la semplice affermazione secondo la quale gli ITD “Governativi” devono essere spesi o prestati (dal Governo stesso, NdM) al fine di crearli, proprio come avviene per gli ITD bancari. E ciò ci permette di posticipare la discussione sui particolari dettagli operativi su “come il governo realmente spende e presta i suoi ITD creandoli dal nulla”, dal momento che questi meccanismi variano a seconda dell’epoca e delle nazioni. Più tardi torneremo su questi dettagli.
Concludiamo riassumendo il caso più semplice e generale che abbiamo esaminato in questo post. L’emettitore della valuta deve fornirla prima che i suoi utilizzatori (le banche per il meccanismo del clearing, famiglie e imprese per gli acquisti e il pagamento delle tasse) la possiedano. Ciò rende chiaro il fatto che il governo non può sedersi e aspettare le entrate delle tasse prima di poter spendere, nello stesso modo in cui gli emettitori di depositi bancari (le banche) non possono attendere i depositi prima di realizzare prestiti.
Il governo spende o presta HPM creandolo dal nulla e riceve indietro ciò che spende o presta quando le tasse vengono pagate o i debiti nei suoi confronti vengono saldati. Ciò significa anche che al massimo il governo può ricevere indietro in pagamento tanto quanto ha speso o prestato. Nel corso di un certo periodo certamente potrebbe ricevere più o meno di quello che ha speso o prestato nell’arco dello stesso tempo. Ma è impossibile per il governo ricevere pagamenti cumulativi che eccedano la sua spesa e i suoi prestiti totali esattamente come è impossibile per il settore bancario ricevere nel ritiro dei prestiti pagamenti maggiori rispetto ai suoi prestiti cumulativi, come dimostra il circuito. E’ molto più verosimile che il governo riceverà di meno (di quello che ha speso o prestato, NdM) e questo deficit sarà esattamente pari all’accumulo di saldi di HPM detenuti da banche, famiglie e imprese.
Infine, non solo il governo deve spendere o prestare il suo HPM creandolo dal nulla prima che possa ricevere lo stesso come pagamento delle tasse, ma il governo logicamente deve anche spendere o prestare HPM prima che possa prenderlo in prestito. Ciò può sembrare un po’ strano. Ma, richiamando ancora il circuito, possono le banche in aggregato prendere in prestito depositi prima che li abbiano creati? No, devono prestare o spendere (comprare asset, inclusi gli ITD dei loro debitori) creando depositi prima che possano esistere dei depositi da “prendere in prestito”.
Una volta che i depositi esistono, una banca può “prenderli in prestito”, cioè emette una passività che non è un deposito per ottenere lo stesso. Per essere chiari, una banca che ha creato un deposito come passività verso se stessa non “prenderà in prestito” il suo stesso deposito, ma può indurre uno dei suoi correntisti a conferirle un deposito in cambio di qualche altra passività bancaria, come un debito subordinato o una carta commerciale a breve termine (forme di debito non garantito, NdM). Può anche vendere tale debito a correntisti di altre banche, nel qual caso riceverà un drenaggio di compensazione (un afflusso di riserve, NdM) a suo favore. Normalmente questa operazione prenderà la forma di un accredito al suo conto di riserva presso la banca centrale, ma potrebbe essere un deposito in una banca corrispondente (alla banca centrale, NdM): ad esempio le banche dei paesi dell’Inghilterra detenevano presso le banche della città di Londra i depositi che potevano essere utilizzati per il clearing prima della creazione della Banca d’Inghilterra.
Nel caso del governo, il suo prendere in prestito è una sostituzione delle sue passività sottoforma di HPM con altre passività nella forma di cambiali e titoli. Esso deve spendere o prestare il suo HPM creandolo dal nulla prima di poterlo “prendere in prestito” emettendo cambiali e titoli.
Di seguito i riferimenti per l’intera serie di post:
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[1] Nel corso di questo articolo limiteremo l’uso del termine “governo sovrano” al fine di indicare un governo che emette la sua stessa valuta. Come approfondiremo meglio, un governo a moneta sovrana può scegliere tra regimi alternativi di tasso di cambio – fisso, gestito, fluttuante – la qual cosa ha un impatto sullo spazio di politica interna. Un governo che promette di convertire la sua stessa valuta su richiesta ad un tasso di cambio fisso è limitato dalla sua abilità nell’ottenere ciò a cui abbia promesso di convertirla. In questo senso possiamo dire che esso è “finanziariamente vincolato” anche se operativamente non può finire la sua stessa valuta. Il problema è che può essere costretto al default sulla sua promessa di conversione (ad una valuta straniera o ad un metallo prezioso). Per alcuni propositi è utile separare i regimi a valuta fluttuante dai regimi a tasso di cambio fisso o gestito. Molti di coloro che sostengono la MMT fanno questa distinzione, argomentando che solo i regimi a valuta fluttuante sono “pienamente” sovrani in senso monetario. Tuttavia, molti dei principi a cui accenniamo in questo articolo si applicano a tutti i regimi di emissione della valuta, ma bisogna ricordare che quando un governo promette di convertirla (ad un tasso di cambio fisso, ndM) il suo spazio di manovra può essere limitato.
[2] La parola “valuta” viene largamente utilizzata per indicare strumenti monetari con una scadenza per raggiungere la maturità pari a zero (“correnti”), sia in forma materiale che non, denominati in un’unità di conto ed emessi dal governo (tesoro o banca centrale).
[3] Vedere la nota 1 per il caso di un paese che promette di convertire la sua valuta su richiesta. Con un tasso di cambio fisso l’accesso a riserve straniere può rappresentare un’ulteriore  costrizione.