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La BCE ha profilato l’emissione di 1000 miliardi euro tramite il Quantitative Easing per acquistare i titoli di stato nei bilanci delle banche dell’Eurozona; ma decide di non garantire l’aumento della liquidità a favore delle banche greche con lo scopo di generare tensione sociale e screditare la fiducia nel governo greco alla vigilia del referendum

Il giornalista Stefano Santachiara approfondisce l’attualità della Mmt: “Per il giro della Modern Monetary Theory, Kelton ha coniato, non a caso, l’espressione «gufi del deficit», contrapposti ai bilanciofobici. Vi ricorda qualcosa?”

Analisi dettagliata della situazione ellenica sotto la lente di ingrandimento della Mmt: il punto di vista politico, il ritorno alla dracma, import, export, inflazione e disoccupazione e Pil dal 1980 ad oggi: “La Grecia deve e può tornare ad essere un paese dignitoso”

Il trader italiano: “Non sa di cosa parla il nostro uomo ad Atene e sembra che anche a Keynesblog non abbiamo chiaro che le banche sono sempre garantite dallo Stato, non sono aziende normali, operano quasi senza capitale per cui vanno in crisi di continuo e tutti gli Stati stampano moneta periodicamente per rimetterle in piedi”

Fonte: http://economiapericittadini.it/societa/attualita/562-la-grecia-vuole-salvare-l-europa-ma-puo-convincere-gli-europei

di Pavlina R. Tcherneva

Analisi: Atene vuole rinegoziare il salvataggio convincendo i poteri dell’UE che il contenimento delle politiche di austerità è nei loro interessi.

La maggior parte delle analisi sulla crisi del debito greco ignorano un fatto importante: mentre la Grecia potrebbe essere il cattivo “du jour”, ogni nazione della zona euro si trova irrimediabilmente a corto di contanti. Questo a causa di un difetto ben noto, ma non pienamente apprezzato, nel cuore dell’architettura finanziaria della zona euro, che ha convertito un numero di nazioni senza precedenti nella storia da emittenti della propria valuta ad utenti di una moneta comune.

La Grecia è semplicemente il primo paese a sperimentare le conseguenze estreme della perdita di sovranità monetaria. Senza una fonte indipendente di finanziamento, senza una moneta propria, senza una banca centrale per garantire le passività del governo, questa nazione ha dovuto forzatamente chiedere aiuto agli altri stati. E come condizione per garantire gli aiuti, la Grecia è fino ad ora stata costretta ad acconsentire a politiche di austerità radicali.

Per analogia, si considerino gli Stati Uniti con una moneta comune, ma senza un Tesoro che conduca la politica macroeconomica, la stabilizzazione o lo stimolo alla spesa. Immaginate anche che alla Federal Reserve venga vietato per legge di garantire il debito pubblico. E immaginate che uno stato, per esempio, l’Illinois (pensate la Germania) sia il principale esportatore netto, accumulando dollari (euro), mentre la maggior parte degli altri stati (come è il caso della zona euro) siano importatori netti, perdendo così dollari (o euro). Infine, immaginate che l’Illinois fornisca un prestito alla Georgia a corto di liquidità (come è accaduto alla Grecia), imponendo la privatizzazione dei beni pubblici e tagli drastici ai libri paga statali, alle pensioni e agli altri programmi essenziali. Questo, in sostanza, è la situazione nella zona euro di oggi.

Ma gli elettori greci il mese scorso hanno respinto la prosecuzione di un programma di austerità che ha portato la loro economia in recessione, un voto in un governo determinato a uscire condizioni dalle attuali in cui la Grecia si fa aiutare dalla Troika.

Lunedì sembrava che le trattative avessero raggiunto un vicolo cieco. I membri dell’Eurozona hanno rifiutato di fornire alla Grecia un prestito ponte, chiedendo il rispetto dei termini di austerità per il salvataggio negoziato sotto il governo precedente. Tuttavia, il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis è ancora ottimista che Atene possa rinegoziare le condizioni alle quali essa riceve aiuto da Bruxelles.

Qual’è la posta in gioco?

La Grecia può accettare l’ultimatum europeo o rifiutare l’accordo (come Varoufakis ha detto che avrebbe fatto, in linea con la promessa agli elettori del suo partito). Se ci sarà un compromesso, quasi sicuramente si presenterà sotto la forma di alcune concessioni da parte delle istituzioni europee. Dopo tutto, la Grecia ha già accettato il 70 per cento dei termini precedenti del contratto ed è così venuta incontro all’Europa per oltre la metà.

Ma i funzionari europei, finora, si sono rifiutati di muoversi. Essi stanno scommettendo che la Grecia cercherà di evitare un default a tutti i costi per schivare una possibile crisi bancaria, che potrebbe infliggere più difficoltà sulla popolazione e minare la fiducia nel nuovo governo.

Il default sui suoi debiti non è un’opzione attraente per la Grecia, anche se le conseguenze di una tale mossa potrebbero non essere così disastrose come alcuni si aspettano. La Grecia attualmente gestisce un avanzo primario, e potrebbe avere abbastanza denaro a disposizione per portare avanti le sue riforme di stimolo per un po’ di tempo. Ma ad un certo punto, il problema del finanziamento riemergerà. La Grecia spera che i miglioramenti dell’economia, compresa la rapida crescita in occupazione, redditi e profitti che potrebbero portare a maggiori entrate fiscali e a ridurre la spesa contro la povertà siano abbastanza rapidi da produrre una rapida crescita di breve termine, che migliorerebbe la capacità di Atene di prendere in prestito dai mercati privati per progetti di investimento pubblico di lungo termine. Il problema fondamentale, tuttavia, rimane la perdita della sovranità monetaria.

Un modo per la Grecia per abbandonare l’austerità rimanendo nella zona euro, potrebbe essere il rilascio di un nuovo strumento finanziario (una moneta parallela) da utilizzare a fianco dell’euro. Due simili proposte sarebbero le anticipazioni fiscali (“tax-anticipation notes” un debito emesso per finanziare una spesa che verrà poi ripagata dalla raccolta successiva di tasse) e le obbligazioni fiscali (“tax-backed bonds”), che potrebbero essere utilizzati per il pagamento di imposte nazionali, creando così la domanda per la nuova moneta e alleviando eventuali carenze di euro qualora si verificassero.

I timori di una crisi bancaria in Grecia in caso di inadempienza, però, potrebbero essere sovrastimati. Le banche greche sono tutte già regolate dalla Banca centrale europea (BCE). Continuando l’analogia con gli Stati Uniti, la Fed sarebbe davvero intenzionata a chiudere la Citibank qualora lo stato della Georgia diventasse insolvente e si rifiutasse di pagare i propri debiti?

Quello che è in gioco nei negoziati, tuttavia, non sono solo le prospettive della Grecia, ma la capacità di una nazione della zona euro di finanziare se stessa.

In linea con il sentimento popolare in patria, Varoufakis ha tolto dal tavolo l’opzione Grexit, probabilmente perdendo la sua merce di scambio principale. Ciò lo lascia con la speranza che i suoi omologhi europei rispondano con ragione, buona volontà e rispetto per la gestione del governo greco.

Sembra che egli stia prendendo tempo al fine di presentare un progetto che non solo punti a ripristinare l’economia greca, ma protegga anche gli altri paesi che potrebbero cadere nella stessa situazione. La sua prima sfida, allora, è quella di convincere i suoi interlocutori che ciò che è nel migliore interesse della Grecia è anche nell’interesse dell’Europa.

La Germania potrebbe essere determinata a tenere la zona euro insieme, ma a condizione che si imponga l’ortodossia economica conservatrice in tutta Europa sostenuta per la prima volta dal presidente Ronald Reagan e dal primo ministro Margaret Thatcher. Se, infatti, tutte le parti al tavolo cercano di rendere l’UE un’unione politica, Varoufakis sta sostenendo che ciò non può essere raggiunto sulla base della ricetta Troika, ma attraverso l’implementazione di principi più progressisti e volti alla crescita.

La Grecia ha bisogno di un piano Marshall per ripristinare la crescita economica, ma lo stesso vale per gran parte dell’Europa. Atene sta cercando di esporre un percorso alternativo per l’Europa, di fermare la privatizzazione dei beni pubblici, invertendo le devastanti riforme del mercato del lavoro e sperando di implementare una rete di sicurezza sociale per i disoccupati.

Il vice ministro del lavoro e senior Scholar del Levy Institute Rania Antonopoulos ha elaborato una proposta per un programma greco di piani di lavoro garantiti per affrontare la crisi dell’occupazione. La Commissione europea ha già un simile manifesto per combattere il problema sconcertante della disoccupazione giovanile in Europa, chiamato “garanzia di lavoro giovanile” (Youth Job Guarantee). Ma il programma resta impraticabile perché la sua attuazione dipende dagli stati nazionali a corto di liquidità, piuttosto che su una vera autorità fiscale a livello europeo, con l’accesso ai finanziamenti della BCE.

Per realizzare l’unione politica che tutte le parti dicono di voler costruire sarebbe necessario creare non solo un’ entità fiscale (un equivalente di euro del Tesoro degli Stati Uniti), ma anche istituire una politica macroeconomica coordinata volta alla crescita della zona euro nel suo complesso e, soprattutto, attuare una rete di sicurezza a livello europeo.

La Grecia porta al tavolo dei negoziati il desiderio di arginare la crisi umanitaria creata dall’austerità, evitando l’opzione di uscita dall’euro e della reintroduzione della dracma. Ma convincere i poteri forti della zona euro, e gli interessi che stanno dietro di loro, della necessità di una politica di fondamentale riorientamento verso istanze più progressiste resta un’impresa ardua. Tuttavia, Varoufakis potrebbe essere giustificato pensando come egli stia seguendo le orme di una figura mitologica greca – Sisifo.

18 febbraio 2015


traduzione di Giuliano Toshiro Yajima

fonte: http://america.aljazeera.com/articles/2015/2/18/greece-wants-to-save-europe-but-can-it-persuade-europeans.html#

Grecia

In Grecia Varoufakis collabora con James Galbraith e Rania Antonopulous è viceministro del Lavoro; Randall Wray traduce il suo libro in spagnolo, va a Madrid e ha contatti con Podemos; negli Usa il senatore Sanders nomina la Kelton e si candida alle presidenziali 2016

Warren Mosler commenta la “Modesta proposta” di Yanis Varoufakis, attuale ministro greco per le Finanze, e James Galbraith.

Qui prima parte

Qui seconda parte

Qui terza parte

Traduzione di Alessio Tartari

Politica n°4. PROGRAMMA DI SOLIDARIETA’ PER L’EMERGENZA SOCIALE (PSES)

Suggeriamo che l’Europa intraprenda immediatamente un Programma di Solidarietà per l’Emergenza Sociale al fine di garantire l’accesso alla giusta nutrizione e al fabbisogno energetico per tutti gli europei, attraverso un Programma di Buoni Spesa Europeo modellato sul suo equivalente statunitense ed un Programma per il Fabbisogno Minimo Europeo. Tali programmi sarebbero finanziati dalla Commissione Europea usando gli interessi accumulati all’interno del sistema europeo delle banche centrali, ovvero gli squilibri del TARGET2, profitti realizzati dalle transazioni di titoli di Stato ed altre o dall’imposta di bollo sui bilanci che l’UE sta attualmente esaminando.

W.M. Tali introiti vengono già restituiti agli Stati membri e senza di essi, complice il limite per il deficit al 3%, bisognerà ridurre spese o aggiungere altre tasse.

Ragioni

L’Europa sta affrontando la peggiore crisi umanitaria e sociale dal 1940. Negli Stati membri come la Grecia, l’Irlanda, il Portogallo ma anche in altre parti dell’Eurozona, inclusi i paesi del centro, i beni di prima necessità non sono alla portata di tutti. Questo è vero particolarmente per gli anziani, i disoccupati, i bambini di alcune scuole, i disabili ed i senza-tetto. Vi è un evidente imperativo morale ad agire per risolvere queste necessità. Inoltre, l’Europa sta andando incontro a un pericolo reale di estremismo, razzismo, xenophobia ed anche un palese riemergere del Nazismo: in particolare in paesi come la Grecia che hanno sopportato un impatto maggiore della crisi. Mai prima d’ora così tanti Europei hanno avuto una stima così bassa verso le istituzioni dell’Unione. La crisi umanitaria e sociale si sta rapidamente trasformando in una questione di legittimazione dell’Unione Europea.

Motivazione dell’utilizzo fondi del TARGET2

TARGET2 è il nome tecnico per il sistema di contabilità interno dei flussi monetari tra le banche centrali che costituiscono il Sistema Europeo delle Banche Centrali. In un Eurozona ben equilibrata, dove i deficit commerciali dei vari Stati membri sono finanziati da un afflusso di capitali netti verso gli stessi, le passività della banca centrale dello Stato membro verso altre banche centrali di altri paesi sarebbe equivalente alle sue attività.

W.M. Non vero. Il TARGET2 riguarda la compensazione dei saldi che implicano per le banche accumuli o perdite di liquidità indipendentemente dal saldo del commercio nazionale.

Tale bilanciamento del flusso commerciale e di capitale renderebbe il TARGET2 un grafico zero per tutti gli Stati.

W.M. infatti non è il commercio in sé a mettere in difficoltà le banche riguardo la liquidità.

E così era, più o meno, il caso generale dell’Eurozona prima della crisi. Ad ogni modo, la crisi ha causato i principali squilibri che si sono riflessi ben presto nell’enorme sbilanciamento del TARGET2.

W.M. gli squilibri nella compensazione erano causati da una mancanza di assicurazione credibile dei depositi, esacerbata dal potenziale fallimento bancario.

Appena gli afflussi di capitali alla periferia si sono prosciugati, e gli stessi hanno cominciato ad affluire nella direzione opposta, le banche centrali dei paesi periferici hanno cominciato ad ammassare enormi passività nette e lo stesso ammontare si accumulava come attività per le banche centrali dei paesi in surplus.

W.M. Sì, ma non vanno confusi i capitali, che sono il capitale/patrimonio netto della banca e la liquidità che è il finanziamento delle attività ed è qualche volta incidentalmente chiamato “capitale” così come “denaro” è il nome affibbiato al capitale.

Il progetto Eurozona ha tentato di costruire disincentivi interni al sistema di pagamenti in tempo reale dell’Eurosistema, così come ha tentato di prevenire l’accumularsi di ampie passività da una parte e corrispettive attività dall’altra. Questo ha preso forma nel tasso di interesse sulle passività nette di ogni banca centrale nazionale, equivalente al tasso di rifinanziamento principale della BCE.

W.M. La ragione di questa politica dei tassi è essere uno strumento di politica monetaria della BCE, riflettendosi sul prezzo dei fondi del sistema bancario.

Tali pagamenti sono distribuiti alle banche centrali degli Stati membri in surplus, che li passano alle rispettive tesorerie di governo.

W.M. Nella pratica, una ha necessariamente un credito a bilancio presso la BCE quando un’altra ha un debito, e l’indebitamento netto esiste nella misura del circolante che il sistema bancario si procura eliminandolo dai propri bilanci. Ciò mantiene il sistema bancario “debitore netto” fornendo alla BCE un reddito da interesse, inoltre le banche acquistano obbligazioni che rendono più del pagamento sui depositi alla banca centrale rappresentante un altro introito per la BCE.

Dunque l’Eurozona è stata costruita sull’assunto che gli squilibri del TARGET2 fossero isolati, eventi idiosincratici, da correggere nell’ambito della politica nazionale, senza prendere in considerazione la possibilità che ci potessero essere asimmetrie strutturali di base e crisi sistemiche. Al giorno d’oggi, l’ampio squilibrio nel TARGET2 è un evidenza monetaria della crisi, tracciando il percorso delle conseguenze umane e sociali del disastro che ha colpito principalmente le aree in deficit. L’incremento dell’interesse nel TARGET2 non sarebbe mai dovuto apparire se la crisi non si fosse verificata. Si accumulano solo perché, per un periodo, i depositanti di Grecia e Spagna si sono rifiutati di rischiare, e piuttosto ragionevolmente hanno trasferito i loro risparmi alle banche di Francoforte.

W.M. In qualche modo una conferma di quanto ho affermato prima, ma i depositanti possono cambiare banca per diverse ragioni, con o senza squilibri commerciali.

Di conseguenza, sottostando alle regole del TARGET2, le banche centrali di Spagna e Grecia hanno dovuto pagare interessi alla Bundesbank, passati poi al Governo Federale di Berlino.

W.M. Che poi paga interessi ai propri depositanti, così come per esteso con i profitti della BCE derivanti dal differenziale tra i tassi di prestito e i tassi pagati dai depositanti e tali differenziali sono decisioni politiche.

Questi stimoli fiscali indiretti ai paesi in surplus sono immotivati ed immorali. Di nuovo, i fondi sono lì, e potrebbero essere usati per deviare i pericoli sociali e politici che l’Europa sta affrontando. È un fatto evidente che si debbano canalizzare gli interessi raccolti dalle banche centrali degli stati membri in deficit verso un fondo atto a finanziare la nostra proposta di Programma di Solidarietà per l’Emergenza Sociale (PSES). Inoltre, se l’UE introduce una tassa sulle transazioni finanziarie, o un imposta di bollo progressiva nei bilanci delle imprese, esse rappresenteranno casi di introiti analoghi per finanziare il PSES. Con questa proposta, facciamo sì che il PSES non sia finanziato da trasferimenti fiscali o tasse nazionali.

W.M. Per come la vedo, tecnicamente, è un trasferimento fiscale e con ciò non è che io sia contrario ai trasferimenti fiscali, anzi!

In conclusione, se vi sarà ad ogni modo un miglioramento nell’economia in seguito a queste modeste proposte, come ho spiegato più sopra, sarà con ogni probabilità modesto.

Le criticità sono costituite dal tempo e dallo sforzo per raggiungere l’implementazione delle proposte (di nuovo: con tutti i limiti dei casi) realizzando poi pochi progressi per la ripresa dell’economia, mentre un’altra generazione sarà lasciata su radici marcescenti.Mosler Varoufakis

I giornali greci pubblicano la prima bozza di lettera presentata dal commissario Moscovici al ministro greco Varoufakis e la proposta di accordo definitiva poi mostrata nel pomeriggio e rifiutata dalla Grecia: “Era inaccettabile”

Una Modesta Considerazione: Warren Mosler sulla proposta di Varoufakis/Galbraith

 

– parte seconda.Qui prima parte

Traduzione Domenico Rondoni

http://yanisvaroufakis.eu/euro-crisis/modest-proposal/2-the-nature-of-the-eurozone-crisis/

YV: 4. La proposta moderata

Quattro crisi, quattro Policy. La Modesta Proposta non introduce ulteriori istituzioni UE e non viola nessun trattato esistente. Invece, noi proponiamo che le istituzioni esistenti vengano usate nei modi previsti dalla legislazione europea ma con funzioni e politiche nuove. Queste istituzioni sono: la Banca Centrale Europea – BCE; la Banca Europea degli Investimenti – BEI; il Fondo Europeo per gli Investimenti – FEI; il Meccanismo Europeo di Stabilità – MES.
 

Policy 1 –

Programma Bancario caso-per-caso (CCBP).

Per ora, noi proponiamo che le banche che necessitano ricapitalizzazione dal MES siano rigirate direttamente al MES – invece di obbligare i governi nazionali a prendere in prestito per conto delle banche.

W.M. “che necessitano ricapitalizzazione” non è ben definito. Con assicurazioni credibili sui depositi le banche possono funzionare in maniera normale senza capitale, per esempio. Ciò significa che “la necessità di capitali” è una questione politica e non economica.
YV: Le banche di Cipro, Grecia e Spagna sarebbero probabilmente comprese in questa proposta.

Il MES, e non il governo nazionale, ristrutturerebbe, ricapitalizzerebbe e salverebbe le banche in fallimento dedicando la maggior parte della sua capacità di finanziamento a questo obiettivo.

 

W.M. Queste banche sono già necessariamente “finanziate” attraverso i depositi o i crediti presso la banca centrale, a meno che il loro capitale azionario sia già negativo e non semplicemente al di sotto dei requisiti previsti dai regolamenti, dato che per ogni attività vi è una passività. E io non sono a conoscenza finora di banche che abbiano un conto capitale negativo.

YV: Alla fine l’Eurozona deve diventare una area bancaria unica con un’unica autorità bancaria.

W.M. Sì, con la fornitura di assicurazione sui depositi, effettuando, la BCE, anche la regolamentazione e la supervisione.

YV: Ma questo obiettivo è diventato il nemico della buona politica attuale. Al Summit Europeo di giugno 2012 la ricapitalizzazione diretta delle banche fu avallata in principio, ma fu condizionata alla formazione di una Unione Bancaria. Da allora le difficoltà di legislazione, progettazione ed implementazione di una Unione Bancaria hanno significato ritardi e tentennamenti. Un anno dopo quella importante decisione, l’abbraccio mortale tra sistemi bancari nazionali insolventi e stati membri insolventi continua. Ad oggi la filosofia dominante della UE rimane che l’Unione Bancaria deve essere portata a termine prima che il MES ricapitalizzi le banche.

W.M. Di nuovo, non ritengo che il problema sia capitale bancario negativo, ma solamente che esso possa essere basso rispetto ai minimi richiesti, e in questo caso non solamente non è auspicabile un “finanziamento pubblico” in relazione al capitale, ma il concetto stesso è inapplicabile dato che aggiungere capitale non altera il rischio sui “finanziamenti pubblici”.

YV: E quando ciò sarà completo, il contributo del MES sarà parziale e verrà solamente dopo un bail-in dei depositari nei paesi della periferia stressati dalla pressione fiscale. In questo modo la crisi bancaria o non sarà mai risolta, o sarà ritardata di anni, rischiando così una nuova implosione finanziaria. La nostra proposta sostiene che un governo nazionale debba avere l’opzione di far valere il suo diritto di supervisionare e salvare una banca in fallimento.

W.M. Questo porta ad un elevato “moral Hazard”, dato che rimuove il rischio di supervisione inadeguata del governo nazionale, e invece premia supervisioni lassiste. Invece il diritto di supervisionare e regolare dovrebbe essere immediatamente trasferito alla BCE per l’intero sistema bancario nazionale in cambio della assicurazione sui depositi da parte della BCE stessa.

YV: Le quote equivalenti al capitale necessario passerebbero al MES, e la BCE e il MES eleggerebbero un nuovo CDA. Il nuovo CDA effettuerebbe un completa revisione della posizione della banca e consiglierebbe a BCE-MES un percorso di risanamento della banca. Tale risanamento potrebbe prevedere fusioni, ridimensionamenti, persino una completa chiusura della banca, con la comprensione che i passi saranno effettuati al fine di evitare, innanzitutto, un “haircut” dei depositi.

W.M. Questo in pratica è ciò che io chiamo il credibile sostegno assicurativo sui depositi che elimina in grandissima parte i problemi di liquidità delle banche.

YV: Una volta che la banca è stata ristrutturata e ricapitalizzata, il MES potrà vendere le sue quote e recuperare i costi.

W.M. Sono d’accordo con il processo di risoluzione.

YV: Questa proposta può essere implementata oggi, senza una Unione Bancaria e senza il cambiamento di alcun trattato. L’esperienza che la BCE e il MES acquisiranno da questo processo caso-per-caso aiuterà l’affinamento della formazione di una Unione Bancaria una volta che la crisi attuale sarà passata.
Policy 2 –

Programma di Conversione Limitata del Debito (LDCP).

YV:  Il trattato di Maastricht permette ad ogni stato membro europeo di emettere il proprio debito sovrano fino al 60% del PIL. Dalla crisi del 2008, la maggior parte degli stati membri dell’Eurozona hanno superato questo limite. Noi proponiamo che la BCE offra agli stati l’opportunità di una conversione del debito per la quota di Debito Coerente al trattato di Maastricht (DCM) mentre le quote nazionali del debito convertito continuerebbero ad essere onorate separatamente da ogni stato membro. La BCE, fedele all’obbligo di non-monetizzazione (si veda punto (a) sopra), non dovrebbe mirare a comprare o garantire il debito DCM sovrano direttamente o indirettamente. Invece essa avrebbe il ruolo di intermediario, mediando tra investitori e stati membri. In effetti la BCE orchestrerebbe una conversione fornendo prestiti al DCM, con l’obiettivo di riscattare le obbligazioni in scadenza.

Il servizio di prestito e conversione funzionerebbe come di seguito.

Il rifinanziamento del DCM, ora costituito da BCE-bonds, sarebbero di proprietà degli stati membri ma a tassi di interesse posti dalla BCE giusto al di sopra dei rendimenti dei suoi titoli. Le quote di debito nazionale convertite in BCE-bonds sono tenute da essa in conti di debito. Esse non possono essere usate come garanzia per crediti o strumenti derivati.

Gli stati membri si impegneranno a riscattare pienamente i titoli a scadenza, se i titolari optano per questa strada piuttosto che estenderli a prezzo più basso, dato che tassi più affidabili sarebbero garantiti dalla BCE. I governi che desiderano partecipare al programma possono farlo sulla base della Cooperazione Allargata, che necessita di almeno nove stati membri aderenti.

Coloro che non scelgono questa opzione possono mantenere i loro bond persino per il loro debito DCM. Per salvaguardare la credibilità di tale conversione, e per fornire uno stop ai BCE-bond che non hanno bisogno di monetizzazione, gli stati membri si accordano nell’assegnare ai loro conti di debito lo status di super-seniority, e il servizio di prestito e conversione della BCE può essere assicurato dal MES, utilizzando solamente una piccola parte della sua (del MES ndt) capacità di prestito. Se uno stato membro incappa in un default disordinato prima che un BCE-bond emesso per lui sia maturato, allora il pagamento del BCE-bond  verrà coperto dall’assicurazione fornita o acquistata dal MES.

W.M. Questo può essere più prontamente raggiunto attraverso la formalizzazione e la stabilizzazione della policy del “fare tutto ciò che è necessario per evitare il default” che già è in atto, e ciò abbasserà immediatamente anche i costi dei nuovi titoli.

YV: Perché non continuare con l’OMT (Outright Monetary Operations) della BCE?

La BCE è riuscita a domare gli spread sui tassi di interesse annunciando il suo programma OMT. L’ OMT era concepito come un supporto illimitato ai titoli sotto stress dell’Euroarea – Italia e Spagna in particolare – così da fermare il contagio e salvare l’euro dal collasso.

W.M. Invece io credo che i tassi bassi siano dovuti alla policy del “faremo tutto ciò che è necessario”.

YV: Comunque, le pressioni politiche e istituzionali hanno fatto sì che la manaccia contro i rivenditori di titoli, che era implicita nell’annuncio OMT, dovesse essere diluita con un programma condizionale, La condizionalità coinvolge la supervisione della troika sui governi che devono essere aiutati con l’OMT, i quali sono obbligati a firmare un memorandum di intesa draconiano prima che l’OMT prenda il via. Il problema non è solamente che questo di per sé non fa niente per affrontare il tema della stabilità e crescita, ma anche che i governi di Spagna e Italia non sopravvivrebbero se firmassero un tale memorandum di intesa, e quindi non lo hanno fatto. Perciò il successo del OMT nel placare i mercati è basato su una minaccia non credibile. Fin qui, non un solo titolo è stato acquistato. Questo costituisce un invito aperto ai rivenditori di titoli a testare il salvataggio della BCE nei momenti a loro discrezione. E’ una temporanea soluzione obbligata a smettere di funzionare  quando la situazione comprende i rivenditori di titoli. Questo potrebbe accadere quando la volatilità ritorna sui mercati di titoli una volta che la FED o la BoJ inizieranno a tagliare i loro programmi QE.

W.M. Non ci sarà nessun problema di finanziamento mentre la policy del “fare tutto ciò che è necessario per evitare il default” è in vigore.

Mosler Varoufakis

Warren Mosler commenta con “Una modesta considerazione”Una modesta propostacon l’ultimo aggiornamento nel 2013 scritta da James Galbraith e Yanis Vaoufakis, quest’ultimo attualmente ministro delle Finanze del governo greco di Tsipras. Questa è la prima parte della nostra traduzione che riguarda il secondo paragrafo del testo.

Una Modesta Considerazione: Warren Mosler sulla proposta di Varoufakis/Galbraith.

2. LA NATURA DELLA CRISI DELL’EUROZONA

YV: La crisi dell’Eurozona nasce da quattro dominii interconnessi. Crisi bancaria: c’è una generale crisi bancaria, scatenatasi principalmente dalla catastrofe della finanza americana. Ma l’Eurozona ha provato un’incapacità particolare nel reagire al disastro, ed è un problema di gestione e struttura.

La peculiarità di una banca centrale non rispondente a un governo e gli stessi Stati senza supporto della banca centrale stessa, li espone verso la rete globale delle mega-banche non riuscendole assolutamente a supervisionare. La risposta europea è stata proporre una piena unione bancaria, una misura al principio audace ma anche minacciata sia dal ritardo e diversiva rispetto ad una azione necessaria nell’immediato.

 W.M. È bene comprendere la crisi bancaria come mancanza di una credibile assicurazione sui depositi, e logicamente richiede che l’entità assicuratrice, in questo caso la BCE, sia responsabile della regolamentazione e supervisione delle banche.

YV: La crisi del debito: la stretta del credito del 2008 ha dimostrato la disfunzionalità del principio di perfetta separazione del debito pubblico. Forzando la creazione di fondi di salvataggio che non violassero le clausole di non intervento nello statuto BCE e del trattato di Lisbona. L’Europa creò il temporaneo European Financial Stability Facility (EFSF) e poi il permanente European Stability Mechanism (ESM). La creazione di questi nuove istituti ha incontrato le esigenze immediate di finanziamento dei diversi Stati membri, ma mantenendo il fallace principio della separazione del debito pubblico e non potendo dunque contenere davvero la crisi. Uno stato sovrano, Cipro, andò di fatto in bancarotta imponendo controlli di capitale nonostante rimanesse nell’Euro.

Durante l’estate del 2012, la BCE arrivò con un nuovo approccio: l’Outright Monetary Transactions Programme (OMT), che riuscì per un po’ a calmierare il mercato del debito. Ma fallì lo stesso nel risolvere la crisi, poiché è basato sulla minaccia verso il mercato delle obbligazioni che non poteva essere credibile nel tempo. E mentre teneva sospesa la minaccia della crisi del debito pubblico, fallì nell’invertire la tendenza. L’acquisto di obbligazioni da parte della BCE non può ristabilire la volontà di prestito dei mercati in fallimento o la capacità d’indebitamento dei governi.

W.M. È bene dunque notare il fallimento della BCE nel garantire esplicitamente il debito dei governi nazionali in default. Solo quando Mario Draghi disse che la banca centrale avrebbe fatto “tutto il necessario” per prevenire il default dei governi nazionali allora si circoscrisse il contagio e la crisi delle finanze nazionali scemò, rimanendo soltanto la minaccia di permettere alla Grecia di fare default mantenendo l’attuale difficoltà di finanziamento del Paese.

 YVLa crisi degli investimenti: la carenza di investimenti in Europa mette a rischio gli standard di vita e la competitività internazionale.

W.M. Non si discerne tra investimenti pubblici in infrastrutture e investimenti privati che rispondono ad esigenze di profitto.

YV: La sola Germania realizzava dopo il 2000 un surplus tale da rendere ovvio il collasso delle zone in deficit commerciale al colpire della crisi nel 2008.

W.M. Cosa si intende in questo caso per collasso? La crisi di finanziamento è una risultante delle politiche della BCE che avrebbe presumibilmente permesso il default degli stati membri, crisi finita quando Draghi dichiarò che non sarebbe accaduto.

YV: L’onere dell’aggiustamento ricadde precisamente sulle zone in deficit, che non potevano permetterselo.

W.M. Vi erano e rimangono alternative al cosiddetto aggiustamento, incluso il permesso ad aumentare i deficit di bilancio al posto dell’attuale e arbitrario limite del 3%. Notiamo comunque che tali rimedi non sono mai stati suggeriti o seriamente discussi.

YV: Non si poteva neanche rimediare via svalutazione o nuova spesa pubblica, dunque lo scenario era pronto per disinvestimenti nelle regioni in cui invece ve ne era più bisogno.Dunque, l’Europa è finita con bassi investimenti nel complesso e un anche più impari distribuzione degli investimenti tra le regioni in surplus e in deficit.

W.M. È tutto vero, ma non è riconosciuta la causa fondamentale del limite al 3% eccessivamente basso.

YV: La crisi sociale: tre anni di impietosa austerità hanno imposto il loro tributo alle popolazioni d’Europa. Da Atene a Dublino e da Lisbona alla Germania dell’est, milioni di europei hanno perso l’accesso ai prodotti di base e alla dignità. Le pensioni sono state tagliate, la disoccupazione è rampante, mentre la perdita di abitazioni e la fame stanno crescendo con le tasse sui beni di prima necessità in continuo aumento. Per la prima volta da due generazioni, gli europei stanno mettendo in dubbio il progetto europeo, mentre i partiti di estrema destra guadagnano consensi.

W.M. Vero

3. VINCOLI POLITICI ALLE SOLUZIONI

YV: Ogni soluzione alla crisi deve rispettare i reali limiti delle azioni politiche. Ecco perché i sistemi complessi dovrebbero essere evitati, ed è il motivo per cui necessitiamo di “modeste proposte”

W.M. Ma abbastanza immodesta da sistemare solamente le sedie sul Titanic.

YV: I quattro vincoli che l’Europa sta affrontando ora sono: (a) la BCE non permette di monetizzare direttamente il debito sovrano.

W.M. Non è necessario.

YV: Non vi è garanzia della BCE sulle emissioni dei debiti degli Stati membri.

W.M. È stato comunque già dichiarato di voler fare tutto il necessario per prevenire il default, il che significa che allo scadere e quando saranno dovuti i pagamenti degli interessi la BCE assicurerà che siano accreditati gli appropriati conti correnti. Ma questa politica è discrezionaria, lascia la Grecia esposta al fallimento.

YV: La BCE non acquista titoli di Stato sul mercato primario.

W.M. Non è necessario.

YV: Nessun utilizzo da parte della BCE dell’EFSF-ESM per acquistare i titoli del debito sovrano sul mercato primario o secondario.

W.M. Non è necessario.

YV: (b) il programma OMT della Banca Centrale Europea è stato tollerato poiché nessun titolo è stato finora acquistato. L’OMT è uno strumento politico che non connette la stabilità con la crescita, e prima o poi, verrà trovato carente.

W.M. E non ha nessun risvolto per l’economia reale.

YV: (c) i paesi in surplus non consentono Eurobond garantiti mutualmente e singolarmente ed i paesi in deficit opporranno resistenza alla perdita di sovranità richiestagli senza un appropriata unione per il trasferimento federale che la Germania rigetta comprensibilmente.

W.M. Già detto che gli Eurobonds non sono necessari per i trasferimenti fiscali.

YV: (d) l’Europa non può attendere la federazione. Se la soluzione alla crisi dipende dalla federazione, l’Eurozona fallirà prima.

W.M. probabilmente vero.

YV: I cambiamenti ai trattati necessari per creare un’appropriata Tesoreria Europea, con poteri di tassazione, spesa e capace di fornire prestito, non possono e non devono avere la precedenza alla soluzione della crisi.

W.M. E non sono neanche necessari per raggiungere la piena occupazione.

La prossima sezione presenta quattro politiche che riconoscono questi vincoli.