Di Elisabetta Uccello, postato il 21/07/2018. Revisione di Marco Cavedon.
Fonte: https://mmtveneto.wordpress.com/2018/07/15/risposta/
In questo articolo pubblicato su “Il Sole 24 Ore” il 30 maggio 2018, l’autore Enrico Marro analizza quali a suo dire sarebbero le conseguenze dell’ uscita dell’Italia dall’eurozona. Seguendo l’ordine dell’ articolo, elenca:
- Inevitabile fuga di capitali
- Debito del saldo Target 2
- Inflazione a doppia cifra ‘’causata da Bankitalia che inizierebbe a stampare denaro selvaggiamente per sostenere il debito pubblico’’
- Potere d’ acquisto degli Italiani eroso dall’inflazione
- Prezzi delle materie prime alle stelle
- Costi sui prestiti alle aziende alle stelle e le imprese non potrebbero più pagare i dipendenti
- Ipersvalutazione che potrebbe solo avvantaggiare le ditte esportatrici
- Chi vorrà raccogliere capitali sui mercati finanziari dovrà spostare la ditta all’estero
- Nazionalizzazione delle banche solo al fine del salvataggio delle stesse
- Mutui e prestiti esploderebbero a causa dell’inflazione e della svalutazione
- Bollette carissime perché non siamo autosufficienti dal punto di vista energetico
- I titoli di stato perderebbero valore perché divorati dall’inflazione
- Debito pubblico che non verrebbe più comprato da nessuno
….Insomma….una bella mitragliata di terrorismo mediatico. Se quella del “Sole 24 Ore” vuol essere un’analisi , essa risulta fatalmente scorretta, irrazionale, banale.
Ma a queste ventate di isteria telecomandata ormai ci abbiamo fatto il callo ed illustreremo in questa sede con precisione e METODICITA’ cosa succederà quando l’Italia uscirà dall’euro e dall’Unione Europea, APPLICANDO AL DETTAGLIO IL PERCORSO MMT.
Precisiamo dapprima che le conseguenze sopra elencate rappresentano a pieno titolo i cosiddetti FALSI MITI dell’ economia neoclassica, miti che sono lo STRUMENTO principale del pensiero liberista per indirizzare i popoli ad accettare un MODELLO DI SOCIETA’ che si fonda sulla forte competitività, la deregolamentazione dell’economia, la riduzione ai minimi termini dell’intervento dello stato e l’annientamento delle costituzioni sociali del ‘900.
Le teorie neoliberiste si consolidano attorno al dogma della stabilità dei prezzi e dell’indipendenza di chi controlla la creazione della moneta – la banca centrale – dallo Stato.
Riprendiamo una citazione di Milton Friedman del 1962: “le interferenze governative minacciano la libertà economica’’.
Di contro la MMT- TEORIA DELLA MONETA MODERNA – presuppone che l’economia deva essere al servizio dei cittadini: lo Stato DEVE essere padrone della propria moneta ed utilizzare la spesa a deficit per creare occupazione e garantire i diritti dei lavoratori in piena sintonia con l’art 1 della nostra Costituzione Italiana:
“L’Italia e’ una repubblica democratica, FONDATA SUL LAVORO. La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
Alla base della MMT c’è lo stato sovrano della sua moneta e capacità di spesa, altrimenti non può incidere LIBERAMENTE ed in positivo sull’economia del Paese.
ANALISI SISTEMATICA DEL PROCESSO DI USCITA DALL’EURO GUIDATO DAL PROGRAMMA MMT.
LA SPESA DELLO STATO, IL DEBITO PUBBLICO, I TITOLI DI STATO.
L’Italia esce dall’euro con decreto legge. Questo implica nell’immediato che dal giorno 1 il governo inizia a spendere e tassare nella nuova valuta, chiamiamola LIRA.
Di fondamentale importanza, al pari del ripristino della moneta di stato, il pieno controllo della propria banca centrale: essa è lo strumento principale del governo per poter effettuare la spesa pubblica.
Solo se la banca centrale è SOTTO il controllo del Parlamento e del governo si possono impostare politiche economiche volte alla piena occupazione a alla tutela dello stato sociale.
LA BANCA CENTRALE DEVE ESSERE DIPENDENTE DALLO STATO, NON INDIPENDENTE, nel senso che il governo deve avere il pieno controllo sia della propria politica monetaria che fiscale.
La banca centrale è RAMO BANCARIO DELLO STATO; lavora di concerto con il ministero del Tesoro ma è il ministero del Tesoro ad indirizzare il suo operato.
Alain Parguez chiama questa operazione ‘’ BASE MONETARIA CREATA DAL CANALE DEL TESORO’’.
Anche Luigi Spaventa nel 1984 sottolineava: “Lo stock di base monetaria creato dal Tesoro può essere considerato un debito solo convenzionalmente”.
La MMT considera il meccanismo di emissione dei titoli di stato un retaggio del gold standard: in uno stato a moneta sovrana i titoli non servono a finanziare la spesa pubblica, perché questa deriva dalla creazione di moneta da parte della banca centrale, che accredita il conto corrente che il governo detiene presso la stessa.
Ricordiamo che i titoli di stato servono oggi esclusivamente a controllare il tasso d’interesse overnight, dal momento che le banche commerciali investono le riserve in eccesso (rispetto all’obbligo di riserva presso la banca centrale) in titoli, che fruttano un interesse più alto di quello che maturerebbero se lasciate ‘’ferme’’ presso la banca centrale (vedi qui per approfondimenti).
Dal blog di Bill Mitchell: ‘’ Dal punto di vista della MMT è di gran lunga preferibile eliminare del tutto il meccanismo di emissione del debito e pagare un tasso di sostegno sulle riserve se la banca centrale vuole puntare a un tasso d’interesse a breve termine diverso da zero. Ma ancor più preferibile è lasciare che il tasso di interesse a breve termine scenda a zero non emettendo debito pubblico e non pagando alcun tasso di sostegno sulle riserve in eccesso (presso la banca centrale). Quindi il mercato interbancario porterà il tasso di interesse fino a zero ogni giorno e la politica fiscale diventerebbe il principale strumento di contro-stabilizzazione e il mezzo più efficace per disciplinare le pressioni sui prezzi in specifiche classi di attività.’’
Non e’ da escludere la possibilità di regolare la remunerazione dei risparmi dei cittadini in appositi libretti di risparmio, in modo tale da incentivare o disincentivare la propensione al consumo in base al ciclo economico.
Uno stato a moneta sovrana non potrà mai non onorare il proprio debito (ripagare titoli di stato in scadenza) in quanto è denominato nell’unità di conto che egli stesso emette e di cui ha il monopolio tramite la propria banca centrale.
Uno stato a moneta non sovrana, come l’ Italia oggi in eurozona, per finanziare le proprie spese è costretto ad indebitarsi con le banche private che acquistano i suoi tds (titoli di stato).
A questi operatori lo stato dovrà restituire il prestito con gli interessi.
Questo preambolo è necessario, poichè nell’articolo de “Il Sole 24 Ore” sembra proprio non si faccia distinzione fra le caratteristiche strutturali di uno stato a moneta sovrana e di uno stato a moneta non sovrana.
Il settore bancario privato, deputato alle transazioni orizzontali, crea prestiti e di conseguenza aumenta la circolazione del denaro, cioè delle riserve create dalla Banca Centrale.
Però i prestiti bancari, quando creano un deposito, generano sempre un debito che dovrà essere ripagato: quindi non si ha mai ricchezza finanziaria al netto.
Solo il settore pubblico, cioè lo Stato, può creare veramente il denaro dal nulla, cioè ricchezza finanziaria al netto. E’ il suo ruolo.
Solo dalla spesa dello stato arriva il denaro in prima istanza.
Al contrario la BCE , per statuto e secondo i trattati (Tfue), non può finanziare direttamente gli stati ma solo i mercati dei capitali, cioè le banche private.
Gli stati nell’eurozona sono esautorati di sovranità sia economica che politica.
Questo assetto è lo strumento della corrente liberista per realizzare un modello di società incentrato esclusivamente sulla competitività: gli stati devono applicare politiche volte alla svalutazione salariale e alla distruzione della domanda interna, per fare in modo che la propria offerta di beni e servizi sia competitiva nel libero scambio internazionale; questa resta l’unica soluzione per riuscire ad ottenere moneta, una strategia a tutti gli effetti erede del mercantilismo settecentesco in cui vigeva il gold standard.
Nel modello liberista di società dell’Unione Europea la piena occupazione, la piena produzione di beni e servizi ed il pieno stato sociale non sono al primo posto.
Per realizzare invece il modello di società prescritto nella Costituzione Italiana ed antitetico al modello neoliberista, è necessario sganciarsi dall’euro e dai trattati europei ed applicare il Programma Economico MMT, unico strumento per realizzare la piena occupazione, la piena produzione di beni e servizi per tutti e la piena tutela di tutte le classi sociali.
Il giorno 1 della nuova lira il governo, come già affermato sopra, inizia ad effettuare la propria spesa accreditando conti correnti in lire e a tassare esclusivamente nella nuova moneta, lasciando tutti i depositi in euro.
Questo comporterà una domanda di lire, inizialmente scarse, da parte di tutti i cittadini che dovranno ottenerle per pagare le tasse e poter eseguire tutte le transazioni economiche.
Con l’occasione ricordiamo che la reale funzione della tassazione in uno stato a moneta sovrana non è quella di pagare la spesa pubblica, perchè prima di poter ritirare la sua valuta il governo sovrano la deve creare e spendere. La tassazione ha tuttavia una funzione molto importante, perchè è lo strumento principale dello stato per esercitare il proprio potere d’imperio: i cittadini sono costretti a pagare le tasse nella valuta decisa e dovranno fare in modo di ottenerla vendendo il proprio lavoro. Inoltre la tassazione serve ad indirizzare l’economia: lo stato tassa di più nei settori da disincentivare, meno in quelli da incentivare e regola la quantità di moneta in circolazione, drenandone maggiormente nei periodi di eccessiva inflazione, meno in deflazione.
Il governo non ricorrerà alla conversione forzosa in lire di depositi e prestiti già realizzati ma lascerà a discrezione del cittadino la richiesta della nuova moneta. Di conseguenza questi sarà ad un certo punto costretto, per pagare in primis le tasse, a chiedere lire alla propria banca in cambio di euro.
Questo provocherà una vendita di euro da parte della banca commerciale alla Banca d’Italia ed un acquisto di lire al tasso di cambio vigente al momento.
Il tasso di cambio, in linea con le caratteristiche di una moneta fiat, sarà fissato 1:1 con l’euro solo inizialmente e poi sarà lasciato libero di fluttuare nel mercato dei cambi internazionali.
La vendita di euro per acquisire lire eviterà il deprezzamento della moneta sovrana secondo le leggi di domanda ed offerta del mercato.
Anche in assenza di tale provvedimento, la svalutazione viene stimata tuttavia attorno al 20% secondo la teoria della parità relativa dei poteri d’acquisto, che afferma che la variazione percentuale del tasso di cambio fra 2 valute coincide in ogni periodo con la differenza fra le variazioni percentuali dei livelli dei prezzi nazionali. Secondo invece uno studio di BofA Merrill Lynch del 2012 la svalutazione sarebbe addirittura attorno all’11-12%. Niente iperinflazione quindi, anche perchè la correlazione tra svalutazione ed aumento dei prezzi interni è fatalmente scorretta (vedi qui).
Gli euro diventeranno riserve in valuta estera possedute dalla nostra banca centrale.
Cosa comporterà questo?
Il governo si ritroverà gradualmente ad avere a disposizione moltissime riserve in euro, utili per saldare a scadenza i titoli di stato emessi denominati in euro, a meno che il creditore non faccia espressamente richiesta di essere rimborsato in lire convertendo il proprio credito nella nuova valuta nazionale.
Questo meccanismo inciderà sul tasso di cambio lira- euro: se la Banca d’Italia non avesse potuto disporre di riserve in euro, avrebbe dovuto vendere lire per acquistare euro per saldare i titoli di stato e questo avrebbe potuto provocare svalutazione. Va tuttavia sottolineato che la conversione dei titoli in lire non è un problema neppure nei confronti dei creditori stranieri, per il principio della lex monetae (vedi qui).
Evidenziamo inoltre che la lira, anche se si svalutasse nei confronti dell’euro (ipotesi quantomai remota, se non irrealizzabile), non e’ detto che si svaluti nei confronti di altre valute con cui l’Italia intrattiene rapporti commerciali. Uno dei principali partner commerciali dell’Italia sono gli USA per le esportazioni, la Cina per le importazioni.
Il tasso di cambio effettivo e’ una media di tutti i tassi di cambio bilaterali principali.
LA SVALUTAZIONE DELLA LIRA.
Secondo la manipolazione mediatica liberista, con una svalutazione della lira del 30% avremmo un’inflazione interna della stessa entità a causa dell’ aumento del costo delle materie prime.
Precisiamo invece che le materie prime, prima di diventare prodotto finito, vengono lavorate internamente alla nazione importatrice e pertanto il costo finale risente relativamente della svalutazione.
Considerando come bene importato solo la materia prima, i costi interni riguardano la trasformazione, la lavorazione, il profitto privato e la tassazione.
Certamente la svalutazione incide sul costo delle importazioni, ma anche in presenza di ipotesi di forte dipendenza dall’estero con importazioni che incidano per il 40% dei costi di produzione, una svalutazione del 20% comporterebbe un aumento dei prezzi dell’8%. In termini reali, le materie prime e le fonti energetiche incidono sul totale delle importazioni per nemmeno l’11%.
Lo Stato italiano può sempre diminuire discrezionalmente il livello di tassazione per le imprese costrette ad importare e penalizzate dall’aumento dei costi, in modo da lasciare inalterato il loro profitto finale.
- La svalutazione in genere comporta maggiori afflussi di capitale dall’estero per acquistare merci il cui prezzo si è abbassato proprio grazie ad essa. Considerando solo la bilancia commerciale (quindi al netto dei movimenti di capitale) la valuta nazionale verrebbe richiesta di più e di conseguenza tornerebbe ad apprezzarsi.
- Il coefficiente di trasferimento pass-trought è l’intensità con cui una variazione del tasso di cambio si trasferisce sul prezzo dei beni nazionali. Per esempio , se in seguito ad una svalutazione del 10%, l’inflazione aumenta del 5% si calcola il pass-trought al 0,5 (cioè al 50%).
Il coefficiente pass trought italiano è stato stimato da uno studio del 2012 di Goldfajn e Werlang attorno al 36% in un anno: per cui, ipotizzando anche una svalutazione del 20% (scenario considerato poco attendibile), solo il 36 % di tale svalutazione si tradurrebbe in un’inflazione del 7,2%. Valori del tutto controllabili e calcolati comunque in assenza di politiche fiscali del governo, semmai questa percentuale moderata fosse considerata pericolosa.
L’ INFLAZIONE.
Per quanto riguarda l’inflazione, è necessario definirla in modo da fare definitivamente chiarezza in merito a quest’altro falso mito che l’economia liberista utilizza per costringere i popoli a legittimare cessioni di sovranità e ad adottare politiche liberiste.
L’ inflazione è un aumento dei prezzi annuale.
L’ iperinflazione e’ un aumento dei prezzi mensile superiore al 50%.
Riprendiamo l’equazione che in economia regola l’inflazione: MxV=PxY
M: rappresenta l’offerta di denaro disponibile in un determinato periodo temporale, che dipende in prima istanza dalla spesa a deficit da parte del governo
V: rappresenta la velocità di circolazione del denaro nello stesso periodo temporale preso come riferimento, in pratica rappresenta quante volte il denaro passa di mano in mano in quel periodo.
P: rappresenta il prezzo medio dei beni e dei servizi prodotti in quel determinato periodo (ricordiamo che per il calcolo dell’inflazione solitamente si utilizza la base annuale).
Y: rappresenta la quantità di beni e servizi prodotti da un determinato paese nel medesimo periodo temporale.
L’economia neoclassica tende a considerate V e Y costanti (pertanto ad un aumento dell’offerta di moneta necessariamente segue un pari aumento dei prezzi di beni e servizi), mentre l’economia eterodossa considerano il fatto che la velocità di circolazione del denaro non può mai essere costante in quanto strettamente correlata all’offerta di moneta; una minore ricchezza finanziaria farà si che la popolazione in generale aumenti la sua propensione al risparmio e quindi diminuisca la domanda aggregata (potere di spesa), il che necessariamente determina un calo anche di Y.
Al contrario, una maggiore ricchezza finanziaria (M) nelle mani della popolazione può determinare un aumento della domanda aggregata, che causerà sia un aumento di V che di Y, in quanto gli ordinativi aumentano. Il reale limite di Y è dato dalla quantità di forza lavoro disposta ad operare per aumentare l’offerta a fronte di un incremento della domanda. Possono sussistere pertanto le condizioni tali per cui ad un aumento di M si verifichi un aumento sia di V che di Y, lasciando il fattore P immutato o comunque determinandone un incremento non direttamente proporzionale ad M e non necessariamente problematico per quanto concerne l’impatto sulla domanda aggregata; se stipendi e salari aumentano ad un tasso superiore a quello dei prezzi, il reale potere di acquisto non ne risente.
Il solo aumento dei prezzi non è inflazione: l’inflazione è il continuo aumento dei prezzi, cronico rispetto alla reale capacità di produzione.
Per controllare l’inflazione ci sono 2 metodi:
- Il metodo neoliberista scelto dalla Commissione Europea: il NAIRU (Non-Accelerating Inflation Rate of Unemployment), cioè mantenere uno “stock di riserva di disoccupati”. L’inflazione in questo caso viene controllata tramite politiche monetarie e di bilancio restrittive, che creano una disoccupazione che STRUTTURALMENTE deve attestarsi ad una determinata percentuale. La disoccupazione strutturale comporta non avere redditi ed essere disposti a lavorare per bassi salari, pertanto determina il crollo della domanda interna con conseguente abbassamento dei prezzi dei beni e servizi prodotti.
- Il sistema proposto dagli economisti post-Keynesiani MMT, il NAIBER (non-accelerating inflation buffer employment ratio) o “stock di scorte di occupati“. La piena occupazione viene garantita dai lavori di stato; il governo garantirà quindi la piena occupazione e salari minimi dignitosi, i quali avranno la funzione di stabilizzare i prezzi in quanto legati alla produzione di beni e servizi reali.
La tassazione è lo strumento principale per controllare la domanda e regolare l’inflazione.
L’occupazione nel settore pubblico dev’essere elastica ed anticiclica, fermo restando che i lavori nei servizi pubblici essenziali devono essere fissi e rigidi.
Con la proposta MMT del “job guarantee” lo stato assorbe i disoccupati in lavori pubblici quando l’attività del settore privato diminuisce: lo stato ‘’conserva’’ il lavoratore nel settore pubblico. Viceversa quando l’ economia è in una fase di espansione, lo stato permette al lavoratore di reimpiegarsi nel settore privato. LA POPOLAZIONE RIMANE SEMPRE OCCUPATA. CAMBIA SOLO IL RAPPORTO FRA OCCUPAZIONE PUBBLICA E PRIVATA.
TARGET 2.
Il Target 2 e’ un sistema di pagamenti interbancari che vale in tutti i paesi dell’Unione Europea.
Vari economisti (tra cui l’attuale Presidente della BCE Mario Draghi) ipotizzano che, in caso di uscita di un paese dall’euro, dovrà essere saldato per intero il deficit della sua banca centrale nei confronti della Banca Centrale Europea.
Come funziona la cosa ? Semplicemente, quando qualsiasi attore economico di un paese che ha adottato l’euro realizza un acquisto presso un’altra nazione dell’eurozona tramite il denaro depositato presso la sua banca, viene convenzionalmente conteggiato un pari deficit della banca centrale del paese dove ha sede l’acquirente nei confronti della BCE, mentre la banca centrale del paese del fornitore vanterà un credito nei confronti della BCE.
Facciamo un esempio. Un acquirente italiano che possiede un conto corrente presso Banca A desidera acquistare un’automobile da un venditore tedesco, che avrà un conto corrente presso Banca B. In questo caso, la Banca d’Italia accrediterà le riserve presso la Bundesbank (la banca centrale tedesca) addebitando il conto dell’acquirente italiano presso Banca A. La Bundesbank potrà quindi mettere quelle riserve a disposizione della Banca B e in questo modo onorare il debito che possiede con la stessa.
Si è forse creato un vero debito della Banca d’Italia nei confronti della BCE ? Questa ha forse bisogno delle riserve di Banca d’Italia da accreditare alla Bundesbank, che a sua volta le accrediterà a banca B ? Assolutamente NO, dal momento in cui, come abbiamo visto, Banca d’Italia ha già fornito le riserve di cui la Bundesbank ha bisogno e le posizioni debitorie e creditorie delle varie banche centrali dell’eurozona nei confronti della BCE rappresentano solo un dato contabile, che registra i movimenti di riserve in euro creati dalle varie banche centrali in uscita ed in entrata tra le rispettive nazioni. Prova ne è il fatto che non esiste un limite al “debito” o al “credito” che le singole banche centrali possono detenere nei confronti della BCE, nè tale “debito” deve essere mai onorato. Se così non fosse, questo automaticamente dovrebbe comportare il fatto che, quando l’acquirente italiano acquista un bene da un fornitore straniero, questo venga pagato due volte, la prima volta dalla Banca d’Italia, la seconda dalla Banca Centrale Europea, il che è assurdo. Tra l’altro, per i paesi dell’UE che aderiscono a questo sistema pur non appartenendo all’eurozona, non viene assegnato alcun “debito” alle loro banche centrali nei confronti della BCE, perchè queste non possono creare euro e quindi le transazioni avvengono tramite il mercato dei cambi; in questo caso non si pone quindi il (falso) problema della necessità da parte della BCE di approvvigionarsi di riserve per accreditarle alle banche centrali dei paesi fornitori.
Casomai si potrebbe presentare un problema politico nel momento in cui, in caso di uscita dall’euro, le istituzioni UE ci chiedano di saldare quel “debito”. Ma l’Italia avrà tutte le armi dalla sua parte, sia da un punto di vista tecnico che giuridico, per rifiutarsi di pagare un “debito” che, per il semplice fatto di utilizzare la valuta euro, non è mai stato considerato veramente tale. Da nessuna parte nei trattati europei sta scritto che i saldi target 2 in deficit nei confronti della BCE siano da onorare, nemmeno in caso di cambio della valuta nazionale.
LA COMPETITIVITA’.
Altro dogma cavallo di battaglia delle teorie liberiste è la competitività, inneggiata a principio cardine sul quale basare l’economia di una nazione e codificata in ogni trattato comunitario come il ferreo obiettivo delle politiche europee.
Come già affermato sopra, l’ arricchimento di una nazione e lo sviluppo economico sono dovuti principalmente alla spesa pubblica, che è lo strumento politico per mettere in moto l’economia ed indirizzarla al sostegno dei servizi alla comunità e del sistema produttivo. La moneta di stato è una leva nel concetto di produttività post-keynesiano, in antitesi al concetto di scarsità neoclassico.
Le esportazioni di beni e servizi di certo apportano ricchezza finanziaria all’interno di una nazione ma questo processo è una variabile e non è la via principale con cui uno stato si arricchisce. Solo grazie alla spesa pubblica a deficit positivo si può immettere ricchezza al netto nel settore privato di cittadini ed aziende senza ricorrere alla competitività nei confronti delle altre nazioni, basata sull’abbassamento dei prezzi possibile a sua volta solo con la svalutazione dei salari e l’indebolimento della domanda interna.
FUGA DI CAPITALI E FUGA DI PRODUZIONE.
La fuga di capitali è un falso problema: la valuta ‘’in fuga’’ passa da un conto corrente all’altro ma il saldo dei conti riserva presso la banca centrale resta invariato; cambia solo il titolare del conto corrente, che può essere anche un residente presso una nazione estera che ha acquistato lire da un venditore italiano. Tutte le lire rimangono comunque all’interno dei conti riserva che le banche commerciali detengono presso la nostra banca centrale e sono pertanto sempre soggette alla nostra giurisdizione.
Ciò che potrebbe preoccupare è la fuga di produzione. Gli imprenditori che non avranno capito che la moneta sovrana porterà solo vantaggi alle aziende private, sposteranno la loro produzione all’estero.
Ma non saranno necessarie misure di protezione e controllo dei capitali se non probabilmente nel primo periodo, tramite una legislazione che persegua la responsabilità sociale delle imprese di rilevanza sistemica o tramite la nazionalizzazione dei settori strategici.
Perché non saranno necessarie misure di protezione e controllo speciali ?
Mantenendo saldo il focus sulla piena occupazione e dal momento che la moneta non è più una risorsa scarsa, in quanto lo stato è monopolista della propria valuta, il fatto che il capitale privato possa andarsene dal paese non diventa più un problema per l’economia.
Lo stato implementa programmi di piena occupazione rivolti soprattutto ai servizi sociali e tutelerà la domanda interna garantendo diritti e salari dignitosi, mentre le imprese che delocalizzano per produrre beni di consumo a prezzi bassi di fatto rappresenteranno un impoverimento in termini reali per quei paesi in cui si recheranno, disposti a consentire politiche di sfruttamento della manodopera e svalutazione delle condizioni di lavoro, nel nome della competitività globale. Anzi, quei beni reali che produrranno saranno consumati dai nostri cittadini e questo per noi rappresenterebbe un arricchimento in termini reali.
TITOLI DI STATO ED INTERESSE.
La cedola di un titolo di stato è determinata dall’emittente (il governo). Può essere fissa o variabile ma è sempre determinata dall’emittente. Oggetto di contrattazione e’ invece il prezzo dei titoli.
L’interesse, cioè il guadagno, è uguale alla cedola più lo scarto d’emissione (cioè la differenza fra prezzo di emissione e prezzo di rimborso del titolo).
Uno stato che ha il controllo dell’emissione della propria moneta STABILISCE in piena autonomia la cedola, senza doverla aumentare per attirare investitori nelle operazioni di riapertura, per il collocamento dei titoli rimasti invenduti alla prima asta.
UNO STATO A MONETA SOVRANA NON PUO’ MAI INCORRERE NEL RISCHIO DI INSOLVENZA IN UNA VALUTA DA LUI STESSO EMESSA.
La banca centrale tornerebbe ad essere dipendente dal Tesoro ed obbligata ad acquistare i titoli invenduti sul mercato primario (come prima del divorzio Tesoro –Banca d’Italia del 1981) o quelli presenti sul mercato secondario (Quantitative Easing).
Il prezzo di rimborso si alzerà e l’interesse si abbasserà. E’ importante che la cedola sia sempre regolata esclusivamente dallo stato in base agli obiettivi di politica economica: alzerà la cedola quando vuole incoraggiare il risparmio privato e disincentivare il reinvestimento nell’economia reale e viceversa, abbasserà la cedola quando vorrà incoraggiare la spesa del denaro nell’economia reale e disincentivare il risparmio.
E’ importante notare che, quando la banca centrale agisce sul mercato aperto acquistando titoli tramite riserve che lei stessa emette, questo non genera alcuna inflazione, dal momento che si tratta di denaro conferito al solo settore finanziario, che a sua volta lo presterà al settore dell’economia reale (famiglie ed aziende) solo in presenza di politiche fiscali espansive (spesa a deficit) che tutelino la domanda interna. E di domanda interna al momento ne abbiamo estremo bisogno, causa un sottoimpiego dei fattori produttivi con disoccupazione stabile all’11%.
La proposta MMT comunque prevede la totale abolizione dei titoli di stato, in quanto il governo nuovamente sovrano potrà accreditare direttamente conti correnti di famiglie ed aziende e pagare stipendi senza dover ricorrere al farraginoso meccanismo della loro emissione.
MUTUI.
Perché l’aumento del rendimento sui titoli di stato incide sui mutui e i prestiti?
Nel sistema attuale succede che se il titolo di stato viene declassato dalle agenzie di rating, gli investitori se ne sbarazzano in grande quantità: aumenta il rendimento (differenza fra prezzo di acquisto e di rimborso, che cala).
Una banca commerciale conferisce titoli di stato alla banca centrale a garanzia delle operazioni di rifinanziamento principali (i prestiti di riserve che chiede direttamente alla banca centrale).
La banca centrale applica un ‘’ taglio’’, detto hair-cut. A fronte di una garanzia di 1000 in titoli di stato ad es. la banca centrale applica un hair-cut del 5%, cioè presta 950 Euro.
Se i TDS hanno un rating declassato, l’ hair-cut aumenta all’11-12% ad esempio.
Quindi le banche cercano di disfarsi di quei titoli declassati e cercarne altri con un rating migliore ed ottenere pertanto rifinanziamenti dalla BCE a condizioni più vantaggiose.
Questa ‘’penale’’ ha conseguenze quindi sugli interessi che le banche applicheranno a mutui e prestiti per garantire i propri profitti.
Ma con una moneta sovrana ed uno stato che applica il programma economico MMT anche questo ricatto può essere serenamente evitato, in quanto il valore dei titoli sarà sempre garantito e il governo sarà libero di applicare la legislazione in materia di politica monetaria che ritiene più efficace; la regola dell'”hair cut” potrebbe tranquillamente decadere assieme alla prassi dell’emissione dei titoli di stato, come prima abbiamo evidenziato.
Pertanto, anche basandoci su una semplice e razionale valutazione costi-benefici e tralasciando per un attimo le considerazioni politiche sulle quali ci siamo già espressi, ne consegue che nulla giustifica la permanenza dell’Italia all’interno della zona euro, con buona pace degli “esperti” de “Il Sole 24 Ore”.