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Fonte http://memmtveneto.altervista.org/articoli/use.html
Premessa di Marco Cavedon.
Possono essere gli Stati Uniti d’Europa una soluzione ?
Una domanda che in molti si pongono. Da parte nostra, sia come Associazione MMT Italia che Veneto, abbiamo intrapreso una scelta netta, che prevede una dura condanna all’intero processo di creazione dell’Unione Europea, assai ingiusto non soltanto sotto il profilo economico ma anche democratico.
Nel nostro Statuto si parla di difesa dei Principi Fondamentali della Costituzione del 1948 e di piena tutela del diritto al popolo italiano all’autodeterminazione, quindi la nostra risposta al quesito sopra formulato è netta.
Non si può parlare di creazione de facto di un’unica nazione in Europa, sia da un punto di vista politico che morale, date le gravissime ingiustizie e crimini sociali che hanno sempre interessato questo processo fin dalle fondamenta e che ancora lo caratterizzano (oggi forse anche più di ieri).
Vieni poi da chiedersi a livello logico che senso ha oggi parlare di creazione di supernazioni e di nuovi imperi, quando la MMT dimostra l’importanza per ciascun popolo di gestire una sua moneta fiat sovrana in condizioni di piena sovranità e flessibilità e dimostra altresì l’inutilità (se non addirittura la dannosità) della creazione di sovrastrutture che riducono tale capacità e che nella storia hanno dimostrato tutti i loro limiti (basti pensare al caso dell’Argentina negli anni ’90 del secolo scorso e alle condizioni in cui oggi versano i paesi del sud Europa, per citare solo due esempi).
Ma ora torniamo a noi e “cediamo la parola” a Giulio Betti, che ci presenterà questo nuovo importante contributo per far bene comprendere il realismo (anche a livello politico) della nostra posizione.
Spesso si dice: “Anziché tornare alle valute nazionali, dobbiamo creare gli Stati Uniti d’Europa, infatti gli USA utilizzano il dollaro tranquillamente, anche se sono un’unione di più Stati!” Ma è corretta questa affermazione, sovente fatta dai federalisti europei? La situazione statunitense è adattabile anche agli Stati nazionali europei?
A mio avviso questa affermazione presenta diverse falle. E’ sì vero che, a livello di dimensioni economiche, l’Eurozona è simile agli Stati Uniti d’America, ma è anche vero che negli USA la spesa pubblica e la tassazione sono decise, in aggregato, dal governo federale, il quale attraverso la Fed determina l’entità dei trasferimenti fiscali ai vari Stati federati. Una cosa ben diversa dagli Stati dell’Eurozona, i quali possono solo fare pareggio di bilancio, senza possibilità di ottenere altri trasferimenti se le cose dovessero andare male.
Ricordiamo anche che tra gli obiettivi statutari della Fed c’è il raggiungimento della piena occupazione, a differenza della Bce che cerca innanzitutto di raggiungere la stabilità dei prezzi.
Va detto che gli USA sono differenti dall’Europa pure per il fatto che essi sono realmente uno stato unitario: vi è un’identità culturale, nazionale e linguistica che l’Europa non ha. Ci si sente prima statunitensi, e POI californiani, o newkorkesi; da noi ci si sente prima tedeschi, francesi, italiani, e poi (semmai) europei. Che significa tutto ciò? Che trasferimenti fiscali verso gli Stati deboli europei sono visti con molto scetticismo, se non addirittura rifiutati, dagli Stati europei che si trovano in posizione di forza, politica ed economica. Negli USA, per ragioni di identità culturale, sono più facilmente accettati. Va precisato che è già molto difficile e divisivo far accettare trasferimenti fiscali all’interno degli Stati nazionali, per sovvenzionare le aree più arretrate (vedi Nord/Sud in Italia, o Ovest/Est in Germania) e tali sovvenzioni creano inoltre svariati problemi. Perciò gli Stati Uniti D’Europa sono, nei fatti, una strada difficilmente praticabile.
Altro fattore da considerare è che la popolazione USA ha un alto grado di mobilità, per quanto riguarda il lavoro. Un disoccupato del Colorado potrà trasferirsi con più facilità in California per cercare lavoro, rispetto a chi ha lavorato una vita in Italia e deve oggi trasferirsi in Finlandia per cercare un’occupazione. Ci sono ovvi ostacoli linguistici, culturali ecc., a differenza degli Stati Uniti d’America.
*Da ultimo, gli squilibri in termini di reddito pro-capite in Europa sono molto più intensi rispetto agli Stati Uniti; infatti paesi come Spagna, Portogallo e Grecia hanno un reddito pro-capite inferiore al 20% rispetto alla media degli altri Stati europei. Negli Stati Uniti, gli Stati federati in questa condizione sono solo 3, cioè il Mississipi, l’Arkansas e il West Virginia, squilibrio che riguarda 9 milioni di residenti. In Europa riguarda dunque svariate decine di milioni di abitanti in più! Ciò vuol dire che sarebbero necessari ingenti trasferimenti fiscali, molto più che negli Stati Uniti, e ciò rende gli USE ancora meno accettabili dai paesi europei attualmente egemoni. Quindi negli USA una valuta unica comporta sì degli svantaggi, ma essi sono più facilmente superabili che in continenti come l’Europa. Il gioco non vale la candela. Sarebbe, anzi, ancora più dannoso di quanto non lo sia già oggi.
*Fonte: “La Soluzione per l’Euro” (2014) di Marco Cattaneo e Giovanni Zibordi.
Invitato dalla televisione pubblica per spiegare le ragioni della crisi finanziaria, ecco un altro esponente che non legge davvero i dati reali ma si affida alla propaganda. Negli Usa tutto è nato dall’indebitamento privato a fronte di surplus del bilancio pubblico. E il nostro Alfio dice tutto il contrario
Randall Wray intervistato da un’emittente coreana: “Noi della Mmt descriviamo come funziona uno Stato con moneta sovrana: questo aspetto è stato perso ed economisti e politici parlano come se non esistesse. Sanders propone una politica a favore del 99%, e non dell’1%. Con lui avremmo un aggiornamento del New Deal di Roosevelt, proietteremmo l’America nel 21° secolo, come Roosevelt fece nel 20°”
Il giornalista Stefano Santachiara approfondisce l’attualità della Mmt: “Per il giro della Modern Monetary Theory, Kelton ha coniato, non a caso, l’espressione «gufi del deficit», contrapposti ai bilanciofobici. Vi ricorda qualcosa?”
In Grecia Varoufakis collabora con James Galbraith e Rania Antonopulous è viceministro del Lavoro; Randall Wray traduce il suo libro in spagnolo, va a Madrid e ha contatti con Podemos; negli Usa il senatore Sanders nomina la Kelton e si candida alle presidenziali 2016
Altro che “competizione e concorrenza sale della competitività” caro vicedirettore Daniele Manca. Gli Stati Uniti hanno realizzato dei deficit fino ad oltre il 12% del Pil. Ma adesso i cittadini americani stanno tornando ad indebitarsi a causa della ripresa dell’austerità. Un po’ di numeri dove, invece,
il tempo della propaganda è finito: la realtà è troppo dura per credere alle favolette di un tempo.
Analisi dei casi di Stati Uniti, Cina, Germania e Italia: il super-export non aiuta davvero l’economia nazionale perché si ottiene con deflazione salariale e contrazione dei consumi interni. Ad esempio durante il “Miracolo Economico” degli anni ’60 il saldo delle partite correnti era negativo
Significa che la Germania, ogni anno – giustamente – dovrebbero contribuire per circa 225 miliardi di euro, oltre l’8% del Prodotto interno lordo. La Francia per 137,5 miliardi di dollari all’anno, l’Italia per circa 112,5
Come mai nonostante da 40 anni gli “aussie” importino più di quanto esportino, i giovani italiani emigrano nel Nuovissimo Continente? E senza che questo sia dotato di “bombe nucleari”?