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In questi mesi si sta verificando l’ennesima tragedia per il lavoro e l’occupazione in Eurolandia. La nota multinazionale Philips, proprietaria dal 2009 del marchio italiano Saeco, ha deciso di procedere con 243 licenziamenti nella storica azienda bolognese produttrice di macchine da caffè.
Sono seguite, e proseguono in questi giorni, le classiche proteste dei sindacati che ritengono tutto ciò inaccettabile, “il diritto al lavoro deve essere rispettato“, e via dicendo. Ma cosa dà luogo a questa ennesimo taglio al personale in una famosa azienda italiana? L’intento dichiarato della proprietà olandese, è quello di trasferire gradualmente la produzione in Romania, in quanto “in Italia i costi di produzione sono troppo alti, e le vendite negli ultimi anni sono drasticamente diminuite”.
In sostanza, in Italia, così come in tutta l’Eurozona, abbiamo negli ultimi anni un’economia in recessione nei periodi peggiori, e in stagnazione nei momenti migliori. Ciò è causato principalmente dal rispetto dei famigerati parametri di Maastricht, secondo i quali i paesi aderenti all’area euro, devono necessariamente applicare misure di austerità ogni anno (ovvero mantenersi sotto il 3% di deficit pubblico), a prescindere da quali siano le congiunture economiche del momento.
I governi sono dunque impossibilitati, in caso di crisi dei consumi nel mercato interno, a iniettarvi liquidità sotto forma di denaro pubblico ed abbassare le tasse, realizzando quindi deficit pubblici più alti del 3%, in modo da far riprendere l’economia reale, aumentare i consumi, far guadagnare le aziende.
Ecco perché i vertici della multinazionale che controlla il marchio Saeco lamentano una diminuzione delle vendite negli ultimi anni. Aggiungiamoci il fatto che con l‘euro, moneta troppo forte rispetto alla nostra economia, i prezzi dei beni che produce la Saeco sono più alti rispetto agli stessi beni prodotti da paesi con una valuta svalutata, ecco che l’azienda produttrice di macchine da caffè non riesce a vendere nemmeno nel mercato estero, oltre che su quello interno già distrutto dall’austerità.
Quindi ci sono varie possibilità: mantenere la produzione in Italia ma licenziare parecchi operai per tagliare i costi e recuperare competitività, oppure chiudere la baracca in Italia e delocalizzare in Romania, dove gli operai vengono pagati molto meno che in Italia, recuperando competitività agendo sulla compressione del costo del lavoro.
Ma una cosa è certa: rimanendo nell’euro i diritti dei lavoratori non sono garantiti. Persino il diritto al lavoro è un’utopia. E allora usciamo da questa follia economica e torniamo ad essere uno Stato sovrano.

Saeco