Perché molti cosiddetti “progressisti” non sono in grado di criticare totalmente il credo conservatore. Partendo da Bill Mitchell un’analisi economica, politica e comunicativa. Accettare i falsi vincoli del “Dio economico” impone poi di avere una visione limitata delle possibilità liberatorie di una economia diversa
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Si inizia giovedì alle ore 21,30 con i piccoli imprenditori dell’associazione “Fermo in rivolta”. Venerdì alle 17,30 a Pesaro “Sovranità monetaria e lavoro garantito” con Della Bona, Bracci assieme a Rinaldi e Galloni. Sabato pomeriggio ad Osimo visione del film “Il più grande successo dell’euro” e dibattito con Bracci
Il “padre” della Mmt spiega sulla base di quanto avvenuto in passato per le politiche del Quantitative Easing che dopo una prima fase di deprezzamento delle valute coinvolte, si verifica l’esatto contrario, anche perché il QE non incide direttamente sulla domanda aggregata e sulla deflazione, provocando soltanto movimenti di capitali speculativi
L’affinità elettiva è un motore potente e il caso non esiste. Alziamo lo sguardo al futuro che è possibile e rinvigoriamo i nostri propositi per realizzarlo. Non lasciamo che siano altri a porre la parola fine a quel progetto di riscatto del valore della persona umana, ma mettiamo noi la parola fine al loro con la consapevolezza e la determinazione che merita.
Dialogo: “Di fronte ad una crisi, che si esprime poi nella realtà come disoccupazione, lo Stato può agire in due modi essenziali, ovvero o ridurre le tasse, o aumentare gli investimenti pubblici: in ogni caso può sempre riassorbire la disoccupazione e dunque attuare pienamente la Costituzione Italiana che aveva l’obiettivo della piena occupazione”
Il professore canadese: “In tempi di crisi, lo stato democratico deve essere in grado di spendere dei soldi per far fronte ai propri obblighi nei confronti dei suoi cittadini. Il sistema sarà continuamente afflitto da crisi e probabilmente crollerà a nel lungo termine”
Fonte: http://bottegapartigiana.org/
Come eliminare la piaga economica, civile e sociale della disoccupazione di massa. Come creare un nuovo modello di coesione sociale nel quale l’energia dello Stato sia posta al servizio delle persone. Come realizzare una società migliore, basata su azioni di cooperazione e collaborazione, in cui vi siano prosperità e benessere a favore di tutti. Questa è una sintesi dell’intervista che l’economista statunitense Warren Mosler ha deciso di concedere in occasione del Festival Culturale per la Cooperazione “Officina Futuro” svoltosi a Milano il 29-30-31 gennaio 2015 e per il quale egli ha inviato un messaggio di saluto. Warren Mosler è l’ideatore della Mosler Economics Modern Money Theory (MEMMT), o Teoria della Moneta Moderna, una scuola economica che si pone all’avanguardia nell’àmbito degli studi accademici di economia.
SALUTO DI WARREN MOSLER PER IL FESTIVAL CULTURALE DELLA COOPERAZIONE
Warren Mosler: Io personalmente, e a nome delle migliaia di attivisti e sostenitori che operano per la Teoria della Moneta Moderna in tutta Italia, voglio porgervi il benvenuto a questo Festival di speranza e di ispirazione. La Teoria della Moneta Moderna vi offre la possibilità di capire l’economia e di comprendere quanto la piena occupazione in un’economia che tenga principalmente in conto il valore della vita umana sia una condizione naturale e ottenibile immediatamente. La tragedia umana, economica che sta subendo l’Italia in questo periodo non è affatto una condizione naturale bensì un vergognoso abominio direttamente provocato da una serie di atti politici che possono a giusto titolo essere definiti crimini contro l’umanità.
IL RUOLO DELLA SOCIETÀ CIVILE
Francesco Chini: Warren, cosa pensi che la società civile possa fare per poter superare questa situazione di crisi economica e sociale che stiamo vivendo?
WM: Superare l’odierna situazione di crisi è possibile, basterebbe semplicemente attuare una politica di espansione del deficit pubblico al fine o di ridurre le tasse o di incrementare il livello degli investimenti effettuati dallo Stato nell’àmbito dei servizi pubblici oppure di promuovere un abbinamento di questi due obiettivi insieme di modo tale da riuscire a ripristinare quelle condizioni e di piena occupazione e di prosperità che erano già state conosciute dall’Italia in passato. Si tratta di traguardi molto facili da raggiungere in realtà, visto che sarebbe sufficiente che il Parlamento votasse in favore di una politica fiscale espansiva. La difficoltà, però, consiste nell’arrivare alla comprensione che il passo giusto da compiere è questo, che i suoi effetti saranno quelli promessi e che tutto funzionerà come previsto.
COSA POSSONO FARE I VOLONTARI INSIEME AI POLITICI
FC: Secondo te i volontari e le associazioni che operano nell’àmbito della società civile cosa possono e devono chiedere a un determinato politico e, in generale, alla classe politica?
WM: Bisogna che i politici esaminino più da vicino la Teoria della Moneta Moderna e magari s’incontrino con gli attivisti per capire come funziona l’economia, quale sia la causa reale della disoccupazione e cosa sia possibile fare per porre termine al fenomeno della disoccupazione e ripristinare la prosperità per tutti gli esseri umani. È completamente innaturale che persone, che sarebbero capaci e disponibili a lavorare, siano costrette ai margini della società poiché a loro è impedito di contribuire all’economia e al benessere della società. Si tratta di una situazione creata artatamente per mezzo di politiche sbagliate e pertanto è importante che la gente comprenda che bisogna votare per dei legislatori che capiscano che cosa fare e, in particolar modo, qual’è il passo avanti da fare onde invertire l’attuale stato di cose il prima possibile.
COSA POSSONO FARE I POLITICI
FC: Che cosa i politici possono fare e cosa devono migliorare?
WM: I politici devono capire che cosa significhi il denaro, che si tratti di euro, di lire, di dollari, di yen, come funziona la politica monetaria, che cosa succede operativamente quando lo Stato spende e quando lo Stato tassa e quindi che cosa avviene quando la spesa pubblica è più elevata rispetto al gettito fiscale, che cosa genera i depositi bancari e da dove deriva la disoccupazione. Una volta compreso tutto questo, allora è possibile intraprendere passi semplici che invertano la situazione attuale completamente.
SCONFIGGERE LA DISOCCUPAZIONE È POSSIBILE
FC: A tuo parere come mai è così difficile, non solo per i politici ma anche per la società civile in termini più generali, comprendere che si possa e si debba superare definitivamente la piaga economica, civile e sociale della disoccupazione di massa?
WM: Analizzando con attenzione il piano di studi che correntemente è insegnato in tutti i gradi d’istruzione si scopre come esso si basi integralmente sul periodo in cui vigeva il sistema aureo, ossia quando l’obiettivo principale dell’intera economia non era di ottenere prosperità per tutti bensì consisteva nell’accumulare oro a favore dello Stato indipendentemente dai costi sociali che gravavano sulla popolazione a causa di tale sistema. In altre parole tutta la politica economica, a prescindere dall’onere che questa costava ai cittadini, era elaborata e giudicata in base a quanto più oro riuscisse a venire accumulato a favore dello Stato. Sebbene il sistema aureo non esista più nei fatti da quasi un centinaio di anni, i piani di studi e le politiche pensate nell’ottica di quel periodo economico continuano a sussistere. Non è ancora avvenuto, cioè, quel cambio di forma mentis indispensabile per comprendere come oggi l’economia possa servire a migliorare la vita delle persone e non ad accondiscendere alle richieste che gli Stati fanno come se dovessero accumulare sempre più oro. Richieste che oggi sono completamente prive di senso, visto che attualmente non siamo più nella necessità di dover accumulare oro.
L’EUROZONA COME CAUSA DI RIVOLTE SOCIALI
FC: Cosa pensi della struttura economica e politica dell’eurozona? Questo tipo di organizzazione è in grado di aiutarci a superare la crisi oppure non?
WM: Non è in grado. Anzi, io ritengo che questo tipo di organizzazione peggiori la crisi. E, man mano che si va avanti, la situazione peggiorerà sempre di più. Prendiamo come esempio questa politica di Quantitative Easing che serve per assicurarsi sia che gli Stati non dichiarino default e che i tassi d’interesse si mantengano bassi sia nel contempo che l’economia rimanga stagnante e la disoccupazione resti elevata. In altre parole siamo sull’orlo di sommosse e rivolte sociali poiché gli europei vengono sospinti sempre di più verso la disperazione! Così, se in teoria Bruxelles può mostrare di aver ottenuto dei numeri positivi su un bilancio, all’atto pratico si tratta invece di un crimine contro l’umanità! Ciò che lì si sta perpetrando è un disastro, una catastrofe. E non vedo cambiamenti positivi.
IL QUANTITATIVE EASING PEGGIORERÀ LA SITUAZIONE
FC: Qual’è la tua opinione sulle recenti dichiarazioni, rilasciate dal governatore della Banca Centrale Europea Mario Draghi, riguardanti l’avvio di un programma europeo di Quantitative Easing?
WM: Si tratta di un atto sedizioso, sia nel caso in cui Draghi stia deliberatamente cercando di danneggiare l’eurozona, sia qualora egli probabilmente non si renda di fatto conto di come davvero funzioni la politica monetaria. Gli do il beneficio del dubbio. Quando una banca centrale s’impegna nell’acquisto di titoli, che siano Btp o Cct, tale acquisto è né più né meno che un deposito in euro presso questa banca centrale. Quando si acquista un Cct, ad esempio, invece che tenersi degli euro su un conto bancario commerciale si hanno degli euro su un conto presso la banca centrale chiamato Cct. Si ricevono degli interessi ed è possibile riottenere il denaro depositato come fosse un qualsiasi altro processo bancario. Quando le banche centrali acquistano i tuoi Cct, e quindi ti pagano in euro, succede che il processo appena descritto s’inverte. Invece di avere un deposito chiamato Cct presso la banca centrale, ti viene restituito il deposito che avevi originariamente. Perciò il Quantitative Easing non fa altro che trasferire degli euro da un conto bancario, che si chiama Cct, a un altro conto bancario che si chiama semplicemente conto bancario commerciale. Non cambia alcunché. Eccezion fatta che il tasso d’interesse sui Cct, o sui Btp, che è di una certa entità, viene perso in quanto non si riceve più.
Di conseguenza questa politica di acquisto di titoli toglie il reddito da interesse dall’economia. Non molto, ma un po’ di soldi li rimuove. In più c’è anche il problema dei pagamenti degli interessi da parte degli Stati: se questi soldi potessero essere spesi altrove allora andrebbe tutto bene. Invece no! Difatti si richiede che questi soldi vengano usati per abbassare il deficit pubblico e così i pagamenti effettuati dal settore pubblico verso il settore privato semplicemente si riducono. Pertanto, il settore privato riceve meno pagamenti a livello di interesse e dunque si possono effettuare meno spese, ci sono meno introiti, meno fatturato e meno posti di lavoro da offrire. Insomma, con tutti questi fattori che vengono a ridursi, si può concludere che tale politica non faccia altro che peggiorare le cose.
IL QUANTITATIVE EASING È UN’ULTERIORE TASSA
FC: Quindi stai in pratica affermando che il Quantitative Easing sia una tassa imposta sul settore bancario commerciale?
WM: È imposta sull’intera economia poiché l’intera economia perde introiti da interesse a vantaggio delle banche centrali. Le banche centrali acquistano titoli di Stato i quali equivalgono a depositi che rendono un interesse e così queste di fatto stanno guadagnando tale interesse, pagato dai governi tra l’altro. Questi interessi vengono di fatto sottratti al settore privato. E dunque succede che le entrate per interessi, guadagnati dalle banche centrali, salgono e alla fine le banche centrali – che dovrebbero far ritornare questo denaro ai governi – semplicemente non lo fanno. Perciò esse ricevono denaro che poi non viene però più speso. Di conseguenza si riduce la spesa totale sui beni e i servizi nell’economia, ed per questo che si tratta proprio di una tassa come dicevi tu. Le tasse rimuovono denaro dall’economia parimenti a come il Quantitative Easing porta via denaro all’intera economia. E così questo denaro non è più spendibile. Pertanto, in ultima analisi, si può concludere che il Quantitative Easing funzioni esattamente come una tassa.
GLI EFFETTI DEL QUANTITATIVE EASING SULLE PROSPETTIVE ECONOMICHE
FC: Secondo te quale può essere l’effetto del Quantitative Easing europeo sull’accesso al credito, sulla concessioni di prestiti e sulla possibilità di ottenere nuovi mutui?
WM: La maggior parte, delle opportunità di ottenere dei prestiti, si basa sulla possibilità: tu chiedi un prestito perché hai un fatturato in espansione, perché lavori di più, perché hai nuovi prodotti e quindi perché hai più possibilità di fare utili. Possibilità significa, dunque, la possibilità di vendere qualcosa. In altre parole, l’economia moderna si basa per l’appunto sulle vendite: se le vendite aumentano ci sono più posti di lavoro e ci sono maggiori possibilità di avere accesso a prestiti e mutui. Quando invece togli denaro dall’economia, come avviene con il Quantitative Easing, le vendite non salgono e anzi rimangono stagnanti. Sicché le prospettive di investire e di conseguire maggiori vendite di beni e servizi si riducono. Perciò, sebbene i tassi d’interesse si abbassino, i fatturati che sono necessari per poter guidare le possibilità d’investimento non ci sono più e così gli investimenti di fatto si abbassano.
ALEXIS TSIPRAS E IL PAREGGIO DI BILANCIO
FC: Che cosa pensi delle dichiarazioni espresse dal politico greco Alexis Tsipras in merito alla necessità di pareggiare il bilancio preventivo onde poter essere più forti politicamente in Europa?
WM: Ciò non dà speranza alle persone che devono vivere lì. Certo, la realtà in Europa potrebbe anche essere che si guadagni forza politica cercando di pareggiare il bilancio preventivo, ma questo a scapito dello standard di vita di tutti coloro che vivono nel Paese. Allora, che tipo di sistema vogliamo introdurre in un Paese se con questo sistema di pareggio sui conti pubblici s’impoverisce la popolazione? Che senso ha tutto questo? Ancora una volta ci ritroviamo di fronte a una tragedia e a un grave crimine umanitario perpetrato contro tutti gli europei.
LE RICHIESTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA ALL’ITALIA
FC: Qual è la tua opinione sulle richieste, recentemente espresse dalla Commissione Europea nei confronti dell’Italia, di abbassare ulteriormente il deficit pubblico onde conseguire una situazione di budget strutturale migliore?
WM: La domanda che uno si deve porre è: perché? Noi sappiamo benissimo che, quando si riduce la spesa pubblica e si aumentano le tasse, allora la disoccupazione sale, l’economia peggiora, la miseria aumenta e pertanto ci si ritrova davanti a un crimine ancora più grave contro l’umanità! Perché? Perché fare una cosa di questo genere? Qui o si è erroneamente guidati, e quindi siamo di fronte a crassa ignoranza pura e semplice, oppure è sedizione e qualcuno sta deliberatamente cercando di distruggere l’Italia. Si può lasciare il beneficio del dubbio anche in questo caso, in quanto è possibile che sia enorme ignoranza, ma per quanto mi riguarda di sicuro non avrei alcunché da obiettare nei confronti di qualcuno che sostenga che si tratti di atti sediziosi. A questo punto ciò che sta accadendo ha tutta l’aria di una sedizione, anche alla luce del fatto che oggi sono disponibili sufficienti conoscenze di come l’economia funzioni e vi è un sufficiente numero di modelli econometrici utili a dimostrare cosa tali politiche economiche provochino alle condizioni di vita di coloro che oggi risiedono in Italia.
LANCIARE UN ULTIMATUM ALL’UNIONE EUROPEA
FC: L’Italia unisce al proprio clima, generalmente temperato, tutta una serie di risorse uniche al mondo dal punto di vista artistico e culturale. Quale dovrebbe essere la prima cosa da fare onde proteggere e valorizzare tali sue caratteristiche peculiari?
WM: Ebbene, la prima cosa davvero da fare è togliere quelle catene che strangolano l’Italia ossia questi programmi di austerità imposti dall’Unione Europea, e ho proposto alcuni modi per farlo. Ad esempio una proposta da me elaborata è quella di sottoporre un ultimatum all’Unione Europea in cui si richieda alle istituzioni comunitarie questo: avete trenta giorni per rilassare il limite sul deficit pubblico dal tre per cento all’otto per cento altrimenti l’Italia se ne andrà e cercherà di portare autonomamente avanti ciò che in questo momento le viene impedito di fare. Allora, se l’Unione Europea vuole passare da un massimo di tre per cento di deficit a uno dell’otto per cento, l’Italia potrebbe espandere i servizi pubblici, ridurre le tasse e personalmente suggerisco di ridurre l’IVA possibilmente eliminandola del tutto.
In questo modo il tasso di disoccupazione passerebbe dal tredici e passa per cento di oggi al sei-sette per cento, e avreste una società dove si potrebbe sperare in una prosperità maggiore e in cui vivere meglio. Qualora l’Unione Europea rifiutasse, l’Italia dovrebbe dunque decidere se rimanere nell’Eurozona, e continuare a patirne le conseguenze finché siffatte politiche non vengano cambiate, oppure se magari ritornare a usare la lira e in tale caso si tratterebbe in realtà di un processo molto facile da attuare visto che sarebbe sufficiente diramare un comunicato governativo nel quale si comunichi che si ritorna a pagare le tasse e a spendere in lire senza bisogno di implementare alcuna conversione forzosa. Semplicemente, la politica fiscale verrà calcolata in lire. Così sarebbe già possibile ripristinare una certa prosperità. Il rischio di ritornare alla lira è che, se a quel punto vi ritrovaste con il medesimo tipo di leadership politica che c’è ora con l’euro, tale leadership potrebbe scelleratamente riconfermare i precedenti annunci effettuati riguardo al bilancio preventivo e quindi invece di passare dal tre all’otto per cento di deficit vi ritrovereste a passare dal tre allo zero per cento. In un simile caso, passereste dalla padella nella brace e la situazione economica italiana diverrebbe persino peggiore dell’attuale. Riassumendo: bisogna capire se dare questo ultimatum all’Unione Europea onde passare dal tre all’otto per cento di deficit, con però un caveat ossia che per ritornare alla lira ci si deve assicurare di poter disporre di deficit quantomeno del sei-sette per cento altrimenti la situazione continuerebbe a peggiorare e tutto sarebbe stato fatto per nulla.
I PROGRAMMI LAVORATIVI DI TRANSIZIONE COME SOLUZIONE ALLA DISOCCUPAZIONE
FC: Quali modi sarebbe possibile trovare affinché un’amministrazione locale sia in grado di realizzare un programma lavorativo di transizione e così superare la piaga della disoccupazione endemica?
WM: Anzitutto mi si permetta di spiegare quale sia il processo che guida la disoccupazione verso l’alto o verso il basso e quale sia la modalità migliore per ridurre la disoccupazione (che come tu suggerivi potrebbe consistere in un’offerta lavorativa di transizione). Se l’Unione Europea dovesse permettere all’Italia di aumentare il deficit pubblico all’otto per cento in rapporto al PIL oppure se l’Italia lasciasse l’euro, ritornasse alla lira ed effettuasse in autonomia un aumento del deficit pubblico all’otto per cento, allora il settore privato ritornerebbe immediatamente alla prosperità. I fatturati aumenterebbero e gli imprenditori avrebbero bisogno di assumere gente. A quel punto il problema consisterebbe nel fatto che a nessuno piace assumere persone che siano state disoccupate da troppo tempo e per questo motivo è assolutamente essenziale fornire un’attività di transizione ai disoccupati – i quali sono per definizione ovviamente parte del settore pubblico, visto che se sei disoccupato di sicuro non fai parte del settore privato – al fine di attuare una transizione dalla disoccupazione all’occupazione attraverso un programma lavorativo ideato a tale scopo e tenendo inoltre conto che in una simile situazione anche il settore privato mostrerebbe un atteggiamento di maggiore disponibilità nell’assumere persone.
Sicché, il modo per far questo è che il settore pubblico offra un’attività lavorativa di transizione con un pagamento, ossia uno stipendio, che sia solo leggermente al di sotto (cioè quasi in linea) con il salario minimo del settore privato. Per mantenere facili i calcoli, poniamo che tale stipendio sia di dieci euro l’ora (o di dieci lire l’ora, nel caso di ritorno alla lira con conversione iniziale di un euro per una lira). A tutti coloro che siano disponibili e abbiano voglia di lavorare viene così offerta un’attività lavorativa finanziata dal settore pubblico e pagata dieci euro (o dieci lire) l’ora. Pertanto ciò che si verificherà è che chi era in precedenza disoccupato, e accetterà un lavoro di transizione, potrà così essere identificato e assunto dal settore privato realizzando quindi proprio quella transizione da disoccupazione a occupazione nel settore privato di cui parlavo poc’anzi. In altre parole stiamo praticamente riplasmando quella che è la situazione del cosiddetto“serbatoio”, o “riserva-cuscinetto”, contiguo al mercato del lavoro che Karl Marx chiamava “esercito industriale di riserva” ossia una moltitudine di disoccupati che potrebbe essere impiegata nel settore privato ma che il settore privato tende a non voler assumere. A causa di ciò, quando il ciclo economico cambia e si esce dalla contrazione ritornando a essere in espansione, è probabile che si verifichino tutta una serie di problemi e conflitti sociali che possono ingenerare pressioni inflazionistiche ben prima che il mercato del lavoro riesca a trarre vantaggio dalla nuova situazione economica e dunque che la disoccupazione possa ridursi conseguentemente.
In ogni caso, permettere volontariamente l’accesso a un programma lavorativo di transizione a tutti coloro che siano disponibili e abbiano voglia di lavorare rende estremamente più semplice per il settore privato l’assunzione di persone in quanto diviene sufficiente pagarle di più, ad esempio dodici euro l’ora, onde traghettarle via dai programmi lavorativi di transizione e inserirle in un settore privato di nuovo economicamente in espansione. Questo è stato provato negli ultimi venti anni in varie parti del mondo, ottenendo in maniera sistematica esclusivamente successi, e per tale motivo si può affermare che siffatta soluzione si sia dimostrata efficace oltre ogni ragionevole dubbio. In sintesi, primo: il limite sul deficit va innalzato dal tre per cento all’otto per cento; secondo: fornire a chiunque sia disponibile e abbia voglia di lavorare l’accesso a un programma lavorativo di transizione, finanziato dal settore pubblico, onde aiutare la transizione dalla disoccupazione all’occupazione nel settore privato.
IL DIRITTO ALLA PROSSIMITÀ DEL LAVORO
FC: Hai mai sentito parlare della legge indiana intitolata al Mahatma Gandhi sul lavoro garantito rurale, ossia il “Mahatma Gandhi National Rural Employment Guarantee Act”? Uno tra i provvedimenti che mi ha sorpreso previsto da questa legge è che a coloro, che possono aver accesso a questo tipo di programma lavorativo di transizione, viene assicurato il diritto alla prossimità del lavoro. In altre parole, il governo s’impegna a dare lavoro agli aderenti a tale programma entro cinque chilometri dal loro luogo di residenza. Che cosa pensi del diritto alla prossimità del lavoro e di una simile soluzione?
WM: Direi che ha senso. Ha senso in Italia, come ha senso in India con l’ampiezza delle regioni che compongono l’India per l’appunto. In Italia si potrebbe fare in una maniera leggermente diversa, vi è tutta una serie di proposte da questo punto di vista, alcune migliori e alcune peggiori, ma nessuna totalmente negativa. Ad esempio, ciò che io ho proposto per gli Stati Uniti d’America potrebbe essere valido anche per l’Italia, ossia dare la possibilità alle amministrazioni locali e regionali – o statali, come le chiamiamo noi negli Stati Uniti – di assumere, in un programma lavorativo di transizione finanziato dal governo centrale, le persone a questo minimo salariale di dieci euro (o dieci lire) l’ora di cui abbiamo in precedenza discusso. A condizione che gli stipendi non superino tale minimo salariale, si deve porre le amministrazioni nelle condizioni di poter assumere il numero più alto possibile di persone per questi lavori di transizione. Non sono previsti trattamenti particolari e non ci si deve aspettare un aumento di stipendio visto che si dovrebbe trattare di una occupazione di transizione senza una permanenza di lunga durata, al massimo uno o due anni, in quanto sarà in futuro il settore privato ad attingere da tale serbatoio le risorse umane semplicemente pagandole di più. In questo modo le persone sarebbero appunto in grado di trovare un posto di lavoro vicino a casa.
Una volta fatto questo, qualora vi fossero ancora persone alla ricerca di una occupazione, vi è la possibilità di coinvolgere anche determinate associazioni senza scopo di lucro. Negli Stati Uniti vi sono organizzazione non-profit (così come ve ne sono in Italia) nelle quali è possibile fare attività di volontariato, ad esempio la Croce Rossa. Si potrebbe quindi far sì che tali organizzazioni siano parte attiva di un programma lavorativo di transizione e ritengo che tra queste tre entità, ossia regioni, città e mondo dell’associazionismo, chiunque sia in cerca di un’occupazione possa venire assunto risultando così potenzialmente attrattivo per il settore privato poiché il settore privato sarà in espansione per via del fatto che l’economia si ritroverà in una situazione ottimale a livello di domanda aggregata.
PROGRAMMI LAVORATIVI DI TRANSIZIONE E ASSOCIAZIONI DEL TERZO SETTORE
FC: Quale parte, nell’ambito di questo programmi lavorativi di transizione, possono avere le associazioni del terzo settore?
WM: Attraverso un programma finanziato dallo Stato, le associazioni del terzo settore potrebbero appunto assumere le persone in cerca d’impiego e pagarle dieci euro (o dieci lire) l’ora. In altre parole, non è necessario avere vasti programmi, centralizzati a livello nazionale, di assunzione per queste persone bensì è più opportuno che le amministrazioni regionali, le autorità cittadine e le organizzazioni non governative siano finanziate dallo Stato affinché esse stesse assumano le persone in lavori di transizione. Se, per far assumere persone in un programma lavorativo di transizione, si finanziano le amministrazioni regionali, le autorità cittadine e le organizzazioni non governative che già esistono, si evita di creare ulteriore burocrazia. Nel corso del tempo, e con la ripresa dell’economia, queste persone verranno riassorbite in impieghi normali nel settore privato.
IL RUOLO DELLO STATO NELL’AIUTARE L’ASSOCIAZIONISMO
FC: Ad esempio, le associazioni ecologiste potrebbero avere un ruolo nell’ambito dei programmi lavorativi di transizione attraverso il finanziamento pubblico di attività quali la pulitura delle spiagge oppure dedicandosi alla risoluzione di problemi ecologici come già prospettato nella proposta di “green job” elaborata dal tuo collega Mathew Forstater.
WM: Sì. Devono ovviamente essere organizzazioni non governative, senza scopo di lucro e ufficialmente riconosciute, che promuovano programmi di pubblica utilità e vanno poste in condizione di poter effettuare assunzioni a questo minimo salariale di 10 euro (o 10 lire) l’ora finanziato dallo Stato. In questo caso si tratterebbe però di assunzioni a tempo, per così dire, in quanto al settore privato basterebbe offrire buste paga più alte per attrarre questi lavoratori verso di sé. Per cui, se si vuole che tali organizzazioni dispongano di uno staff adeguato in modo permanente, il sistema migliore sarebbe di fare queste assunzione attraverso la normale procedura utilizzata per reclutare i lavoratori da impiegare nel settore pubblico ossia con dei concorsi specifici atti allo scopo. Utilizzare degli impieghi di transizione per aiutare l’opera di queste organizzazioni sarebbe comunque utile, sia per le organizzazioni stesse che per i lavoratori. I lavori di transizione non vanno però utilizzati come sostituti dei normali impieghi del settore pubblico. Non si vuole cioè rimpiazzare la polizia con gente che guadagni 10 euro l’ora, ad esempio. Il settore pubblico deve invece essere propriamente messo in condizione di disporre di tutte le risorse, e in particolare di tutte le risorse umane, necessarie a perseguire l’interesse generale nella maniera migliore possibile.
LA TUTELA DEI BENI CULTURALI E DELLE INFRASTRUTTURE PUBBLICHE
FC: In Italia vi sono importanti problemi causati dalla carenza di risorse umane impiegate nel settore pubblico. Ad esempio vi sono enormi difficoltà per quanto riguarda la tutela del nostro patrimonio artistico da parte dello Stato. Questi programmi lavorativi di transizione possono risultare utili e servire anche alla tutela del nostro patrimonio storico e artistico?
WM: Non li userei per questo scopo. Invece, in questo caso, bisogna molto più semplicemente assicurarsi che tutti i dipartimenti e i settori che si occupano di effettuare la manutenzione di queste infrastrutture pubbliche siano sempre forniti in modo permanente di tutte le risorse anche umane che servono per ottemperare a questo tipo di attività. In altre parole, è sufficiente programmare una corretta allocazione delle risorse pubbliche così come ad esempio avviene per finanziare il funzionamento dell’apparato militare e del sistema giudiziario. Si può così disporre di un ministero, o di un dipartimento, che sia adeguatamente finanziato e a cui sia assegnato tutto il personale necessario alla tutela del beni culturali. Prendiamo come esempio L’Aquila. Si tratta di una città che va completamente ricostruita. Per fare ciò sono indispensabili finanziamenti e personale specializzato. I lavori di transizione non sono indicati, invece in questo caso ci vuole del personale composto da professionisti che vi si dedichino a tempo pieno.
LO STATO COME STRUMENTO DI COOPERAZIONE
FC: Quale può essere il ruolo della cooperazione e della collaborazione tra cittadini, associazioni e società civile nel risolvere la crisi?
WM: Esiste una metafora che riguarda lo Stato o, meglio, un modo per definire lo Stato come quell’organismo nato apposta per svolgere azioni di cooperazione e di collaborazione. Che si parli di pubblica amministrazione a livello locale oppure nazionale, ci deve essere uno sforzo di collaborazione e partecipazione che investa l’intera società. Si tratta di quell’impegno cooperativo su cui la nostra società si fonda, e pertanto è necessario incentivare maggiormente la collaborazione e la partecipazione delle persone in maniera che si accresca la loro conoscenza e consapevolezza dei temi di interesse generale e delle posizioni espresse da ciascun candidato politico e che possano essere poste nelle condizioni migliori per prendere delle decisioni con cognizione di causa.
MIGLIORARE IL SETTORE PUBBLICO
FC: Perché la funzione degli Stati viene così stigmatizzata oggi?
WM: Diciamo che io stesso parlo male degli Stati, stigmatizzo tutta una serie di aspetti che non vanno. Si tratta di un processo in evoluzione in quanto gli Stati sono necessari, altrimenti ritorneremmo in una società come ad esempio quella somala, dove non esiste un organismo centrale delegato a mantenere l’ordine e che permetta alla gente di rendersi produttiva senza aver paura di subire atti di violenza. Lo Stato serve a organizzare le forze di pubblica sicurezza e di difesa, i trasporti e l’istruzione. Pensiamo anche alla sanità pubblica, ad esempio. Questi servizi sono indispensabili, non si può farne a meno. Ritengo che il meglio che si possa fare è cercare di agire in modo da essere più partecipativi in tutti i processi organizzativi e in tutti gli àmbiti della gestione della cosa pubblica affinché con l’assennatezza e attraverso l’implementazione di incentivi a tutti i livelli sia possibile ottenere che il buon senso e l’interesse generale divengano le forze alla guida del settore pubblico. Mi rendo ben conto che non sia un obiettivo facile da conseguire. È un traguardo che non solo è difficile da raggiungere al giorno d’oggi bensì è da millenni che si rivela essere un’impresa ardua, quindi probabilmente dovremo persistere a combattere per migliorare la situazione ancora per lungo tempo.
IL RUOLO DEGLI ATTIVISTI DELLA TEORIA DELLA MONETA MODERNA
FC: Quale pensi che sia il ruolo degli attivisti della Teoria della Moneta Moderna e, in particolare, quale pensi sia lo scopo principale che gli attivisti debbano porsi ora?
WM: Il ruolo della Teoria della Moneta Moderna è duplice. Anzitutto, espletare un servizio d’informazione. Per cui, attraverso la partecipazione ai gruppi della Teoria della Moneta Moderna, è possibile prima capire come l’economia funzioni e poi diffondere a proprio volta questo conoscenza ad altre persone. È una verità autoevidente che il processo di conoscenza proceda sempre in una sola direzione, ossia verso l’incremento della consapevolezza, senza mai tornare indietro. Una volta che si è compreso, che è impossibile che un governo possa operativamente rimanere senza soldi, non si torna indietro. Non si ritorna più a pensare come prima, cioè se passano due settimane, o un mese, non si ritorna più sui propri passi.
Quando si capisce che il deficit pubblico è il risparmio privato, ad esempio, non è che passato un mese si ritorni a credere che non lo sia, anche alla luce del fatto che noi forniamo un punto di vista sufficientemente profondo su questi temi e in modo particolare sul reale funzionamento dell’economia. Poi si può spargere la voce, e ad amici e a parenti e alla propria famiglia, cosicché sia possibile valutare, attraverso quelle conoscenze di economia che noi diamo, ogni candidato a incarichi di pubblica responsabilità sotto una nuova prospettiva. E, sulla base di queste nuove informazioni, capire quali siano – e quali non siano – i candidati che sono i più adatti a plasmare la società in cui noi avremmo piacere a vivere. E quindi sostenere i candidati che siano in grado di organizzare il settore pubblico al meglio nella maniera che noi vorremmo.
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Warren Mosler è l’economista statunitense ideatore della Mosler Economics Modern Money Theory (MEMMT), o Teoria della Moneta Moderna, ed è fondatore del Centro per il Pieno Impiego e la Stabilità dei Prezzi che ha sede presso l’Università del Missouri-Kansas City. È stato invitato dalle Università di Bergamo e di Trento in qualità di Visiting Professor per prossimi mesi di aprile e maggio. Nel gennaio 2015 Stephanie Kelton, allieva e pupilla di Warren Mosler, ha assunto l’incarico di economista capo per la commissione bilancio del Senato USA.
Francesco Chini è coordinatore del gruppo territoriale MEMMT della Lombardia e sostiene il progetto “Officina Futuro” di Bottega Partigiana.
Un ringraziamento speciale a:
Emiliano Galati e Cecilia Aventaggiato di “Economia per i Cittadini” e a Paolo Maria Noseda.
Le future generazioni ci ringrazieranno perché gli abbiamo lasciato un debito pubblico più basso oppure ci malediranno per non essere stati capaci di lasciargli neanche le infrastrutture e le ricchezze reali che le precedenti generazioni avevano costruito e conservato per noi?

Pubblichiamo le precisazioni di Warren Mosler della Mosler Economics Modern Money Theory in merito all’articolo “Caro Mosler, non si può fare“. Di seguito l’articolo integrale con le aggiunte scritte da Mosler e tradotte da Daniele Della Bona, in neretto rosso e anticipato dalla sigla WM.
Si ricorda il precedente intervento di Mosler nell’articolo “Bravo Di Maio: se torniamo alla lira possiamo tenere i risparmi in euro”
Warren Mosler ha risposto al nostro articolo sulla proposta avanzata da Luigi Di Maio (M5S) di uscire dall’euro lasciando i risparmi degli italiani denominati in euro.
Mosler spiega che:
[la] mia proposta era quella di non ridenominare niente nel bilancio della banca, lasciando prestiti e depositi come sono attualmente, ossia principalmente in euro ma anche alcuni in dollari. In questo modo la banca resta ‘in equilibrio’ rispetto a rischi di tipo valutario.
La nostra obiezione su tale proposta era la seguente:
Così facendo il problema si sposta sui mutuatari: essi infatti percepiranno i loro redditi (stipendi, salari, redditi da lavoro autonomo) in lire, mentre dovranno pagare il mutuo in euro. Una situazione del genere, ma di dimensioni modeste, si produsse nel 1992 quando la lira uscì dallo SME e mise in difficoltà chi aveva mutui in ECU. In questo caso però riguarderebbe la generalità dei mutuatari e non solo una minoranza, con effetti potenzialmente molto gravi sui bilanci di milioni di famiglie.
A tale proposito Mosler risponde:
Sono d’accordo. Quelli che hanno un mutuo dovrebbero essere incoraggiati a convertire i loro debiti in euro con debiti in lire (al tasso di cambio corrente). Il governo lavorerà con le sue banche nazionali per garantire che ciò avvenga in modo ordinato.
Ma ovviamente chi ha debiti in euro ha già tutto l’interesse a convertirli in lire, visto che ipotizziamo che percepisca redditi in lire. Non ha bisogno di alcun incentivo per farlo. Il problema si pone per la banca, la quale non avrebbe alcun obbligo ad accettare tale conversione e anzi avrebbe tutta la convenienza a non farlo, perché stiamo contemporaneamente ipotizzando che le sue passività – i depositi – rimangano in euro. Pertanto nessuna banca, se non obbligata per legge, accetterebbe tale conversione, perché non potrebbe più garantire l’equilibrio che richiama lo stesso Mosler.
WM: Per favore non è ciò che ho detto: “al tasso di cambio corrente” sopra.
Ciò significa che la banca agisce solo come agente, facendo incontrare coloro che hanno un mutuo con coloro che sul mercato vogliono andare nell’altra direzione, come viene evidenziato “sul mercato” dove c’è un prezzo più alto a cui qualcuno è disposto ad acquistare (“bid ”) e uno più basso a cui qualcuno è disposto a vendere (“offer”). E, allo stesso tempo, come descritto in precedenza, ci sarà un “eccesso di compratori” di lire se i depositi non verranno “convertiti” per decreto. Ciò significa che la Banca d’Italia potrà tenere la lira stabile offrendosi di acquistare euro e vendere lire al prezzo di mercato corrente, aiutando così coloro che desiderano convertire il loro debito da euro a lire allo stesso prezzo di mercato corrente. La banca stessa, per evitare rischi, ha dei manager addetti alla gestione delle passività che lavorano per assicurare che le passività siano denominate nella stessa valuta delle attività, ciò include per esempio swaps valutari necessari ad eliminare esposizioni di tipo valutario.
Please not that I stated: (at current exchange rates) above. This means the bank acts only as agent, matching the mortgage holder with market participants already wishing to go the other way, as evidenced by ‘the market’ which is a ‘bid’ as well as an ‘offer’. And at the same time, as previously described, there will be ‘excess buyers’ of lira if no deposits are ‘converted’ by decree. This means the Bank of Italy can keep the lira stable by offering to buy euro and sell lira at current prices, thereby facilitating those desiring to convert their euro debt to lira debt at the same current market price. The bank itself, to remain risk neutral, has liability managers who work to insure their liabilities are in the same currency as their assets, which includes cross currency swaps, for example, as needed to eliminate currency exposure.
Da questa contraddizione non si esce.
Ma ciò che ci ha lasciati stupiti maggiormente della risposta di Mosler è altro.
Scrive Mosler:
Bpt e Cct non sono niente più che depositi in euro all’interno dell’Eurosistema. Io propongo di non convertire nemmeno quelli.
Ma i titoli di stato sono la stragrande maggioranza del debito pubblico. Questo significa che il debito pubblico italiano rimarrebbe denominato in euro. Il debito pubblico italiano è uno dei più grandi al mondo sia che lo si consideri in percentuale sul PIL (siamo oltre il 130%) sia che lo si consideri in termini assoluti (2168 miliardi di euro). Il governo si troverebbe quindi improvvisamente un enorme debito in valuta estera, non nella valuta che emette, debito che non potrebbe ripagare in alcun modo contando sulle proprie forze o su quelle del paese, perché può solo stampare lire e ottenere dalle tasse lire (a meno che non si voglia requisire i depositi ancora denominati in euro, con una patrimoniale che non avrebbe precedenti storici e manderebbe immediatamente al tappeto l’intera economia nazionale). In sostanza ci troveremmo in una situazione simile a quella dell’Argentina dopo la fine della parità col dollaro, che infatti dovette dichiarare default e ancora oggi è inseguita dai fondi avvoltoio. Con una differenza però: l’Argentina alla vigilia dello sganciamento aveva appena il 44% di debito/PIL, mentre noi già partiamo con più del 130%.
WM: Sì, ciò è vero. Ed è già la condizione attuale! Ulteriori considerazioni comprendono: 1) L’Italia può “convertire” prontamente il suo debito in ogni momento con facilità nel momento in cui la lira sarà introdotta, con le stesse considerazioni legali e finanziarie. 2) Il “debito”/credito d’imposta in circolazione in lire sarà inizialmente pari a zero, e la volontà di avere “risparmi”/attività finanziarie denominate in lire sarà immediatamente alta. 3) La tendenza all’apprezzamento della valuta, dovuta a coloro che avendo depositi in euro venderanno euro per avere depositi in lire, permetterà all’Italia di acquistare euro e vendere lire al “prezzo di mercato corrente”; ciò genererà stabilità e consentirà di creare riserve in euro per l’Italia, che potranno essere utilizzate per ripagare le obbligazioni in euro dell’Italia.
Yes, that is true. And it is already the case! Further considerations include: 1. Italy can just as readily ‘convert’ its debt at any time just as easily as when the lira is introduced, with the same legal and financial considerations. 2. The initial lira ‘debt’/outstanding tax credits will be 0, and the desire for lira ‘savings’/financial assets will immediately be high 3. With the currency tending to appreciate due to some of those holding euro deposits sell them for euro deposits Italy can buy euro and sell lira at ‘current market’ prices which both provides stability and builds euro reserves for Italy that can then be used to pay down Italy’s euro obligations.
Peraltro in una situazione del genere verrebbe a mancare l’ipotesi base della MMT stessa, almeno per come è sempre stata spiegata, ovvero che lo stato emetta, spenda e si indebiti (con la banca centrale, cioè con se stesso) nella sua valuta. Se invece è indebitato pressoché totalmente in valuta estera, il governo diventa simile ad una famiglia indebitata e non gode più di una piena sovranità monetaria. E, lo ripetiamo, con un’aggravante rispetto ad oggi: ora il governo tassa in euro, quindi ottiene euro con cui rimborsare il debito, mentre dopo l’uscita dall’euro il governo stamperebbe lire e otterrebbe tasse in lire.
WM: Sì, ma nuovamente questa è la condizione che già oggi vive l’Italia. E dopo il primo anno, probabilmente, seguendo la precedente “politica di transizione”, il debito in euro sarà presumibilmente enormemente ridotto. E, in ogni caso, l’Italia può continuamente valutare la situazione a livello macro e fare degli aggiustamenti che siano adatti allo scopo pubblico, a cominciare dal sostenere la piena occupazione, una produzione ottimale e ottimizzare i termini reali di scambio.
yes, but again, that’s already the case for Italy. And after the first year, perhaps, following the above ‘transition policy’ the euro debt is likely to be greatly reduced, and in any case Italy can continuously evaluate the macro situation and make adjustments that suite public purpose, beginning with sustaining full employment, optimal output, and optimizing real terms of trade.
E no, non si potrebbe pensare di stampare lire per comprare euro perché questo svaluterebbe drammaticamente la lira (ad ogni scadenza dovremmo stampare miliardi di lire per comprare euro ai prezzi di mercato).
WM: Come descritto in precedenza, l’Italia acquisterebbe euro dai depositanti che vorranno venderli, vendendo lire a coloro che vorranno acquistarle; ciò “si adatterebbe” alla domanda come evidenziato dal fatto che l’Italia lascerebbe che la propria offerta di lire sia fissata in base alle richieste del mercato, piuttosto che vendere sul mercato, un po’ come Cina e Giappone hanno fatto quando per esempio hanno affrontato pressioni al rialzo sulla propria valuta.
***As previously described, Italy would be buying euro from depositors wishing to sell, and selling lira to depositors wishing to buy, which ‘accommodates’ demand as evidenced by Italy getting it’s offers of lira taken by the market, rather than ‘hitting bids’ in the market, much like China and Japan, for example, have done when faced with upward currency pressures.
Noi non citiamo mai l’iperinflazione dello Zimbabwe e della Repubblica di Weimar, ma questo è davvero il caso. Difatti una situazione del genere si presentò in Germania dopo la Prima Guerra Mondiale, quando il governo della Repubblica di Weimar, costretto a pagare i debiti di guerra, pensò bene di stampare marchi e comprare oro e valuta estera con cui pagare le riparazioni. Sappiamo cosa ciò comportò:
A partire nel mese di agosto 1921, la Germania cominciò ad acquistare valuta estera con i marchi a qualsiasi prezzo,
WM: Sì, questa è la differenza. Non avverrebbe a “qualsiasi prezzo” ma solamente al prezzo desiderato dall’Italia, che, per i primi mesi o più, sarebbe probabilmente – ma non necessariamente – approssimativamente 1:1 rispetto all’euro.
Yes, that’s the difference. This would not be ‘at any price’ but only at the price desired by Italy, which, for the first few months or more, would likely -but not necessarily- be approximately 1:1 with the euro.
ma ciò aumentò la velocità con cui il marco si svalutava. Più in basso il marco affondata sui cambi, più marchi erano necessari ad acquistare la valuta estera richiesta dalla Commissione delle riparazioni.
Durante la prima metà del 1922, il Marco si stabilizzò a circa 320 marchi per dollaro. Nel mentre, si svolgevano le conferenze internazionali sulle riparazioni, tra cui una nel giugno del 1922 organizzata dal banchiere statunitense JP Morgan, Jr. Quando questi incontri non produssero una soluzione praticabile, l’inflazione divenne iperinflazione e il Marco scese a 800 marchi per dollaro nel dicembre 1922. L’indice del costo della vita era 41 nel giugno del 1922 e 685 nel mese di dicembre, un aumento di 15 volte.
Nel gennaio 1923 le truppe francesi e belghe occuparono la Ruhr, la regione industriale della Germania nella valle dell’omonimo fiume, per garantire che le riparazioni fossero pagate in beni, come il carbone della Ruhr e di altre zone industriali della Germania. Poiché il Marco era praticamente inutile, era diventato impossibile per la Germania acquistare valuta estera o oro con marchi di carta. Invece, le riparazioni venivano pagate in beni. L’inflazione si aggravò quando i lavoratori della Ruhr andarono in sciopero generale, e il governo tedesco stampò più denaro per continuare a pagarli per “resistere passivamente.”
Nel novembre 1923, il dollaro americano valeva 4.210.500.000.000 marchi tedeschi.
WM: Sì, meglio non perdere una guerra e affrontare riparazioni per quella guerra…
yes, best not to lose a war and face war reparations…
La situazione eccezionale prodotta da quello scellerato comportamento è sottolineata anche da Randall Wray.
Scrive ancora Mosler:
Le banche rimarranno aperte fintanto che il governo fornirà liquidità (in lire), come farebbe nella mia proposta, e solo i depositi in lire saranno assicurati dal governo, cosa che darà anche un incentivo per convertire euro con lire.
Ma se solo i depositi in lire verranno assicurati, allora la cosa più razionale da fare per tutelare i propri risparmi in euro non sarebbe quella di convertirli in lire ma di spostarli su una banca di un paese euro, ad esempio la Germania, operazione che al giorno d’oggi può permettersi chiunque in breve tempo e a costi minimi.
WM: Sì, può avvenire, ma non è necessariamente un problema.
Yes, that can happen, but it’s not necessarily a problem.
Tale spostamento, che sarebbe senz’altro di grandi proporzioni, costituirebbe una fuga di capitali che deprezzerebbe la lira massicciamente,
WM: Perché causerebbe una svalutazione della lira? Non avviene alcuna vendita di lire quando si spostano depositi bancari da una banca a un’altra.
Why would that cause lira depreciation? There is no selling of lira involved in moving bank deposits from one bank to another?
mettendo ancora di più in difficoltà quanti percepiscono un reddito in lire, ma devono pagare il mutuo in euro.
In conclusione, l’ipotesi di mantenere mutui e depositi in euro dopo essere usciti dalla moneta unica è impraticabile.
WM: E concludo dicendo che la conversione è molto meno pratica, come la storia ha dimostrato ripetutamente.
And I conclude that converting is far more impractical, as history has shown repeatedly.
;)
“Spiego perché Di Maio ha ragione rispetto a Keynes Blog”: l’economista padre della Mmt risponde all’articolo che criticava il parlamentare del M5S il quale, durante la trasmissione 8 e 1/2, ha ripreso la sua proposta di non obbligare gli italiani a cambiare gli euro depositati nelle banche in lire, nel caso di ritorno alla valuta nazionale.