Prima del voto inglese media e organismi internazionali prevedevano un crollo dell’economia. Ma adesso tutti gli indicatori economici sono migliori rispetto a tre mesi fa. Eppure in Italia si sta assistendo allo stesso schema di terrorismo informativo, paventando scenari di crisi in caso di vittoria del “No” sul referendum costituzionale
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NOTA INTRODUTTIVA. L’autore dell’articolo vive a San Benedetto del Tronto, a poche decine di chilometri dai luoghi distrutti dal sisma del 24 agosto.
Non si può sempre piangere.
Non si può trascorrere una vita intera restando sempre in difesa, senza mai pensare ad attaccare.
Non si possono nemmeno ricordare questi morti, questi morti delle mie montagne, e tornare a strisciare con le lacrime agli occhi e via, è così, obbediremo ancora.
Non si può pensare che la solidarietà personale, cosa buona e giusta, risolva questi giganteschi problemi. Con l’acqua minerale e gli spaghetti si campa un giorno, non una vita.
Non si possono vedere crollare case, morire bambini, donne, uomini, anziani. Non si possono piangere vittime di terremoti, calamità naturali, assistere alla conta macabra, alle necessità di denaro (che “non c’è”), e restare poi impotenti.
Abbiamo ingegneri, architetti.
Abbiamo imprese di costruzioni, valenti manovali.
Abbiamo una tecnologia mai così avanzata nella storia dell’umanità.
Abbiamo ancora pezzi di Costituzione da brandire.
Abbiamo necessità di lavoro come abbiamo necessità di pane e acqua. Ne abbiamo una disponibilità immensa.
Abbiamo tutto ciò che serve per ricreare il mondo nella bellezza.
Abbiamo bisogno di una politica diversa. Una politica economica diversa, certo, ma a partire da una politica del cuore e della mente diversa.
Abbiamo bisogno di gridare in faccia l’orrore per chi, ora, verserà dal tavolo briciole offensive per i nostri morti, e per tutti i morti di tutte le disgrazie, e per tutti i vivi costretti scientificamente ad elemosinare frammenti di dignità.
Abbiamo bisogno – e lo faremo nel nome della nostra dignità di cittadini italiani, se così vorremo ancora sentirci ed essere considerati in futuro, quando altrimenti saremo maledetti per l’ignavia, la codardia e l’incapacità – di disobbedire a tutti coloro che impediranno il compimento in questa nostra Patria della Bellezza e della Giustizia, perché la Bellezza e la Giustizia nel mondo possono aversi solo se saremo capace di batterci qui, ora.
Sappiamo tutti, care amiche e cari amici, cosa si frappone tra noi e la Giustizia. Un potere enorme, ricco e intangibile ci ha privato, giorno per giorno, delle armi di difesa che avevamo ereditato dai nostri nonni, dai nostri padri. Con fatica ci hanno consentito di studiare, di capirli e di sapere. Ma non riusciamo ad agire, non con la compattezza necessaria.
Non è più il tempo. Non è più il tempo perché siamo stanchi di piangere.
Una vita trascorsa a difendersi, nella speranza di perdere con pochi gol di scarto, non vale la pena neanche di immaginarsela per un secondo di più.
Il lutto, la rabbia e la disperazione che ci hanno spaccato in mille pezzi i cuori per la perdita di tante vite innocenti nelle nostre montagne, ci chiedono di agire. Ora. Subito.
Personalmente, prometto di non arretrare di un solo millimetro per onorare questo lutto indelebile. Ma è venuto il tempo non solo di non arretrare, ma di trascinarsi in avanti il più possibile, con quel cuore e quella testa ma soprattutto quel corpo che nessun potere, per quanto immenso, oscuro e corrotto, potrà mai avere.
È poco. Ma è tutto.
da Trentino MMT.
A quanto pare, la notizia che tra gli under 35 britannici abbia vinto l’astensionismo non sembra essere passata ai riflettori quanto il dato di comodo dell’affermazione del voto per il Remain nella stessa fascia di età (parliamo di un 63% di astensione per gli under 35 mentre tra over 65 si attesta al 17%).
L’aspetto interessante di tale faccenda è però l’indignazione nei social network, concretizzatasi in una miriade di commenti indignati dei loro coetanei “paneuropei” che vi hanno letto la conferma dell’egoismo delle “vecchie” generazioni a loro scapito. Che il cuore dei giovani europei palpitasse con tale passione per una zona di libero scambio come la UE, di primo acchito mi ha lasciato piuttosto perplesso, perché mi sembrava una passione degna più di Cavour e gente simile che dei freschi virgulti continentali.
Quando, però, ho verificato che tale dato, con annessa indignazione, era una delle “notizie” più battute dai media (cartacei, televisivi e digitali), la perplessità ha lasciato spazio alla mia di indignazione. L’aspetto su cui i mezzi di informazione hanno puntato è stato quello di costruire ad arte il mito di un conflitto generazionale, in cui i vecchi brutti-sporchi-cattivi hanno succhiato il midollo del giardino dell’Eden, vivendo al di sopra delle proprie possibilità e lasciando ai poveri ragazzi solo le briciole e tanta disperazione. Ecco, allora, disegnato l’identikit del cinquantanovenne in pensione (di già? bastardo!), che dopo quarantatré anni di lavoro, vissuti come un nababbo, ha lasciato un debito pubblico che i suoi figli e nipoti, degni epigoni della piccola fiammiferaia, dovranno pagare a suon di lavoro precario, abbassamento salariale con rispettivo aumento del carico lavorativo (dove presente), eliminazione di un’organica tutela sanitaria, assenza di contribuzione pensionistica, e via discorrendo. Ergo, sembrano invitare i soloni dell’informazione continentale, lottate – o giovani – contro i vostri padri e nonni, affamatori e arraffatori.
Non farebbe una piega, se fosse vero. Peccato che sia totalmente falso. Ripeto: falso. Il debito pubblico (la grande colpa) non scatena assolutamente le iatture elencate in precedenza. Non lo può fare se lo Stato è sovrano, ovvero se è monopolista della propria moneta. Le generazioni “cicala” non sono state affatto tali e accusarle di essere la causa della vera distruzione di prospettive e salvaguardia delle giovani generazioni è criminale, perché scatena un odio ingiustificato fondato su asserzioni false. Se le “vecchie” generazioni avessero vissuto nell’austerità, nel pareggio di bilancio e nel rigore finanziario professati dagli euroliberisti – di destra e di sinistra – non avrebbero lasciato un paradiso ai propri eredi. Anzi, avrebbero lasciato un inferno peggiore dell’attuale.
Dunque: lo scontro generazionale è una bufala. Peggio, è uno squallido strumento di distrazione, degno della più bieca propaganda di regime. Serve solo a creare un capro espiatorio per deviare la rabbia di chi – realmente – viene privato giorno dopo giorno del proprio futuro.
Se i giovani europei non vogliono accettare di vivere sotto ricatto, disoccupati o precari, senza le più elementari basi della civiltà occidentale, hanno una sacrosanta ragione a cercare i responsabili di questo crimine. E usare tutta l’energia in loro possesso per chiedere giustizia. Ma, prima, si affranchino dai megafoni del consenso facile. E individuino le caratteristiche anticostituzionali ed economiche su cui si fondano i Trattati europei. Magari scopriranno che di “remain in EU” non hanno più voglia nemmeno loro.
(Mattia Maistri – Trentino MMT)
Cercherò di non essere troppo professionale. La situazione lo richiede, ed ho deciso di scrivere in prima persona. Da ventenne sono rimasta sinceramente sconcertata da certe dichiarazioni post-Brexit. Perché tengo a specificare la mia età? Perché queste dichiarazioni sono state pronunciate in larga maggioranza proprio da miei coetanei oltre che da coloro che speravano nella vittoria del “remain”. Affermazioni del tipo “La scelte lasciate in mano al popolo sono rischiose e pericolose”, “I vecchi non dovrebbero decidere”, “Oddio e ora come facciamo con l’Erasmus?”. Allora mi sono posta delle domande. Come mai la mia generazione, nata con il naturale diritto all’istruzione, ed in possesso di uno dei più potenti e completi mezzi di informazione quale Internet, non riesce dati questi presupposti a comprendere che il momento per liberarsi è arrivato?
Che sono talmente schiavi da non poter più nemmeno sperare di avere un lavoro degno delle proprie aspettative in Italia e che per questo sono costretti ad andarsene spesso per lavare i piatti all’estero guadagnando due spiccioli? Cosa li rende così tanto conformisti da non riuscire a vedere le sbarre di ferro della gabbia che li circonda, e che addirittura fa loro credere che l’andarsene, il fuggire, il mandare a quel paese la propria patria, i propri genitori, i coetanei che rimangono e i propri concittadini sia la vera libertà?
Da questo punto di vista mi verrebbe seriamente da pensare che è fatta, che il neoliberismo non essendo solo un concetto economico ma anche ideologico ha vinto.
Ho cercato di dare una risposta a queste domande e confrontandomi con persone di altre generazioni ho trovato una chiave di lettura ad una situazione che a volte mi sembra quasi impossibile da decifrare e comprendere. Le passate generazioni hanno vissuto altre epoche, altre economie, altri stili di vita. Molti di loro sono tuttavia conformi a quello che vige ora e sono convinti che la concorrenza, il libero mercato nobilitino la nostra nazione, pur distruggendola. Ma posso assicurare che molti altri hanno capito, e facendo un confronto con altre epoche da loro vissute (anni ’80 per esempio) vedono l’abissale differenza con l’oggi.
Mentre per quelle generazioni, trovare un lavoro degnamente retribuito e mantenersi era una cosa naturale, semplice anche per chi non aveva fatto l’Università (cosa del tutto legittima che non definisce affatto l’ignoranza o meno della persona, come oggi vorrebbero farci credere alla luce della votazione inglese), per i loro figli adesso il futuro si è ribaltato: spesso sono sottopagati, stanno per essere licenziati e se già non lo sono, sono precari. E per i loro nipoti ancora peggio. Uno scenario che non voglio nemmeno provare a descrivere.
E’ questa (quella dei figli e dei nipoti), la generazione del blackout mentale, la mia generazione. Noi non abbiamo vissuto gli anni della vera prosperità, della crescita, non li abbiamo visti, ne abbiamo solo sentito parlare. Non abbiamo visto l’alternativa, non sappiamo cosa c’è al di fuori della gabbia dell’UE, o meglio per usare una metafora acculturata (così da rendere comprensibile il concetto anche ai “semicolti”, tifosi dell’Erasmus e del sistema economico che sta distruggendo il loro futuro) non sappiamo e non riusciamo ad immaginare cosa può esserci al di fuori della caverna, quella del mito di Platone, incatenati come siamo, nella vana ammirazione di un sogno europeo che non esiste, né mai è esistito.
Spesso mi viene naturale deludermi e arrabbiarmi contro la generazione a cui appartengo. Poiché è vero che non abbiamo visto un mondo diverso con modelli economici, politici e sociali differenti, ed è vero anche che siamo stati rimbecilliti (passatemi il termine) fin dalla nascita dalla retorica del “quanto è bella l’Europa dei popoli” presente non solo in televisione ma anche in tutti i libri scolastici dall’infanzia fino alle superiori, per non parlare di quelli accademici e delle lezioni in facoltà, dove gli anni di politiche economiche criminali come quelle della Thatcher e di Reagan vengono osannati e dove il massimo dei personaggi invitati a convegni e seminari sono “artisti” come Albano, vecchi politici vicini al governo in carica o, peggio ancora, grandi manager di gruppi finanziari internazionali.
Ma per me non è ammissibile. Non posso arrendermi al fatto che i miei coetanei non siano abbastanza in gamba o coraggiosi da togliersi la benda che hanno sugli occhi, da uscire dalla caverna. Che dicano che la democrazia è pericolosa, quando è la più grande conquista dei loro nonni, che dovrebbero ringraziare ogni giorno e non insultare solo perché sono “vecchi” e hanno deciso diversamente rispetto ai giovani della generazione Erasmus.
Perciò voglio fare un appello, un invito: ragazzi non arrendetevi ed informatevi, studiate il più possibile. Vi daranno dei pazzi, dicendovi che è un’utopia, perché un’alternativa non c’è e dovete adattarvi, come al campeggio. Io però preferirei vivere in una casa solida piuttosto che in una precaria tenda. Ed avere un lavoro che rispetti le mie aspettative, lavorative e retributive, lasciandomi anche la possibilità di rimanere nel paese che amo, il paese più bello del mondo. Spetta solo a noi riscattarlo, riscattare la sovranità, il potere di decidere in casa nostra. Il peggio che ci prospettano in caso di uscita dall’UE sta già accadendo nel mentre in cui restiamo.
Beppe Severgnini (e qui concludo) a La7 ha affermato che “L’Europa ha migliorato le nostre vite, tipo viaggi, trasporti e roaming“…dunque basta il miglioramento di viaggi, trasporti e roaming per convincere i giovani a rinunciare ad un lavoro, al mantenersi da soli, ad una pensione, alla libertà?
Ragazzi, studiamo e liberiamoci.
Gli accadimenti successivi alla crisi finanziaria del 2008 hanno dimostrato due verità inconfutabili:
1) Non ci sono limiti fisici all’emissione di valuta (trilioni di yen, dollari, euro, sterline, rubli, yuan sono stati creati per salvare il sistema bancario dalla crisi finanziaria)
2) Le istituzioni che hanno il potere di emettere le valute, cioè le banche centrali, sono i soggetti in assoluto più potenti al mondo e, VOLENDO, possono risolvere qualsiasi crisi di natura finanziaria colpisca il sistema economico.
Fino a due o tre decenni fa, tali istituzioni (le banche centrali) sottostavano al potere dei governi/parlamenti.
Negli ultimi decenni sono cambiati gli assetti istituzionali: da un lato abbiamo paesi che ancora mantengono una qualche forma di controllo del potere politico sulla propria Banca Centrale (Usa, Uk, Giappone, Russia, Cina); dall’altra abbiamo una Unione di Stati (Eurozona) che ha rinunciato a questa forma di controllo creando una Banca Centrale (la BCE) totalmente indipendente dall’influenza dei governi.
Risultato di questo esperimento è che la BCE:
– Non può finanziare la spesa pubblica dei governi attraverso l’emissione di valuta (euro)
– Non garantisce il debito pubblico dei governi (debito denominato in euro)
– Non può in alcun modo essere influenzata/obbligata dai governi nelle sue decisioni
Quindi nell’Europa della fratellanza e della solidarietà, nell’Europa dei diritti, del welfare, delle democrazie evolute, delle Costituzioni più belle al mondo, ci troviamo oggi in una situazione in cui l’istituzione può potente che abbiamo, cioè la BCE che ha il potere di emettere euro, sfugge totalmente al controllo politico/democratico.
Tale istituzione è posizionata sopra i governi/parlamenti democraticamente eletti e per questo motivo è indipendente da essi; contemporaneamente è fortemente dipendente dagli interessi bancari/finanziari.
Il risultato di questo cambiamento avvenuto negli ultimi decenni è che:
– da un lato, i paesi che hanno mantenuto una qualche forma di controllo politico sulla propria Banca Centrale, pur avendo assecondato le esigenze della grande finanza, sperimentano oggi tassi di disoccupazione intorno al 5%;
– dall’altro, l’Eurozona, che ha abdicato a questo controllo, sperimenta una disoccupazione intorno all’11% e contestualmente i profitti delle multinazionali e della grande finanza sono esplosi.
Strano? No, se si analizza la questione in questi termini.
Quanto ci metteranno i nostri eroi a capire che questo modello istituzionale è folle?
Quanto ci metteranno i nostri eroi a capire che l’integrazione tra i popoli europei NON può passare per la moneta unica, il mercato unico deregolamentato, l’unione degli interessi del grande capitale e della grande finanza?
Quanto ci metteranno i nostri eroi a comprendere che questo modello istituzionale è la strada più breve per riportare l’odio tra gli Stati e la guerra in Europa?
In estrema sintesi condivido l’opinione di chi afferma quanto segue: “Ti raccontano che ci sia una crisi. Ma quale crisi! Non siamo in crisi: è solo un cambiamento deliberato e pianificato di sistema economico”.
Un pubblico numeroso e molto attento ha partecipato al primo incontro pubblico nella regione Marche, organizzato dall’associazione regionale MMT Marche e dal Comitato del No al referendum costituzionale incentrato sulla campagna per il “No” al referendum oppositivo alla modifica firmata da Renzi-Boschi sulla Costituzione Italiana, per il quale si voterà nel mese di ottobre.
Sabato 14 maggio, al Polo Museale di Montefiore, le relazioni di Riccardo Morelli, referente regionale del Comitato del No, e Chiara Zoccarato, componente del direttivo nazionale MMT Italia, introdotti dal giornalista Pier Paolo Flammini, hanno illustrato la genesi, gli effetti e le motivazioni della proposta di modifica della Costituzione.
“La modifica della Costituzione – ha affermato Morelli – combinata con la nuova legge elettorale comporta uno stravolgimento dissennato della Costituzione che ha come obiettivo quello di umiliare il Parlamento, riducendolo ad esecutore della volontà del governo. Il Comitato per il No è aperto a tutti i cittadini appartenenti a tutte le forze politiche, perché la Costituzione è di tutti i cittadini e non solo di una parte”. Durante l’incontro sono state raccolte molte firme per la richiesta di referendum abrogativo della riforma costituzionale e per l’abrogazione della legge elettorale Italicum (si ricorda ai cittadini di Montefiore che è possibile porre la propria firma tutti i giorni, recandosi in Municipio).
Chiara Zoccarato ha invece illustrato come l’obiettivo ultimo della riforma sia quello di conformare le istituzioni repubblicane al modello europeo ed eliminare il più possibile frizioni e dissenso nel recepimento delle direttive del governo, che di fatto è già il terminale della Governance multilivello nel nostro paese: “La governance non è un sistema democratico per definizione: il suo fondamento sta per una serie di istituzioni affiancate l’una all’altra, spesso senza alcuna relazione diretta con il corpo elettorale. In questo modo si attua una sottrazione della sovranità popolare, uno svuotamento nei fatti del nostro articolo 1 della Costituzione. Come evidenziato da eminenti costituzionalisti, con la riforma si vuole scrivere nero su bianco ciò che oggi nei fatti avviene: in questo modo non avranno più vincoli di tipo giuridico ed imporranno la loro volontà, la stessa che sta distruggendo l’economia e la società italiana ed europea, senza che noi avremmo più nulla per richiamarli al rispetto di quella sovranità divenuta carta straccia”.
Al termine dell’incontro è seguito un momento di dibattito e confronto con i presenti. Presto saranno organizzati altri appuntamenti di informazione con la cittadinanza al fine di creare consapevolezza e momenti di auto-formazione sul tema referendario e sulle connessioni della Carta Costituzionale con l’economia di piena occupazione e il tipo di società conseguente.
Nelle foto: la sala del Polo Museale con i relatori e gli ascoltatori e la raccolta di firme per il referendum oppositivo della modifica costituzionale e per il referendum sulla legge elettorale Italicum
“I giuristi di sincera fede democratica devono tenere ben alta la testa ed alzare la testa dalla loro scrivania al cielo, prima che il cielo si oscuri definitivamente e la luce si spenga”
Avete sette minuti del vostro tempo per capire come stanno le cose oggi, maggio 2016, in Italia e in Europa.
L’intervento di Roberto Scarpinato, Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Palermo, racchiude tutti gli elementi da anni dibattuti dalla nostra associazione: l’espropriazione della democrazia e della sovranità da organismi sovranazionali privi di legittimazione democratica e spesso persino estranei alla delega, il mutamento del paradigma che rende impossibile l’autodefinizione della società e la lega alle forze estranee dei mercati globali, il tentativo continuo di precarizzazione delle esistenze dei cittadini e, per ultimo, il colpo finale della modifica della Costituzione, già avvenuta con la revisione dell’articolo 81 della Costituzione “imposta da un presidente della Banca Centrale Europea” e con le modifiche di Renzi e Boschi che attuano definitivamente il disegno di distruzione della Costituzione Repubblicana, in passato elemento di salvaguardia e di tutela.
Giuliano Amato, due volte Presidente del Consiglio, più volte ministro, tra gli estensori del Trattato di Lisbona, risponde ad una domanda posta da Claudio Pisapia del Gruppo Cittadini Economia di Ferrara, registrato da Radio Radicale.
Secondo Giuliano Amato uno Stato che controlla la propria Banca Centrale rischia anch’esso di fallire, “come l’Argentina”. Probabilmente Amato confonde qualcosa nella vicenda argentina, il cui fallimento del 2001 fu dovuto proprio ai vincoli esterni posti sulla moneta nazionale dalla parità forzata con il dollaro.
Accade spesso che nelle Università vengano chiamati ad esporre personaggi di spicco del panorama nazionale ed internazionale su temi di vario genere. Pochi giorni fa all’Università di Urbino è stata la volta di un vero e proprio magnate della finanza, Carlo Salvatori, presidente di Allianz Assicurazioni, Banca Monte Parma e Lazard Italia, nonché membro del Consiglio di Sovrintendenza dello IOR, ex amministratore delegato di Banca Intesa, ex vicepresidente di Mediobanca e amministratore delegato di Unipol Gruppo Finanziario fino al 2010.
Il titolo dell’incontro era questo: “L’Italia e l’Europa. Crisi dell’economia e della finanza. Quale comunicazione possibile?” Il titolo dunque, già di per sé eloquente ci introduce all’argomento: la crisi. Da un incontro del genere ci si potrebbero aspettare dei risvolti interessanti, la prospettiva di una soluzione alla crisi economica, un piano di ripresa, un programma di occupazione.
Nel mondo dei sogni, forse.
In realtà ciò che è stato messo in scena davanti agli occhi inermi degli studenti è stato lo scontato e nauseabondo teatrino ultra-eurista, il cui sipario sembra purtroppo ancora lontano dalla chiusura. Dopo una breve introduzione sull’origine della crisi (ricordiamo, originata dal debito privato) siamo in breve giunti al solito copione sentito e risentito. Si parte da un’iniziale paternale all’Italia per non esser riuscita a contrastare la crisi e a rialzarsi, per poi arrivare alle ricette Made in Ue: meno spesa pubblica, più cessioni di sovranità per porre gli Stati sotto i voleri di autorità sovranazionali indipendenti e, dulcis in fundo, “visto che lo Stato NON ha soldi, sono le aziende private che li devono mettere per investire”.
Nemmeno Maga Magó sarebbe riuscita a creare un simile guazzabuglio di definizioni e a metterle insieme in un unico discorso, dunque complimenti al signor Salvatori, che con questo discorso ha dato ragione del suo curriculum di esperto banchiere.
Dato che l’Italia è stata così poco diligente nell’uscire dalla crisi chiediamoci come hanno invece agiscono altri paesi che ne hanno sofferto meno: Usa, Giappone, Inghilterra, ed altri, hanno forse ridotto la spesa pubblica (come propone questo simpatico esponente della grande finanza)? No. L’hanno aumentata, hanno introdotto liquidità per dare impulso all’economia reale e far riprendere i consumi, per far sì che le aziende potessero comprare le materie prime, pagare i dipendenti e che a loro volta potessero spendere i soldi del proprio stipendio e persino riprendere a risparmiare, dato che il settore privato non può stamparsi il denaro a casa; cosa che invece può fare lo Stato, se sovrano ovviamente, senza contrarre debito con nessuno se non con sé stesso (pertanto il debito non esiste).
Ma qui veniamo ad un tasto dolente: le cessioni di sovranità. “Vengono fatte perché c’è bisogno di controllare e coordinare i paesi”. Certo, e queste autorità sovranazionali ed indipendenti cosa sono se non la grande finanza che egli stesso rappresenta in pompa magna?
Tutto torna. Quando poi la fine della relazione è un panegirico magistralmente architettato alla “ripresa” e alle riforme costituzionali, è ormai palese che non c’è più speranza e che ti trovi di fronte al potere finanziario. Da non dimenticare infine, il consueto isterismo qualora si osi paventare una timida ipotesi di uscita dall’euro da parte del pubblico. Non è assolutamente possibile. Perché? Inenarrabili sciagure, onde anomale, invasioni di cavallette. Disgrazie su disgrazie ma nessun fatto o dato a sostegno di questa tesi, anche qui, come da classico copione eurista. Evidentemente, ahinoi, l’uscita dall’€uro non è mai un finale plausibile in un teatro liberista.