Prima parte.
Di Giulio Betti.
NESSUNA SOLUZIONE DENTRO EURO E UNIONE EUROPEA
“Ma perchè uscire dall’euro? Non potremmo semplicemente allentare il deficit e sforare il 3%?”
Spesso sentiamo domande come queste, provenienti in molti casi da persone disinformate, o peggio ancora da persone informate ma paurose di prendere posizioni che potrebbero essere giudicate estremiste. Quella di sforare il limite del 3% del rapporto deficit/pil (portato in realtà allo 0,5% dal trattato Fiscal Compact) è una soluzione ridicola, addirittura difficilmente classificabile come “soluzione”. Prima di tutto questa ipotesi manterrebbe in vita l’Euro, moneta straniera della quale le nazioni ex-sovrane dovrebbero continuare ad approvvigionarsi ricorrendo alle grandi istituzioni finanziarie private, in quanto il monopolio dell’emissione rimarrebbe saldamente nelle mani di un’entità terza, ovvero la Banca Centrale Europea. Tutto ciò in barba ai principi fondamentali della nostra carta Costituzionale, i quali non prevedono che funzioni fondamentali come l’emissione monetaria siano affidate ad istituzioni diverse da quelle della Repubblica e non soggette ad un controllo di legittimità democratica, come avviene per la Bce. Infatti la Bce ha come caratteristica fondamentale l’indipendenza nello svolgimento delle sue funzioni, ovvero non è possibile influenzare direttamente la sua attività tramite richieste, raccomandazioni o sollecitazioni provenienti da organi esterni. Tutto ciò è profondamente antidemocratico e irrispettoso della volontà, legittima, di ciascun popolo, di voler determinare quali politiche attuare nei propri territori.
La Bce e la Commissione Europea non hanno nessun interesse a concedere allentamenti del deficit a nazioni come l’Italia, se non a seguito di pesanti riforme dei salari e del mondo del lavoro, tipo quello che è successo in Spagna. L’obiettivo di Bce e Commissione Europea non è la ripresa economica, una ripresa economica che determini un aumento successivo dei salari e condizioni di vita migliori delle popolazioni. Tutto ciò che conta è evitare spinte inflattive, che poi il vostro lavoro e il vostro reddito siano distrutti, per loro non conta! Non vedete che fine hanno fatto i capi di governo che in questi anni volevano far “cambiare verso” all’Europa? Questo dovrebbe ormai essere chiaro da un pezzo, ma evidentemente ancora non lo è.
Ma anche ammesso che ci concedessero per miracolo un allentamento del deficit, la famosa flessibilità sui conti pubblici, cosa succederebbe nei paesi del sud Europa? Restando nell’euro, moneta straniera, valutata secondo autorevoli studi troppo forte per i paesi del sud Europa e troppo debole per quelli del nord, accadrebbe che il denaro rimasto in circolo grazie al maggior deficit verrebbe speso in beni e servizi provenienti dai paesi del nord Europa, resi convenienti per i cittadini del sud rispetto ai beni e servizi nazionali proprio dalle dinamiche della moneta unica. Esattamente ciò che è successo dall’introduzione dell’Euro fino allo scoppio della crisi del 2008: grazie all’uso di una moneta più forte rispetto a peso, dracma o lira è diventato più conveniente comprare auto, elettrodomestici e persino prodotti alimentari esteri! Anche andare a fare le vacanze all’estero è diventato più conveniente, rispetto a farle in Sardegna, ad esempio. Quindi un maggior deficit senza moneta nazionale, all’interno di un sistema di cambi fissi, acuirebbe solamente gli squilibri che già sono presenti in Eurozona. Lo stato ex-sovrano non potrebbe comunque fare politiche di sostegno ai salari, pena un incremento esponenziale delle importazioni, che non costituirebbe neanche un problema con valuta nazionale in tasso di cambio flessibile, ma con la moneta estera Euro sì.
E se qualche anno dopo che la Bce ci ha concesso miracolosamente l’aumento del deficit, ci ripensano? Mi immagino già la scena “Ok avete fatto deficit per 2-3 anni, adesso tornare a fare pareggio di bilancio”. Saremmo di nuovo punto e a capo. Di nuovo a cercare improbabili soluzioni.
Lasciamo poi stare proposte come quelle di Quantitative Easing for People o fantascientifiche allocazioni di risorse finanziarie per creare posti di lavoro da parte della Bce, perché queste proposte presuppongono un’errata comprensione del mandato e dello svolgimento delle funzioni della Bce stessa, come sopra analizzato. Queste sono tutte proposte placebo. Sono perdite di tempo e gimcane assurde, mentre in Europa i popoli ex-sovrani sono decimati, affamati e senza futuro a causa dei trattati europei. E noi dovremmo andare ad elemosinare qualche spicciolo alle stesse istituzioni che ci hanno distrutto lavoro, salario e vita? Andare a contrattare “migliori condizioni da prigionieri”? No signori, non è questa la strada. Dobbiamo riprenderci la libertà, la nostra sovranità. Per i governi, nelle crisi con i gruppi terroristici, regna una regola aurea: “Non si tratta con i terroristi”. Ebbene, allo stesso modo io dico “non si tratta con chi vuole vederti crepare, non si tratta con la Bce e la Commissione Europea”. L’Ue maciulla i nostri diritti, la nostra dignità come popoli delle nazioni europee. Proporre soluzioni che mantengono in vita le istituzioni Ue è antidemocratico. Lascio volentieri ai moderati queste non-soluzioni, io ripeto a gran voce “USCIRE DALL’EURO E DALL’UNIONE EUROPEA ORA“.
Seconda parte.
Di Marco Cavedon.
Perché “trattare” con L’Europa per risolvere il problema dell’attuale architettura dell’euro è sbagliato.
1) Manca totalmente in questa visione il concetto di quello che la UE è veramente, di come è stata creata e portata avanti e cioè nel disprezzo di diritti umani fondamentali quali l’autodeterminazione dei popoli e il concetto stesso di democrazia.
L’Europa non è un qualcosa nato dal basso, ma imposto dall’alto attraverso un metodo che potremmo definire “dittatura illuminata“, come ammesso nelle loro intenzioni dai principali artefici di questo progetto quali Kalergi, Monnet, Spinelli e da tecnocrati moderni quali Tommaso Padoa Schioppa.
2) Ma non potremmo lanciare un ultimatum all’UE di pochi mesi per aumentare il limite di spesa a deficit?
Stiamo parlando di trattare con una istituzione fondata sul neoliberismo, in completa antitesi con i principi fondamentali della Costituzione Italiana. Legittimare ulteriori trattative (per quanto in extremis) significa di fatto legittimare tutti quei movimenti politici che si definiscono europeisti ma che in qualche modo (nemmeno loro dicono bene come) vogliono cambiare questa Europa e alzano la voce per farlo credere senza poi essere disposti veramente ad uscirne nel caso il risultato non sia conseguito. Nel corso delle trattative si mette sempre su un piatto qualcosa mentre dall’altra parte si mette qualcos’altro e il risultato finale non è garantito. Nello specifico, cambiare le regole di spesa a deficit non comporta una semplice “collaborazione” con gli altri paesi UE per attuare diverse politiche, quanto la riscrittura dei trattati fondanti di questa Unione nonché il dover spiegare politicamente alla cittadinanza tutta il perché finora si è considerato il debito pubblico un problema, quando in verità è divenuto tale solo grazie a questi stessi trattati – politicamente improponibile. Inoltre continuare a legittimare le forze politiche che (a parole) dicono di voler riformare l’UE significa con ogni probabilità perdere ulteriore tempo, in quanto questi movimenti parlano più per convenienza politica che per reale voglia di risolvere i problemi; basta guardare a come è stato salutato il “piano Junker” per gli investimenti o la stessa Banking Union, che in realtà ha creato problemi al posto di risolverli.
3) L’aspetto morale e politico.
Una Unione Europea nata su questi presupposti e portata avanti in questo modo, al di là della questione “riformabilità” moralmente non merita di sopravvivere. Continuare a legittimare un’istituzione nata dal neoliberismo mascherato di “pace e solidarietà” significa criminalizzare con un fare oscurantista il diritto dei popoli a vivere liberi e a determinare le politiche economiche più adatte alla propria situazione specifica. Inoltre, sul piatto delle trattative di cui sopra ci potranno essere chieste ulteriori cessioni di sovranità alle quali la nostra classe politica difficilmente saprà opporsi, in quanto, come noto, più le istituzioni sono centralizzate e lontane dalle singole comunità e nazioni, più essa si sente al riparo dal processo elettorale (e anche qui le citazioni si sprecano). E se in settant’anni le istituzioni europee non hanno dimostrato di voler risolvere i problemi (anzi li hanno creati), figuriamoci se lo potranno fare dopo che avremo dato loro ancora più potere. Il ministro delle finanze tedesco Schauble già ha chiesto la completa cessione di sovranità fiscale a livello centrale (dipinta da molte forze politiche italiane in modo trasversale come una soluzione di per sé al problema), ma non certo per applicare spesa in deficit o comunque aiutare le varie economie europee in modo equo.
4) E ma se si vuole tornare subito ad una valuta nazionale allora si è brutti, cattivi, fascisti ed isolazionisti.
Il difendere la sovranità del proprio popolo è un diritto umano fondamentale che non implica affatto il non voler collaborare o vivere in pace con gli altri. Ad esempio il movimento sovranista italiano di Salvini e Meloni propone una trattativa con gli altri paesi UE per tornare ciascuno alle proprie valute nel modo più indolore possibile. Quindi non è vero che per collaborare con gli altri bisogna per forza cedere sovranità e avere una moneta unica, questa è un’emerita sciocchezza. La nostra Costituzione inoltre parla di limitazioni di sovranità e mai di cessioni, ma in condizioni di parità con gli altri stati, per fini di pace e sempre nel rispetto di regole internazionali generalmente accettate (il che esclude le regole UE che si applicano alla sola Europa e non in modo uniforme): ne consegue che l’attuale adesione ai trattati UE da parte dell’Italia è del tutto illegittima e incostituzionale.
5) Anche da parte di chi vuole costruire veramente un’Europa superstato federale, si permane comunque nell’errore di voler partire dal tetto, non dalle basi mediante condivisione di valori di fondo, mentalità, modello economico, stile di vita, simboli, cultura e tradizioni e se nella Costituzione Europea bocciata nel 2005 non si è voluto nemmeno inserire il riferimento alle nostre radici cristiane, mi pare che al momento non ci siamo proprio. Questo percorso dovrebbe comunque essere seguito senza fanatismi e nel rispetto comunque delle diversità e delle libertà delle nazioni, perché la pluralità di culture e modelli è una ricchezza e la loro applicazione e confronto in diversi contesti può essere d’aiuto a tutti al fine di rendersi conto dei propri limiti e prendere esempio dagli errori e dalle virtù propri e altrui. In nessun “Vangelo” sta scritto che l’Europa deve diventare per forza un’unica nazione.
Motivo per cui, sono orgogliosamente anti euro ed UE ma non anti europeo e isolazionista !
Articoli
Il 4 dicembre 2016 l’Associazione MMT Italia e l’Associazione ME-MMT Veneto invitano gli elettori a votare “NO” alla riforma (o per meglio dire, deforma) della Costituzione del Governo Renzi approvata dal Parlamento il 12 aprile 2016. Potrebbe sembrare strano che un’associazione come la nostra che si occupa principalmente di politica economica si esprima su questo tema, ma così non è, per i motivi che verranno di seguito esposti e che si possono fin da subito riassumere con minore democrazia, maggiore centralismo e soprattutto, maggiore potere all’Unione Europea i cui diktat diverranno ancora più semplici da attualizzare.
MODIFICHE DEL TITOLO I DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE.
Art. 1 della deforma Renzi – Boschi (modifica all’articolo 55 della Costituzione).
“Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Concorre all’esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea. Valuta le politiche pubbliche e l’attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l’impatto delle politiche dell’Unione europea sui territori.”
Alla faccia del titolo della legge costituzionale che dovrebbe significare “superamento del bicameralismo perfetto”, qui si esplicita in maniera chiara un forte ruolo del nuovo Senato, non più eletto democraticamente (come vedremo subito dopo) ma al quale è attribuito un ruolo centrale nell’ambito della formazione e dell’attuazione delle norme e delle politiche dell’Unione Europea sul territorio. La versione precedente dell’articolo 55 non conteneva alcun riferimento alle norme UE, mentre ora si cita esplicitamente e si rafforza (e a livello costituzionale) il ruolo di un’entità sovranazionale che come abbiamo più volte dimostrato è la causa diretta della grave crisi economica, democratica e sociale che stiamo vivendo, assegnando per di più la funzione di raccordo con essa ad una Camera che non sarà più eletta direttamente dai cittadini.
Art. 2 della deforma Renzi – Boschi (modifiche all’articolo 57 della Costituzione).
“Il Senato della Repubblica è composto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica. I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori.”
Si esplicita come prima accennato il fatto che il Senato non sarà affatto abolito in nome del superamento del bicameralismo perfetto, ma rimarrà (anche se composto da un numero inferiore di senatori) e non sarà più democraticamente eletto, in quanto i singoli senatori saranno eletti dai Consigli Regionali e non più direttamente dai cittadini (vedere anche l’articolo 38 della deforma che abroga l’articolo 58 della Costituzione). Ecco quindi che ci troveremo ad essere governati da due camere, di cui una molto meno rappresentativa (sia a livello democratico che numerico) ma con enormi poteri a livello di raccordo con l’UE, formazione ed attuazione degli atti normativi e politici comunitari. Chiaro che a questo punto per uscire da euro ed UE sarà ancora più complicato, in quanto si dovrà andare contro la Costituzione che in maniera esplicita introduce il concetto di “raccordo” con le istituzioni europee.
Un Senato non più eletto direttamente dai cittadini inoltre sarà di conseguenza più influenzabile dalle logiche dei partiti, che, per mettersi al riparo dal processo elettorale, hanno ceduto tutta la nostra sovranità a quelle istituzioni sovranazionali che nel nome della “credibilità” e della “responsabilità” ci hanno imposto l’attuale sistema di regole non spiegate né tanto meno mai votate che ci hanno portato al disastro attuale.
“La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti, in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi”.
E qui siamo a livelli di ipocrisia che definire grotteschi sarebbe ben poca cosa. Una riforma che nelle parole del ministro Maria Elena Boschi e del premier Renzi avrebbe dovuto introdurre maggiore governabilità e semplicità nel processo decisionale corre il rischio di trasformare l’ex repubblica sovrana Italia (ora colonia dell’impero UE) in un bordello con una Camera dei Deputati che può avere un colore politico anche completamente opposto rispetto a quello del Senato, i cui membri composti da consiglieri regionali e sindaci rimarranno in carica finché dura il mandato degli organi che li hanno eletti (che non coincide con quello della Camera dei Deputati). Inutile dire a chi giova creare situazioni di ingovernabilità e di caos, cioè crisi artificiali indotte al fine di demolire ulteriormente le politiche sociali (o quel che ne è rimasto), la democrazia e la nostra sovranità come popolo italiano sotto il pretesto dell’urgenza e della necessità.
Art. 10 della deforma Renzi – Boschi (modifiche all’articolo 70 della Costituzione).
Anche qui l’ipocrisia si spreca. Una legge di riforma costituzionale che doveva introdurre maggiore semplicità cambia un articolo composto da appena una riga (art. 70 Sezione II – formazione delle leggi), in uno composto da ben 438 parole.
La versione originale che esplicitava il ruolo della Came
ra dei Deputati e del Senato nella formazione delle leggi e che recitava: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere” viene modificata in questo obbrobrio:
“La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere… per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea, per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di senatore di cui all’articolo 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132, secondo comma.”
Alla faccia della semplificazione…in pieno stile Trattato di Lisbona, che per la voce del suo stesso maggiore artefice fu scritto in modo illeggibile affinché nessuno potesse capirlo, allo stesso modo si è proceduto con la modifica dell’articolo 70 nella parte in cui esplicita le leggi la cui approvazione è di competenza di entrambe le Camere, con continui rimandi ad altri articoli e commi.
Come visibile sopra, viene ribadito il ruolo del Senato (Camera non più eleggibile direttamente dai cittadini) nella formazione e nell’attuazione delle normative e delle politiche UE. Inoltre, anche per chi pensa che il superamento del “bicameralismo perfetto” (cioè della codecisione nella formazione legislativa della Camera dei Deputati e del Senato) sia una buona cosa, c’è da rimanere delusi, in quanto la competenza del Senato rimarrà per tutte le questioni più importanti che riguardano la vita della (ex) nazione Italia, quali le leggi costituzionali, quelle elettorali, quelle che determinano le funzioni fondamentali di Comuni e città Metropolitane, quelle come appena detto sulla formazione e l’attuazione degli atti dell’Unione Europea, la ratifica dei trattati internazionali relativi all’appartenenza dell’Italia alla UE (art. 80) e anche la concessione di autonomie alle regioni (art. 116 terzo comma).
Da sottolineare inoltre che, dal momento in cui il Senato non potrà più votare la fiducia sulle leggi ordinarie votate dalla Camera dei Deputati, viene in questo modo a mancare un importante strumento di controllo ed equilibrio tra le attività delle due Camere. Una Camera dei Deputati (i cui membri non sono completamente eletti dal popolo, che non può scegliere i capilista in base alla legge elettorale 52 del 2015 detta “Italicum”) con maggiori poteri per approvare le leggi implica una ancòra più facile attuazione delle politiche economiche neoliberiste basate sulla distruzione del senso dello stato di esistere, idee che sono condivise da molte forze politiche in maniera trasversale e che sono il mantra sul quale è stata fondata la UE. Da ricordare inoltre che l’Italicum (la nuova legge elettorale) può assegnare la maggioranza assoluta dei seggi (il 54% – 340 seggi su un totale di 630) anche ad una lista che ottenga un consenso ben inferiore al 40% previsto al primo turno, in quanto poi c’è il ballottaggio.
Art. 11 della deforma Renzi – Boschi (modifiche all’articolo 71 della Costituzione).
Tanto per rimanere in tema di “piena” democrazia (cosa che dovrebbe stare a cuore ad un partito che ha fatto della stessa il suo nome) viene innalzata la soglia per le proposte di legge di iniziativa popolare da 50.000 a 150.000 elettori, stabilendo inoltre che con appositi regolamenti parlamentari si potranno stabilire “tempi, forme e limiti” per la discussione e la deliberazione conclusiva su tali proposte (che magari potranno avvenire anche dopo parecchi anni, se non mai…sigh !).
E veniamo ora ad un altro “contentino” ben pensato dal Partito diversamente Democratico per attirare gli elettori nella trappola, ossia il punto “c”, in cui si paventa la possibilità di realizzare anche referendum consultivi e di indirizzo (quindi non più solo abrogativi – art. 75), salvo però stabilire che le modalità di attuazione dovranno essere definite con “con legge approvata da entrambe le Camere”…come dire “stabilito il referendum, trovato l’inganno”. Solo per fare un esempio, nonostante la possibilità di realizzare referendum abrogativi fosse esplicitata già nella Costituzione del 1948, si dovette attendere più di vent’anni per la legge di attuazione (legge n. 352 del 1970).
Peccato poi che rimanga inalterata la disposizione dell’articolo 75 in base alla quale non è possibile un referendum abrogativo per le leggi “di autorizzazione a ratificare trattati internazionali”, che interpretato in maniera restrittiva significa che non c’è la possibilità di chiedere ai cittadini se sono d’accordo o meno nel cedere sovranità ad entità sovranazionali quali l’UE; non è quindi possibile realizzare una “Brexit” per l’Italia (o per meglio dire una Italexit).
Art. 15 della deforma Renzi – Boschi (modifiche all’articolo 75 della Costituzione).
Viene ribadito che i referendum possono essere solo di natura abrogativa e non su tematiche cruciali per la stessa esistenza di una nazione, quali la ratifica dei trattati internazionali e le leggi tributarie e di bilancio (da cui dipende la sopravvivenza dell’economia reale).
Unico ipocrita contentino riguarda il fatto che se il referendum è indetto con almeno 800.000 firme non è più necessario il quorum del 50% più uno degli aventi diritto al voto per l’approvazione della proposta, ma “basta” che si esprima la maggioranza di coloro che hanno partecipato alle ultime elezioni della Camera dei Deputati e sia raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi. “Peccato” che l’affluenza alle elezioni politiche in Italia sia storicamente stata sempre molto elevata e il dato più basso si è avuto alle elezioni del 2013, con una partecipazione degli aventi diritto al voto pari al 75,19% (la prima volta che si è scesi sotto la soglia dell’80%). Questo significa che “ben” che vada ci sarà comunque bisogno di un quorum di quasi il 40% degli aventi diritto al voto.
Da ricordare inoltre come i referendum abrogativi, anche se approvati con una maggioranze netta dei sì, siano spesso stati traditi dai governi in vigore, in quanto purtroppo non si può certo dire che il nostro sia un paese dalle solide radici democratiche come altri (vedi l’impegno del governo inglese nel mantenere il patto con gli elettori a seguito del referendum sulla Brexit). Cito due casi clamorosi: il referendum sull’acqua del 2011 e quelli abrogativi del 1993 per quanto riguarda il finanziamento pubblico ai partiti e l’abolizione del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste, magistralmente poi trasformato in Ministero per il Coordinamento delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.
Art. 16 e 17 della deforma Renzi – Boschi (modifiche agli articoli 77 e 78 della Costituzione).
La Camera dei Deputati (che grazie alla legge elettorale Italicum può rappresentare una esigua minoranza degli italiani elettori) avrà facoltà esclusiva di convertire in legge senza la mediazione del Senato (che comunque non sarà più democratico) i provvedimenti provvisori del governo aventi forza di legge in ragione di casi straordinari di necessità e d’urgenza e potrà inoltre deliberare (sempre senza alcuna mediazione) lo stato di guerra.
MODIFICHE AL TITOLO III DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE.
Art. 25 della deforma Renzi – Boschi (modifiche all’articolo 94 della Costituzione).
Sarà ora sufficiente che il Governo ottenga la fiducia della sola Camera dei Deputati, che ribadiamo ancora una volta, può rappresentare anche una parte minoritaria del paese. Non comunque che il ruolo del Senato possa risollevare le cose con la logica di questa riforma costituzionale, dal momento che non sarà più eletto direttamente dai cittadini.
MODIFICHE AL TITOLO V DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE.
Art. 28 (in verità fa parte del Titolo III Parte II) e 29 della deforma Renzi (abolizione del CNEL e delle Province).
Alla faccia del “bravo” Renzi che stando alle sue (false ed opportuniste) dichiarazioni avrebbe capito l’assurdità delle politiche di austerity promosse dall’UE, qui si sottolinea ancora una volta (oltre al dato della riduzione dei senatori dai 315 attuali ai 100 previsti dall’articolo 2 della presente deforma) l’importanza del contenimento della spesa pubblica, con l’abolizione di due enti ritenuti inutili.
Il CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) è un ente ausiliario creato con lo scopo di fornire consulenza al governo in ambito economico e dotato anche di potere di iniziativa legislativa. Tutt’alto che un ente inutile quindi come si dice, basterebbe la volontà politica di farlo funzionare, magari mettendoci dentro personale competente ed economisti eterodossi o meglio ancora ME-MMT, dai quali i nostri politici avrebbero solo da imparare (e forse anche da farsi dettare le leggi in campo economico). Tuttavia, anche chi crede (a torto) nell’opportunità del taglio della spesa pubblica, dovrà ricredersi su questo punto, in quanto le risorse strumentali e umane del CNEL saranno riallocate presso la Corte dei Conti, come previsto dall’articolo 40 (Disposizioni finali).
Per l’abolizione delle Province (tranne quelle autonome di Trento e Bolzano), resta poi da capire quanto le aziende saranno contente di sbrigare importanti pratiche quali autorizzazioni ambientali e di gestione dei rifiuti magari direttamente presso le sedi centrali delle regioni, con notevole dispendio di tempo, energie e anche di risorse. E il sottoscritto, causa il lavoro che svolge, ha potuto constatare di persona i “risultati” della soppressione di enti quali l’ISPESL (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro – ora incorporato nell’INAIL) per quanto riguarda le pratiche delle denunce delle attrezzature di lavoro comportanti rilevanti rischi per gli operatori, con un personale ora ridotto all’osso e tempi infiniti per la realizzazione degli interventi.
Come abbiamo più volte ribadito, soprattutto in tempo di crisi della domanda aggregata come ora, ci sarebbe bisogno di più spesa pubblica a deficit, non di ulteriori tagli.
Art. 31 della deforma Renzi (modifiche all’articolo 117 della Costituzione).
Vengono ampliati i campi che ricadono nella legislazione esclusiva dello Stato: in particolare per quanto riguarda “coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, disposizioni comuni sulla tutela della salute, politiche sociali, sicurezza alimentare, istruzione, la previdenza complementare ed integrativa, la tutela e sicurezza del lavoro, le politiche attive del lavoro, il commercio con l’est
ero, l’ordinamento sportivo, disposizione comuni sulle attività culturali e il turismo, l’ordinamento delle professioni e della comunicazione, disposizioni comuni sul governo del territorio, la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionali dell’energia, le grandi infrastrutture e reti di trasporto e di navigazione di interesse nazionale, i porti e gli aeroporti di interesse nazionale ed internazionale“.
Tutte queste materie prima appartenevano alla legislazione della regione o alla legislazione concorrente, dove era la Regione che aveva il potere di legiferare salvo i principi fondamentali stabiliti dallo stato.
Inoltre “Su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”, indebolendo ulteriormente il ruolo delle realtà locali nel nome di presunti stati di urgenza e di crisi, spesso creati artificialmente attraverso le regole internazionali europee.
Una perdita di autonomia incalcolabile quindi per le realtà più vicine al territorio e alle esigenze delle singole comunità, nel nome dell’accentramento nelle mani di uno Stato che è il primo responsabile dell’accettazione e dell’imposizione delle regole di bilancio europee che sono alla base dei continui tagli a scuola, sanità e lavoro, per realizzare i quali l’autorità centrale avrà un ulteriore forte strumento a sua disposizione.
Rimane anche in questa sciagurata nuova versione della Costituzione la disposizione secondo la quale “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea e dagli obblighi internazionali” (per l’esattezza prima si parlava di ordinamento comunitario). Anche questo (oltre al nuovo articolo 55) rende de-facto impossibile purtroppo l’uscita dell’Italia dall’Unione Europea senza apposita legge costituzionale.
Inoltre tra le competenze esclusive dello Stato si dà ulteriore forza al concetto di concorrenza laddove non si parla più solo di “tutela” ma anche di “promozione”, sottolineando in maniera ancora più netta la volontà di continuare ad applicare le politiche neoliberiste basate sull’abbattimento dei salari e il contenimento della domanda interna nel nome della competitività globale.
Articolo 34 della deforma Renzi – Boschi (modifiche all’articolo 120 della Costituzione).
“La legge stabilisce i casi di esclusione dei titolari di organi di governo regionali e locali dall’esercizio delle rispettive funzioni quando è stato accertato lo stato di grave dissesto finanziario dell’ente”.
Un ulteriore richiamo quindi al rispetto dei vincoli di bilancio già inseriti in costituzione dalla riforma Monti del 2012 (legge costituzionale 20 aprile 2012 n.1), in base ai quali agli enti locali è di fatto impedito di realizzare investimenti sul territorio, come testimoniato dall’articolo 119 e in particolare dal seguente passo:
“I Comuni, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i princìpi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento, con la contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio. È esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti”.
In conclusione.
Per tutto quanto sopra esposto, il nostro invito è pertanto quello di votare un convinto “NO” ad una riforma (o per meglio dire deforma) che ci toglierà ancora più democrazia, libertà e autonomia, nel nome delle sempre maggiori cessioni di sovranità ad istituzioni internazionali (soprattutto europee) di carattere giacobino e fondate sul neoliberismo, che mirano alla distruzione del diritto dei popoli all’autodeterminazione e alla concentrazione delle risorse finanziarie nelle mani dell’1% della popolazione costituita dalla grande finanza speculativa internazionale, con la contestuale distruzione dell’economia reale in essere ormai da decenni.
Un “SI” invece alla difesa dello spirito originario della nostra Costituzione del 1948, che tutela la libertà del privato in armonia però con il benessere di tutta la società, nonché la sovranità del popolo italiano che, come recita l’articolo 11, può essere limitata con particolare riferimento alle aggressioni belliche nei confronti di altre nazioni ma mai ceduta e in qualsiasi caso nel rispetto delle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute (articolo 10), il che esclude i trattati UE e dell’Unione Europea, che si riferiscono ad una singola parte del pianeta, per di più minoritaria, quando invece la pace e la giustizia tra i popoli dovrebbero essere valori universali.
Clicca qui per scaricare il pdf.
Pubblichiamo qui integralmente un grande lavoro di traduzione di Marco Cavedon, della MMT Veneto: 63 pagine di “risposte alle critiche” verso la Modern Money Theory scritti da Randall Wray ed Eric Tymoigne. Complimenti vivissimi, lettura formativa.
Repliche_MMT di Wray e Tymoigne
Replica alle critiche alla MMT. Molte deduzioni illuminanti: dalla “non” necessità di effettuare pareggio di bilancio nel caso di piena occupazione al rischio che scelte governative sbagliate producano inflazione anche in assenza di piena occupazione. Da Godley a Lerner a Keynes
Caro Luigino D’Angelo, dovresti sapere come il tuo estremo gesto sarebbe stato evitabilissimo e risolvibile nel giro di pochi secondi da parte di un governo veramente degno di questo nome. Un’Italia sovrana infatti non avrebbe avuto alcuna difficoltà nel garantire una dignitosa esistenza anche alle persone che come te sono state sfruttate e derubate in questo modo. Sarebbe bastato pigiare alcuni tasti sul computer della Banca d’Italia per tutelare i tuoi risparmi accumulati dopo una vita di dure fatiche al servizio di uno stato che ti ha tradito ed ha violato la tua dignità di cittadino, così come fa quotidianamente nei confronti di un intero popolo ormai senza terra e senza diritti
Nella trasmissione “In Onda” su La7 Mario Monti sfoggia l’autorazzismo italiano e Marco Travaglio e Ferruccio De Bortoli gli danno man forte con triti luoghi comuni, spalleggiati dai conduttori David Parenzo e Tommaso Labate.
La libertà viene unicamente invocata nei confronti di Roma, mentre per quanto riguarda l’Unione Europea al contrario si richiede la piena adesione alle regole sovranazionali che sono incompatibili con la libertà di un popolo, quali il liberismo di mercato e l’eliminazione di ogni confine, che necessariamente porta alla rinuncia di ogni sovranità territoriale
Il 24 maggio tappa veneta con relazioni di Marco Cavedon, Chiara Zoccarato e Warren Mosler. Appello del presidente regionale Cavedon alle personalità presenti del mondo politico e istituzionale, con esposizione delle informazioni della Me-Mmt nei media e non solo
Filippo Abbate sarà a Viareggio la sera del 24 nell’ambito di una serie di incontri organizzati da diverse associazioni e movimenti politici; lo stesso Abbate sarà ad Arezzo il 26, spiegando le connessioni tra Me-Mmt e Costituzione. Il 26 a Treviso Marco Cavedon incontrerà i sindaci “strozzati” dal patto di stabilità
Si inizia a Rovigo venerdì 20 marzo, poi a Castelfidardo sabato 21, quindi Cecina domenica 22 e Rimini lunedì 23. Importanti confronti con interlocutori qualificati. Dall’economia agli aspetti giuridici dei Trattati Europei per una visione complessiva e d’avanguardia. Per ottenere piena occupazione e rispetto della Costituzione Italiana