Quante volte ci Sentiamo dire questa frasetta ben confezionata da svariate fazioni politiche? È la tipica formula giustificatrice del disastro europeo. “Era partita bene, un sogno, un’unione di tutti i popoli”.
Ma siamo sicuri di questo? Forse dovremmo fare un salto indietro nel tempo, indagando sulle origini anche ideologiche che stanno dietro alla creazione di questa unione.
In questa indagine ci soccorre un libro oserei dire illuminante riguardo la sua storia ed il suo concepimento: “L’Unione Monetaria Europea. Storia segreta di una tragedia.” di Alain Parguez. L’autore, economista francese tra gli ideatori della Teoria del Circuitismo, individua in questo testo quattro fasi, ripercorrendo le quali è possibile trovare le radici che hanno condotto alla moneta euro. Le ripercorreremo brevemente cercando di essere esaustivi:
FASE 1
La prima fase, la più teorica, che si colloca nel primo dopoguerra, fa riferimento al gruppo dei “Tradizionalisti”: un gruppo di intellettuali tecnocrati che auspicavano la restaurazione di un’antica tradizione ispirata al Sacro Romano Impero Tedesco. Essi proponevano due regole basilari: il predominio di Francia e Germania, considerati i veri eredi dell’antica tradizione, su tutti gli altri paesi europei, rigettando la Repubblica Francese ed infine il predominio delle classi elitarie sulla massa popolare, trovando tuttavia difficoltà nel conciliare questa ideologia neo feudale con i tempi moderni.
FASE 2
La soluzione era a portata di lobby. Il Comitato Forges e il Gruppo de Wendel legati alla Banque de France. Grazie a queste grandi lobbies fu possibile la creazione e la progettazione nel concreto dell’Unione Monetaria Europea al fine di integrare le due economie francese e tedesca. Ciò ad opera di due personaggi chiave (Schumann, deputato di Mosella, lobby dell’industria pesante e Monnet, banchiere) che videro e furono artefici dei primi organi europei quali Consiglio d’Europa, CECA e Nato. Dunque entro il 1951, anno del piano Shumann, abbiamo una Comunità Europea cucita su misura del Gruppo de Wendel e del Comitato Forges, ideata da tecnocrati, giustificati dal mantra del libero mercato. Dalle menti di Perroux e Rueff arriva invece la BCE, una banca indipendente con poteri assoluti sull’emissione di valuta, la quale avrebbe mantenuto l’inflazione pari a zero nell’Unione Monetaria. Perroux propose regole dittatoriali, poi inserite nel Trattato di Maastricht: gli Stati Membri non possono battere moneta (ovvero non possono attuare la sovranità nazionale appieno), non possono gestire il proprio deficit, in presenza di crisi, possono reagire solamente con politiche deflattive, infine, gli Stati devono essere proni alle esigenze di mercato, flessibili. Possiamo quindi congiungerci alla fase 1; vi ricordate il Sacro Romano Impero? La BCE assume tutti i poteri medievali dell’impero. Alain Parguez riflette su questo “ritorno al passato” definendo il divieto di battere moneta la condicio sine qua non per la distruzione dello “Stato moderno”. Togliere allo stato il potere di scegliere e decidere sia materialmente che politicamente quali politiche economiche adottare significa ridurlo alla sola forma senza una sostanza effettiva. Non solo, ciò fa sì che vengano eliminati quelli che Perroux chiamava con tono dispregiativo “falsi diritti” ovvero quelli del welfare (sanità,istruzione, ecc.), emblematici ad esempio della politica espansiva del New Deal. In breve: la BCE è l’imperatore con poteri assoluti, gli Stati che aderiscono all’Unione Monetaria sono i suoi vassalli.
FASE 3
Arriviamo così agli anni ’80 con un obbiettivo nel quadro della costituzione dell’Unione, quello di trasferire quest’idea sorta negli ambienti della destra tradizionalista che dopo le guerre aveva perso credibilità, alla sinistra. A riuscire nell’impresa fu un gruppo di economisti e tecnocrati (come sempre) francesi, che possono essere rappresentati da colui che nell’81 divenne il Presidente della Francia: François Mitterrand. I neo-socialisti francesi pertanto fecero da apripista evidenziando la necessità inevitabile della “cultura del sacrificio” derivante dall’idea che la spesa pubblica favorisse i “falsi diritti” previsti dal welfare state di cui abbiamo parlato poc’anzi. Ecco trovato il ponte tra i primi tradizionalisti di destra e i nuovi socialisti europei.
FASE 4
Il non aver saputo imporre una severa politica economica con Attali, accusato di essere keynesiano (mentre non lo era, così come Mitterrand) fece in modo di spingere la socialdemocrazia tedesca e i socialisti francesi ad aderire al programma conservatore. Dopo la politica deflattiva di Barre, venne attuato quindi il Piano di reflazione di Mitterrand, che avrebbe portato ad una fase di ripresa, come espediente per essere accettato con serenità dall’opinone pubblica, messo in confronto con la già citata politica deflattiva di Barre. Tuttavia questa terapia d’urto non era necessaria poiché il deficit era del tutto sostenibile. Non solo, alla sopravvalutazione della moneta francese (del 20/25%) in seguito alla scarsità di spesa di Barre, venne aggiunto il cambio fisso con il Marco Tedesco ed il Dollaro. Dopo una grande e duratura operazione di propaganda, l’opinione pubblica si era ormai convinta che non vi fossero alternative alla necessità del sacrificio. Parguez smaschera l’accusa rivolta alla Germania di aver architettato il nuovo ordine europeo; secondo l’autore infatti Mitterrand avrebbe ricattato la Germania promettendole la riunificazione tedesca in cambio dell’accettazione sia della moneta unica che della BCE. La stesura finale del Trattato di Maastricht è infatti ad opera degli economisti francesi tra cui Aglietta. Stesso retroscena anche per il patto di stabilità e il Trattato di Amsterdam.
L’Unione Monetaria era ormai cosa fatta. La democrazia dei singoli stati era diventata il suo pericolo principale, abbattuta tuttavia dagli organi indipendenti, sovranazionali e vincolanti quali il Consiglio d’Europa e la Commissione. Parguez lo definisce un sistema feudal-capitalistico, una commistione cioè tra tradizionalismo di stampo imperialistico supportato da grandi lobbies industriali e una parvenza di modernità, adducendo un emblematico paragone tra la firma del Trattato di Maasticht e l’incoronazione di Carlo Magno.
Eccolo il principio dell’Unione Monetaria. Era partita con le migliori intenzioni? Se per migliori intenzioni si intendono gli interessi economici dei gruppi industriali franco-tedeschi possiamo essere d’accordo. Altrimenti abbiamo capito come essa sia nata con cattive intenzioni, o meglio, a beneficio di pochi. Ora non cadiamo più nella trappola del “era partita bene ma recentemente ha preso una brutta piega”, la piega è sempre stata la stessa, solo che adesso è molto più evidente poiché nuoce purtroppo ad una fetta esageratamente larga di popolazione.
Articoli
“Quando il settore pubblico gestisce il proprio bilancio in disavanzo, quale che sia la destinazione della spesa, cosa che adesso è difficile da conoscere ed ancor più difficile da giudicare, c’è comunque un effetto monetario immediato in quanto attraverso il disavanzo del settore pubblico viene immessa nel sistema economico una liquidità tutta particolare, una liquidità, cioè, che per le imprese non comporta il ricorso al sistema delle banche”
Citazioni dell’economista circuitista: “Noi italiani abbiamo conosciuto gli effetti di una unione monetaria deleteria già nel 1860. Le conseguenze sono pericolose”.
L’economista francese ricorda il collega recentemente scomparso: “Autentica e grande mente che ha lottato per svelare le leggi fondamentali dell’economia. Non fu solo accademico. Dovrebbe essere studiato dal movimento Mmt e dai post-keynesiani”
In questo libro, il professor Alain Parguez rintraccia le motivazioni nascoste che hanno portato la casta dirigente europea a imporre alle popolazioni la moneta unica. E indica con precisione i personaggi e gli ambienti che traggono vantaggio dall’impoverimento delle Nazioni e dall’annullamento delle sovranità nazionali
Un’analisi sulla moneta moderna, la sua natura e funzione, a cura di Warren Mosler e Mathew Forstater. Seconda e ultima parte
Prima parte
Keynes si scagliò contro la teoria neoclassica perché essa considerava il capitalismo come un sistema di baratto o come un’economia “di scambi reali”, e fornì la sua “teoria monetaria della produzione” come alternativa all’approccio tradizionale basato sulla “dicotomia classica”. Questo aspetto del lavoro di Keynes è stato ulteriormente affinato da due tradizioni di pensiero, quella post-keynesiana e quella dell’approccio circuitista (Deleplace e Nell, 1996). I post-keynesiani hanno elaborato, fra le altre cose, la relazione fra moneta (inclusi i contratti monetari), incertezza e tempo storico (Davidson); la formazione dei prezzi e l’instabilità finanziaria (Minsky) e la creazione endogena di moneta e credito (Moore, Wray). Mentre i post-keynesiani hanno generalmente enfatizzato la moneta come stock di ricchezza, la teoria del circuito (Graziani, Parguez, Schmitt) ha posto l’accento sull’importanza di una rigorosa analisi della circolazione monetaria per la comprensione del funzionamento delle economie capitaliste, includendo il principio della domanda effettiva.
Sia l’approccio post-keynesiano che quello circuitista accettano il punto di vista ampiamente consolidato che la moneta moderna non sia una forma di moneta-merce quanto piuttosto di moneta-segno (o moneta fiat) (v., p. es., Moore, 1988; Graziani, 1988). Tuttavia essi criticano la teoria convenzionale perché continua ad utilizzare un impianto che tratta la moneta moderna come se fosse ancora moneta-merce. Introduciamo questo paper con due commenti su questo punto fondamentale. Per prima cosa, anche se la moneta moderna non acquisisce il suo valore dallo status di merce, una volta che un qualcosa, un “segno”, viene dichiarato necessario per il pagamento delle tasse, esso può essere analizzato alla stessa stregua di ogni altra merce. Secondo, nella maggioranza delle analisi post-keynesiane e circuitiste manca il riferimento al processo istituzionale dal quale il “segno” trae il suo valore (diviene cioè moneta). Molti studi vi includono la spesa pubblica e l’imposizione fiscale, oltreché la banca centrale, dopo un’iniziale esame del funzionamento di un’economia con circolazione monetaria privata (v., p. es., Lavoie, 1992, pp. 151-69).
Le analisi del circuito, che iniziano con il sistema bancario che finanzia la produzione delle imprese (o gli acquisti delle famiglie), e finiscono con le imprese (o le famiglie) che ripagano i finanziamenti, lasciano irrisolta la questione del perché qualcuno dovrebbe inizialmente vendere beni o servizi in cambio della unità di conto. La replica conforme al “senso comune”, ossia quella che recita “perché in tal modo potrebbe utilizzare i fondi per comprare altri beni e servizi”, non è soddisfacente, poiché l’ulteriore “inesauribile” questione rimane la stessa: “per quale motivo tali venditori desiderano l’unità di conto?” Ciò che manca è il processo mediante il quale l’unità di conto viene munita di valore.
Questo paper ritiene che la questione rimane irrisolta poiché non può essere raggiunta una conclusione (adeguatamente) a meno che lo Stato non venga incorporato nell’analisi sin dal principio. “La moneta è una creatura dello Stato” (Lerner), pertanto un’analisi “monetaria” non può essere condotta prima di aver introdotto lo Stato. È interessante notare, che la visione cartalista di una valuta guidata dalle tasse può essere ritrovata negli scritti di Keynes (per non parlare di Adam Smith!), nei post-keynesiani e nei circuitisti, nonostante essa viene perlopiù presentata sempre come una digressione, lasciando inesplorate le implicazioni (v. Wray, 1998, su Smith, Keynes, e post-keynesiani come Minsky; per i circuitisti, v. Graziani, 1988).
Nella visione cartalista, lo Stato, desideroso di trasferire beni e servizi dal settore privato al dominio pubblico, stabilisce dapprima una tassa. L’unità valutaria statale viene definita come quella che è ammissibile per i pagamenti fiscali. L’imperativo di pagare le tasse perciò diviene la forza che guida il circuito monetario. Il presente paper intende perfezionare il concetto del circuito monetario utilizzando un modello multidimensionale programmato al fine di rivelare e far luce sul meccanismo relativo a una valuta guidata dalle tasse. Verrà altresì mostrato che questo stesso modello si presta all’analisi di ogni altra merce. In un adeguamento alla terminologia di Moore (1988), il modello include le componenti “orizzontali” e “verticali” del circuito monetario. Dopo una sintetizzazione ed una discussione del modello, esso verrà utilizzato per sfatare il mito che i deficit comportino più tasse in futuro, nonché per analizzare brevemente la crisi finanziaria asiatica del 1997.
La componente verticale
Cominciamo con la componente verticale del modello, come presentata dallo Schema 1:
Schema 1: Analisi della valuta: la componente verticale
Le passività fiscali stanno all’estremità inferiore della componente verticale, esogena, della valuta. In cima vi è lo Stato (qui presentato come congiunzione di Tesoro e Banca Centrale), che è concretamente l’unico emettitore di unità della propria valuta, in quanto esso monitora l’emissione di unità valutarie tramite qualsivoglia suo agente designato. La parte centrale è occupata dal settore privato. Esso scambia beni e servizi per l’unità valutaria statale, paga le tasse, e accumula ciò che avanza (la spesa a deficit dello Stato) in forma di contante in circolazione, riserve (saldi di compensazione1 alla Banca Centrale), o titoli del Tesoro (“depositi” forniti dalla BC). Per esigenze comparative più in là nel testo, tale accumulazione verrà considerata “immagazzinata”. Le unità valutarie usate per il pagamento delle tasse (od ogni altra unità valutaria erogata allo Stato), durante questa analisi, viene ritenuta consumata (distrutta) nel processo. Poiché lo Stato può emettere unità valutarie cartacee o diramare informazioni contabili alla BC quando vuole, i pagamenti fiscali non devono essere considerati come un riflusso verso lo Stato per la prosecuzione del processo. Infatti, il presupposto di tale riflusso implicherebbe un operare di tale processo che quest’analisi evidenzia non esistere.
Ciò conclude la componente verticale di base. Viene detto che gli agenti partecipano al movimento verticale qualora ottengano l’unità di conto dallo Stato, paghino le imposte, o si pongano da intermediari nel processo. La politica della banca centrale determina le rispettive distribuzioni di unità valutarie cumulate del settore privato fra contante, riserve (saldi di compensazione) e titoli del Tesoro. La spesa (a deficit) dello Stato determina l’entità di tali attività finanziarie cumulate.
La componente orizzontale
La componente orizzontale attiene alla categoria generale del credito. Al contrario della componente verticale, l’espansione complessiva della componente orizzontale è endogena e il suo saldo è sempre nullo. La maggior parte dell’analisi del circuito comincia e finisce con la componente orizzontale. Anche quando viene introdotto lo Stato, si ipotizza che esso non di meno si comporti “orizzontalmente”. L’imposizione fiscale e l’indebitamento pubblico vengono considerati alla stessa stregua dell’indebitamento privato e delle vendite di tale settore. Sebbene questa considerazione dello Stato può anche non essere scorretta tecnicamente, l’utilizzo della componente verticale aggiunge una caratterizzazione dell’attività dello Stato precedentemente ignorata.
Ogni merce ha almeno una componente orizzontale. L’attività orizzontale raffigura un’attività verticale con influssi. A fini analitici, una unita di valuta verrà considerata come una merce con costo di produzione nullo, senza surrogati, senza alcun costo di stoccaggio né costi di transazione, e senza alcuna differenziazione di prodotto. Il grano può essere utilizzato per dimostrare specificatamente come una valuta si presti alla stessa analisi delle merci (Schema 2a):
Schema 2a: Analisi generale della merce
Con il grano, possiamo considerare il coltivatore in cima alla componente verticale, ed il consumo (l’alimentazione) all’estremità inferiore. Il settore privato rimane nel mezzo, e trasferisce cose diverse dal grano (generalmente unità di valuta) fino al coltivatore, il quale in cambio manda il grano. Se il settore privato acquisterà più grano di quello che consumerà nell’immediato, la differenza verrà immagazzinata (accumulata). Se volessimo utilizzare lo stesso linguaggio che adottiamo per le valute, dovremmo dire che quando il coltivatore scambia con il settore privato più grano di quanto quest’ultimo consumi, il coltivatore sta intraprendendo una spesa a deficit di grano.
Il mercato a termine del grano è una forma di leverage del grano fisico. C’è una posizione corta per ogni posizione lunga. Similmente, la creazione di prestiti bancari e dei loro corrispondenti depositi è un leverage della moneta, ed ogni posizione corta, ossia chi prende a prestito, ha, come contropartita, una posizione lunga, ossia il depositario. Il mercato dei future è un mercato nel quale si fa leverage sulla valuta, così come il grano, per esempio, viene scambiato per unità valutarie. Per cui la componente orizzontale per l’analisi della valuta può essere mostrata introducendo il credito nel quadro complessivo (v. Schema 2b):
Schema 2b: Analisi della valuta: componenti verticale e orizzontale
Il modello è in armonia con il concetto post-keynesiano che gli squilibri delle riserve possono essere riconciliati solamente dalla banca centrale. In questo modello, il movimento orizzontale bilancia sempre il tutto a zero. Le riserve sono saldi di compensazione che possono provenire solamente dal movimento verticale. Per di più, nel sistema statunitense, la Fed controlla il mix nel “magazzino” ed è in grado, ad esempio, acquistando titoli sul mercato aperto, di ridurre i titoli detenuti dal settore privato e di incrementargli le riserve (saldi di compensazione). A causa del Deposit Insurance [l’omologo dell’italiano Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi; NdT], di fatto la Fed garantisce che gli assegni interbancari verranno liquidati qualora presentati presso di essa. Ciò significa che se il sistema bancario non ha tante riserve sufficienti quanto quelle richieste dalla Fed, vi sarà almeno una banca che mostrerà uno scoperto sul proprio conto presso la medesima. Tale scoperto, ovviamente, è un prestito da parte della Fed, ed un esempio di movimento verticale. In questa maniera, nel sistema statunitense, le riserve richieste promanano dalla Fed on demand, in una forma o nell’altra, e la Fed stabilisce i termini di scambio — tasso di interesse e garanzie — per la transazione.
Nota sulla formazione dei prezzi
Lo Stato è a tutti gli effetti il solo emettitore della propria valuta. Lerner e Colander asserirono: “se vi è un monopolio naturale, esso è ravvisabile nell’offerta di moneta” (1980, p.84). Questo significa anche che lo Stato è colui che regola i prezzi per la propria valuta, quando viene emessa e scambiata per beni e servizi. Esso fissa anche il prezzo del tasso proprio d’interesse sulla propria valuta (Keynes, 1936, cap. 17). Quest’ultima fase è compiuta mediante la gestione dei saldi di compensazione e dei titoli immessi sul mercato. Il coltivatore di grano, tuttavia, generalmente non ne è l’unico fornitore, quindi egli non incide sulla determinazione dei prezzi del cereale. Inoltre, poiché non v’è nessun magazzino principale, o un suo equivalente, il “tasso proprio” è dello 0% o anche negativo, stando a riflettere soltanto un costo di stoccaggio e un costo di vendita allo scoperto.
Il modello consente di seguire due percorsi principali all’interno della componente verticale della valuta. Il primo è quello appena descritto sopra, e ve ne è un secondo solo in quanto verrà supposto che lo Stato consentirà che i depositi bancari vengano utilizzati per i pagamenti fiscali. Pertanto viene consentito alle banche di agire automaticamente da intermediari fra lo Stato e il settore privato. Ciò avviene ogniqualvolta una tratta bancaria (assegno) viene impiegata per il pagamento delle tasse. Il sistema bancario, allo stesso tempo, è obbligato ad accettare fondi dallo Stato, alle condizioni imposte da esso, per coprire i saldi di compensazione addebitati quando tali assegni vengono liquidati.
La domanda iniziale di valuta — che è necessaria per poter pagare le tasse — si origina con le passività fiscali. Quando si analizza un’economia, la conoscenza del tipo di passività fiscali in vigore è fondamentale per comprenderne il funzionamento. Per esempio, un’imposta patrimoniale, come un’imposta sugli immobili, produrrà risultati differenti di un imposta sui consumi, come un’imposta sulle vendite, l’imposta sul valore aggiunto o l’imposta sul reddito.
1 – I saldi di compensazione (clearing balances) sono dei fondi anticipati dalle banche che vengono richiesti per effettuare le operazioni di “clearing”; NdT.
Fonte: qui
Traduzione a cura di Marco Sciortino
La moneta, un’astrazione virtuale su cui si basano notevoli fraintendimenti. Capire per porre fine all’umiliazione dei popoli con la scusa del “non ci sono i soldi”
Coloro che hanno veramente inventato la teoria del valore-lavoro e forse anche la MMT sono due geni: l’economista Muhammad Ibn Kaldhoun, che scrive nel 1350 la seguente frase: “L’unico ruolo del buono sovrano non è quello di emettere imposte ma di spendere”, e quindi che la moneta si fonda sulla creazione di valore-lavoro produttivo; e l’altro è Isaac Newton, che nel libro “Principia mathematica” scrive che in natura esistono la legge della gravità e quella del circuito, secondo cui lo Stato esiste solo nella misura in cui è sovrano nella creazione monetaria. Per Newton, inoltre, la ragion d’essere della moneta è creare ricchezza per il lavoro.
Ora riprendiamo il filo della tragica storia di stamattina, con la figura di Jacques Attali.
Il progetto di Unione Monetaria è opera di Jacques Attali, primo ministro effettivo di Mitterrand, grazie al quale quest’ultimo venne eletto. In occasione della prima elezione di Mitterrand, questo venne eletto grazie all’appoggio di multinazionali e banche americane.
Attali, attraverso Perroux, era un fanatico seguace di Hayek e credeva che attraverso la creazione dell’Unione Monetaria si potesse creare un sistema che non più dipendente dal controllo delle folle: “La folla ignorante assetata di consumi deve imparare la virtù della redenzione e della sofferenza; il popolo deve imparare ad avviarsi sulla via del sacrificio senza consumare”. Mai la classe dirigente francese aveva accettato il fordismo ed i consumi di massa.
Kalecki iniziò uno studio proseguito da alcuni dei suoi assistenti, il quale dimostra che all’inizio dell’epoca Mitterrand il potere d’acquisto delle masse era inferiore a quello del 1938. Attali credeva che la Francia avrebbe potuto dominare l’Europa, e l’Europa il mondo, per fondare una società nuova basata sull’austerità. “Solo la magia e la stregoneria avrebbero potuto creare un uomo nuovo”.
Il concetto di “ordine supremo” è noto ad Attali per mezzo di Hayek. Autore di una Teoria Generale del Diritto e della Costituzione, in essa afferma che il suo ideale è creare un ordine supremo (pag. 214, volume I), un concetto che non si può dimostrare ma a cui bisogna credere, così come il mercato, che scompare ogni volta che si provi a dimostrarne l’esistenza. Affinché il mercato continui ad esistere, c’è bisogno di un ordine trascendentale che sopprima ogni libertà (volume III). Per Hayek la libertà è essere costretto a fare ciò che si deve, non fare ciò che si vuole.
Hayek, ormai molto vecchio, fu invitato a Parigi nel 1978, parlava a malapena inglese ma tutta Parigi era completamente ai suoi piedi: se volete sapere qual è la visione del futuro, disse in occasione di quella conferenza, è quella dell’impero austriaco basato su autorità ed obbedienza sull’Imperatore con diritto divino.
A questo punto, è necessario porsi due domande.
1) Perchè la classe dirigente francese ha avuto bisogno di quella politica italiana?
2) Perchè essa ha ottenuto il supporto della classe politica italiana?
Qui entra in gioco Jacques Delors, amico intimo della DC e del Vaticano. Nell’ottobre 1987 crea il think tank Notre Europe, che nella prima pubblicazione con un’introduzione di 20 pagine cita molti politici italiani (Monti, Prodi, D’Alema, Draghi).
Risposte alle domande.
1) A giudicare dalla prefazione di Delors, si evince che la Francia e la classe dirigente volevano dominare l’Europa, vincendo i nemici USA e Germania. In primo luogo, la Germania non poteva sopravvivere ad una politica di deflazione basata sulla deflazione a lungo termine: fino all’inizio dei ’90 la Germania ha promosso politiche molto più keynesiane di quelle francesi: il deficit tedesco era più elevato di quello francese. In secondo luogo, la Francia non aveva bisogno di domanda effettiva nel mercato interno, poiché c’erano già molte infrastrutture come centrali nucleari sovvenzionate dallo Stato.
2) Per Delors l’Italia doveva essere ammodernata, bisognava sopprimere ogni traccia della vecchia cultura della corruzione democristiana, in una sorta di propensione al futurismo dannunziano. Per Delors bisognava sopprimere il governo centrale, affrancarsi dell’inutile Sud, liberarsi dei sindacati e del welfare. Grazie all’integrazione Francia-Italia sarebbe stato possibile governare l’Europa. Di questo ho parlato con Marcello Messori.
Il vero artefice dello strapotere della Commissione è però Jacques Delors, che lasciò il governo francese per divenirne presidente. Delors avrebbe poi imposto il suo successore Romano Prodi, attraverso cui la Commissione diventa una sorta di condominio franco-italiano, ossessionato dall’ammodernamento e la lotta contro la corruzione. Molti economisti di sinistra italiani sono caduti nella trappola dell’arretratezza causata dalla mafia, sollevata dai tecnocrati (nessuno parlava invece del Vaticano).
Tutta questa mitologia venne sviluppata da Delors in Notre Europe, che esiste ancora, ed è un think tank che ha molti mezzi finanziari: l’idea era quella di giungere a creare una società più moderna. e Delors è un personaggio enigmatico, Ministro delle Finanze sotto Mitterrand, e nonostante i suoi 83 anni ritorna al potere oggi grazie ad Hollande. Inizialmente Delors aveva lavorato con un gruppo lobbistico influente ed estremamente reazionario, Previsions pour le Future presieduto da Bertrand de Jouvenel: si tratta di un think tank che era stato fortemente nazista nella WWII.
Forse avrete sentito parlare di Martine Aubry, figlia di Delors che avrà un’influenza determinante sul futuro governo francese.
A che punto siamo giunti con l’UE e i trattati?
Rasentiamo la follia, vi spiego.
Un nuovo trattato è stato firmato da Merkel e Sarkozy, approvato dalla maggior parte dei Parlamenti europei (Francia, Spagna, Grecia), in base a cui ogni politica di bilancio nazionale deve essere approvata dalla Commissione Europea: si realizza il sogno di Perroux del 1943.
Perchè siamo giunti a questo punto? Siamo entrati in un’era che né Marx né Minsky avrebbero immaginato: i soli governi europei che contano sono quello francese e quello tedesco, poiché nessuna decisione sarà mai adottata se non previamente condivisa ed adottata da questi.
Dalla relazione di Alain Parguez – Seminario Milano maggio 2012:
Il 12 e 13 maggio 2012 si è tenuto l’incontro con il professor Alain Parguez, il professor Riccardo Bellofiore e il giornalista Paolo Barnard. La prima tappa formativa per i gruppi territoriali Democrazia MMT.
Alain Parguez ha trattato temi quali: l’analisi in profondo della genesi del fascismo finanziario nella UE; le possibili prove del coinvolgimento italiano; il reale stato dell’economia della UE e il ruolo delle banche; il Circuitismo, cosa è; comparazione fra MMT e Circuitismo, punti in comune e divergenze.Mentre di Riccardo Bellofiore: la sinistra italiana da Gramsci a Enrico Letta, storia di un tradimento.
Qui tutti i file audio dell’incontro
Audio Seminario MMT Milano