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Di Cristian Dalenz Buscemi qui l’originale
Si è svolta domenica 30 settembre alla Sala del Carroccio del Campidoglio di Roma la presentazione del nuovo libro scritto dal giornalista Thomas Fazi e dall’economista Bill Mitchell, “Reclaiming the State: A Progressive Vision of Sovereignty for a Post-Neoliberal World”.
Libro, per ora, uscito solo in versione originale in lingua inglese, il cui titolo potremmo grossomodo tradurre con “Reclamare lo Stato: Una visione progressista della sovranità per un mondo post-neoliberale”.

Non sono nuovi tentativi di proporre il ritorno ad uno Stato più forte, basti ricordare i libri di Mariana Mazzucato.
Ma qui Fazi e Mitchell vogliono passare direttamente all’azione politica, e pretendere che lo Stato protegga i propri cittadini dalle crisi provocate della globalizzazione. Per farlo, è necessario chiamare alle armi della politica quella parte che ha abbandonato la sua missione storica volta a proteggere i più deboli: la sinistra.
Fazi si esprime da tempo su queste posizioni, ed ultimamente sta anche partecipando alla costruzione di un nuovo soggetto politico: Senso Comune.

L’australiano Mitchell aveva già scritto un libro sulla “distopia europea”; inoltre il suo blog è da tempo molto letto anche dalle nostre parti.
Moderati da Chiara Zoccarato, membro del dipartimento economia e lavoro di Sinistra Italiana, erano presenti, oltre ai due autori del libro, il direttore del Centro Riforma Stato Nicola Genga e l’onorevole Stefano Fassina, organizzatore dell’incontro.
LE PAROLE DI THOMAS FAZI
Fazi ha spiegato subito che il libro nasce dalla necessità di “orientare la sinistra verso il recupero di sé stessa”.
Troppe le svolte verso destra nel recente passato, fino al punto di accettare con ben scarsa critica la svolta neoliberale tra gli anni ’70 e ’80. Con Mitchell c’è stato lo sforzo di identificare ciascuno di questi punti di volta, a partire dalle decisioni del Primo Ministro inglese James Callaghan, laburista, nei primi anni ’70 fautore di un programma chiaramente socialista e poi piegatosi alle politiche di austerità quando diresse il governo di Sua Maestà tra il 1976 e il 1979.
Per Fazi c’erano alternative, altro che il There Is No Alternative di Margaret Thatcher! Si poteva andare oltre il compromesso socialdemocratico post-guerra, perché no anche ragionare sul superamento del capitalismo, ma si è scelto di non farlo. E non solo in Inghilterra, ma in tutti i Paesi in cui la sinistra ha governato a partire da allora.
Ora però la crisi del neoliberismo si fa sentire sempre più, e con essa lo scoppiare dei vari nazionalismi di stampo etnico. Per superarla è necessario recuperare, come da titolo del testo, una visione progressista della sovranità nazionale, che non deve essere necessariamente intesa in senso reazionario. È solo su questo piano che si possono riconquistare diritti perduti.
E parte dell’azione politica dovrà consistere nel liberare la mente delle persone da falsi miti macroeconomici, su cui è sceso più avanti nel dettaglio Mitchell.
IL PENSIERO DI FASSINA
Fassina ha poi preso la parola, riconoscendo l’importanza di questo libro in un momento in cui la crisi del pensiero europeista della sinistra è più che evidente. Crisi che travolge anche la stessa classe dirigente di cui lui fa parte, che a dire dell’ex democratico ha una difficoltà “psicoanalitica” nel riconoscere i problemi esistenti e capire perché i ceti popolari vanno sempre più a destra. Anche lui cerca di smentire l’idea che parlare di sovranità debba necessariamente intendersi come chiusura autarchica e sciovinista, che è in fondo l’interpretazione neoliberista del termine.
Una classe dirigente in cui Fassina non omette di aver militato, e in posti importanti. Ricordiamo qui che è infatti stato responsabile economia del PD di Bersani e sottosegretario all’Economia nel ministero di Fabrizio Saccomanni, quando al governo c’era Enrico Letta. E ai suoi dice che “è troppo facile prendersela solo contro Renzi; la svolta neoliberale era stata acquisita già da tempo.” Due momenti storici sono da lui individuati come particolarmente critici per la sinistra in Italia:

  • il 1968, che diede il via a un forte movimento di contestazione popolare e giovanile e che portava con sè il rifiuto del peso dello Stato;
    – il 1989, anno della caduta del Muro di Berlino. a partire dal quale è cominciato il rinnegamento dei propri valori da parte del ceto dirigente «rosso».
  • Va dunque a suo avviso respinto il leit motiv del “più Europa”, cancellando tutte quelle direttive che hanno svalutato il lavoro (la Bolkenstein, quella sugli ordini professionali, e tutte quelle che portano il principio del Paese d’origine), ed “è da sostenere un sano patriottismo costituzionale”.

Infine ha ringraziato gli autori per aver fatto riflettere su come nel neoliberismo non c’è stato affatto un ruolo diminuito dello Stato, ma anzi un intervento volto proprio a garantire il mercato, soprattutto nella sua evoluzione finanziaria, anche con operazioni di polizia. Un punto che il filosofo Michel Foucault sollevava già negli anni’70, allorquando dava lezioni sul neoliberismo al College de France (poi raccolte nel libro “Nascita della biopolitica”).
LE PAROLE DI NICOLA GENGA
Genga ha ricordato, prima ancora che lo facesse Mitchell, come “questo testo assume come propria teoria economica la Modern Monetary Theory (MMT)”, nota in Italia grazie al lavoro di Paolo Barnard.
Il direttore del CRS è allineato con gli autori quando si tratta di respingere le accuse di fascismo che vengono fatte a chi critica il neoliberismo, cosa che però la sinistra politica tendeva a non fare quando c’era il movimento di Seattle. E ricorda anche come parte del Partito Socialista Francese non aveva difficoltà a definirsi sovranista. Cita inoltre come positive “la distinzione tra economia e crematistica ricordata dal testo”, la critica al concetto neoclassico di efficienza, le proposte di lavoro garantito (da preferire rispetto a quelle sul reddito di base).
E’ però scettico sulla fattibilità del progetto. In particolare secondo lui
La sovranità monetaria è difficile da ottenere, e il libro non affronta il problema del soggetto politico che dovrebbe lottare per raggiungerla (e chissà, per Fazi magari per quanto riguarda l’Italia si tratta proprio di Senso Comune, di cui non ha però parlato in questa occasione);
È difficile portare il popolo a volere più Stato, visto che è stato abituato ad odiarlo dalla propaganda neoliberista, anche nelle sue varianti “politicamente scorrette” e populiste (alla Berlusconi, per intenderci).
Sul piano internazionale, il libro chiede giustamente di debellare la finanza rapace, nazionalizzare le banche, uscire dall’euro, stabilire un commercio solidale tra i Paesi del mondo, cancellare il debito di quelli più poveri. Ma sarà molto difficile trovare accordi mondiali su questi punti.
IL PENSIERO DI BILL MITCHELL
Il giro è stato chiuso da Bill Mitchell.
Anche lui è partito dal riconoscere “la crisi mondiale del pensiero di sinistra e della sua vicinanza al neoliberismo”. Ciò nonostante, ci ha ricordato, i suoi scopi originali non sono morti. E considerando che l’internazionalismo è sempre fallito per via degli interessi di ciascuna nazione, spiega brevemente il programma che ciascun governo dovrebbe praticare:
Entrare in pieno possesso dei poteri politici sulla propria moneta;
Implementare politiche per il pieno impiego attraverso piani di lavoro garantito finanziati attraverso emissione della moneta stessa, ricordandosi che diversamente da quanto racconta la vulgata, uno Stato non finisce mai le proprie risorse se è in controllo della propria banca centrale;
Imporre controlli sui movimenti di capitale per impedire perdite di ricchezza nazionale, misure volte alla stabilità e all’interesse generale, non alla privazione di libertà come si racconta.
“Sarà necessario sconfiggere l’ignoranza economica dilagante anche fra i politici” per raggiungere l’obiettivo di mettere la sinistra in condizione di praticare queste politiche e far tornare la sinistra a credere in sé stessa.
Buon esempio è per lui il suo proprio Paese, l’Australia, che in occasione della crisi finanziaria è intervenuto nell’economia in maniera forte. A dirla tutta interventi di questo genere ci sono stati anche in Europa tra il 2008 e il 2009, prima di ripiegare negli anni successivi su un’austerità in alcuni casi atroce.
Il libro è edito da Pluto Press, che già fece uscire The Battle For Europe di Fazi.

Si svolgerà il 5 e 6 novembre a Fiuggi un convegno organizzato da “Network per il Socialismo Europeo” www.ricostruire.info, intitolato “C’è un futuro per la Sinistra italiana?
Tra i relatori presenti nella giornata di sabato, per MMT Italia, ci sarà la nostra Chiara Zoccarato, che interverrà nel dibattito “Euro e Unione Europea – La Sinistra al bivio”
Nell’immagine ripresa dalla brochure il programma delle due giornate.euro-e-unione-europea-la-sinistra-al-buio

Fonte: http://ilpaese.news/2016/10/20/modifica-della-costituzione-chi-rafforza-chi-indebolisce-un-punto-di-vista-prettamente-economico/

La modifica della Costituzione viene effettuata all’interno di una logica “riformista”. Si tratta di un adeguamento necessario a non prolungare oltre lo scollamento tra la forma del nostro ordinamento e le esigenze nate dall’adesione dell’Italia all’Unione Europea. Logica ben diversa da quella “progressista” su cui è stata scritta e fondata la Costituzione originaria. Progressista in quanto paradigma totalmente innovativo rispetto all’esistente e perché promuoveva un avanzamento di tutta la società in termini economici, sociali, politici e culturali. Guardiamoci intorno, siamo lontanissimi dal progresso del secolo scorso.

Le scelte di politica economica degli ultimi anni hanno portato ad un regresso reale e misurabile. Un recente rapporto della McKinsey dimostra come dal decennio scorso sia avvenuto un crollo di reddito in tutto il mondo occidentale (25 paesi) in percentuali altissime della popolazione dal 65% al 70%, quasi 580 milioni di persone. L’Italia è al primo posto in questa classifica negativa con il 97% della popolazione più povera di prima. (1)

Cosa è successo? Il mondo occidentale si è piegato ad una politica economica basata sul mercato, di cui l’Unione Europea è la massima espressione nel nostro continente.

I Trattati Europei stabiliscono le materie per cui, rispetto agli Stati membri, la UE ha competenze esclusive, concorrenti e sussidiarie. I regolamenti entrano nel sistema legale nazionale con effetto diretto, le direttive concedono una certa discrezionalità sul modo di essere applicate. Tuttavia, queste ultime, con il nuovo articolo 55, verranno deliberate con un Senato di “nominati”, verosimilmente molto influenzabile e poco attento, essendo impossibile per Senatori che sono anche amministratori locali avere il tempo di adempiere a questo compito con la diligenza necessaria.

Inoltre, che la politica fiscale resti ai singoli governi, è un falso clamoroso. Il Documento di Economia e Finanza, la legge più importante dello Stato, quella che decide chi mangia e chi no, viene elaborata in tandem con la Commissione.

La cosa fondamentale da capire è che il Governo è divenuto parte integrante della Governance Multilivello che chiamiamo Unione Europea. Non mi dilungo qui sugli studi autorevoli che riguardano la reale natura di queste nuove forme di governo, votate all’instaurazione di un ordine privatistico incentrato sulle libertà di mercato e retto da logiche di risultato e di rendimento che liquidano ogni possibilità di scelta democratica al riguardo.(2)  Il Consiglio dell’Unione Europea è composto da tutti i ministri nazionali e il Consiglio dai capi di Stato. Quindi i nostri ministri e il nostro Capo del Governo hanno questo doppio ruolo. Che facciano l’interesse nazionale è fuori discussione. E’ reso impossibile. Primo perché sarebbe contro lo “spirito dei trattati”, superiore alla volontà e alle necessità reali dei cittadini europei. Secondo perché sono sotto ricatto continuo: lettere e ammonimenti, procedure di infrazione, BCE che non acquista titoli, flessibilità di bilancio negata. Non va nemmeno ignorata la questione del clientelismo che in Europa raggiunge livelli imbarazzanti. Dalle sliding doors all’influenza enorme esercitata dalle lobby nella formulazione delle proposte di legge della Commissione, attività sdoganata moralmente e perfino promossa dalla Corte Europea di Giustizia.

Bastone e carota è la sintesi perfetta che descrive le relazioni disfunzionali e, talvolta, persino comiche tra Governo Nazionale e Governance Europea.

Il Governo è la testa di ponte dell’Unione Europea nel paese e non può essere viceversa, come qualche benpensante ci invita a credere, dal momento che lo squilibrio di forze è palese. Pensiamo solo alla perdita della sovranità monetaria. Per finanziarci dipendiamo dai mercati speculativi e dal programma di acquisto della BCE. Suo compito è perseguire l’attuazione di un modello economico e sociale basato su principi liberisti opposti a quelli costituzionali tramite le riforme. Compresa questa. Non a caso la chiedono Confindustria e le grandi banche d’affari, perché  riduce la variabile di rischio nella formulazione delle loro azioni speculative. La stabilità di governo è una sicurezza previsionale sulle decisioni e le politiche che verranno applicate in un paese. Nel linguaggio dei mercati significa affari d’oro, per i cittadini significa impossibilità di ottenere una reversione in loro favore. E non basta la propaganda economica a nascondere la triste realtà di un paese a crescita zero, con una disoccupazione galoppante, una sfiducia al consumo senza precedenti, un senso di precarietà diffuso e perfettamente razionale con questi numeri e queste prospettive. Il popolo ragiona di pancia, ma difficilmente la pancia sbaglia. Soprattutto se è vuota. I ristoranti sono pieni. Sì, di gente che spende la metà rispetto all’anno precedente a parità di coperti.

Le appendici al DEF (A e B) riportano il quadro di avanzamento delle riforme strutturali (3). Eventuali margini di flessibilità vengono concessi sulla base di questi avanzamenti, nient’altro. Catastrofi naturali o emergenze sociali non pesano sul piatto della bilancia. I modelli su cui sono sviluppate sono basati su teorie economiche (neoclassiche e monetariste) che dovrebbe stare nel cestino della storia per inconsistenza teorica e risultati fallimentari.

Non sto dicendo che gli economisti mainstream sono ignoranti o ottusi, sto dicendo che probabilmente sono in malafede. In particolare il modello QUEST III, che viene citato come riferimento, è sviluppato dalla stessa Commissione Europea. Ogni riforma economica e strutturale ci viene imposta su queste previsioni economiche che rispondono a criteri di competitività, riduzione del deficit, ridimensionamento di tutto il settore pubblico con le liberalizzazioni, contenimento salariale e dell’inflazione basato su percentuali di disoccupazione di “equilibrio” Nawru (10.5%), che sono di fatto quote di disoccupazione obbligatoria stabilite sempre da lei, la Commissione.

Una delle idee alla base della famiglia di modelli di cui fa parte anche QUEST III – i modelli DSGE – è che esista un tasso di disoccupazione strutturale per ogni economia, oltre il quale abbattere ulteriormente la disoccupazione genererebbe inflazione, e che quindi diviene un limite inferiore ad eventuali politiche espansive poste in essere dai governi. Il concetto di Nawru è stato criticato più volte da economisti anche molto diversi fra loro, e basta osservare come viene calcolato per comprendere come si tratti di una formulazione avulsa dalla realtà: per calcolarlo, infatti, si opera una sorta di media mobile dei tassi di disoccupazione registrati in passato. Invece di essere considerato un parametro non influenzato dal ciclo economico (proprio perché strutturale), esso diventa nella pratica un parametro pro-ciclico, che quindi condanna i governi ad avere meno spazio di manovra quando l’economia peggiora. Esattamente il contrario di quanto si dovrebbe fare, in contesti di recessione.

L’unico modo per opporre resistenza a queste pressioni e mantenere un po’ di spazio di manovra per perseguire politiche economiche sociali è avere un Parlamento forte. L’opposto di quello che ci viene proposto.

Non è tollerabile per un Parlamento che deve rappresentare il Popolo Sovrano dover accettare leggi vergognose, ricatti e disumane scelte di Sophie su chi deve sopravvivere e chi no.  E questo con la Riforma proposta diventa più difficile. E mi preme sottolineare che non sarebbe un atteggiamento “irresponsabile”, come speso viene definito, non senza una motivazione d’interesse specifico che non è l’interesse pubblico. I mercati ci possono danneggiare, ma fino ad un certo punto. La Grecia è forse l’esempio che dimostra come arrendersi ai mercati sia la tragedia vera. La sostenibilità economica  è una scelta politica, non c’è nessun vincolo insuperabile.

I presunti “vincoli”, i criteri di sostenibilità tanto declamati, derivano  da ipotesi formulate su modelli pretestuosi e arbitrari, nel senso che qualcuno li ha definiti politicamente come tali. La politica domina l’economia, non è il contrario, dall’alba dei tempi. I nostri figli scontano solo ed esclusivamente la nostra codardia, l’incapacità di farci attori del presente anziché spettatori terrorizzati e passivi rispetto alle scelte di altri, più sfrontati e violenti nell’affermare il proprio predominio, che porta a scelte davvero nefaste e insostenibili nel lungo periodo. Parafrasando Keynes, “nel lungo periodo saremo tutti  morti” di disperazione e  vergogna, per quello che avremo fatto a noi stessi e a quelli dopo di noi.

L’interesse pubblico è ad uno stadio terminale. La riforma ci mette la pietra tombale sopra.

La vittoria del SI sarebbe una sconfitta sociale ed economica per il paese e ci condannerebbe ad anni di recessione economica e regresso sociale.

Bisogna dire NO.

(1)http://www.mckinsey.com/global-themes/employment-and-growth/poorer-than-their-parents-a-new-perspective-on-income-inequality

(2) https://mmtitalia.info/wp-content/uploads/2016/03/Governance-Multilivello-UE-Non-sono-cattiva-%C3%A8-che-mi-disegnano-cos%C3%AC.pdf

(3) http://www.dt.tesoro.it/modules/documenti_it/analisi_progammazione/documenti_programmatici/W_-_DEF-2016-Sez-III-AppendicePNR_2016.pdf

Un pubblico numeroso e molto attento ha partecipato al primo incontro pubblico nella regione Marche, organizzato dall’associazione regionale MMT Marche e dal Comitato del No al referendum costituzionale incentrato sulla campagna per il “No” al referendum oppositivo alla modifica firmata da Renzi-Boschi sulla Costituzione Italiana, per il quale si voterà nel mese di ottobre.
 

Sabato 14 maggio, al Polo Museale di Montefiore, le relazioni di Riccardo Morelli, referente regionale del Comitato del No, e Chiara Zoccarato, componente del direttivo nazionale MMT Italia, introdotti dal giornalista Pier Paolo Flammini, hanno illustrato la genesi, gli effetti e le motivazioni della proposta di modifica della Costituzione.
“La modifica della Costituzione – ha affermato Morelli – combinata con la nuova legge elettorale comporta uno stravolgimento dissennato della Costituzione che ha come obiettivo quello di umiliare il Parlamento, riducendolo ad esecutore della volontà del governo. Il Comitato per il No è aperto a tutti i cittadini appartenenti a tutte le forze politiche, perché la Costituzione è di tutti i cittadini e non solo di una parte”. Durante l’incontro sono state raccolte molte firme per la richiesta di referendum abrogativo della riforma costituzionale e per l’abrogazione della legge elettorale Italicum (si ricorda ai cittadini di Montefiore che è possibile porre la propria firma tutti i giorni, recandosi in Municipio).
Chiara Zoccarato ha invece illustrato come l’obiettivo ultimo della riforma sia quello di conformare le istituzioni repubblicane al modello europeo ed eliminare il più possibile frizioni e dissenso nel recepimento delle direttive del governo, che di fatto è già il terminale della Governance multilivello nel nostro paese: “La governance non è un sistema democratico per definizione: il suo fondamento sta per una serie di istituzioni affiancate l’una all’altra, spesso senza alcuna relazione diretta con il corpo elettorale. In questo modo si attua una sottrazione della sovranità popolare, uno svuotamento nei fatti del nostro articolo 1 della Costituzione. Come evidenziato da eminenti costituzionalisti, con la riforma si vuole scrivere nero su bianco ciò che oggi nei fatti avviene: in questo modo non avranno più vincoli di tipo giuridico ed imporranno la loro volontà, la stessa che sta distruggendo l’economia e la società italiana ed europea, senza che noi avremmo più nulla per richiamarli al rispetto di quella sovranità divenuta carta straccia”.
Al termine dell’incontro è seguito un momento di dibattito e confronto con i presenti. Presto saranno organizzati altri appuntamenti di informazione con la cittadinanza al fine di creare consapevolezza e momenti di auto-formazione sul tema referendario e sulle connessioni della Carta Costituzionale con l’economia di piena occupazione e il tipo di società conseguente.
Nelle foto: la sala del Polo Museale con i relatori e gli ascoltatori e la raccolta di firme per il referendum oppositivo della modifica costituzionale e per il referendum sulla legge elettorale Italicum
Conferenza Mmt-Comitato No referendum a Montefiore dell'
Conferenza Mmt-Comitato No referendum a Montefiore dell'Aso
Raccolta firme per il referendum oppositivo sulla modifica della Costituzione e sulla legge elettorale

MONTEFIORE DELL’ASO – Un bene “morale”, anzi “il” bene morale, patrimonio del popolo italiano, conquistato grazie alla lotta di Liberazione dal nazifascismo. Questa è laCostituzione Repubblicana del 1948, un modello per molti unico nel panorama mondiale per lungimiranza, spirito democratico partecipativo, visione progressista della società e armonia complessiva tra ruolo dello Stato, il suo funzionamento, le libertà individuali ed economiche garantite.
Di questo e del tentativo (l’ennesimo) di modifica della Carta Costituzionale, stavolta intrapreso dal governo Renzi e che condurrà al referendum previsto nel prossimo mese di ottobre, si parlerà nella conferenza che si svolgerà sabato 14 maggio, alle ore 17,30, a Montefiore dell’Aso, precisamente al Polo Museale, ex convento di San Francesco.
Chiara Zoccarato, veneta e componente del direttivo nazionale dell’associazione MMT Italia, illustrerà le implicazioni che la riforma paventata avrà sulla Costituzione e di come esse vadano a soddisfare le richieste di gestione dell’Italia in conformità con la “Governance Multilivello” imposta a livello europeo. Introdurrà Riccardo Morelli, avvocato di Montefiore e coordinatore regionale del Comitato per il No al Referendum, e modererà l’incontro Pier Paolo Flammini, giornalista e referente per l’associazione Mmt Marche Economia per la Piena Occupazione.
L’evento avrà una forte connotazione simbolica e formativa, al fine di replicare iniziative del genere in tutte le città marchigiane e informare i cittadini sulla portata della sfida che si profila all’orizzonte. Per questo si invitano caldamente tutti coloro che vorranno attivarsi a partecipare all’incontro per acquisire gli elementi di base e il quadro complessivo e avviare, così, un percorso di approfondimento e diffusione capillare.
Per informazioni: Riccardo Morelli 3290083884.Locandina Montefiore Mmt-Costituzione

Da studiare e da diffondere. Un imperdibile approfondimento “dentro” l’Unione Europea, la sua organizzazione, gli intenti che si prefigge. La Commissione, le lobby, il Consiglio, la Bce, e tanto altro. Tutto quello che occorre per rispondere a chi vi dirà “ci vuole più Europa”

Dismissione debito più tassazione. Anni di surplus di bilancio. E finalmente nei primi del 1600 Venezia fu senza debito. Ma impoverita. Nel 1600 si tentò di tornare all’antico ma la società veneziana era stata modificata. L’interesse pubblico fu sostituito dall’interesse per la rendita speculativa. Dai mercanti ai rentiers. Vi ricorda qualcosa?

LA FURBIZIA DI BRIGHELLA.
Un’analisi di Chiara Zoccarato sull’iniziativa di Macro Regione Alpina EUSALP promossa dal Presidente del Consiglio Regionale del Veneto Roberto Ciambetti.

 

Leggo ora della nuova iniziativa di Macro Regione Alpina EUSALP, “straordinario” esempio di Governance Multilivello.
Prime osservazioni, puramente formali e politiche. La Lega a livello nazionale dice di volere l’uscita dell’Italia dall’eurozona, ma poi si attiva per l’istituzione di queste “macroregioni” che hanno ragione di esistere solo ed esclusivamente all’interno dell’Unione Europea. La contraddizione è palese. Fatemi capire! La seconda è il piano B nel caso il piano A fallisca, oppure il piano B è quello che volete veramente e il piano A vi serve per raccogliere voti? Oppure la confusione è grande nel partito e non capite fino in fondo nessuno dei due? Forse addirittura credete che si possa uscire dall’euro e restare in Europa, godendo di lira e macroregioni insieme?
Torniamo al merito dell’iniziativa.
Non mi soffermo sul fatto che stare nell’Unione Europea significa dire addio a democrazia, diritti civili e interesse pubblico. Ne abbiamo già parlato ampiamente. Diciamo che in questo modo qualche imprenditore ci può guadagnare. E certo, la base elettorale locale è quella. Ma l’imprenditore non irrora sistematicamente il tessuto sociale circostante con i suoi guadagni, paga il minimo stipendio possibile ai dipendenti, se gli conviene sposta la produzione altrove (tempo fa andavano di moda Carinzia e Slovenia, ovviamente nella prospettiva della macroregione resta tutto in famiglia…ma che dire all’operaio di Casier?), e non è detto che saranno quelli nostrani ad usufruire di questa macroregione. Il trattato TTIP prevede la massima libertà di concorrenza. Il Veneto sarà un crocevia su cui pianteranno i paletti multinazionali straniere. Facendo fallire le nostre pmi. Di che ricchezza parliamo? Ci danno lavoro? A quanto? Uno stipendio da fame nel deserto che ci ritroviamo con la perdita del welfare?
E’ il settore pubblico quello preposto al benessere e alla cura dei cittadini, che eroga servizi, prestazioni a salvaguardia del reddito (maternità, malattia, disoccupazione o infinitamente meglio il PLG), infrastrutture, quello che l’unione europea comprime e svilisce per promuovere il privato. E che nessuna Governance Multilivello può sostituire.
Finiamola di credere e far credere queste tre cose a cittadini ed elettori:
– i servizi fatti dai privati sono migliori
– gli imprenditori pagano le tasse quindi finanziano il settore pubblico
– i fondi europei sono una risorsa
Punto uno:
Il privato non può erogare prestazioni in perdita: non c’è guadagno nella cura di malati terminali, tossico dipendenti, anziani con reddito minimo. Non c’è guadagno nel fornire trasporti pubblici in zone e orari poco frequentati. Non c’è guadagno a fornire istruzione a bambini poveri, magari apparentemente poco brillanti, stranieri, con problemi fisici e mentali. Chi lo farà? Fare debiti è un problema per i privati, MA PER UNO STATO SOVRANO CHE EMETTE LA PROPRIA VALUTA, NON LO E’ AFFATTO….può arrivare a fare deficit stellari finchè non raggiunge la piena occupazione e la piena capacità produttiva! E siamo lontani anni luce.
Quindi questa cosa che il privato è preferibile perchè sa gestire le risorse al meglio è solo fare i conti della serva…Miglioriamo efficienza, organizzazione e controllo, ma lasciamo che resti pubblico, con accesso a risorse ILLIMITATE, senza dover contare gli spiccioli nei cassetti.
La meravigliosa Governance Multilivello regala scarsità e insegna che devi fare il bravo bottegaio, non il bravo POLITICO! La furbizia di Brighella.
Punto due:
Le tasse in eurozona non finanziano affatto i servizi ai cittadini, ma servono a pagare le quote dei vari fondi europei Salvastati di cui nemmeno usufruiamo (per fortuna aggiungo subito! essendo vere e proprie ghigliottine), eventuali prestiti (vedi caso greco), gli interessi sul debito pubblico e a contribuire al raggiungimento del pareggio di bilancio, aumentando le entrate. Quest’ultimo punto è chiarissimo proprio nel vostro caso, cari enti locali, il Patto di Stabilità ve lo dice nero su bianco. Scordatevi l’idea di poter prima o poi ottenere l’autonomia e tenervi le tasse locali in casa. La modifica dell’articolo 119 della Costituzione lo dice chiaramente che gli enti locali oramai esistono per il solo scopo di contribuire agli obiettivi di bilancio dello Stato nell’osservanza dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione Europea. E temo che presto se ne accorgeranno anche gli enti a statuto speciale.
Punto 3:
I fondi europei sono di due tipi. Il primo, sono fondi costituiti con i soldi degli stati membri stessi, solo che le quote erogate non corrispondono in modo proporzionale alle somme che riceviamo da investire sul suolo nazionale, belli i fondi europei! L’Italia (fonte Censis) è il terzo contributore netto, diamo 100 ma ci arriva 60. Siamo in perdita, cifre e conti alla mano. Ok, mettendovi insieme ne intercettate 150? Ma dovrete condividere e siamo al punto di prima. Il secondo tipo è da farsa, come quello in arrivo chiamato Piano Junker o fondi FEIS, basati su schema Ponzi. Da mettersi le mani nei capelli.
In soldoni, per contribuire ai fondi europei, lo stato dà 100 per farti avere 60, ma ti tassa di 100. Inoltre trasferisce meno fondi alle regioni a causa del patto di stabilità, che allora chiederanno più fondi all’Europa che chiederà più soldi allo Stato che poi chiederà più tasse ai cittadini (tutti, compresi quelli della macroregione!!) e sacrifici agli enti locali che saranno costretti a tagliare ulteriormente servizi, privatizzare (vedi punto uno), svendere beni demaniali (pubblici!)…
Insomma, state dicendo che avete trovato il modo di portare più acqua con un secchio bucato?
Ma il boom imprenditoriale e artigianale del Veneto non risale agli anni ’80, con la nascita e lo sviluppo di aziende straordinarie: distretto dello scarpone e abbigliamento sportivo, elettrodomestici, occhialeria? Periodo in cui non c’era federalismo fiscale e la cassa del mezzogiorno pompava soldi a sud a manetta. Non è che per caso c’è qualcosa di sbagliato nella narrativa politica attuale? se poi andiamo ancora più indietro, ai tempi della Serenissima, su ruolo dello Stato, regolamentazione del mercato e debito pubblico c’è da parlare per ore.
Si può far meglio di così. Ci sono soluzioni che possono fare felici gli imprenditori (tutti, non solo alcuni!), i lavoratori, le famiglie, i pensionati, i cittadini di questa regione e di tutte le regioni d’Italia senza rivalità. Ne abbiamo parlato, parliamone ancora.

Il 24 maggio tappa veneta con relazioni di Marco Cavedon, Chiara Zoccarato e Warren Mosler. Appello del presidente regionale Cavedon alle personalità presenti del mondo politico e istituzionale, con esposizione delle informazioni della Me-Mmt nei media e non solo

Rivedi tutti gli interventi. Me-Mmt Italia ha partecipato con le relazioni di Riccardo Tomassetti e Chiara Zoccarato, intitolate rispettivamente “L’eredità di Jean Monnet e la messa al bando della democrazia come metodo istituzionale. Unione Europea, una questione di deficit” e “Legittimità divina. Ovvero la Borsa e la Spada. Quale resistenza civile è possibile“.