http://mobile.ilsole24ore.com/solemobile/main/art/mondo/2016-05-10/con-brexit-rischio-forti-cali-pil-e-sterlina-shock-l-economia–133043.shtml?uuid=ADGC1qE
Questo articolo de ‘Il Sole 24 ore’ ben esplicita la fase di terrorismo mediatico in cui già da tempo è precipitata l’Inghilterra alla luce del referendum del 23 giugno.
Gli atteggiamenti mediatici sono quelli ai quali siamo abituati da tempo. Anche solo l’ipotetica uscita dai trattati UE (ricordiamo infatti che l’Inghilterra non ha l’€uro) scatena la bagarre eurista giornalistica che arranca tentando disperatamente di dissuadere dal pensare a questo evento come positivo, di rilancio per il paese.
Infatti ciò che viene prospettato, alla stregua di Frate Indovino, sono le peggiori tragedie economiche: svalutazione fulminante “immediatamente dopo il voto”, contrazione del PIL fino al 3,7% (secondo l’Ocse addirittura la Brexit brucerebbe il 6% del PIL inglese) mentre la permanenza porterebbe ad un incremento del 2%, balzo pirotecnico della famigerata inflazione con un aumento dei prezzi al 4%, posti di lavoro in fumo secondo George Osborne (cancelliere dello Scacchiere avvezzo ai salotti del gruppo Bilderberg) e infine l’allarme del Tesoro britannico di povertà perenne.
Peccato, si sono dimenticati l’elenco delle svariate ed inevitabili catastrofi naturali che accompagnerebbero la Brexit: l’invasione delle cavallette, gli tsunami, valanghe, nonché un’apocalisse zombie, la vendetta di Shakespeare e il ritorno assassino del mostro di Loch Ness.
Ma la cosa ancor più grave, per tornar seri, è la minaccia da parte della NATO verso la possibile uscita, di non esser più partner dell’Inghilterra, di non appoggiarla più, politicamente e militarmente. Ciò ha ovviamente portato allo scatenarsi delle reazioni dei politici inglesi che spingono fortemente per far votare a favore della permanenza in UE.
Per fortuna oltre alle drastiche posizioni come quelle di Osborne e Cameron che annuncia un’imminente guerra, si oppongono quelle di altri personaggi come Anthony Bamford, presidente della JCB che afferma il fatto che una potenza economica come quella britannica, al quinto posto al mondo, può benissimo vivere serena anche se indipendente, contando sulle proprie forze. Egli aggiunge inoltre che l’uscita potrebbe liberare l’Inghilterra dagli accordi supportando i commerci anche all’interno del paese stesso.
Infine, mentre il nuovo sindaco di Londra Sadiq Khan stringe un accordo informale con il primo ministro per collaborare alla campagna “Stay” (restare nell’UE), l’ex primo cittadino Johnson rilascia queste dichiarazioni sulla preoccupazione di Cameron riguardo la pace
“se pensasse veramente (Cameron) che uscire dall’Ue porterebbe ad una guerra, allora quando è andato a negoziare condizioni migliori a Bruxelles non avrebbe minacciato la nostra uscita […] Questa Ue non è democratica, credete che un greco si senta vicino ad un tedesco? Si sentono una comunità? Non credo proprio”
Ora le domande da porsi sono: per quale motivo gli USA sono così preoccupati per un’eventuale uscita?
Cosa importa a loro e perché si arrogano il diritto di minacciare così pesantemente un paese e di metter bocca su decisioni che spettano al popolo britannico ?
Ma soprattutto, il popolo britannico, avrà il coraggio dopo tutte queste indecenti minacce infondate e criminali di saltare giù dalla giostra europea, in tempo, prima che imploda su sé stessa?
Eccoti un fresco esempio del perché un referendum sull’uscita dall’euro è impossibile, caro Di Maio.
Articoli
Accade spesso che nelle Università vengano chiamati ad esporre personaggi di spicco del panorama nazionale ed internazionale su temi di vario genere. Pochi giorni fa all’Università di Urbino è stata la volta di un vero e proprio magnate della finanza, Carlo Salvatori, presidente di Allianz Assicurazioni, Banca Monte Parma e Lazard Italia, nonché membro del Consiglio di Sovrintendenza dello IOR, ex amministratore delegato di Banca Intesa, ex vicepresidente di Mediobanca e amministratore delegato di Unipol Gruppo Finanziario fino al 2010.
Il titolo dell’incontro era questo: “L’Italia e l’Europa. Crisi dell’economia e della finanza. Quale comunicazione possibile?” Il titolo dunque, già di per sé eloquente ci introduce all’argomento: la crisi. Da un incontro del genere ci si potrebbero aspettare dei risvolti interessanti, la prospettiva di una soluzione alla crisi economica, un piano di ripresa, un programma di occupazione.
Nel mondo dei sogni, forse.
In realtà ciò che è stato messo in scena davanti agli occhi inermi degli studenti è stato lo scontato e nauseabondo teatrino ultra-eurista, il cui sipario sembra purtroppo ancora lontano dalla chiusura. Dopo una breve introduzione sull’origine della crisi (ricordiamo, originata dal debito privato) siamo in breve giunti al solito copione sentito e risentito. Si parte da un’iniziale paternale all’Italia per non esser riuscita a contrastare la crisi e a rialzarsi, per poi arrivare alle ricette Made in Ue: meno spesa pubblica, più cessioni di sovranità per porre gli Stati sotto i voleri di autorità sovranazionali indipendenti e, dulcis in fundo, “visto che lo Stato NON ha soldi, sono le aziende private che li devono mettere per investire”.
Nemmeno Maga Magó sarebbe riuscita a creare un simile guazzabuglio di definizioni e a metterle insieme in un unico discorso, dunque complimenti al signor Salvatori, che con questo discorso ha dato ragione del suo curriculum di esperto banchiere.
Dato che l’Italia è stata così poco diligente nell’uscire dalla crisi chiediamoci come hanno invece agiscono altri paesi che ne hanno sofferto meno: Usa, Giappone, Inghilterra, ed altri, hanno forse ridotto la spesa pubblica (come propone questo simpatico esponente della grande finanza)? No. L’hanno aumentata, hanno introdotto liquidità per dare impulso all’economia reale e far riprendere i consumi, per far sì che le aziende potessero comprare le materie prime, pagare i dipendenti e che a loro volta potessero spendere i soldi del proprio stipendio e persino riprendere a risparmiare, dato che il settore privato non può stamparsi il denaro a casa; cosa che invece può fare lo Stato, se sovrano ovviamente, senza contrarre debito con nessuno se non con sé stesso (pertanto il debito non esiste).
Ma qui veniamo ad un tasto dolente: le cessioni di sovranità. “Vengono fatte perché c’è bisogno di controllare e coordinare i paesi”. Certo, e queste autorità sovranazionali ed indipendenti cosa sono se non la grande finanza che egli stesso rappresenta in pompa magna?
Tutto torna. Quando poi la fine della relazione è un panegirico magistralmente architettato alla “ripresa” e alle riforme costituzionali, è ormai palese che non c’è più speranza e che ti trovi di fronte al potere finanziario. Da non dimenticare infine, il consueto isterismo qualora si osi paventare una timida ipotesi di uscita dall’euro da parte del pubblico. Non è assolutamente possibile. Perché? Inenarrabili sciagure, onde anomale, invasioni di cavallette. Disgrazie su disgrazie ma nessun fatto o dato a sostegno di questa tesi, anche qui, come da classico copione eurista. Evidentemente, ahinoi, l’uscita dall’€uro non è mai un finale plausibile in un teatro liberista.