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Proseguiamo la nostra serie di video sulla MMT con la seconda parte del Capitolo “I bilanci prima della tua vita”.

Vedremo insieme cosa significa per uno Stato perdere la sua sovranità monetaria e di bilancio, alla luce anche dei recenti fatti di cronaca.

Ti sei mai chiesto cosa rappresenta veramente per te cittadino il debito pubblico ? Sei veramente convinto che il Governo di una nazione deva comportarsi come una famiglia, ossia, spendere di meno di quello che incassa ? Cosa comporta questo per noi settore privato di cittadini ed aziende ? Cosa c’è veramente all’origine della crisi economica iniziata nel 2007, e che ora rischia di inasprirsi nuovamente con conseguenze ancora più gravi ?

Come hanno agito gli Stati dotati di una loro sovranità monetaria per fronteggiare la crisi finanziaria ? Come hanno agito invece l’Italia e l’eurozona ?

A queste ed ad altre domande risponderà il nostro referente economico nazionale Filippo Abbate.

Buona visione ! E buona diffusione !

Di Tiziano Tanari, con la collaborazione di tutto lo staff dei referenti economici dell’Associazione MMT Italia. Postato il 06/03/2020.

Siamo lieti di pubblicare in questa sede il frutto di un lungo e duro lavoro che ha visto coinvolto in primis il nostro Presidente Tiziano Tanari.

Vi presentiamo in esclusiva il Manuale MMT di Macroeconomia per i cittadini, un minipaper che illustra in maniera chiara e sintetica i principi fondamentali della MMT, nonchè le posizioni della nostra Associazione circa l’attuale realtà politica, economica e giuridica in cui versa il nostro Paese. Un documento fondamentale per comprendere il mondo che ci circonda e saper controbattere in maniera efficace alle falsità di economisti e politici mainstream.

Buona lettura !

Clicca qui per scaricare il pdf.

Di Marco Cavedon, postato l’11/03/2019. Fonte: https://mmtveneto.wordpress.com/2019/03/11/i-nuovi-provvedimenti-del-governo-giallo-verde/ I nuovi provvedimenti del governo “giallo-verde” possono veramente definirsi una svolta ? Oggi analizzeremo le tre principali misure con le quali il governo Lega – Movimento 5 Stelle si è prefissato di risolvere i problemi economici del nostro paese, e cercheremo di capire se le cose stanno veramente […]

Di Marco Cavedon (postato il 09/10/2018)
Fonte: https://mmtveneto.wordpress.com/2018/10/09/nota-di-aggiornamento-al-def-2018/

Puntuali anche quest’anno arriviamo alla nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (DEF), che il governo è tenuto a presentare alle istituzioni dell’Unione Europea in vista della stesura della Legge Finanziaria prevista per fine anno.
Si tratta di una delle procedure previste dal Semestre Europeo, una serie di regole entrate in vigore dal 2010 con l’obiettivo dichiarato di favorire il coordinamento in ambito economico delle diverse nazioni europee. Questo tradotto in termini concreti significa ulteriori cessioni di sovranità in ambito UE e l’impossibilità da parte dei singoli stati di varare in autonomia manovre a seconda della specificità della situazione economica di ciascun paese.
Ma come si raffronta il nuovo governo Lega e Movimento 5 Stelle con questo importante appuntamento, in cui è chiamato a comunicare alla popolazione italiana le manovre che intenderà mettere in atto per rispondere alle sue esigenze ?
Purtroppo in questo come in molti altri casi il nuovo governo, soprattutto per quanto riguarda la componente della Lega, non sta affatto mantenendo le promesse fatte per anni di tutelare in primis l’interesse della nostra nazione e lo vediamo dai seguenti dati, tratti proprio dalla Nota di Aggiornamento al DEF 2018 appena pubblicata.
indicatori_def_2018
Per l’anno in corso viene certificata una drastica riduzione del deficit pubblico all’1,8% del PIL, per poi concedere un lieve respiro per il 2019 (2,4% del PIL, lo stesso valore del 2017) e ritornare quindi a ridurre sia deficit che debito fino al 2021. Chi legge questo blog sa cosa significa in verità il deficit ed il debito pubblico in macroeconomia e pertanto le manovre economiche che il “nuovo governo” si appresta a varare non saranno per nulla efficaci per il sostegno della nostra economia, anzi.
Una spesa a defcit (e cioè un conferimento di risorse al settore privato) pertanto del tutto insufficiente per determinare una solida ripresa della nostra economia e risolvere tutta una serie di problemi , quali la povertà dilagante ed in aumento, la differenza di disoccupazione tra nord e sud Italia, una tassazione molto elevata che soffoca domanda ed investimenti. Tanto per citare un dato, la sola flat tax promessa dalla Lega in campagna elettorale comporterebbe un deficit da parte dello stato pari a circa 63 miliardi, mentre il deficit totale promesso per il 2019 non ammonta nemmeno a 44 miliardi. Il tutto senza calcolare le spese extra necessarie per la riforma del sistema pensionistico (che il Governo stima costerà come minimo 6-8 miliardi), il reddito di cittadinanza promesso dal Movimento 5 Stelle (che costerebbe almeno 16 miliardi), le centinaia di miliardi di euro che sarebbero necessari per la ricostruzione delle zone distrutte dai terremoti, la riqualificazione degli edifici in funzione antisismica, una manutenzione efficace delle nostre infrastrutture, cosa più che mai necessaria dati anche i recenti fatti di cronaca e le ingenti risorse necessarie per garantire pensioni dignitose a tutti.
Quel che è ancora peggio è il dato previsto per l’avanzo primario, che considera le entrate meno la spesa pubblica non impiegata per il pagamento dei titoli di debito. Si tratta di risorse che lo stato italiano dall’inizio degli anni ’90 sottrae all’economia reale, per conferirle soprattutto alle grandi banche di investimento nazionali e straniere che prestano il denaro che il governo non più sovrano non può creare dal nulla, arricchendo al netto con la spesa pubblica il settore di famiglie ed aziende. Questo dato è previsto in forte aumento nel 2018, per poi attestarsi ad un valore pressoché pari al 2016 e al 2017 nel 2019 e quindi tornare a salire negli anni successivi.
E che manovre attuerà il governo per continuare a rispettare i vincoli europei ? E’ presto detto. Un contributo verrà infatti dato dalle dismissioni del patrimonio pubblico (leggasi privatizzazioni), come descritto a pagina 6: si parla di entrate per lo 0,3% del PIL (circa 5 miliardi e mezzo) all’anno fino al 2020 ed esse andranno ad alimentare il Fondo di Ammortamento del Debito Pubblico, ulteriore testimonianza di come il governo intende sottrarre risorse all’economia reale per conferirle a quella finanziaria, ovvero ai mercati dei capitali che prestano allo stato ogni singolo euro che spende. E non è una sorpresa, considerando i trascorsi dell’attuale Ministro per gli Affari Europei Paolo Savona.
Altre entrate e tagli sono descritti in dettaglio nella seguente tavola presa dalla pagina 118 della nota di aggiornamento al DEF 2018. Evidenziamo le principali misure, assieme ad altre tipiche dell’ideologia neoliberista che permea anche l’azione di questo governo.
DEF2018
In conclusione, davvero non delle buone premesse per un governo che si dipinge come “del cambiamento”.
Clicca qui per scaricare e leggere l’intero documento.

di Mario Volpi
Ad oggi abbiamo almeno due certezze:
1) l’unico modo per uscire dalla crisi è quello di aumentare il disavanzo primario
2) tutti i governi italiani, dal 1992 ad oggi, hanno realizzato avanzi primari (ad eccezione del 2009).

anno 1992 – saldo primario +1.9% AVANZO
anno 1993 – saldo primario +2.1% AVANZO
anno 1994 – saldo primario +1.5% AVANZO
anno 1995 – saldo primario +3.9% AVANZO
anno 1996 – saldo primario +4.4% AVANZO
anno 1997 – saldo primario +6.2% AVANZO
anno 1998 – saldo primario +4.8% AVANZO
anno 1999 – saldo primario +4.6% AVANZO
anno 2000 – saldo primario +4.8% AVANZO
anno 2001 – saldo primario +2.7% AVANZO
anno 2002 – saldo primario +2.4% AVANZO
anno 2003 – saldo primario +1.6% AVANZO
anno 2004 – saldo primario + 1% AVANZO
anno 2005 – saldo primario +0.3% AVANZO
anno 2006 – saldo primario +0.9% AVANZO
anno 2007 – saldo primario +3.2% AVANZO
anno 2008 – saldo primario + 2.2% AVANZO
anno 2009 – saldo primario -0.9% DISAVANZO (grazie a DIO!)
anno 2010 – saldo primario 0.0% PAREGGIO
anno 2011 – saldo primario +1.2% AVANZO
anno 2012 – saldo primario +2.2% AVANZO
anno 2013 – saldo primario +2.0% AVANZO
anno 2014 – saldo primario +2.2% AVANZO
anno 2015 – saldo primario +2.0% AVANZO
anno 2016 – saldo primario +1.5% AVANZO
Record mondiale di avanzi primari in 24 anni!
Non esistono altri governi al mondo che hanno massacrato in tal misura i propri cittadini e le proprie imprese.
E cosa ci ha chiesto la Commissione europea?
Una correzione di 0.2 punti di Pil… perchè per loro non è abbastanza.
e per il 2017 ed il 2018?
Gli avanzi primari saranno ancora maggiori… scritto nero su bianco nel DEF.

Documento da inviare a giornalisti, commentatori, politici. Tutti i dati dal 2013 al 2018 voluti e firmati da Renzi e Padoan su tasse e pressione fiscale prevista in aumento fino al 43,6% nel 2016. Altro che Rottamatore: così si “rottama” la speranza

Il settore privato composto da famiglie e imprese, al netto degli interessi passivi (che solo in minima parte ricadono poi nel sistema economico reale) nel 2018 dovrà garantire gli interessi dei detentori di titolo di Stato con 64 miliardi di tasse pagate superiori alla spesa pubblica

Fonte: Me-mmt Veneto
Le 7 Frodi Capitali dell’Economia Neoliberista (parte 5 di 7)
Stato come buon padre di famiglia.
Riassumendo i capitoli precedenti, abbiamo visto come il debito pubblico in realtà non corrisponde al debito del settore di cittadini ed aziende, bensì al suo credito, le tasse non sono un strumento che ha lo scopo di finanziare la spesa pubblica, mentre inflazione e svalutazione non sono legati alla spesa pubblica e non necessariamente incidono negativamente sul potere di acquisto e sui parametri economici di una nazione.
Ora occupiamoci di una altro falso mito (strettamente legato agli altri) che quotidianamente ci viene propinato da tutti i media e i giornali, ossia, la presunta necessità dello stato di comportarsi come un buon padre di famiglia, ossia, come un qualsiasi attore economico del settore privato che prima di spendere deve guadagnare e che necessariamente deve gestire un bilancio di entrate maggiori delle uscite.
Abbiamo già visto nei capitoli 1 e 2 come in verità uno stato a moneta sovrana non necessiti affatto delle entrate per poter spendere, anzi, esso deve prima spendere per poi poter raccogliere, in quanto il settore privato non può generare ricchezza finanziaria al netto.
Nonostante ciò la spesa pubblica viene spesso definita come un reale problema, come un qualcosa che ostacola l’espansione del settore privato, in quanto deve essere finanziata con risorse reali prodotte dal nostro lavoro, concetto che nella realtà dei fatti non è applicabile alla realtà dei macrobilanci contabili di uno stato sovrano.
L’Italia per fare un esempio calzante viene descritta come una realtà di forte spesa pubblica, che ha causato un elevato debito pubblico che in quanto tale dovrà essere ripagato, causando dei danni seri all’espansione del settore privato.
Innanzitutto vediamo come le cose non stanno affatto in questi termini e a tal riguardo analizziamo il grafico sottostante, che riporta l’andamento della spesa totale delle amministrazioni pubbliche dell’Italia confrontato con la media europea:

Spesa

Vediamo come in realtà durante tutti gli anni dal 1960 fino alla fine degli anni ’80 del secolo scorso, il nostro paese abbia spesa in rapporto al PIL (Prodotto Interno Lordo) meno della media europea, per poi salire ad un livello leggermente superiore a partire dagli anni ’90.
Questo tipo di spesa (spesa totale) tiene però conto sia della spesa dello stato nell’economia reale (stipendi pubblici, beni e servizi) sia della spesa per interessi sul debito pubblico, la quale, a causa dell’ingresso nello Sme e del Divorzio tra Banca Italia e Ministero del Tesoro avvenuto nel luglio del 1981, crebbe molto a partire da allora. Quest’ultima è una tipologia di spesa che finisce esclusivamente nelle tasche dei possessori di debito pubblico, che ora sono soprattutto banche italiane e anche straniere:
http://scenarieconomici.it/i-tassi-di-interesse-sul-debito-pubblico-corrodono-leconomia-italiana/
Di seguito si riporta l’andamento dei tassi di interesse sul debito pubblico italiano (vedere l’andamento del tasso di interesse nominale):

Tasso
Fonte: elaborazioni su dati Eurostat

Come si evince dai dati di cui sopra, il tasso di interesse nominale negli anni ’80 e ’90 arrivò a ad essere anche a due cifre, molto più elevato di quello odierno; nonostante ciò non si udivano grandi voci circa il nostro concreto rischio di fallimento e circa la necessità di ridurre il debito pubblico. Anzi, le stesse agenzie di rating che oggi ci declassano, apprezzavano a quei tempi l’Italia come una delle economia leader dell’Unione Europea, come dimostra questo articolo riportato da Repubblica Economia e Finanza:

Repubblica

Negli anni ’90 avevamo una nostra valuta fiat e uno stato a moneta sovrana si rammenta che non può mai realmente incorrere nel rischio di insolvenza su una valuta da lui stesso emessa, se non per pure motivazioni politiche o ideologiche.
Riprendendo il discorso di cui sopra, fino agli anni ’90 avevamo una spesa sul PIL che era minore della media europea; quello che era superiore rispetto ad altre economie avanzate europee era la spesa in deficit, ossia, la differenza tra ciò che lo stato spende e incassa nell’arco annuale. Di seguito si riporta l’andamento del debito pubblico (somma dei deficit annuali) dell’Italia confrontato con quello delle altre economie europee:

Debito
Fonte Banca Italia.

A fronte di tale andamento, in base ai criteri dell’economia neoclassica noi dovremmo essere stati uno stato sull’orlo del baratro, della rovina economica e invece eravamo una delle economie leader a livello mondiale ed europeo, come riportato dal seguente grafico (dati del FMI):

PIL_1990

L’Italia di fatto, nonostante l’alta spesa pubblica (che da poco aveva iniziato ad essere superiore alla media europea) e l’elevato debito pubblico (vedere grafici sopra) era la quinta potenza economica mondiale (per India, Cina e Brasile il PIL nel 1990 era inferiore ai 500 miliardi di dollari), con un PIL di poco inferiore a quello della Germania e soprattutto a quello della Francia e di poco superiore a quello del Regno Unito.
Da notare inoltre che l’elevata spesa in deficit per interessi sui titoli di stato di fatto finiva soprattutto nelle tasche delle famiglie italiane negli anni ’80 (il 57% del totale), come testimoniano i dati sotto riportati:

Debito_comp

Fonte: Elaborazione su Dati ISTAT e Banca d’Italia.
La spesa pubblica in deficit pertanto non costituiva un problema per noi, anzi, in virtù del fatto che l’Italia era uno stato sovrano (emissore della sua valuta), essa era la nostra ricchezza (vedere anche http://www.memmtveneto.altervista.org/frodi2.html) e lo si evince anche dai dati dell’OCSE sul risparmio medio annuale delle famiglie, già illustrati nel capitolo 3 di questa serie (http://www.memmtveneto.altervista.org/frodi3.html) e che qui richiamiamo:

Risparmio

Nonostante alta spesa pubblica e alto deficit l’Italia del 1990 era ancora il paese più ricco rispetto tutte le economie avanzate con un 25,5% di risparmio netto annuo, a testimonianza del fatto che, come afferma l’economista britannico Wynne Godley, un flusso finanziario necessariamente inizia da una parte ed arriva ad un’altra (in questo caso parte dalla spesa dell’Italia sovrana ed arriva nelle tasche di cittadini ed aziende).
A partire dall’inizio degli anni ’90 invece l’Italia iniziò ad attuare tutte quelle riforme strutturali che l’Europa ci impose (tramite il trattato di Maastricht) al fine di entrare nell’Eurozona e non a caso da allora iniziò una stabilizzazione della spesa pubblica (minore aumento rispetto ai decenni precedenti, vedere primo grafico in alto) e del debito pubblico (che da allora diminuì, vedere terzo grafico in alto).
Di seguito si riporta il dato della spesa primaria in avanzo che il nostro governo iniziò ad attuare a partire dal 1992: ciò significa che ogni anno lo stato spende per l’economia reale di meno di quello che drena con la tassazione (la spesa primaria non include la spesa per interessi sul debito pubblico):

Avanzo

In tali condizioni, l’unica possibilità per il settore non governativo di ottenere nuova ricchezza finanziaria al netto è il ricorso alle esportazioni nette e ciò con una moneta sovrana che era ancora possibile svalutare di fatto non era un problema (negli anni ‘90 la nostra bilancia commerciale era in attivo). Con l’adozione di una moneta sopravalutata come l’euro anche la nostra bilancia commerciale andò in passivo e l’unico paese europeo che trasse un vantaggio da tale situazione fu quello più forte economicamente, ossia la Germania. Sotto si riporta l’andamento delle partite correnti (bilancio import-export e trasferimento di lavoratori) del 1996 (in piena fase pre-euro) e del 2011 (in piena fase post-euro):

Ca_1996
CA_2011

Non a caso negli anni 2000 (con diminuzione del debito pubblico, persistenza dell’avanzo primario e saldo delle partite correnti negativo) la crescita della ricchezza netta delle famiglie si arrestò a partire dalla crisi finanziaria (2007) e quello che aumentò in maniera spropositata fu l’indebitamento privato (+140% a partire dal 2000, vedere grafico sotto):

Debito_famiglie

Di fatto l’unico sistema per le famiglie italiane di ottenere nuova ricchezza era ricorrere ad un maggiore indebitamento col settore della finanza privata e ciò è quello che è avvenuto.
Vediamo ora anche il dato dell’andamento del risparmio delle famiglie nell’arco annuale (dati OCSE):

Risparmio

Il dato praticamente è peggiorato di anno in anno, rispetto quando avevamo fino all’inizio degli anni ’90 il più alto risparmio delle famiglie al mondo (con debito pubblico maggiore, disavanzo primario, maggiore inflazione e addirittura bilancia commerciale in passivo).
Vediamo ora la posizione dell’Italia odierna nella graduatoria delle maggiori economie al mondo in termini di PIL:

PIL_2012

L’Italia non è più al quinto posto ma all’ottavo, superata anche da paesi classificati come emergenti quali Cina e Brasile e superata anche dal Regno Unito, che ricordiamo nel 1990 era ad un livello di PIL inferiore al nostro.
La costrizione delle finanze pubbliche pertanto non rende un paese più efficiente e benestante, anzi, ne peggiora tutti i parametri economici che contano (quelli relativi alla vita reale delle persone).
E i nostri “cugini” europei (la maggioranza dei quali ha sottoscritto i parametri di Maastricht) non se la cavano certo meglio di noi:

PIL_EI
Variazione percentuale del PIL italiano e dell’Unione europea a prezzi costanti rispetto all’anno precedente. Dati: Eurostat e Istat. Nota: Il dato del 2013 è una previsione.

Lo stato che si comporta come il “buon padre di famiglia” pertanto non agisce in modo equo e responsabile, bensì distrugge la ricchezza finanziaria e reale della sua popolazione, obbligandola a lanciarsi nella corsa al super export (con tutti i danni che ne derivano in termini di deflazione salariale e abbattimento della domanda interna) e/o all’indebitamento privato.
Cliccare qui per scaricare il documento in “pdf”.

Tanta propaganda ma i dati presenti nel Def non lasciano dubbi: tra maggiore imposizione fiscale e minore spesa pubblica anche Padoan sarà re dell’austerità. Avanzo Primario a 40 miliardi.

Pareggio di bilancio, avanzo primario, monopolio della moneta, titoli di stato, crisi del debito privato: piccola guida