Notizie e fatti di cronaca da tutto il mondo commentati dal punto di vista della MMT.
Cosa avviene nei Paesi extraeuropei ? Come viene gestita l’economia nelle altre nazioni del mondo ? In conclusione, qual è l’opinione della MMT circa le decisioni e le manovre attuate da governi, banche centrali e altre istituzioni ?
Quali sono i principali giornali che parlano di economia a livello globale ? Chi sono i giornalisti e gli opinionisti più importanti ? Come pensano deva essere gestita l’economia ? Qual è la loro opinione sulla MMT ? Di conseguenza, qual è la posizione della MMT circa i media diffusi a livello globale ? E ancora, che influenza hanno i media sulle idee delle persone comuni e sulle politiche dei governi ?
Chi sono gli economisti più importanti a livello internazionale ? Che opinioni hanno sull’economia e sulla MMT ? Cosa scrivono ? Di conseguenza, che influenza hanno sulle politiche economiche dei governi ? In conclusione, qual è l’opinione della MMT circa le idee di questi economisti ?
Chi sono gli economisti MMT di tutto il mondo ? Che opinioni hanno ? Cosa pensano circa le decisioni attuate dai governi e da altre istituzioni, quali le banche centrali ? Di conseguenza, che opinione hanno sull’Unione Europea e sulle altre organizzazioni internazionali ? In conclusione, qual è stato e qual è il loro contributo circa la diffusione della MMT nel nostro e in altri Paesi ?
Quali sono le principali organizzazioni internazionali ? Che idee portano avanti sull’economia, che decisioni prendono ? Qual è la visione della MMT circa queste organizzazioni ?
Quali sono i principali trattati a livello internazionale ? Su quali politiche si basano ? Che opinione ha la MMT circa questi trattati ? Quali sono i principi su cui si fondano i trattati internazionali ? Di conseguenza, questi principi sono compatibili con quelli della Costituzione italiana ? Quali sono le conseguenze dell’applicazione dei trattati nel nostro e in altri Paesi ?
Postato il 04/06/2019. Documento redatto dal Comitato Scientifico MMT, in risposta all’articolo de l’”Avvenire” intitolato “La nuova teoria «MMT». La spesa pubblica senza freni, l’idea Usa che seduce e spaventa“, del 25 Aprile 2019. Questo scritto vuole rappresentare l’inizio di un dibattito serio e costruttivo sulla MMT all’interno del mondo dei media nazionali. Ci siamo […]
Di Marco Cavedon. Fonte: http://memmtveneto.altervista.org/articoli/contatore_debito.html Dal 13 febbraio 2018 fino alla fine della campagna elettorale, sugli schermi Maxi-Led delle stazioni di Milano Centrale, Roma Termini e Roma Tiburtina è apparso il “contatore del debito pubblico” di cui all’immagine sopra. Si tratta di un’iniziativa promossa dall’Istituto Bruno Leoni (che di seguito per semplicità chiameremo IBL), una think tank neoliberista nata nel 2003 […]
di Domenico Viola
ELEZIONI PRESIDENZIALI USA DEL ’32 E IL PICCOLO PARALLELISMO CON LE IMMINENTI ELEZIONI ITALIANE. QUANDO HAI TROPPI HOOVER E NESSUNA PROPOSTA DI NEW DEAL.
Durante la campagna presidenziale americana per le elezioni del 1932, in piena Grande Depressione, periodo in cui la gente letteralmente moriva di fame, il presidente Hoover parlava di “unicorni ed arcobaleni“, come direbbero da queste parti, ossia del nulla. Hoover, il quale in quattro anni non era riuscito a tirare fuori dall’inferno della depressione il popolo americano, parlava della necessità che business leaders, banchieri, agricoltori e lavoratori ritrovassero “fiducia” nel futuro e che era solo una questione di tempo che alcune delle sue misure portassero i benefici sperati. Il solito “we just need more time“. In aggiunta a questo, Hoover sottolineava la necessità di Balance the budget, pareggiare il bilancio del governo, fare pareggio di bilancio, austerità. Al contrario, durante la stessa campagna elettorale, Roosevelt parlò della sua intenzione e di quella della sua squadra di implementare un New Deal.
Ecco: secondo voi chi è che vinse?
Addirittura, il 18 Febbraio del ’33, durante il periodo del cosiddetto “Interregnum” durato tra il novembre del ’32 e il marzo del ’33, Hoover fece inviare una sua lettera a Roosevelt da un agente dei servizi segreti presso l’Hotel Astor di New York. In questa lettera, tra le varie cose che raccomandò al quasi presidente Roosevelt, ci fu quella di rassicurare il popolo che non vi sarebbe stata inflazione della valuta e che… il bilancio sarebbe stato mantenuto in pareggio!
Ebbene, Roosevelt “se ne sbatté” dei deliri di quest’uomo e implementò il New Deal mediante il quale creò in pochi mesi milioni posti di lavoro. Il New Deal, come afferma il mio professor Randall Wray, rianimò letteralmente gli Stati Uniti e portò un Paese, che durante gli anni della Grande Depressione era messo forse peggio della Grecia di oggi, nel XX secolo. Addirittura di molte delle cose che furono fatte e prodotte durante il New Deal il popolo americano ne ha beneficiato per decenni e ne beneficia ancora oggi. Lo Stato in quegli anni spese in deficit e il settore privato delle famiglie ed imprese si ritrovò sul suo bilancio dei crediti netti o attivi finanziari reali e ebbe a godere di beni reali, altro che debiti!
Bene: immaginate un po’ che ad oggi in Italia abbiamo tanti Hoover che si presentano alle elezioni e che nessuno ha parlato della impellente urgenza e necessità di fare un New Deal 2.0. Ma tutti vi parlano di ridurre il debito pubblico. SHUT THE FUCK UP!
“Questi economisti furono totalmente smentiti dai fatti e non riuscirono minimamente a prevedere le conseguenze catastrofiche della deregolamentazione del mercato del lavoro e della deregolamentazione finanziaria che essi avevano promosso”
di Maria Luisa Visone, fonte sienanews.it/economia
Il 13 luglio 2012 l’agenzia MOODY’S declassava il rating dei titoli di Stato italiani da A3 a Baa2, con outlook negativo, ovvero, non escludendone una possibile revisione al ribasso nei successivi 24 mesi. Una data storica per il debito pubblico dell’Italia, dopo l’ingresso nel rating della lettera B di gennaio dello stesso anno, deciso da STANDARD & POOR’S e quello di FITCH del successivo marzo 2013. Mancava all’appello il giudizio nella stessa direzione di DBRS, l’agenzia di rating considerata nella rosa delle quattro più importanti, arrivato lo scorso 13 gennaio: declassamento da A- a BBB+.
Conseguenze sul sistema bancario italiano
Le banche europee si finanziano presso la Bce e vengono considerate meritevoli in base alle garanzie prestate, attraverso il collaterale. Il loro merito creditizio si traduce in maggiori o minori costi da sostenere per ricevere liquidità. Con la perdita dell’ultima A rimasta, la quantità dei titoli di Stato da dare in pegno per l’Italia passa dal livello 2 al livello 3. In pratica, prima il taglio (haircut) per un Bot era di 0,5% e per un Btp a 10 anni del 5%; oggi, rispettivamente, è del 5% e del 13%. Quindi, minore quantità di denaro in prestito per il sistema bancario italiano, a fronte della stessa quantità di titoli di Stato in garanzia. O, in alternativa, maggiore quantità di titoli di Stato da dare in garanzia, per mantenere lo stesso livello di finanziamento.
La decisione di DBRS conferma l’Italia “sorvegliato speciale per l’Europa” e rende maggiormente vulnerabile il suo sistema bancario, poiché le nostre banche detengono in portafoglio un gran numero di titoli di Stato.
Consideriamo, inoltre, che nel 2017 sono previste emissioni lorde di titoli di Stato di entità significativa, pari a circa 260 miliardi di euro complessivi. Riappare, di conseguenza, il fantasma della necessità di una maggiore spesa per interessi da sostenere, derivante da un probabile aumento dei tassi, conseguenza diretta del peggioramento del rischio emittente, su cui tutte le agenzie di rating sono concordi.
Si affaccia anche un ulteriore rischio: quello di assistere a uno spostamento degli investitori verso l’acquisto di titoli di Stato di altri Paesi, ritenuti più affidabili, come, ad esempio quelli spagnoli.
Così l’Italia sembra avvolgersi su se stessa intorno a una spirale che si autoalimenta.
Se fosse lo Stato ad emettere la valuta in cui sono denominati i suoi titoli dati in pegno dalle banche, però, cambierebbe la situazione. Il sistema bancario risulterebbe maggiormente tutelato, perché le banche per finanziarsi presso la banca centrale nazionale cederebbero titoli denominati nella valuta di cui lo Stato ha il monopolio. E, nell’ipotesi di un peggioramento del rating, la banca centrale nazionale non avrebbe bisogno di tagliare l’haircut, chiedendo più titoli in garanzia per la stessa liquidità concessa, dal momento che l’emittente, alla scadenza dei suoi titoli, onorerebbe senza problemi l’impegno al rimborso, esercitando il potere di emissione monetaria. In sintesi, si annullerebbe il rischio di solvibilità.
Tuttavia, il monopolio dell’emissione monetaria appartiene alla Bce e non ai singoli paesi dell’Eurozona. E la Bce non può esimersi dalla valutazione del merito creditizio dei richiedenti, come avviene per un qualsiasi privato che chiede un prestito a una banca.
La domanda è: di fronte a una vulnerabilità così crescente, è da prendere in considerazione una scelta politica, auspicata da più parti, che ripristini il potere di emissione monetaria nazionale.
Per “salvare” Monte dei Paschi di Siena l’Italia rischia di accedere ad un prestito del Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità, cosiddetto Fondo Salva Stati) il quale chiederà in cambio il rispetto di “condizionalità”: si tratta dunque di un ulteriore atto di commissariamento dell’Italia.
Se si pensa inoltre a cosa è il Mes, viene da ridere. Gli Stati aderenti hanno chiesto in prestito alle banche private del denaro, pagando gli interessi richiesti, e hanno girato al Mes i fondi raccolti (per l’Italia 14 miliardi, per ora). Questi fondi dunque già soggetti ad interessi passivi per l’Italia potrebbero essere dunque di nuovo richiesti, con ulteriore aggravio sia in termini economici sia, appunto, di vincoli alla sovranità nazionale.
Pazzia finanziaria.
Intanto gli italiani si dividono tra chi critica l’aiuto dello Stato per evitare il fallimento di Monte dei Paschi e invoca il cosiddetto bail-in, e chi invece giustifica l’intervento pubblico sia in virtù dell’articolo 47 della Costituzione sia perché consapevole che lasciare totalmente la gestione del risparmio al mercato privato significherebbe aumentare eccessivamente i rischi e far incartare il sistema del risparmio.
Tuttavia sappiamo come agiscano le nazioni fuori dal mondo dorato dell’Eurozona. Gli interventi pubblici per salvare le banche vengono effettuati senza l’aumento di un solo centesimo della tassazione e senza il taglio di servizi pubblici.
Chi si allarma allora per l’intervento pubblico, dovrebbe mettere il naso al di là della cortina di ferro dell’Eurotower, e vedere come funzionano le cose nelle iper-capitalistiche nazioni degli Stati Uniti o della Gran Bretagna, ad esempio.
Noi di MMT Italia chiediamo soltanto che ciò che viene realizzato per salvaguardare il sistema finanziario venga realizzato anche a favore di famiglie, lavoratori e imprese, che non debbono vivere delle esistenze sofferte a causa di decisioni politiche mascherate da leggi naturali.
Se non credete a quello che abbiamo appena scritto, basti guardare per conferme questa breve intervista dell’ex governatore della Fed Ben Bernanke, in cui viene spiegato in che modo la banca centrale degli Stati Uniti è intervenuta per evitare il collasso del sistema bancario nazionale senza aumentare di un cent il livello dell’imposizione fiscale.
Prima del voto inglese media e organismi internazionali prevedevano un crollo dell’economia. Ma adesso tutti gli indicatori economici sono migliori rispetto a tre mesi fa. Eppure in Italia si sta assistendo allo stesso schema di terrorismo informativo, paventando scenari di crisi in caso di vittoria del “No” sul referendum costituzionale