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Innocente Truffa Mortale – 2

Spendendo a deficit lasciamo il peso del debito ai nostri figli.

I fatti:

Nel complesso, in termini reali, non esiste questa possibile zavorra. Debito o non debito, i nostri figli potrebbero consumare qualunque cosa essi producano.

Questa innocente truffa mortale è spesso la prima risposta che la maggior parte delle persone offre a quello che esse percepiscono come il problema principale associato alla spesa pubblica a deficit. Un prestito significa pagare domani la spesa di oggi, o, come si  vede comunemente nei media:

Deficit maggiori oggi significano tasse più alte domani.

Pagare in seguito significa che, in qualche modo, gli standard di vita reali e il benessere generale dei nostri figli diminuiranno nel futuro a causa della spesa a deficit [effettuata, ndt] nel presente.

Gli economisti professionisti chiamano questo fenomeno il problema del debito “inter-generazionale”. Si ritiene che quando il governo federale spenda a deficit, stia in qualche modo facendo sì che la reale zavorra delle spese odierne sarà pagata dalle generazioni future.

E i numeri sono scioccanti!

Ma, fortunatamente, come tutte le sette innocenti truffe mortali, questa può essere smontata del tutto in una maniera facilmente comprensibile. In realtà, l’idea dei nostri figli che vengono necessariamente privati di beni e servizi reali nel futuro, a causa di quello che viene chiamato debito pubblico, è quantomeno ridicola.

Ecco una storia che illustra la questione. Molti anni fa, mi sono imbattuto in un ex senatore e governatore del Connecticut, Lowell Weicker, e sua moglie Claudia, in un porto a St. Croix. Ho chiesto al governatore Weicker cosa ci fosse di sbagliato nella politica fiscale del Paese. Lui ha replicato che avremmo dovuto smettere di contrarre questi deficit che lasciano il fardello del pagamento delle spese di oggi ai nostri figli.

Perciò, gli ho posto alcune domande, sperando di evidenziare le lacune celate nel suo ragionamento: “quando i nostri figli costruiranno 15 milioni di automobili all’anno, da qui a 20 anni, dovranno rimandarle indietro nel tempo fino al 2008 per ripagare il loro debito? Per caso noi stiamo ancora rimandando beni e servizi reali indietro nel tempo fino al 1945, per ripagare il debito residuo della seconda guerra mondiale?”

Oggi, candidandomi per il Senato USA nel Connecticut, [ho capito come, ndt] nulla sia cambiato. La tesi ricorrente degli altri candidati è che ci stiamo indebitando con [paesi quali, ndt] la Cina per finanziare la spesa di oggi, e che stiamo lasciando ai nostri figli e nipoti il conto da pagare.

Ovviamente, sappiamo tutti che non stiamo mandando beni e servizi reali indietro nel tempo per ripagare i deficit del governo federale, e che nemmeno i nostri figli dovranno farlo.

Non vi è alcuna ragione per cui la spesa pubblica degli anni precedenti dovrebbe impedire ai nostri figli di andare a lavorare e produrre tutti i beni e servizi possibili. In futuro, i nostri figli, proprio come oggi, potranno andare al lavoro, produrre e consumare il loro output reale di beni e servizi, a prescindere da quanti buoni del Tesoro americani non siano ancora stati pagati. Non esiste qualcosa come il destinare l’output dell’anno in corso al passato, e rimandarlo indietro nel tempo alle generazioni precedenti. I nostri figli non potranno ripagarci, per nessuna cosa che gli lasciamo, nemmeno se volessero.

Allo stesso modo, finanziare il pagamento di qualcosa con spesa a deficit non porta ad alcuna particolare conseguenza. Quando il governo spende, modifica delle cifre al rialzo in conti correnti bancari. Più specificamente, tutte le banche commerciali che utilizziamo per le nostre operazioni quotidiane detengono conti correnti presso la Fed, chiamati conti di riserva; anche i governi esteri detengono conti di riserva presso la Fed. Questi conti di deposito presso la Banca Centrale sono simili ai conti correnti di qualsiasi altra banca.

Quando il governo spende senza tassare, tutto ciò che fa è aumentare delle cifre nei “conti correnti” che le banche hanno presso la Fed. Ciò significa che quando essa effettua un pagamento in vostro favore di $2000, per la previdenza sociale ad esempio, sta aumentando di $2000 le cifre del conto corrente della vostra banca presso la Fed, il che automaticamente aggiunge $2000 al vostro conto presso la vostra banca.

Poi, dovete capire cos’è realmente un buono del Tesoro: nulla in più di un “libretto di risparmio” presso la Fed. Quando comprate un buono del Tesoro, inviate del denaro alla Fed e, in un tempo futuro, essa vi restituisce quella quota capitale più gli interessi. La stessa cosa vale per un libretto di risparmio presso qualsiasi altra banca: cedete dei soldi alla banca e, in cambio, vi viene restituito quel denaro più gli interessi. Poniamo che la vostra banca voglia investire $2000 in buoni del Tesoro. Per far eseguire il pagamento dei buoni, la Fed riduce di 2000 il numero di dollari che la vostra banca ha a disposizione nel suo conto corrente Fed, e aggiunge $2000 al libretto di risparmio Fed della vostra banca (chiamo i buoni del Tesoro per quello che sono, cioè “libretti di risparmio”).

In altri termini, quando il governo compie quello che viene detto “indebitamento”, tutto ciò che fa è movimentare dei fondi da conti correnti presso la Fed, ad altri libretti di risparmio presso la Fed. Di fatto, l’intero ammontare dei $13 trilioni di debito pubblico è il totale delle quote dei libretti di risparmio presso la Fed.

E che cosa accade quando i buoni del Tesoro scadono, e il “debito” deve essere ripagato? Sì, avete indovinato: la Fed sposta semplicemente il saldo di denaro dal libretto di risparmio (buoni del Tesoro) al conto di deposito della banca presso la Fed. Questa non è nemmeno una novità: si fa esattamente così da molto tempo e nessuno sembra capire quanto sia semplice e che non sarà mai un problema.

La tassazione e la spesa pubblica influenzano la redistribuzione

La redistribuzione riguarda i destinatari di tutti i beni e servizi che vengono prodotti. Di fatto, questo è ciò che fanno i politici ad ogni cambio di legislatura: essi re-indirizzano beni e servizi reali per decreto, a destinazioni migliori o peggiori a seconda dei casi. Le possibilità di destinare [beni e servizi in maniera, ndt] migliore sono sostanzialmente inferiori, se non comprendiamo le sette innocenti truffe mortali. Ogni anno, ad esempio, il Congresso discute di politica fiscale puntando gli occhi sulla redistribuzione di redditi e spese. Molti mirano a tassare quelli che “possono permetterselo” e indirizzano la spesa pubblica a coloro che “ne hanno bisogno”. Ed essi decidono anche come e quanto tassare gli interessi, le plusvalenze finanziarie, gli immobili, così come la tassazione dei redditi. Tutti questi sono problemi redistributivi.

Inoltre, il Congresso decide chi viene assunto e licenziato dal governo, i venditori da cui esso deve rifornirsi e chi è destinatario dei pagamenti diretti. Il Congresso emana anche le leggi che influenzano direttamente molti altri aspetti dei prezzi e dei redditi.

Gli stranieri che possiedono dollari USA sono particolarmente a rischio. Essi guadagnano quei dollari vendendoci beni e servizi reali, ma non hanno la sicurezza di poter comprare beni e servizi reali da noi in futuro. I prezzi potrebbero alzarsi (inflazione) e il governo degli USA potrebbe legalmente imporre tutti i tipi di tasse su qualunque cosa che gli stranieri vogliano comprare da noi riducendo il loro potere d’acquisto.

Pensate a tutte le automobili che il Giappone ci ha venduto per meno di $2.000 alcuni anni fa. I giapponesi hanno sempre detenuto quei dollari nei conti di deposito presso la Fed (possiedono titoli di Stato USA), e se ora volessero spendere quei dollari per comprare auto da noi, probabilmente dovrebbero pagare più di $20.000 a macchina. Come possono rimediare all’innalzamento dei prezzi? Chiamare il manager e lamentarsi? Ci hanno venduto milioni di automobili perfette in cambio di aperture di credito sui libri contabili della Fed, con cui possono comprare solo ciò che noi gli consentiamo. E osservate cosa è accaduto di recente: il taglio dei tassi della Fed che hanno ridotto gli interessi percepiti dal Giappone sui suoi titoli di Stato USA (questa discussione prosegue più avanti, nella trattazione di un’altra truffa innocente).

Tutto ciò è perfettamente legale e non è mai soggetto a cambiamenti, poiché l’output annuale è “diviso” tra la popolazione. Nessuna parte di output reale viene “buttata via” a causa di un enorme debito, e non importa quanto sia grande. Un debito enorme non riduce l’output e l’occupazione, a meno che dei politici ignoranti non decidano di prendere delle misure contro il deficit che riducano davvero l’output e l’occupazione. Sfortunatamente, è proprio il caso di questi giorni, ed ecco perché questa è un’innocente truffa mortale.

Oggi (15 Aprile, 2010) è chiaro a tutti che il Congresso ci sta sottraendo più potere d’acquisto in tasse di quanto sia necessario per fare spazio alla spesa pubblica. Anche dopo che il settore privato abbia speso ciò che vuole e il governo fa la sua spesa massiccia, esistono ancora molti beni e servizi rimasti invenduti, in quel mega-negozio chiamato economia.

Come lo sappiamo? Facile! Contate gli individui nelle statistiche relative alla disoccupazione. Guardate all’ammontare enorme di capacità in eccesso nell’economia. Osservate quello che la Fed chiama “output gap”, ovvero la differenza fra quanto (e cosa) potremmo produrre in una condizione di piena occupazione e quanto stiamo producendo. E’ immenso.

Certamente, ci sono un debito e deficit nazionali da record, il che significa, ora lo sapete, che abbiamo tutto quel denaro in conti di deposito di banche presso la Fed, chiamati titoli di Stato. Casualmente, il deficit di bilancio complessivo degli USA, adattato alle dimensioni dell’economia, è ancora di molto inferiore a quello del Giappone, dell’Europa, ed enormemente inferiore ai deficit degli USA nel periodo della seconda guerra mondiale che ci hanno portato fuori dalla Depressione (senza avere zavorre di debiti come conseguenza).

Se siete arrivati fino a questo punto del libro, potreste già sapere perché le dimensioni del deficit non sono un problema finanziario. Spero che sappiate che le tasse servono a regolare l’economia, non a ottenere ricavi, come pensa il Congresso. Quando osservo l’economia odierna, mi sembra lampante che il problema stia nel fatto che le persone non hanno abbastanza denaro da spendere: nessun elemento mi suggerisce che il problema sia l’eccesso di potere d’acquisto e la spesa eccessiva da parte di esse. Chi non sarebbe d’accordo?

La disoccupazione è raddoppiata e il PIL è più di 10 punti percentuali al di sotto della soglia che dovrebbe raggiungere se il Congresso non ci oberasse di tasse, sottraendoci così tanto potere d’acquisto.

Quando operiamo ad un potenziale inferiore a quello necessario – ovvero, sotto al livello di piena occupazione – allora stiamo privando i nostri figli dei beni e servizi reali che potremmo produrre per loro. Allo stesso modo, quando operiamo tagli all’educazione superiore, stiamo privando i nostri figli della conoscenza di cui avranno bisogno per tirare fuori il meglio da loro stessi in futuro. Quindi anche quando facciamo tagli sulla ricerca di base e l’esplorazione spaziale, priviamo i nostri figli di tutti i frutti di quel lavoro che stiamo invece trasferendo ai disoccupati.

Quindi sì, i cittadini della nazione devono consumare l’output di quest’anno, e devono anche decidere di utilizzare parte dell’output come “beni e servizi di investimento” che dovranno aumentare la produzione futura. Sì, il Congresso ha molta voce in capitolo nel determinare chi consuma l’output corrente. I potenziali problemi di redistribuzione causati dai precedenti deficit possono essere facilmente affrontati dal Congresso, e la distribuzione può essere legalmente alterata per gli scopi da esso perseguiti.

Quindi come ripaghiamo la Cina?

Coloro che si preoccupano di ripagare il debito nazionale non hanno minimamente capito l’abc di come funziona tutto il sistema (di debiti e crediti), a livello operativo. Altrimenti, essi si renderebbero conto che la domanda è interamente inapplicabile al caso in questione. Ciò che non capiscono è che sia i dollari sia i titoli del debito del Tesoro (titoli di Stato) non sono altro che “conti”, i quali non sono altro che cifre, registrate dal governo nei propri libri contabili.

Perciò, iniziamo ad analizzare come siamo arrivati fino a questo punto nei rapporti con la Cina. Tutto è cominciato quando la Cina ha voluto venderci dei beni, e noi abbiamo voluto comprarli.

Ad esempio, supponiamo che l’esercito americano abbia voluto comprare uniformi dalla Cina per $1 miliardo, e che la Cina abbia voluto vendere uniformi all’esercito americano a quel prezzo, per $1 miliardo. Quindi l’esercito compra uniformi dalla Cina per $1 miliardo. Per prima cosa, cercate di capire che entrambe le parti sono soddisfatte: non esistono “squilibri”. La Cina preferisce avere $ 1 miliardo piuttosto che tenersi le uniformi, altrimenti non le avrebbe vendute; e l’esercito americano preferisce le uniformi piuttosto che il denaro, altrimenti non le avrebbe comprate. Le transazioni sono tutte volontarie, e tutte denominate in dollari USA Ma torniamo al nostro punto centrale: come viene pagata la Cina?

La Cina possiede un conto di riserva presso la Federal Reserve. Per ricapitolare, un conto di riserva non è nulla più che un nome estroso per un conto corrente. È la Federal Reserve, e allora li chiama “conto di riserva”, invece di definirli semplicemente “conti correnti”. Per pagare la Cina, la Fed aggiunge $1 miliardo al conto corrente della Cina presso la Fed: lo fa aumentando le cifre del conto corrente cinese di $1 miliardo. I numeri non vengono da nessuna parte, esattamente come i numeri del tabellone di uno stadio di football. La Cina allora ha a disposizione diverse scelte. Può non far nulla, e quindi lasciare il miliardo di $ nel suo conto corrente presso la Fed, oppure può comprare dei titoli di Stato americani.

Di nuovo, per ripassare velocemente, un titolo di Stato americano è niente più che un nome estroso per un libretto di risparmio presso la Fed. L’acquirente cede denaro alla Fed, che gli viene poi restituito con gli interessi. Questo è un libretto di risparmio: date denaro alla banca e lo ottenete indietro più tardi con gli interessi.

Perciò, poniamo che la Cina compri un titolo di Stato con scadenza ad un anno. Tutto ciò che accade è che la Fed sottrae $1 miliardo   dal conto corrente cinese presso sé stessa, e lo aggiunge al libretto di risparmio cinese, sempre presso di essa. Un anno più tardi quello che accade è che quando il titolo di Stato detenuto dalla Cina scade, la Fed rimuove questo denaro dal libretto di risparmio cinese (inclusi gli interessi) e lo aggiunge al conto corrente cinese presso la Fed.

In questo momento, la Cina detiene titoli di Stato per un valore di circa $2 miliardi. Quindi cosa facciamo quando essi scadono ed è tempo di ripagare la Cina? Togliamo quei dollari dal libretto di risparmio [cinese, ndt] presso la Fed e li aggiungiamo al loro conto corrente; e aspettiamo che ci dica cosa voglia fare poi, ammesso che voglia qualcos’altro.

Questo è ciò che accade quando tutti i titoli di debito del governo americano scadono, cosa che succede di continuo. La Fed rimuove dollari dai libretti di risparmio e aggiunge dollari ai conti correnti registrati sui suoi libri contabili. Quando le persone comprano titoli di Stato, la Fed toglie denaro dai loro conti correnti e lo aggiunge ai loro libretti di risparmio. Allora perché tutta quest’agitazione?

È tutto un tragico fraintendimento.

La Cina sa bene che essa non ci serve per “finanziare i nostri deficit” e ci sta prendendo in giro, [cosi come lo stanno facendo, ndt] Geithner, Clinton, Obama, Summers, il resto dell’amministrazione, il Congresso e i media.

Ora fatemi descrivere tutto ciò in termini più tecnici, per chi fosse interessato. Quando una banconota o buono del Tesoro è acquistata da una banca, ad esempio, il governo crea due voci sul suo foglio di calcolo, che noi chiamiamo “sistema monetario”. Primo, addebita il conto di riserva dell’acquirente presso la Fed (cioè, gli sottrae denaro); poi, accredita il conto dei titoli (libretto di risparmio) presso la Fed (cioè, gli rifornisce denaro). Come prima, il governo semplicemente modifica cifre sul proprio foglio di calcolo – un numero viene diminuito ed un altro aumentato. Quando arriva il terribile giorno, e i titoli di Stato detenuti dalla Cina scadono, dovendo essere ripagati, di nuovo la Fed semplicemente modifica due voci del suo foglio di calcolo. La Fed addebita i conti dei titoli della Cina presso sé stessa; poi accredita i conti correnti della Cina. Ecco tutto: debito pagato!

Ora la Cina ha ottenuto nuovamente i suoi soldi. Ha un bilancio di dollari in attivo (molto consistente) nel suo conto corrente presso la Fed. Se desidera altro – macchine, barche, immobili, altre monete – deve comprare ai prezzi di mercato, presso un venditore consenziente che voglia in cambio dei depositi di denaro. Se la Cina effettivamente compra qualcosa, la Fed sottrarrà quell’ammontare dal suo conto corrente e lo aggiungerà al conto corrente di chiunque gli abbia venduto qualcosa.

Notate anche che “ripagare la Cina” non cambia in alcun modo la ricchezza dichiarata della Cina in $. Semplicemente, essa detiene dollari in un conto corrente, invece che attraverso titoli di Stato americani (dei libretti di risparmio) di eguale valore. Se essa desiderasse invece più titoli di Stato, nessun problema: la Fed, di nuovo, muoverebbe semplicemente i suoi dollari dal suo conto corrente al suo libretto di risparmio, modificando le cifre appropriate.

Ripagare l’intero debito nazionale americano è solo una questione di sottrazione del valore dei titoli in scadenza da un conto della Fed, e simultanea addizione di quel valore ad un altro conto della Fed. Questi trasferimenti non sono degli eventi rilevanti per l’economia reale, e non sono la fonte delle ansie tremende diffuse dagli economisti mainstream, dai politici, dagli uomini d’affari, e dai media.

Ripetiamolo ancora: per ripagare il debito nazionale il governo modifica due voci nel proprio foglio di calcolo – un numero, che ci dice quanti titoli sono detenuti dal settore privato, viene diminuito, ed un altro numero, che ci dice quanti dollari sono detenuti presso la Fed in conto di riserva, viene aumentato. Nulla di più. Debito pagato. Tutti i creditori recuperano i loro soldi.

Pertanto, cosa accade se la Cina rifiutasse di comprare il nostro debito ai bassi tassi d’interesse attuali che gli vengono offerti? Bisogna aumentare i tassi d’interesse per convincerli ad acquistare i titoli di Stato, vero? Sbagliato!

Possono lasciare i loro soldi nei propri conti correnti. Tutto ciò non ha alcun effetto per un governo che capisca il suo sistema monetario. Quei fondi non vengono utilizzati per essere spesi, come descritto in precedenza. Non vi sono conseguenze negative se quei fondi restano in un conto corrente presso la Fed, invece che in un libretto di risparmio.

Che cosa accadrebbe se la Cina affermasse: “Non vogliamo più possedere un conto corrente presso la Fed. Pagateci in oro o con qualche altro mezzo di scambio!”. Semplicemente, i cinesi non hanno quest’opzione con il nostro attuale sistema monetario “fiat”[1]; peraltro, l’avrebbero saputo quando hanno venduto le uniformi all’esercito americano ed hanno accettato che fosse accreditato del denaro presso la Fed. Se essi desiderano altro rispetto ai dollari, devono comprarlo da un venditore consenziente, così come facciamo noi quando spendiamo i nostri soldi.

Un giorno, saranno i nostri figli a modificare cifre su quelli che saranno i loro fogli di calcolo, esattamente come abbiamo fatto noi, e come hanno fatto i nostri genitori (speriamo però con una migliore comprensione del sistema!). Per ora, l’innocente truffa mortale di “lasciare il debito interno ai nostri figli” continua a determinare le politiche nazionali impedendo di ottimizzare la produzione e l’occupazione.

L’output perso inutilmente e il capitale umano deprezzato costituiscono il vero prezzo che noi e i nostri figli stiamo pagando adesso, e che peggiora sia il presente che il futuro. A causa di esso, ci accontentiamo di qualcosa in meno rispetto a quanto potremmo produrre e sopportiamo alti livelli di disoccupazione (insieme a tutti i crimini, i problemi familiari e medici ad essa associati); tutto mentre i nostri figli vengono privati dei reali investimenti che avremmo potuto fare per loro, se avessimo saputo come mantenere pienamente impiegate e produttive le nostre risorse umane.


  [1]     Nel 1971, gli Stati Uniti hanno abbandonato il “gold standard” per i conti internazionali, interrompendo formalmente tutta la convertibilità garantita dal governo dei dollari USA.

Qui la prima parte delle “7 innocenti frodi mortali della politica economica” di Warren Mosler
Traduzione a cura di Giacomo Bracci.
Dal libro di Warren Mosler, The Seven Deadly Frauds of Economics Policy pubblicato in italiano da Edizioni Arianna
http://www.edizioniarianna.it/index.php?option=com_abook&view=book&catid=20%3A-free-writers&id=81%3Ale-sette-innocenti-frodi-capitali-della-politica-economica&Itemid=55
Qui il pdf gratuito in inglese http://moslereconomics.com/wp-content/powerpoints/7DIF.pdf

Questo è il secondo post della serie che sto scrivendo per aiutarvi a comprendere perché non dovremmo aver paura dei deficit. In questo post chiariremo alcuni dei miti che circondano il cosiddetto “finanziamento” dei deficit di bilancio. In particolare, mi dedicherò a quello secondo cui i deficit sono inflazionistici e/o incrementano le richieste di prestito del governo. La conclusione importante sarà che il governo federale non è vincolato finanziariamente e può spendere nella misura in cui decide, con il solo limite di ciò che è in vendita sul mercato. Non è assolutamente detto che tale spesa possa essere inflazionistica Il fatto che la spesa sarà inflazionistica non è una cosa inevitabile e non è necessariamente richiesto alcun aumento del debito pubblico.

La prima cosa da riprendere dalla prima parte è che la spesa dei cittadini è vincolata dalle fonti di finanziamento disponibili, che comprendono le entrate provenienti da ogni tipo di origine: vendita di beni e prestiti da parte di soggetti esterni. La spesa del governo federale, invece, è in gran parte facilitata dall’emissione di assegni da parte del governo mediante la banca centrale. Gli accordi che il governo ha con la sua banca centrale per tenere conto di queste [operazioni, ndt] sono in gran parte irrilevanti. Quando i destinatari degli assegni (coloro che vendono beni e servizi al governo) li depositano presso la loro banca, gli assegni si compensano attraverso [il sistema di, ndt] gestione dei saldi presso le banche centrali (le riserve), e le voci di credito appariranno sui conti correnti in tutto il sistema delle banche commerciali. In altre parole, il governo spende semplicemente accreditando un conto corrente bancario nel settore privato presso la banca centrale. A livello operativo, questo processo è indipendente da ogni entrata precedente, inclusa la tassazione e l’indebitamento. L’accreditamento di un conto, comunque, non ridurrà in alcun modo né il patrimonio governativo né la capacità del governo di spendere ulteriormente.

In realtà, è piuttosto evidente che tutta la spesa dei governi comporti la creazione di moneta, ma questo non è il significato del concetto di monetizzazione del debito così come appare di solito sui libri di testo di economia dove si parla di politica monetaria, e nel dibattito pubblico più ampio. Seguendo la concezione di Blanchard, la monetizzazione del debito è di solito riferita a un processo tramite cui la banca centrale compra titoli di stato direttamente dal ministero del tesoro. In altre parole, il governo federale prende in prestito denaro dalla banca centrale piuttosto che dai cittadini. La monetizzazione del debito è il processo solitamente implicito quando si dice che un governo stampa moneta. La monetizzazione del debito (si dice poi) provoca, a parità di condizioni, un aumento della quantità di moneta offerta e può condurre a una grave inflazione.

La paura della monetizzazione del debito, in ogni caso, è infondata: non solo perché il governo non ha bisogno di moneta per spendere ma anche perché la banca centrale non ha la possibilità di monetizzare nessun debito pubblico sia in circolazione sia di nuova emissione. Nella terza parte mostrerò che finché la banca centrale ha il mandato di mantenere un obiettivo sul tasso d’interesse a breve termine, l’entità degli acquisti e delle vendite del debito pubblico non sono discrezionali. La mancanza di controllo sulla quantità di riserve da parte della banca centrale sottolinea l’impossibilità della monetizzazione del debito. La banca centrale non è in grado di monetizzare il debito pubblico attraverso l’acquisto a volontà di titoli di stato perché nel farlo causerebbe la caduta a zero del tasso [d’interesse, ndt] a breve termine prefissato o di qualunque tasso di supporto che possa aver attuato sulle riserve in eccesso. Questo verrà analizzato passo dopo passo nella terza parte.

In sintesi, possiamo concludere dall’analisi precedente che la spesa del governo introduce beni finanziari al netto nell’economia, accreditando i conti correnti bancari, attraverso l’emissione di un assegno o un pagamento in contanti. Inoltre, questa spesa non è vincolata dalle entrate. Un governo che emette la propria valuta non ha vincoli finanziari sulla sua spesa, che è ben diverso dal fatto che accetti vincoli (politici) auto imposti.

In alternativa, quando la tassazione viene pagata tramite gli assegni (o i trasferimenti bancari) del settore privato, che sono attinti dai conti correnti privati delle banche, la banca centrale addebiterà un conto corrente del settore privato. Nessuna risorsa reale è trasferita al governo, né la capacità di spesa del governo sarà aumentata dall’addebitamento dei conti correnti privati.

In generale, gli economisti “tradizionali” sbagliano nel celare le differenze fra i bilanci delle famiglie private e il bilancio del governo. Affermazioni come questa, del famoso economista Robert Barro, secondo cui “possiamo pensare ai risparmi e ai risparmi negativi del governo proprio come se pensassimo ai risparmi e ai risparmi negativi delle famiglie” sono chiaramente sbagliate.

L’economia mainstream usa il vincolo di bilancio statale come base di riferimento per analizzare le tre presunte forme di finanza pubblica: 1) aumento delle tasse; 2) vendita di debito pubblico con corrispettivo di interessi al settore privato (titoli di stato); 3) emissione di base monetaria senza interessi (creazione di moneta). I vari scenari sono così costruiti per mostrare che i deficit sono inflazionistici se finanziati tramite la base monetaria (monetizzazione del debito), o restringono la spesa del settore privato se finanziati dall’emissione di debito. Anche se in realtà il vincolo di bilancio del governo è solamente un’identità contabile a posteriori, l’economia ortodossa sostiene che si tratti di un vincolo finanziario [che si applica, ndt] ex-ante alla spesa del governo.

La base di riferimento del vincolo di bilancio del governo porta gli studenti a credere che se il governo vuole avere la moneta necessaria per la sua spesa, a meno che non voglia stampare moneta e generare inflazione, debba aumentare le tasse o vendere titoli. Le persone hanno l’errata concezione che la tassazione e la vendita di titoli forniscono moneta ai governi che viene poi usata per spendere. Così, se il governo incrementa il suo deficit (spendendo più di quel che tassa) allora deve aumentare il suo debito o “stampare moneta”, e entrambe le soluzioni sono considerate non desiderabili.

La realtà, comunque, è ben lontana da questa idea erronea sul modo in cui il governo federale gestisce il suo bilancio. Primo, una famiglia usa la valuta, e quindi deve finanziare la sua spesa in anticipo, a priori; mentre il governo, l’emettitore della valuta, deve necessariamente spendere per primo (accreditando i conti correnti privati), per poter addebitare in seguito, qualora lo desideri, [gli stessi, ndt] conti correnti privati. Il governo è l’origine dei fondi di cui il settore privato ha bisogno per pagare le sue tasse e risparmiare (compresa la necessità di mantenere le transazioni in equilibrio). Chiaramente, il governo è sempre solvente se emette la propria valuta.

Inoltre, l’economia mainstream fraintende ciò che si definisce “creazione della moneta”. Nel suo popolare testo di macroeconomia, Olivier Blanchard (1997) afferma che il governo:

può anche fare qualcosa che né voi né io possiamo fare. Può, in effetti, finanziare il deficit creando moneta. La ragione per cui uso la frase “in effetti” è che … i governi non creano la moneta; lo fa la banca centrale. Con la cooperazione della banca centrale, il governo può, in effetti, finanziare se stesso attraverso la creazione di moneta. Esso può emettere titoli e chiedere alla banca centrale di comprarli. La banca centrale quindi pagherà il governo con la moneta creata e il governo a sua volta userà quella moneta per finanziare il suo deficit. Questo processo è chiamato monetizzazione del debito”.

Questo è ciò che l’economia mainstream chiama “stampare la moneta”. Tuttavia, si tratta di una concezione errata in termini di sistema monetario. Monetizzare significa convertire in moneta. L’oro era monetizzato quando il governo emetteva nuovi certificati aurei per acquistare oro. La monetizzazione avviene quando la banca centrale acquista valuta estera. L’acquisto di valuta estera converte, o monetizza, la valuta estera nella valuta di emissione. La banca centrale, inoltre, mette in vendita titoli di stato, per offrire un luogo in cui i nuovi dollari aggiunti al sistema bancario possano guadagnare interessi. Questo processo è indicato come sterilizzazione. In senso lato, un debito del governo federale (emettitore della moneta fiat) è moneta, mentre la spesa a deficit è il processo di monetizzazione di tutto ciò che il governo acquista.

Una volta che abbiamo capito come la spesa del governo non sia vincolata dalle entrate, allora dobbiamo analizzare la funzione della tassazione sotto una luce diversa. La tassazione ha la funzione di sostenere l’offerta di beni e servizi al governo da parte dei privati, in cambio dei fondi necessari per estinguere gli oneri fiscali.

La concezione ortodossa dice che la tassazione fornisce al governo le entrate di cui ha bisogno per poter spendere. In realtà, è vero il contrario. La spesa governativa fornisce reddito al settore non governativo, e permette loro di estinguere gli oneri fiscali. Perciò, i fondi necessari per pagare gli oneri fiscali creano una domanda per la valuta del governo all’interno del settore non governativo, e ciò consente al governo di perseguire il suo programma di politica economica e sociale.

Questa intuizione ci permette di osservare un’altra dimensione della tassazione che viene tralasciata dall’analisi mainstream. Dato che il settore non governativo ha bisogno di moneta fiat per pagare i suoi oneri fiscali, l’imposizione di tasse per legge (senza una concomitante iniezione di spesa) crea, in primo luogo, disoccupazione (persone in cerca di lavoro retribuito) nel settore non governativo. Le risorse non impiegate o inattive del [settore, ndt] non governativo possono essere quindi utilizzate attraverso iniezioni di domanda creata dalla spesa del governo; ciò equivale a un trasferimento di beni e servizi reali dal settore non governativo a quello governativo. A sua volta, questo trasferimento facilita il programma socio-economico del governo. Mentre le risorse reali vengono trasferite dal settore non governativo sotto forma di beni e servizi che vengono acquistati da parte del governo, il motivo per cui vengono offerte queste risorse è originato dal bisogno di acquisire moneta fiat per estinguere gli oneri fiscali.

Inoltre, mentre le risorse reali sono trasferite, la tassazione non fornisce al governo nessuna ulteriore capacità finanziaria di emissione. Elaborando in questo modo la relazione fra il settore governativo e quello non governativo, diventa chiaro che solo la spesa del governo è in grado di fornire il lavoro retribuito necessario a eliminare la disoccupazione creata dalle tasse.

Adesso è possibile osservare perché nasce la disoccupazione.

E’ l’introduzione della “Moneta di Stato” (ovvero tassazione e spesa governativa) all’interno di un’economia non monetaria che fa nascere lo spettro della disoccupazione involontaria. A livello di contabilità, per una produzione aggregata che deve essere venduta, la spesa totale deve eguagliare il reddito totale (se il reddito effettivo generato nella produzione è completamente speso o meno in ogni periodo) Essendo la disoccupazione involontaria, lavoro inattivo che viene offerto senza compratori a prezzi correnti (salari), essa si manifesterà quando il settore privato, in aggregato, desidera guadagnare l’unità monetaria di conto attraverso l’offerta di lavoro ma, a parità di condizioni, non desidera spendere tutto ciò che guadagna. Il risultato è che l’accumulo involontario di scorte tra i venditori di beni e servizi si tradurrà in una diminuzione di produzione e occupazione. In questa situazione, il taglio dei salari nominali (o reali) non riuscirà di per sé a riequilibrare il mercato del lavoro, a meno che i tagli eliminino in qualche modo il desiderio del settore privato di risparmiare, facendo quindi aumentare la spesa.

Lo scopo della “Moneta di Stato”, perciò, è quello di facilitare il trasferimento di beni e servizi reali dal settore non governativo (in gran parte privato) al settore governativo (pubblico). Il governo otterrà questo trasferimento imponendo una tassa, che crea una domanda effettiva per la sua valuta di emissione. Per ottenere i fondi necessari per pagare le tasse e risparmiare, gli agenti non governativi venderanno (offriranno) beni e servizi reali in cambio dell’unità di valuta richiesta. E ciò, senza dubbio, includerà l’offerta di lavoro da parte dei disoccupati. La conclusione ovvia è che la disoccupazione avviene quando la spesa al netto da parte del governo è troppo bassa per soddisfare la richiesta di pagamento delle tasse e il desiderio di risparmiare.

Questa analisi fissa quindi i limiti della spesa governativa. È chiaro che la spesa del governo deve essere sufficiente per consentire che le tasse siano pagate. La spesa al netto del governo, poi, è necessaria per soddisfare il desiderio dei privati di risparmiare (accumulare beni finanziari al netto). Dal precedente paragrafo è anche chiaro che se il governo non spende abbastanza per coprire le tasse e il desiderio di risparmiare del settore non governativo, questa carenza si manifesterà sotto forma di disoccupazione. I keynesiani hanno usato, appunto, il termine di disoccupazione da carenza di domanda. Nella nostra concezione, infatti, la causa di questa carenza è sempre una spesa al netto del governo inadeguata, date le decisioni di spesa private in vigore (risparmio) in qualsiasi tempo particolare.

Per un qualche periodo, anche quelli che possono sembrare livelli inadeguati di spesa al netto da parte del governo possono avvenire senza far aumentare la disoccupazione. In queste circostanze, com’è evidente in paesi come gli Stati Uniti e l’Australia negli ultimi anni, la crescita del PIL può essere spinta da un’espansione del debito privato.

Il problema di questa strategia è che quando si raggiungono certi livelli di indebitamento in rapporto al reddito, il settore privato “finirà la capacità di indebitarsi” in quanto il reddito disponibile limita la capacità di onorare il debito.

Ciò porterà a una ristrutturazione dei bilanci patrimoniali, in modo da renderli meno precari, e di conseguenza la domanda aggregata derivante dall’espansione del debito rallenterà facendo vacillare l’economia. In questo caso, ogni drenaggio fiscale (inadeguati livelli di spesa al netto) inizia a manifestarsi sotto forma di disoccupazione.

Il punto quindi è che, dato un certo livello di tassazione, se le persone vogliono lavorare ma non vogliono continuare a consumare ai livelli precedenti (e continuano a indebitarsi ulteriormente), allora il governo potrà aumentare la spesa e acquistare beni e servizi, mantenendo la piena occupazione. Le alternative sono la disoccupazione e un’economia in recessione. È difficile immaginare che in un’economia in recessione un deficit crescente sarà inflazionistico, in quanto ci saranno tante risorse inutilizzate, sia di capitali sia di manodopera.

Infatti, come sottolineo continuamente, la prima cosa che il governo federale dovrebbe fare sarebbe offrire a tutta la manodopera che nessun altro vuole un lavoro e pagarle un salario minimo con tutti i diritti statutari aggiuntivi. Per definizione, infatti, il disoccupato non ha “un prezzo di mercato” perché non c’è domanda per il suo lavoro. E comprare un servizio per il quale non c’è prezzo non è un’azione inflazionistica.

Nella terza parte, considereremo la tesi secondo cui i deficit fanno salire automaticamente i tassi d’interesse, in quanto il debito pubblico restringe i fondi disponibili sul mercato monetario. Come potrete immaginare … questo è un altro dei miti neo liberisti progettato per rendere inattivi i governi.

L’articolo Deficit Spending 101 – seconda parte, è stato  pubblicato da Mitchell il 23 febbraio 2009.

La versione originale in inglese è disponibile qui.

Traduzione a cura di Daniele Della Bona.


Nel post della settima scorsa ho risposto alla critica mossa alla MMT da Paul Krugman, che mette in discussione il fatto che un governo sovrano che emette la sua moneta con cambio fluttuante non può trovarsi in condizioni di insolvenza – il che significa che non può essere forzato a un default involontario su un debito contratto nella propria valuta.
La sua critica in realtà è fondata su un malinteso riguardo dettagli operativi – come lavorano le banche, come realmente spenda il Governo Federale, e il ruolo giocato dalla Fed nel far sì che queste operazioni filino lisce. Non riprenderò questi punti, qui.
Vediamo l’argomento secondo cui se un governo opera secondo le linee MMT, allora ci troviamo sull’orlo di una rovinosa iperinflazione. Senz’altro gli Austriaci hanno sostenuto in lungo e in largo che tutti i regimi di moneta “fiat” siano soggetti a questi pericoli, anche quelli che non seguono le raccomandazioni MMT. Le raccomandazioni MMT sono comunemente accusate di promuovere politiche che ricreano le esperienze iperinflazionistiche di Weimar e Zimbabwe. Si suppone che queste siano state causate da governi che hanno fatto ricorso alla stampa di moneta per finanziare deficit rigogliosi – incrementando l’offerta di moneta in misura tale che l’inflazione ha accelerato fino a dimensioni monumentali.
E’ estremamente facile solleticare il pubblico con grafici come il seguente, che illustra il deprezzamento rapido delle banconote di Weimar in rapporto al valore dell’oro:
O con una immagine di una banconota dello Zimbabwe, con il suo numero record di zeri (one hundred trillion dollars):
Nessuno qui vuole difendere l’elevata inflazione, e ancor meno l’iperinflazione. Nel suo studio del 1956 Phillip Cagan ha definito l’iperinflazione come inflazione con un tasso di oltre il 50% mensile. Chiaramente gli “zeri” crescono rapidamente in questo contesto, e la vita economica ne risulta demolita.
La più popolare spiegazione dell’iperinflazione è la teoria Monetarista della quantità di moneta: il governo stampa troppo, causando l’incremento dei prezzi. Tuttavia, al salire dei prezzi, aumenta la velocità di circolazione della moneta – nessuno vuole tenerla a lungo, visto che il suo valore crolla rapidamente. I salari vengono richiesti in pagamento con cadenza quotidiana, così da far sì che ogni giorno sia speso il reddito incassato, in quanto il giorno successivo avrà un valore inferiore. Ciò significa che anche se l’offerta di moneta si sviluppa di pari passo con la rapidità con cui il governo stampa moneta, non riesce a star dietro alla crescita dei prezzi. E quanto più i prezzi crescono rapidamente, tanto più aumenta la velocità di circolazione – alla fine arriverai a domandare di essere pagato con paga oraria, ogni ora, e correrai ai negozi all’ora di pranzo perché all’ora di cena i prezzi saranno già aumentati.
In sostanza, questa spiegazione di Cagan, essendo una versione semplificata della teoria della quantità non ha centrato i dati: se i prezzi crescono così tanto più rapidamente dell’offerta di moneta, come possiamo arrivare alla conclusione che l’iperinflazione è causata da “troppa moneta per troppo pochi beni”? Per renderla congruente con i fatti dell’esperienza concreta, la teoria quantitativa fu rivista per arrivare a dire che in un contesto di elevata inflazione, il postulato della vecchia teoria quantitativa secondo cui la velocità è stabile (che è necessario per mantenere un collegamento diretto tra moneta e prezzi) non funziona più.
Così, a braccetto con la rivisitazione della teoria quantitativa, possiamo ancora proclamare che un’elevata e addirittura “iper” inflazione è risultante da troppa moneta anche se la velocità non è stabile (cresce quanto più la crescita di moneta sta dietro all’inflazione). E siccome i Monetaristi affermano che il governo controlla l’offerta di moneta, l’inflazione deve essere imputata alla politica del governo. Si aggiunga a questo l’osservazione che nei periodi di iperinflazione l’offerta di moneta governativa (banconote) cresce rapidamente (con l’aggiunta di zeri). Inoltre, il governo va in deficit come si rende conto che la capacità di tassazione non può star dietro a quanto sta spendendo, così stampa freneticamente moneta per colmare la differenza, e la aggiunge alla “troppa moneta circolante per troppo pochi beni”
Così la maggior responsabilità per l’iperinflazione ricade sul governo che stampa per finanziare il deficit (tu puoi vedere il parallelo con USA, UK, Giappone oggi – grossi deficit che riempiono banche di riserve, che presumibilmente possono essere usate per pompare offerta di moneta e prezzi)
La soluzione? Legare le mani del governo. Nei giorni andati, l’oro poteva servire come àncora (e senz’altro i fanatici dell’oro della scuola Austriaca vorrebbero tornare a quel bel tempo andato). Oggi ciò di cui abbiamo bisogno è la disciplina, sotto forma di previsioni di budget, limiti di indebitamento, o per le “colombe” del deficit come Paul Krugman, un impegno “alla fine” a rientrare dal deficit spending una volta che la ripresa economica è stata avviata.
Scusate, è un’introduzione lunga per il blog di oggi. Come al solito, vi prego di discostarvi dalla saggezza dei luoghi comuni. Io non accetto questi ragionamenti. Facciamo un grande balzo in avanti verso una saggezza alternativa, basata sulla MMT.
Vorrei fissare 3 punti:
1) Quando la MMT dice che il governo spende “pigiando tasti”, questa è una descrizione, non una prescrizione. Se i critici fossero nel giusto dicendo che la spesa governativa fatta stampando moneta necessariamente porta all’iperinflazione, allora le nazioni più sviluppate dovrebbero avere perenne iperinflazione. Perché noi tutti spendiamo “pigiando tasti”. E tutti i governi che emettono la propria moneta devono spenderla prima di poterla riacquisire tramite le tasse (o vendita di buoni del tesoro), nessuno può crearla. Non c’è modalità alternativa di spesa per questi governi – fino ad ora essi non hanno sperimentato casi di iperinflazione (punto da dimostrare). Ciò che dobbiamo analizzare nei casi come Weimar o Zimbabwe (o indietro nel tempo nell’America) ci spiega molto della connessione fra “stampare moneta” e iperinflazione. La connessione causale non può essere trovata qui.
2) Le iperinflazioni sono causate da circostanze piuttosto specifiche, sebbene ci siano alcune caratteristiche condivise fra paesi e regimi monetari che la vivono. Io non pretenderò di aver raggiunto la comprensione totale delle cause dell’iperinflazione – ma la spiegazione monetarista non ha quasi legame con l’esperienza concreta. C’è un’alternativa ragionevole. Ci concentreremo su 3 casi ben noti da un punto di vista alternativo.
3) Non c’è niente nell’attuale prospettiva futura di USA, (o UK o Giappone) che possa condurre ad aspettarsi alta inflazione, men che meno iperinflazione.
Avvio il primo punto nel blog di oggi. La settimana prossima parlerò del secondo e terzo punto. La maggior parte dei critici della MMT e della moneta fiat in genere immaginano un passato nel quale la moneta era ancorata saldamente a un bene come l’oro, che limitava la capacità di governi e banche di creare moneta dal nulla. Il miglior esempio era la moneta di metallo prezioso che si supponeva dare un “valore reale” alla moneta del governo, e obbligava il governo ad accaparrarsi oro se voleva spendere. Un gold standard rigido con il 100% di oro a copertura delle banconote emesse (da governo o banche) otteneva il medesimo scopo.
La realtà era abbastanza differente, ad ogni modo. Ovviamente non posso presentare una storia della moneta qui. Vedete per cortesia il capitolo 12 e 13 del Blog nel Modern Money Primer, per una critica della storia della moneta. Mettiamola così, oro e argento erano il “Io Ti Devo” del Sovrano, che era registrato su metallo (piuttosto che su carta o bilanci informatizzati). In realtà le monete di solito circolavano non secondo il valore del metallo, ma con un valore nominale proclamato dal sovrano (questo è detto “nominalismo” – il sovrano stabilisce il valore nominale con un editto, esattamente come oggi le monetine che valgono 1 cent). E il loro valore non era necessariamente stabile: i governi svalutavano la moneta con il “deprezzamento della moneta” (annunciando che sarebbe stata accettata al 50% del valore precedente nei pagamenti verso il governo). Inoltre la declassavano mediante la riduzione del contenuto metallico – cosa che non necessariamente cambiava il valore nominale, ad ogni modo. Sicuramente, ci sono casi di coniatura relativamente stabile e prezzi stabili per lunghi periodi di tempo, ma questi sono associati a governi forti e stabili che hanno adottato un rigido “nominalismo” piuttosto che  il “metallismo” (il principio secondo cui una moneta dovrebbe essere accettata al valore determinato dal suo contenuto metallico).
Effettivamente, i periodi più instabili per la moneta sono coincisi con Re deboli che facevano ricorso alla “tosatura” del metallo prezioso dalla moneta (per ottenere lingotti), pur rifiutando in pagamento le monete alleggerite. Questo creò la dinamica della “legge di Gresham” (la moneta cattiva caccia quella buona, ndt), costringendo tutti a pesare le monete, accettando in pagamento le monete pesanti e cercando al contrario di effettuare i pagamenti con monete leggere. Una vera strage monetaria (vedi il mio Blog cap. 12 e 13). Questo alla fine fu risolto ricorrendo al nominalismo, coniando solo su una base metallica e distruggendo il business della “tosatura”.
Inoltre, il gold standard non operava secondo le modalità immaginate dai fanatici dell’oro dei nostri giorni. Anzitutto, gli Stati adottavano ed abbandonavano il regime aureo. Quando arrivava una crisi, dovevano abbandonare l’oro. Con la ripresa, lo riadottavano, fino a che, un’ulteriore crisi, insieme ai limiti entro cui li costringeva l’oro li obbligavano a fuoriuscirne di nuovo. Piuttosto che contribuire alla stabilità monetaria, il gold standard destabilizzava l’economia.
Secondo punto, nessuno in realtà rispettava le regole. Era sempre troppo forte la tentazione di usare l’oro in leva, per emettere più banconote (IoTiDevo) di quelle che si sarebbero potute realmente convertire (addirittura lo stesso Milton Friedman lo ha ammesso, ed è il motivo per cui lui osservava che mentre un gold standard potrebbe essere un sistema ideale in teoria, in pratica non funziona).
Terzo, i periodi di relativa stabilità – Bretton Woods dopo la seconda guerra mondiale, o la pax britannica precedente la prima guerra mondiale – furono in realtà “dollar-standard” e “sterlina-standard”, rispettivamente. In ogni caso, la nazione dominante stabiliva il proprio legame tra valuta e oro detenuto come collaterale, e le altre nazioni fissavano il loro tasso di cambio rispetto alla valuta dominante. In realtà consisteva in un programma di “cuscinetto” di riserve auree (erano fissati livelli massimi e minimi di prezzo per l’oro), col commercio internazionale che in effetti avveniva prima in pounds, e più tardi in dollari ( e l’oro di Bretton Woods requisito al sicuro a Fort Knox).
Le condizioni per la stabilità erano difficili da mantenere – motivo per cui nessun sistema è durato a lungo. Dopo la prima guerra mondiale il sistema basato sulla sterlina non poté essere nuovamente istituito, e fra l’altro pose le condizioni per Weimar (che discuteremo la settimana prossima) e alla fine Hitler. Il sistema di Bretton Woods collassò nei primi anni ’70, una generazione dopo. In entrambi i casi, il collasso di questi sistemi a cambio fisso portò a turbolenze internazionali.
E questa è in genere la conclusione finale della maggior parte di tentativi di ancorare una valuta a una sorta di tasso di cambio fisso (che sia l’oro o una valuta straniera): funziona fino a che non si schianta.
I fanatici dell’oro e gli aficionados del regime di cambio fisso sono nel giusto sul fatto che un paese che sta sperimentando un’alta inflazione può domarla rapidamente adottando uno stretto standard esterno. Lo ha fatto l’Argentina. Ma ciò ha creato due problemi: la maggior parte dei paesi non riesce a guadagnare sufficiente valuta estera per provvedere alle proprie politiche fiscali necessarie per tenere florida l’economia
In secondo luogo, non c’è una facile via d’uscita dal regime di cambio fisso una volta riconosciuto che lo spazio della politica fiscale è annientato e che si materializzano problemi di sviluppo interno assente e disoccupazione crescente. L’Argentina ha vissuto un attacco speculativo sulle sue riserve in dollari (nonostante la politica fiscale fosse abbastanza equilibrata, la disoccupazione era elevata, e lo sviluppo era annientato – causando i dubbi dei mercati sulla sua capacità di convertire la moneta) ed ha colto quindi l’occasione di una crisi per sganciarsi dal dollaro. Una volta fatto, rapidamente ha ripristinato un trend di sviluppo economico con lo spazio fiscale resosi disponibile  grazie al ritorno alla propria valuta.
E questo ci porta a parlare di “come realmente spendono i governi”. Ogni governo che emette la propria moneta spende “premendo tasti” – accreditando il conto del ricevente e simultaneamente accreditando le riserve della banca del ricevente (Potrebbe stampare moneta e fare i pagamenti in questo modo – ma gli effetti sarebbero gli stessi perché i riceventi creerebbero depositi nelle banche, che riceverebbero i crediti nelle loro riserve). Ripeto,questa NON E’ UNA PROPOSTA. QUESTA E’ LA REALTÀ. Non c’è altro modo. Tu non puoi stampare dollari nella tua cantina. Il Governo deve “pigiare i tasti” per crearli prima che tu possa pagare le tasse o acquistare titoli di stato.
Ci può essere qualche procedura operativa complessa che coinvolge in particolare le banche private così come alcuni passaggi intermedi riguardanti la banca centrale e i conti delle banche del Tesoro, ma alla fine il risultato è sempre il medesimo: i conti delle banche vengono accreditati e la banca ottiene riserve. Di solito il Tesoro allora vende bond per far si che le banche guadagnino interessi più elevati di quelli che esse ricevono sulle riserve (vedete la discussione nella seconda parte)
In un sistema di cambio fluttuante la storia finisce qua. Le banche possono usare le loro riserve per acquistare titoli di stato; i depositanti possono domandare contante (nel qual caso la banca centrale lo consegna alle banche mentre contestualmente lo addebita alle riserve delle banche stesse). Ma nessuno può’ cambiare gli IoTiDevo del Governo con oro o valuta straniera a un tasso di cambio fisso. Non c’è limite di disponibilità; non c’è vincolo di valuta straniera o di oro. Il Governo può soddisfare tutte le richieste di conversione in contanti; può inoltre pagare tutti gli interessi dovuti semplicemente “pigiando tasti” ulteriormente.
Tuttavia in un regime di cambio fisso, gli IOU (IoTiDevo) della banca centrale e del tesoro devono essere convertiti in valuta straniera (o oro). E per tale ragione, un governo prudente deve limitare il suo “schiacciare i tasti”. Il governo infatti può’ finire a secco di valuta estera o oro. Può essere forzato al default  per l’incapacità di rispettare la promessa di convertibilità della valuta emessa. E questo vale come “default sul debito”, senz’altro.
La sua affidabilità è chiamata in causa dai mercati quando essi dubitano che sia in grado di rispettare la convertibilità al tasso prefissato. L’imprudenza è mortale. La Storia è senz’altro costellata di governi imprudenti, quelli che emettono troppi IoTiDevo relativamente alle riserve promesse per la convertibilità su richiesta.
Il tasso fluttuante rende disponibile uno spazio di politica economica che può essere usato dai governi prudenti per perseguire scopi di politica interna con un grande grado di libertà. La Storia, anche qui, è piena di esempi di governi imprudenti. NON C’E’ SOSTITUTO DI UN BUON GOVERNO. Ancora, è curioso che eccetto gli sconfitti della seconda guerra mondiale. (più Polonia e Russia, che erano dalla parte dei vincitori ma ugualmente persero la guerra, come si usa dire) non ci sono casi di paesi capitalisti occidentali nominalmente democratici che hanno sperimentato iperinflazione nel secolo scorso. E se noi limitiamo il nostro set di dati a quelli a valuta fluttuante, non ce ne sono stati neanche con crisi del tasso di cambio.
Abbastanza buffo, no? Solo i paesi con tasso di cambio fisso o altre promesse di convertibilità verso valuta straniera o oro (come i debiti contratti in valuta straniera) sembrano avere avuto iperinflazione e crisi valutarie. E questo sembra sempre legato all’imprudente espansione di questi IoTiDevo rispetto alla capacità di consegnare la valuta straniera o l’oro.
L’idea che il cambio fisso garantisca prudenza sembra essere un concetto folle. Il cambio fisso fa da apripista alla possibilità di crisi valutarie e involontari default, nella pia speranza che i governi siano prudenti. Sfortunatamente, i governi a cambio fisso adottano più spesso la preghiera di Sant’Agostino: “Signore, fa che io sia prudente, ma non adesso”.
Lungi dall’assicurare prudenza e protezione dall’elevata inflazione, quando il governo sovrano promette la convertibilità in valuta straniera espone la nazione ai rischi iperinflazioni della Repubblica di Weimar, come vedremo la prossima settimana.
Per concludere. Non è vero che il cambio fisso elimina il rischio di crisi di cambio e iperinflazione, perché i governi sovrani non necessariamente sono prudenti.
E anche se lo sono, non necessariamente lo sono le loro banche (Pensa all’Irlanda! Mentre il governo era un esempio in tema di prudenza finanziaria, le sue banche hanno emesso prestiti in valuta estera, fino a che i buoi non sono tornati alla stalla. Quando i mutuatari hanno fatto default, il governo Irlandese si è fatto carico di tutto il debito in valuta estera – abbastanza imprudente!)
Inoltre, non è vero che il tasso fluttuante per forza conduce all’iperinflazione. Se fosse vero, noi avremmo dovuto avere una perenne iperinflazione.
In conclusione, non è vero che la capacità di “stampare moneta” attraverso il semplice “pigiare tasti” conduca all’iperinflazione. Tutti i governi sovrani che emettono la loro propria moneta spendono “pigiando tasti” . Anche se promettono di convertire a un tasso di cambio fisso, ugualmente spendono pigiando tasti. Se il pigiare tasti inevitabilmente conducesse all’iperinflazione, noi dovremmo avere perenne iperinflazione. Ma non la abbiamo. Le iperinflazioni sono esiti inusuali. La settimana prossima li analizzeremo. E daremo uno sguardo all’ipotesi ventilata da chi prospetta una “iperinflazione” per gli USA.
Fonte:
Zimbabwe! Weimar Republic! How Modern Money Theory Replies to Hyperinflation Hyperventilators (Part 1)
Traduzione a cura di Daniele Basciu.<script>” title=”<script><script><script><script><script><script><script><script>

La necessità di pareggiare il bilancio entro un periodo di tempo è un mito, una religione vecchia maniera. Se venisse a crollare questo vincolo allora lo Stato potrebbe spendere “senza controllo”

Molte persone mi inviano e-mail chiedendomi di spiegare perché non dovremmo aver paura dei deficit e perché essi non devono essere finanziati dal debito

Innocente Truffa Mortale 1:

Il governo federale deve trovare fondi attraverso la tassazione o indebitandosi, per poter spendere. In altri termini, la spesa del governo è limitata dalla sua capacità di tassare o di indebitamento.

I fatti:

La spesa del governo federale non è mai vincolata operativamente dalle entrate, e ciò significa che non esiste un rischio di insolvenza. In altre parole, il governo federale può sempre effettuare ogni tipo di pagamento, di ogni entità, a prescindere da quanto sia l’ammontare del deficit, o da quanto scarso sia il gettito fiscale.

Chiedete ad ogni membro del Congresso (come ho fatto io più volte), o ad ogni privato cittadino, come funzioni tutto ciò, ed egli o ella vi risponderà empaticamente che: “…il governo deve tassare oppure indebitarsi per avere fondi da spendere, così come ogni famiglia deve in qualche modo ottenere la moneta di cui ha bisogno per spendere.” E da ciò deriva l’inevitabile domanda riguardo a sanità, difesa, previdenza, e di tutto e di più riguardo alla spesa pubblica:

Come faremo per pagare questi servizi?

Questa è la domanda centrale, cui nessuno sa rispondere correttamente, e capire la giusta risposta a questa domanda è il nocciolo dello scopo generale che sta dietro alla stesura di questo libro.

Nelle prossime righe, vi sarà tutto rivelato senza teoria né filosofia: solo alcuni fatti, duri e freddi. Rispondo a questa domanda osservando in primo luogo come il governo tassi esattamente, e in seguito come esso spenda.

Come tassa il governo federale?

Iniziamo ad osservare cosa accade se pagate le vostre tasse con un assegno. Quando il governo degli Stati Uniti incassa il vostro assegno, e questo è depositato e “liquidato”, tutto quello che il governo fa è diminuire l’entità della cifra che rappresenta il vostro conto, poiché esso sottrae l’ammontare del vostro assegno dal saldo del vostro conto in banca.

Il governo ottiene effettivamente qualcosa di reale da dare a qualcun altro? No, non è come se ci fosse una moneta d’oro da spendere. Potete vedere come questo accada con l’online banking: guardate il saldo nel vostro conto corrente o sullo schermo del vostro computer. Poniamo che il saldo del vostro conto sia di $ 5000 e che voi firmiate un assegno di $ 2000 per il governo. Quando l’assegno è liquidato (viene processato), cosa accade? Il 5 diventa un 3 e il vostro nuovo saldo è di $ 3000. Tutto proprio davanti ai vostri occhi!

Il governo in realtà non ha “preso” nulla da dare a qualcun altro. Nessuna moneta d’oro infilata in un sacchetto presso la Fed. Ha soltanto cambiato le cifre del conto corrente: nulla è “andato” da qualche parte.

E cosa succede se doveste andare dall’ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate (IRS office negli USA) a pagare le vostre tasse con del denaro effettivo? Per prima cosa, consegnereste la pila di vostre banconote dovute come pagamento. Poi, l’impiegato le conterebbe, vi restituirebbe una ricevuta e, speriamo, un grazie per aver contribuito alla previdenza, agli interessi sul debito nazionale, e alla guerra in Iraq. Successivamente, dopo che voi, i contribuenti, uscite dalla stanza, l’impiegato prende quel denaro, da voi guadagnato con fatica, che gli avete appena consegnato, e lo getta in un distruggidocumenti.

Ebbene si, viene gettato via. Distrutto! Perché? Non ha più alcuna utilità. Proprio come un ticket del Super Bowl. Dopo che entrate nello stadio e date al controllore un biglietto che valeva forse $1000, lui lo strappa e lo butta via. In realtà, potete effettivamente comprare della moneta triturata a Washington, D.C.

Quindi se il governo getta via il vostro contante dopo averlo ricevuto, come può quel cash servire per ripagare qualcosa, come la previdenza e tutto il resto della spesa pubblica? Non lo fa.

Potete capire ora perché non ha alcun senso pensare che il governo debba ottenere il denaro dalla tassazione, per poter spendere? In nessun caso esso “prende” davvero qualcosa che in seguito “utilizza”. Perciò, se il governo in realtà non ottiene nulla quando tassa, come e cosa spende?

Come spende il governo federale

Immaginate di essere in attesa che il vostro pagamento di $ 2000 per la Sicurezza Sociale sia accreditato al vostro conto corrente, in cui vi sono già $ 3000. Se state guardando il vostro conto sullo schermo del computer, potete vedere come il governo spenda senza avere nulla da spendere. Incredibile! Improvvisamente il saldo del vostro conto che ammontava a $ 3000, ora ammonta a $ 5000. Che cosa ha fatto il governo per fornirvi quel denaro?

Ha semplicemente modificato la cifra del vostro conto corrente da 3000 a 5000. Non ha preso e infilato una moneta d’oro in un computer. Tutto ciò che ha fatto è stato modificare una cifra nel vostro saldo, scrivendo dei dati nel suo foglio elettronico, che è collegato a tutti gli altri fogli nel sistema bancario. La spesa del governo è fatta tutta tramite modifiche di dati nel proprio file, chiamato “Il sistema monetario del dollaro USA”.

Ecco una citazione del buon Ben Bernanke, Presidente della Federal Reserve, nella trasmissione 60 Minutes:

SCOTT PELLEY: E’ denaro proveniente dalla tassazione quello che la Fed spende?

GOVERNATORE BERNANKE: Non è denaro da tasse. Le banche hanno dei conti correnti presso la Fed, così come si può avere un conto presso una banca commerciale. Perciò, per prestare ad una banca, usiamo semplicemente il computer per accreditare i conti che esse hanno con la Fed.

Il Governatore della Federal Reserve ci sta raccontando, in un semplice inglese, che essa trasferisce denaro (spende e presta) semplicemente modificando cifre in conti correnti bancari. Non esiste qualcosa come dover “incassare” tasse (o indebitarsi) per creare una voce del foglio elettronico chiamata “spesa pubblica”. Dati informatici che non vengono da nessuna parte. Tutti lo sanno!

Dove altro possiamo vedere che questo accade? La vostra squadra segna un goal e il punteggio cambia, poniamo, da 7 a 10 punti. Per caso qualcuno si chiede da dove lo stadio abbia preso quel punto? Certo che no! Oppure, ad esempio, riuscite a colpire 5 birilli nel gioco del bowling e il vostro punteggio va da 10 a 15. Vi preoccupate per caso di dove la pista da bowling abbia preso quei punti? Pensate che tutte le piste da bowling o gli stadi di football debbano avere una “riserva di punti” in una “scatola chiusa” per assicurarsi che voi possiate ottenere i punti che avete segnato? E se la pista scopre che avete commesso un’infrazione con i piedi e vi abbassa il punteggio di 5 unità, per caso adesso la pista da bowling ha più punti da concedere? Certo che no!

Sappiamo tutti come funzionano le voci elettroniche, ma in qualche modo questo è stato completamente stravolto dai nostri politici, dai media, e soprattutto dai principali media mainstream.

Tenete a mente solo questo come punto iniziale: il governo federale non si trova mai nella situazione di “avere” o “non avere” dei dollari. Esso è proprio come lo stadio, che non “ha” o meno una scorta di punti da dare. Quando si tratta del dollaro, il nostro governo, per mezzo delle agenzie Federali, della Federal Reserve e del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, è colui che tiene il punteggio (e fa anche le regole!).

Ora avete le risposte operative alla domanda: “Come pagherete per questo?”. E la risposte è: nello stesso modo in cui il governo paga qualsiasi cosa, modificando cifre nei nostri conti correnti.

Il governo federale non sarà mai “a corto di denaro”, come il nostro Presidente ha erroneamente ripetuto. Non esiste una cosa del genere. Né dipende in alcun modo dall’”ottenere” dollari dalla Cina o da qualunque altra parte. Tutto ciò che al governo serve per spendere è modificare delle cifre al rialzo nella propria banca, la Federal Reserve. Non esistono limiti numerici alla quantità di moneta che il nostro governo può spendere, ogni volta che esso voglia spendere (ciò include il pagamento degli interessi, così come la previdenza sociale e le spese mediche). Ciò comprende tutti i pagamenti effettuati in dollari dal governo a chiunque.

Questo non significa dire che una spesa pubblica eccessiva non potrebbe far alzare i prezzi (inflazione). Ma è dire che il governo non può restare “al verde” e non può essere in bancarotta. Semplicemente, una cosa del genere non esiste.

Quindi perché nessuno, al governo, sembra capire questo concetto? Perché la Commissione Ways and Means del Congresso [organo che coordina e controlla la tassazione e il bilancio, ndt] si preoccupa di “come ripagheremo la spesa”? Potrebbe essere perché queste persone credono alla nozione popolare secondo cui il governo federale, proprio come ogni famiglia, debba in qualche modo “ottenere” la moneta prima di essere in grado di spenderla. Sì, hanno sentito che la famiglia è differente da un governo, ma non ci credono molto, e non c’è mai una spiegazione convincente che per loro abbia un senso.

Quello che sembrano non capire è la differenza tra spendere la moneta che solo tu crei, e spendere la moneta che crea qualcun altro. Per utilizzare propriamente quest’analogia fra governo federale e famiglia, in una maniera sensata, consideriamo di seguito l’esempio di una “moneta” creata da una famiglia.

La storia inizia con i genitori che creano dei buoni, utilizzandoli per poi pagare i loro figli in cambio di varie faccende domestiche. In più, per “rendere vivo” il modello, i genitori richiedono che i figli paghino loro una tassa di 10 buoni a settimana, onde evitare una punizione. La situazione replica da vicino la tassazione nell’economia reale, dove dobbiamo pagare le tasse o scontare una pena.

I buoni sono ora la nuova moneta della famiglia. Pensate ai genitori come se “spendessero” questi buoni per “comprare” servizi (faccende) dai loro figli. Con questa nuova moneta familiare i genitori, come il governo federale, sono adesso gli emettitori della propria moneta. E ora potete vedere come una famiglia con la sua moneta sia molto simile a un governo con moneta propria.

Iniziamo ponendoci alcune domande su come funzioni questa nuova moneta familiare. I genitori devono in qualche modo avere prima dai propri figli i buoni con cui poi li pagano per svolgere i lavoretti? Certo che no! In realtà, i genitori devono prima spendere i loro buoni, pagando i loro figli per aver svolto i lavoretti, per essere in grado di ottenere il pagamento dei 10 buoni a settimana dai figli stessi. Come altro potrebbero i figli ottenere i buoni che devono ai loro genitori?

Allo stesso modo, nell’economia reale, il governo federale, così come questa famiglia con i suoi buoni, non deve risparmiare i dollari che poi spende, tramite la tassazione o l’indebitamento, o altro, prima di poterli utilizzare. Con le moderne tecnologie, il governo non deve nemmeno stampare i dollari che spende, come invece i genitori dell’esempio, che stampano i propri buoni.

Ricordate, il governo stesso non ha né deve avere dollari, non più di quanto la pista da bowling debba avere una scatola di punti. Quando parliamo di dollari, il nostro governo è il segnapunti. E quanti buoni hanno i genitori, nella storia dei genitori e dei figli? Non importa. Potrebbero anche semplicemente scrivere su un pezzo di carta la quantità di buoni che i figli devono loro, e quanti ne hanno guadagnati o quanti ne hanno pagati ogni mese. Quando il governo spende, i fondi non “vengono da” nessuna parte, così come i punti non “vengono da” qualche parte allo stadio di football o alla pista da bowling. Né l’ottenimento delle tasse (o l’indebitamento) incrementano in qualche modo il “tesoretto dei fondi” che può essere speso.

In realtà, i funzionari del Tesoro che spendono effettivamente il denaro (modificando al rialzo delle cifre di conti correnti bancari) non hanno nemmeno il numero di telefono di quelli dell’Agenzia delle Entrate (che modificano al ribasso le cifre dei conti correnti), o quelli del Tesoro della sezione “prestiti” (emettono i titoli del Tesoro) – né sono in contatto in alcun modo con loro. Se contasse davvero qualcosa l’entità di quanto si tassi o ci si indebiti per poter spendere, pensereste che i suddetti funzionari si debbano almeno conoscere! Chiaramente, ciò non è rilevante per i loro scopi.

Dal nostro punto di vista (non quello del governo), noi dobbiamo prima possedere dei dollari per eseguire pagamenti. Così come i bambini devono incassare i buoni dai genitori, prima di poter eseguire il loro pagamento settimanale. E i governi regionali, le città, le imprese sono anch’essi nella stessa barca. Tutti devono in qualche modo incassare dei dollari, prima di poterli spendere. Questo può significare guadagnarli, prenderli in prestito, o vendere dei beni in cambio di denaro, che poi serve per spendere. In verità, ed è un logico punto di partenza, il denaro che ci serve per pagare le tasse deve venire, direttamente o indirettamente, fin dall’istituzione della moneta, dalla spesa pubblica (o dal prestito governativo, che discuterò in seguito).

Ora, costruiamo una moneta nazionale da zero. Immaginate un nuovo Stato con una nuova moneta appena annunciata. Nessuno la possiede. Poi il governo annuncia, ad esempio, che ci sarà una tassa sulle proprietà. Beh, come può essere pagata? Di fatto non si può, fino a che il governo non inizierà a spendere. Solo dopo che il governo spende la sua nuova moneta, la popolazione può avere i fondi per pagare le tasse.

Ripetiamo il concetto: i fondi per pagare le tasse, sin dall’istituzione della moneta, derivano dalla spesa pubblica (o dal prestito governativo). Da dove altro potrebbero venire?

Sì, questo vuol dire che il governo deve spendere per primo, per fornirci essenzialmente i fondi di cui abbiamo bisogno per pagare le tasse. Il governo, in questo caso, è proprio come i genitori che devono innanzitutto spendere i loro buoni, prima di iniziare concretamente a riscuoterli dai propri figli. E né il governo, né i genitori, sin dai tempi della creazione monetaria, possono riscuotere quantità della loro stessa moneta che sono maggiori di quanta ne hanno spesa. Da dove altro potrebbe provenire?

Perciò, mentre i nostri politici credono davvero che il governo debba incassare i nostri dollari, sia tramite la tassazione che l’indebitamento, la verità è che:

Abbiamo bisogno della spesa pubblica per ottenere i fondi necessari per pagare le nostre tasse.

Noi non possiamo modificare cifre, come fa il governo (o la pista da bowling e lo stadio di football). E così come i figli, che devono incassare o in qualche modo ottenere i loro buoni per effettuare i loro pagamenti tramite essi, noi dobbiamo guadagnare o trovare in altri modi dei dollari per eseguire i nostri pagamenti fiscali. E, come ormai potete capire, questo è ciò che accadrebbe in una famiglia che emettesse i propri buoni. I buoni di cui i bambini necessitano per effettuare i loro pagamenti ai genitori devono venire proprio dai genitori stessi.

E, come già affermato, la spesa pubblica non è mai operativamente vincolata dalle entrate (gettito fiscale e prestiti). Sì, ci possono essere e ci sono dei limiti auto-imposti alla spesa, posti dal Congresso, ma questa è tutta un’altra storia. Questi comprendono le regole sul tetto del debito, le regole sullo scoperto dei conti del Tesoro, e le restrizioni agli acquisti dei titoli del Tesoro da parte della Fed. Sono tutti imposti da un Congresso che non ha una conoscenza pratica del sistema monetario. E, con il nostro attuale assetto monetario, tutti questi vincoli auto-imposti sono controproducenti nel processo di sviluppo delle funzioni pubbliche.

Tutto ciò che essi fanno è mettere dei paletti alla progettazione monetaria, che altrimenti non esisterebbero, e nel corso del tempo creare problemi che altrimenti non si presenterebbero. In verità, sono stati alcuni di questi paletti auto-imposti a causare il trasferimento della crisi finanziaria all’economia reale, contribuendo alla recessione.

Il fatto che la spesa pubblica non sia operativamente vincolata alle entrate significa che non esistono rischi di “insolvenza”. In altri termini, il governo può sempre eseguire qualsiasi pagamento di ogni entità nella sua moneta, a prescindere dall’ammontare del deficit o da quanto scarso sia il gettito fiscale.

Questo, tuttavia, NON significa che il governo può spendere tutto quello che vuole senza conseguenze. La spesa eccessiva può far aumentare i prezzi e innescare l’inflazione.

Ciò che vuol dire davvero è che non esistono rischi di solvibilità, che è uguale a dire che il governo non può restare “al verde”, e non esiste la possibilità che il governo “finisca il denaro da spendere”, come il Presidente Obama ha erroneamente ripetuto più volte. Né, come ha detto ancora il Presidente Obama, la spesa del governo degli USA è limitata da quanto esso s’indebita.

Quindi la prossima volta che sentite dire “Da dove verrà il denaro per la Previdenza sociale?” incalzateli e rispondete loro: “Sono soltanto dati informatici. Il denaro viene dallo stesso posto da dove provengono i tuoi punti alla pista da bowling”.

Mettendola in un altro modo, gli assegni del governo USA non vengono mai rifiutati, a meno che il governo stesso non decida di dichiararli scoperti.

Gli assegni del governo federale non vengono mai rifiutati.

Qualche anno fa, in Australia, ho tenuto un discorso intitolato “Gli assegni del governo non vengono rifiutati”, presso una conferenza di economia. Fra il pubblico c’era il direttore della ricerca presso la Banca Centrale dell’Australia, il signor David Gruen. E’ stato un dramma. Tenevo discorsi da anni presso questo gruppo di accademici ma non riuscivo a convincerli che la solvibilità del governo non è un problema. Iniziavano subito con la solita storia: “Quello che gli americani non capiscono è che c’è differenza fra un’economia piccola e aperta come l’Australia rispetto a quella degli Stati Uniti”. Non sembrava esserci alcun modo per farglielo entrare in quelle loro teste (forse) troppo istruite, che, almeno per questo scopo, nulla di ciò sia rilevante. Un foglio elettronico è un foglio elettronico. Tutti, tranne il professor Bill Mitchell e alcuni suoi colleghi, sembravano avere questo blocco mentale, e avevano davvero paura di cosa sarebbe successo se i mercati si fossero messi contro l’Australia, per far sì che in qualche modo non potesse più “finanziare il suo deficit”.

Quindi, ho iniziato il mio discorso spiegando come gli assegni del governo non siano mai scoperti e, dopo qualche minuto, la mano di David si  è alzata per proporre l’affermazione nota a tutti gli studenti intermedi di economia: “Se il tasso d’interesse sul debito è più elevato del tasso di crescita del PIL, il debito pubblico è insostenibile”. Questa non veniva presentata come una domanda, ma proprio come un fatto.

Allora ho replicato: “Io sono un tipo pratico, David, perciò dimmi, cosa intendi per ‘insostenibile’? Vuoi dire che se il tasso d’interesse è molto elevato, e in 20 anni il debito pubblico è cresciuto fino ad un numero abbastanza consistente, il governo non sarà in grado di pagare i suoi interessi? E se poi esso firma un assegno ad un pensionato, che quell’assegno sarà rifiutato?”

David è diventato silenzioso, sprofondando nei pensieri, e analizzando la cosa.

“Sai, quando sono arrivato qui, non pensavo di dover studiare come funziona il sistema di liquidazione degli assegni”, ha dichiarato, tentando di fare dell’umorismo. Ma nessuno nella sala si è messo a ridere o ha emesso un qualche suono. Erano tutti totalmente concentrati su quale sarebbe stata la sua risposta. Era la prova del nove sulla questione.

Alla fine David ha detto: “No, liquideremo l’assegno, ma questo causerà inflazione e la moneta si svaluterà. Ecco cosa si intende per insostenibile”.

A quel punto è calato un grande silenzio nella sala. Il lungo dibattito era concluso. La solvibilità non è un problema, anche per una piccola economia aperta.

Bill ed io abbiamo subito ottenuto un alto livello di rispetto, che ha spesso preso la forma esteriore di “beh certamente, l’abbiamo sempre detto” da coloro che erano dubbiosi e scettici.

Ho continuato con David: “Beh, credo che la maggior parte dei pensionati si chieda se i suoi fondi ci saranno ancora quando li preleveranno, e se il governo australiano sarà in grado di pagarli”.

A questo David ha replicato: “No, penso che loro siano preoccupati dell’inflazione e del livello del dollaro australiano”. Al che il professor Martin Watts, capo del Dipartimento di Economia all’Università di Newcastle, si è inserito esclamando: “Col cavolo che lo sono, David!”.

E qui David, molto pensieroso, mi ha concesso: “Sì, suppongo che tu abbia ragione”.

Perciò, che cosa è stato effettivamente confermato dagli accademici di Sydney che hanno partecipato quel giorno? I governi, utilizzando la loro moneta, possono spendere quanto vogliono, quando vogliono, proprio come lo stadio di football può attribuire punti sulla lavagna a volontà. Le conseguenze della spesa eccessive possono concentrarsi nell’inflazione o nella svalutazione della moneta, ma mai nell’insolvenza.

Il fatto è questo: i deficit pubblici non possono mai far sì che i governi non riescano ad effettuare pagamenti, di qualunque entità essi siano. Non esistono problemi di solvibilità. Non esiste la possibilità di esaurire il denaro, quando la spesa consiste nel modificare cifre all’insù in conti correnti presso la propria Banca Centrale.

Sì, le famiglie, le imprese, e anche le regioni devono disporre di dollari nei loro conti correnti quando firmano assegni, altrimenti quegli assegni torneranno al mittente. Ciò avviene perché i dollari che spendono sono creati da qualcun altro – il governo federale – e le imprese, le famiglie e le regioni non sono i “segnapunti” del dollaro.

Perché il governo federale tassa

Allora perché il governo federale tassa, se in realtà non ottiene nulla da poter spendere o non necessità di incassare nulla per spendere? (Suggerimento: è la stessa ragione per cui i genitori chiedono 10 buoni a settimana ai loro figli, nonostante i genitori non abbiano davvero bisogno dei buoni per qualche motivo).

C’è una ragione davvero buona per cui ci tassa. Le tasse creano un bisogno continuo di dollari nell’economia, e perciò un bisogno continuo delle persone di vendere i propri beni, servizi e lavoro per ottenere dollari. Con la presenza delle passività fiscali per i cittadini, il governo può comprare tramite la sua valuta, altrimenti senza valore; proprio perché qualcuno ha bisogno dei dollari per pagare le tasse. Così come la tassa sui buoni dei bambini crea un bisogno continuo dei buoni stessi, che possono essere incassati svolgendo faccende per i genitori.

Pensate alla tassa sulle proprietà. (Non siete pronti per affrontare il tema delle tasse sui redditi – il risultato è lo stesso, ma molto più complesso ed indiretto). Dovete pagare la tassa sull’abitazione in dollari, altrimenti perderete la casa. È proprio come la situazione dei bambini, poiché essi devono avere 10 buoni o affrontare le conseguenze. Così ora siete spinti a vendere qualcosa (beni, servizi, il vostro stesso lavoro) per ottenere i dollari di cui necessitate. Come i bambini, che sono motivati a fare le faccende per avere i buoni che servono loro.

Infine, devo unire i puntini: da un gruppo di persone che necessitano di dollari per pagare le proprie tasse, fino alla totalità dei cittadini che richiedono ed utilizzano dollari per quasi tutte le loro transazioni commerciali.

Per fare questo, torniamo all’esempio di una nuova nazione con una nuova moneta, che chiamerò “corona”, in cui il governo istituisce una tassa sulle proprietà. Poniamo che il governo istituisca la tassa per lo scopo successivo di costituire un esercito, e offra lavori ai soldati retribuendoli in “corone”. Improvvisamente, molte persone che possiedono delle proprietà ora hanno bisogno di corone, e la maggior parte non vorrà incassarle direttamente dal governo arruolandosi come soldati. Quindi inizieranno a vendere i propri beni e servizi in cambio delle nuove corone di cui hanno bisogno, sperando di ottenere quelle corone senza dover entrare nell’esercito. Altre persone ora mettono in vendita cose che vorrebbero comprare – polli, cereale, vestiti e tutti i tipi di servizi come il taglio dei capelli, servizi medici e molti altri.

Chi offre questi beni e servizi vuole ricevere corone per evitare di dover entrare nell’esercito, pur di ottenere le corone necessarie a pagare le tasse. Il fatto che tutte queste cose siano messe in vendita, in cambio di corone, fa sì che altre persone entrino nell’esercito per guadagnare le corone necessarie a comprare qualcuno di quei beni e servizi.

In realtà, i prezzi subiranno aggiustamenti finché non sarà tentato di entrare nell’esercito un numero di soldati pari a quello desiderato dal governo. Perché, fino a quel momento, non ci saranno abbastanza corone spese dal governo per permettere ai contribuenti di pagare tutte le loro tasse, e coloro che hanno bisogno di corone ma non vogliono entrare nell’esercito abbasseranno i prezzi dei loro beni e servizi fino al livello che gli permette di venderli; oppure gettare la spugna e arruolarsi anch’essi.

Quello seguente non è un concetto meramente teoretico. È esattamente quello che è accaduto in Africa nel 1800, quando gli Inglesi vi fondarono colonie per creare coltivazioni. Gli inglesi offrivano lavori alle popolazioni locali, ma nessuno di loro era interessato a guadagnare monete inglesi. Perciò essi introdussero una “tassa sulle baracche” che gravava su tutte le loro dimore, pagabile esclusivamente in moneta britannica.

Improvvisamente, l’area venne “monetizzata”, poiché a quel punto tutti avevano bisogno di denaro inglese, e la popolazione locale iniziò a vendere beni, servizi, e forza lavoro per ottenere il denaro necessario. Gli inglesi potevano così assumerli e pagarli in moneta britannica, per lavorare i campi e far crescere le loro colture.

Ciò è esattamente quello che i genitori fanno per ottenere ore di lavoro dai propri bambini affinché essi svolgano le faccende. Ed è esattamente il sistema con cui funzionano le cosiddette “monete non convertibili” (non ci sono più gold standard, e pochissimi tassi di cambio fissi), come il dollaro USA, lo yen giapponese, e la sterlina inglese.

Ora siamo pronti a vedere il ruolo delle tasse da una differente prospettiva, quella dell’economia moderna, usando il linguaggio economico.

Un economista esperto oggi direbbe che “la funzione delle tasse è di ridurre la domanda aggregata”. Il termine “domanda aggregata” è solo un estroso modo per dire “potere d’acquisto”.

Il governo ci tassa, portandoci via denaro, per una ragione: per farci avere meno da spendere, il che rende la valuta molto più scarsa e ne aumenta il valore. Sottrarci denaro può essere pensato anche come un modo per lasciare maggiore libertà al governo di spendere, senza causare inflazione.

Pensate all’economia come ad un grande negozio pieno di tutti i beni e servizi che produciamo e vendiamo ogni anno. Veniamo pagati abbastanza in salari e profitti per comprare tutto quello che c’è nel negozio, ponendo per ipotesi che spenderemmo tutto il denaro che guadagniamo e tutti i profitti che facciamo (e se ci indebitiamo, possiamo comprare anche di più di quello che si trova nel negozio).

Ma quando parte delle nostra moneta se ne va, per pagare le tasse, non abbiamo abbastanza potere d’acquisto per comprare tutto quello che c’è in vendita nel negozio. Questo dà “spazio” al governo per comprare ciò che vuole, cosicché quando esso spende quanto vuole, la spesa complessiva del governo e del resto di noi cittadini non sia troppa rispetto a quanto c’è in vendita nel negozio.

Tuttavia, quando il governo tassa troppo, rispetto alla sua spesa, la spesa totale non è abbastanza per assicurare che tutto ciò che è in vendita nel negozio venga venduto. Allora più persone perdono il lavoro, e l’economia precipita in una spirale negativa che chiamiamo recessione.

Tenete a mente che lo scopo pubblico, dietro a tutte queste azioni del governo, è fornire infrastrutture statali. Queste comprendono il sistema militare, legale, legislativo, e il braccio esecutivo del governo. Perciò esiste un minimo di materie che anche gli elettori più conservatori delegherebbero al governo.

In sostanza, vedete la cosa in questo modo: per il “giusto” ammontare di spesa pubblica, che presumiamo sia necessario per far funzionare lo Stato nel modo in cui vogliamo, a quanto dovrebbero ammontare le tasse? Il motivo per cui guardo le cose da questa prospettiva è che il “giusto quantitativo di spesa pubblica” è una decisione economica e politica che, se propriamente compresa, non ha nulla a che fare con le finanze pubbliche. I costi “reali” di far funzionare un governo sono i beni e servizi reali che esso consuma – tutte le ore di lavoro, carburante, elettricità, acciaio, fibre ottiche, hard disk e così via, che sarebbero altrimenti a disposizione del settore privato.

Perciò quando il governo acquisisce quelle risorse per i suoi scopi, ci sono molte meno risorse a disposizione per le attività del settore privato. Ad esempio, il costo reale di un esercito “di giuste dimensioni”, con abbastanza soldati, è il fatto che ci siano meno lavoratori rimasti nel settore privato per coltivare materie prime alimentari, costruire macchine, svolgere mansioni mediche, infermieristiche ed amministrative, tagliare l’erba ai prati ecc. ecc.

Pertanto, per come la vedo io, prima fissiamo le dimensioni del governo al “giusto” livello di infrastrutture pubbliche, basato sui benefici e i costi reali, e non le considerazioni “finanziarie”. Il sistema monetario diviene allora lo strumento da utilizzare per raggiungere i nostri reali obiettivi politici ed economici; e non la fonte delle informazioni da cui capire quali siano i nostri obiettivi.

Poi, dopo aver deciso quanto dobbiamo spendere per raggiungere il giusto livello di presenza del governo, aggiustiamo le tasse, affinché tutti possiamo avere abbastanza potere d’acquisto per comprare ciò che è ancora in vendita nel “negozio”, dopo che il governo avrà finito di fare il suo shopping. In generale, mi aspetterei che le tasse siano considerevolmente minori della spesa pubblica, per ragioni già spiegate e anche approfondite più avanti in questo libro. Nella realtà, un deficit pubblico di circa il 5% del PIL potrebbe essere la norma: nell’economia di oggi si tratta di circa 750 miliardi di $ l’anno. Tuttavia, quel numero in sé non determina particolari conseguenze economiche, e potrebbe essere molto più elevato o molto inferiore, a seconda delle circostanze. Ciò che importa è che lo scopo delle tasse consiste nell’equilibrare l’economia, e assicurarsi che non sia troppo bollente o troppo fredda e che la spesa del governo federale sia impostata a questa giusta quantità, considerando le dimensioni e gli scopi del governo che vogliamo.

Questo significa che NON dobbiamo far crescere la dimensione del governo per aiutare l’economia in una fase di rallentamento. Dovremmo già essere al giusto livello, e di conseguenza non aumentarlo ogni volta che l’economia si ferma. Perciò, se da un lato aumentare la spesa pubblica durante una fase di stallo farà senz’altro tornare i conti, e farà terminare la recessione, per me è di gran lunga preferibile arrivare al risultato con i giusti tagli alle tasse, in una misura sufficiente a risollevare la spesa del settore privato ai livelli desiderati.

Ancora peggio sarebbe aumentare la presenza del governo solo perché esso potrebbe trovarsi con un surplus di bilancio. Di nuovo, le finanze pubbliche non ci dicono nulla su quanto il governo debba essere presente. Il giusto ammontare di spesa pubblica non ha nulla a che fare con le entrate fiscali o la capacità di indebitarsi, poiché questi sono entrambi degli strumenti per implementare politiche sulla base di scopi pubblici; e non fonti di entrate effettivamente necessarie per la spesa pubblica.

Affronterò il discorso nello specifico più avanti, ma a parità di tutto il resto, la mia visione è quella di un governo molto più snello ed efficiente, una che sia interamente concentrata sulle fondamenta della pubblica utilità. Per fortuna, esistono infinite strade degne di nota già disponibili per fare questo.

Possiamo porre in essere i giusti incentivi per indirizzare le forze del mercato, e guidarle per promuovere meglio le pubbliche utilità con molte meno regole.

Ciò darebbe luogo a un governo e a una cultura che sarebbe invidiata dal mondo intero. Sarebbe un governo che esprime i nostri valori americani, come il premiare l’impegno nel lavoro e l’innovazione, la promozione delle pari opportunità, l’aspettativa di risultati sociali equi, e legislazione e regolamenti applicabili che possiamo rispettare con vero orgoglio.

Ma sto divagando. Tornando al problema di quanto alte debbano essere le tasse, ricordate che se il governo provasse semplicemente a comprare tutto ciò che vuole e non ci sottraesse minimamente del potere d’acquisto, non ci sarebbero tasse: ci sarebbe “troppa moneta che insegue troppo pochi beni”, e il risultato sarebbe l’inflazione. In effetti, senza tasse, per prima cosa nulla verrebbe più venduto in cambio della moneta pubblica, come discusso in precedenza.

Per evitare che la spesa pubblica causi quel tipo di inflazione, il governo deve sottrarci parte del nostro potere d’acquisto tassandoci (non lo fa per pagare effettivamente qualcosa, ma affinché la sua spesa non causi inflazione). Un economista la direbbe in questo modo: le tasse servono a regolare la domanda aggregata, non ad aumentare le entrate in sé. In altre parole, il governo ci tassa, portandoci via denaro, per prevenire l’inflazione, non per incassare il nostro denaro al fine di spenderlo nuovamente.

Lo ripeto ancora una volta: le tasse servono a regolare l’economia, e non per far avere al Congresso dei soldi da spendere.

E, di nuovo, il governo non possiede né deve possedere dei dollari; semplicemente, esso modifica le cifre dei nostri conti correnti, accrescendole quando spende e riducendole quando tassa. Tutto questo avviene,  presumibilmente, allo scopo di regolare l’economia per la pubblica utilità.

Ma finché il governo continuerà a credere a questa innocente truffa mortale, la prima di sette, ovvero che esso debba incassare denaro dalle tasse o dall’indebitamento per spendere, continuerà a sostenere politiche che soffocano la produttività e l’occupazione, e ci impedirà di raggiungere quelli che altrimenti sarebbero risultati economici immediatamente conseguibili.
Traduzione a cura di Giacomo Bracci.
Qui la seconda parte delle “7 innocenti frodi mortali della politica economica” di Warren Mosler
Traduzione a cura di Giacomo Bracci.
Dal libro di Warren Mosler, The Seven Deadly Frauds of Economics Policy pubblicato in italiano da Edizioni Arianna
http://www.edizioniarianna.it/index.php?option=com_abook&view=book&catid=20%3A-free-writers&id=81%3Ale-sette-innocenti-frodi-capitali-della-politica-economica&Itemid=55
Qui il pdf gratuito in inglese http://moslereconomics.com/wp-content/powerpoints/7DIF.pdf

La Modern Money Theory e Il Più Grande Crimine spiegati agli anziani, agli adolescenti e a persone del tutto digiune di economia:
– Nonna, ti spiego la crisi economica di Paolo Barnard (formato pfd)
 

Queste slide si compongono di tre parti:
Nella prima parte si presentano gli elementi base che costituiscono e caratterizzano un Sistema monetario moderno con moneta sovrana cd. “fiat”. Viene evidenziata la differenza tra Moneta sovrana e Euro, e le devastanti conseguenze. Questi elementi sono illustrati con gli strumenti analitici della Modern Money Theory, ed evidenziati in alcuni richiami ad eventi e dinamiche concretamente verificatesi.
Nella seconda parte si illustra la natura del “debito pubblico”, e perché questo costituisca la ricchezza dei cittadini di un Paese dotato di moneta sovrana.
Nella terza parte si illustrano le fondamenta ideologiche reazionarie alla base della costruzione dell’Unione Europea e del sistema monetario Euro, e gli elementi che, introdotti attraverso l’invasione finanziaria, costituiscono il Nuovo Ordine Totalitarista europeo, che sta distruggendo la democrazia moderna nella forma che avevamo conosciuto a partire dal secondo dopoguerra.
Trattandosi di materiale didattico “base”, alcuni concetti sono appena accennati e non approfonditi. Saranno sviluppati più approfonditamente nel materiale destinato ai livelli di apprendimento più progrediti.
L’utilizzo di queste slides è fortemente consigliato in abbinamento alla lettura della versione semplificata de “Il più grande crimine”, ovvero il pdf “Nonna ti spiego la crisi economica”, opera di Paolo Barnard.

http://ia600806.us.archive.org/4/items/MMT-ITALIA_380/DIDATTICA-DI-BASE-MMT.pdf

Analizziamo quanto abbiamo imparato da un esempio reale: l’economia clintoniana dei riccioli d’oro per cercare il seme della crisi finanziaria globale. Utilizzeremo l’approccio dei bilanci settoriali. Già nel 2002, io (Randall Wray, nda), parlavo di una crisi di bilancio sia a livello statale che locale. L’economia era caratterizzata da una bolla guidata da un’insostenibile spesa a deficit privata. Dal 1996 al 2006 il settore privato ha speso più del suo reddito. Fino a quando l’economia è collassata; quello che non avevo chiaro era quanto depravata era diventata Wall Street. Hanno condotto la bolla-debito attraverso ogni sorte di frode. Oggi vediamo le conseguenze.
Dal periodo “riccioli d’oro” possiamo tratte una lezione. Con Bush senior il deficit era del 5% rispetto al PIL. Questo era utile per attuare una ripresa economica ma nel frattempo il settore privato si è spostato verso un deficit alimentato dai prestiti-frode che hanno permesso un boom immobiliare e dei consumi. Utilizzando l’approccio dei bilanci settoriali, nell’era di Clinton lo stato aveva un surplus di bilancio.
Tale surplus rappresenta l’immagine riflessa del deficit privato + deficit delle partite correnti (import>export, nda).
Dopo il collasso finanziario:
il settore privato è andato in surplus;
il deficit del saldo delle partite correnti è diminuito (i consumatori hanno comprato meno prodotti importati);
il deficit di bilancio è cresciuto perché è crollato il gettito fiscale come conseguenza del collasso delle vendite domestiche che ha aumentato la disoccupazione.
Purtroppo la lezione dell’era Clinton basata sul surplus di bilancio e quella della crisi finanziaria globale non è bastata. I politici sono convinti che il problema nasca da sperpero statale. Quindi procedono con tagli alla spesa e aumento delle tasse per ridurre il deficit di bilancio.
La realtà: gli eccessi di Wall Street hanno condotto all’aumento dell’indebitamento privato. La bolla, una volta esplosa, ha fatto crollare l’economia e ha causato la diminuzione delle entrate fiscali. Questo ha prodotto un notevole aumento del deficit di bilancio statale. La crisi ha ferito le entrate dello stato, che ha tagliato i servizi e ha aumentato le tasse (capirete in seguito che uno stato a moneta sovrana non  fronteggia problemi di solvibilità).
Ricordate sempre che:
Bilancio privato + Bilancio statale + Bilancio estero = 0
Primer 3 tratto da:
Recent USA Sectoral Balances: Goldilocks, the Global Crash, and the Perfect Fiscal Storm
http://neweconomicperspectives.org/2011/06/recent-usa-sectoral-balances-goldilocks.html