SAGGIO

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I TRE ELEMENTI COSTITUTIVI DELLO STATO

CARO VITA, SPECULAZIONE, PROBLEMI SOCIALI, POLITICI ED INTERNAZIONALI:
PERCHÉ LO STATO NON INTERVIENE?

Siamo arrivati al punto di non ritorno.

  • A livello internazionale, siamo drammaticamente sempre più vicini alla guerra termo-nucleare tra la Federazione Russa, con i suoi alleati, e gli Stati Uniti d’America, con i suoi vassalli. Escalation atomica, oltretutto, che potrebbe verificarsi da un momento all’altro, anche per motivi del tutto accidentali, oppure in seguito a false flag” – come dimostrato, anche recentemente, dall’attacco missilistico compiuto il 15.11.2022 sotto falsa bandiera dell’Ucraina contro la Polonia, Paese membro della NATO, che ha portato all’uccisione di due civili polacchi (attacco missilistico pianificato dall’Ucraina all’evidente scopo di accusare la Russia dell’aggressione contro la NATO, in modo da allargare il conflitto russo-ucraino a tutti i Paesi membri dell’alleanza atlantica, rischiando così di scatenare  la Terza Guerra Mondiale).
  • A livello dell’informazione, oggi più che mai, sui principali giornali, telegiornali e sui social, assistiamo disgustati alla degenerazione dell’informazione pubblica nella propaganda più ridicola, sfacciata e mistificatoria mai vista. Ormai, come testimoniato da eminenti giornalisti, tra i quali Udo Ulfkotte,i mass-media più importanti, anche del servizio pubblico, sono controllati interamente dai funzionari dell’intelligence di NATO e Unione Europea, che a loro volta sono strumenti militari ed economico-sovranazionali saldamente nelle mani dell’élite finanziaria internazionale di stampo anglo-americano.
  • A livello di politica interna, le cose non vanno certamente meglio, essendo i maggiori Partiti politici sempre gestiti dalla medesima élite finanziaria: la politica interna, di conseguenza, è ormai ridotta ad una politica-teatrino, una pantomima, una farsa grottesca, con un interminabile copione scritto appositamente per dividere i cittadini in due tifoserie su temi pretestuosamente distanti dai gravissimi problemi economici e strategici reali, ma scelti accuratamente per catturare emotivamente la popolazione e distrarla dalle vere cause e dai veri responsabili della crisi drammatica che ci sta attanagliando.
  • Infine, la situazione economica delle imprese e delle famiglie è divenuta insostenibile a causa dell’aumento esponenziale dei costi energetici e dei prezzi in generale, senza che, dall’altra parte, corrisponda un simmetrico aumento del profitto e dei salari. In termini macroeconomici, dunque, non  ci troviamo davanti alla solita inflazione propagandata dai mass-media (cioè quel improbabilissimo fenomeno che si potrebbe verificare in seguito ad un eccessivo ampliamento della massa monetaria circolante e ad un sostenuto incremento della domanda aggregata –che tradotto significa: se fossimo tutti miliardari e affetti da shopping compulsivo- ovvero un esagerata richiesta di beni e servizi nel suo complesso, a parità di produzione), ma si tratta sempre di una classica inflazione da offerta, nella quale sono i produttori ad aumentare i prezzi dell’offerta, ossia dei beni prodotti, per salvaguardare il margine di profitto, in questo caso, rispetto ad un’eccessiva tassazione, da shock esterno (dovuto alla speculazione finanziaria sui titoli energetici, in primis, nella Borsa di Amsterdam, resa possibile dall’Unione Europea) e ad isteriche previsioni di mercato.

Davanti a questo esplosivo scenario economico, tutti noi ci siamo almeno una volta posti la seguente domanda: ma per quale motivo lo Stato non interviene e non fa qualcosa, ad esempio, contro l’aumento delle bollette e la speculazione finanziaria, che ci stanno completamente impoverendo, facendo cadere in picchiata il nostro potere d’acquisto?

Ciascuno, infatti, grazie al bagaglio culturale comune, sa benissimo che lo Stato potrebbe fare qualcosa, anzi, può fare moltissimo, per affrontare questa situazione.

Il vero quesito, allora, è: perché se lo Stato ha il potere di risolvere le cose, non lo sta facendo?

Per rispondere a questa domanda, è necessario ricordare cosa sia lo Stato e tenere a mente alcuni concetti banali che, se messi insieme, rappresentano un percorso mnemonico di ritorno alla consapevolezza, che ci aiuterà a comprendere la realtà e le forze in atto che stanno influenzando pesantemente e peggiorativamente la qualità della nostra vita, giorno dopo giorno.

Ripassiamo, quindi, alcuni elementi chiave semplicissimi.

Per capire cosa sia lo Stato, è molto utile partire dal significato del suo sinonimo più stretto, che è il termine Patria.

Etimologicamente, il termine “Patria” deriva dall’aggettivo latino “patrius, patria, patrium”, ritenendo sottinteso il sostantivo latino “terra, terrae”, da cui l’espressione latina completa: “Terra Patria”.

Dal punto di vista concettuale, dunque, la Patria è per ciascuno il luogo in cui sono nati e vissuti, generazione dopo generazione, i propri antenati e i genitori, e in cui si è nati, acquisendo con la nascita la cittadinanza, ossia l’appartenenza ad una comunità territoriale che condivide un patrimonio culturale e valoriale, che poi viene codificato in un ordinamento.

Nella cultura romana, alla Patria era strettamente legata la “pìetas”, ossia il culto verso gli antenati e la terra natia, che possiamo interpretare oggi come un sentimento di rispetto devoto, come quello che si deve a Dio e ai genitori. La pìetas, infatti, era caratterizzata sia da un cultus”, cioè propriamente la devozione, anche di tipo religioso vero e proprio, quanto dall’“officium”, ovvero il senso del dovere che nasce dalla volontà di svolgere il proprio ruolo di cittadino, esprimendo la propria personalità all’interno della società, ricevendo in cambio rispetto e tacita gratitudine, accompagnato dalla vergogna che si proverebbe all’interno della comunità, se non si contribuisse al bene comune, cioè alla crescita materiale, intellettuale e spirituale della società.

Storicamente, non si può parlare di patria per i popoli primitivi, poiché, essendo nomadi, non avevano strettamente un proprio luogo, una propria terra patria, benché essi fossero caratterizzati da un attaccamento alla famiglia e alla tribù. Quando poi, invece, i primi uomini hanno iniziato a praticare l’agricoltura e sono diventati stanziali e stabili, in loro è maturato l’affezionamento verso la propria terra, a causa probabilmente del fatto che proprio lì, su quella terra, erano via via nati, vissuti, morti e sepolti i loro antenati e i loro affetti.

Il concetto di Patria vero e proprio nasce nell’antica Grecia, con le città-stato, le poleis (πόλεις): è in questo momento che inizia il patriottismo autentico, ovvero il sentimento di amore verso la comunità formata dai propri concittadini e verso la città stessa.

Il termine Patria, dunque, ci rende più semplice capire che lo Stato per definizione è fondato su un ordinamento politico e giuridico a base territoriale, poiché nasce da una comunità stanziata su un territorio e stretta attorno a valori comuni, che decide di codificare un ordinamento, al fine di perseguire il bene collettivo e quello individuale in base a regole comuni.

Grazie alla definizione di Patria, quindi, si introduce facilmente il tema del patto sociale, che ha dato vita a numerose teorie filosofiche contrattualistiche, le quali ad esso si richiamano per giustificare la necessità degli individui di aggregarsi in società. Tra queste, probabilmente, la più importante è quella esposta magistralmente da Jean-Jacques Rousseau nella sua opera “Contratto Sociale” del 1792. Egli, infatti, affermava che il patto sociale nasce quando la sussistenza all’interno dello stato di natura renderebbe difficile la sopravvivenza stessa, sottolineando che “questo stato primitivo non può più sussistere e il genere umano perirebbe se non cambiasse il suo modo di essere”. Pertanto, gli uomini possono rafforzarsi solo unendo e dirigendo verso un’unica direzione le forze esistenti, poiché “non hanno più altro mezzo per conservarsi se non quello di formare per aggregazione una somma di forze”. 

Secondo Rousseau, quindi, l’essere umano può sopravvivere solo cooperando con gli altri esseri umani, poiché, nello stato di natura, l’isolamento o la forte competizione tra gli interessi privati individuali, o di un’associazione particolare, o di una categoria, porterebbe inevitabilmente all’estinzione.

In sostanza, grazie al pensiero rousseauiano, possiamo affermare oggi che lo Stato nasce dal contratto sociale, che è un patto stretto tra i singoli individui, i quali si mettono assieme formando una società, riunendosi attorno a valori comuni, che vengono poi tradotti in un ordinamento giuridico.

In questo modo gli individui passano da un’esistenza animalesca e primitiva, basata sulla competizione di tutti contro tutti, alla cooperazione, dalla quale nasce lo Stato, il quale permette l’evoluzione e la crescita individuale e collettiva per l’interesse comune, cosa impossibile nello stato di natura, come descritto da Rousseau: “solo la volontà generale può dirigere le forze dello Stato secondo il fine della sua istituzione, che è il bene comune; …il contrasto degl’interessi privati ha reso necessario l’istituzione della società, ed è stato l’accordo dei medesimi interessi a renderla possibile. Il legame sociale risulta da ciò che in questi interessi differenti c’è di comune… la società deve essere governata unicamente sulla base di questo interesse comune.”

Questo è il motivo per il quale nasce lo Stato, il suo fine, ed ecco perché non solo può, ma deve affrontare e risolvere, per mezzo del potere d’imperio, i problemi che sorgono sul territorio nazionale e che possono essere fonte di danno per propri cittadini, al fine di perseguire il bene comune e garantire il rispetto dei diritti individuali e dell’interesse della collettività, in forza della legittimazione della volontà popolare.

Ma attenzione: benché la volontà generale sia, per sua natura, sempre retta, tuttavia il popolo può essere ingannato. Citando sempre Rousseau, “la volontà generale è sempre retta e tende sempre all’utilità pubblica; ma non che le deliberazioni del popolo rivestano sempre la medesima rettitudine. Si vuole sempre il proprio bene, ma non sempre si capisce qual è; il popolo non viene mai corrotto, ma spesso viene ingannato e allora soltanto sembra volere ciò che è male.” Se invece un popolo è informato e sceglie liberamente, l’esito è l’espressione della volontà generale: “Se, quando il popolo informato a sufficienza delibera, …dal gran numero delle piccole differenze risulterebbe sempre la volontà generale e la deliberazione sarebbe sempre buona.”

Successivamente, le teorie contrattualistiche e la scienza giuridica (soprattutto con il giurista tedesco Georg Jellinek, nella sua opera Allgemeinen Staatslehre del 1900), hanno individuato i tre elementi costitutivi dello Stato, che sono:

  1. un Popolo stanziato su un territorio;
  2. un Territorio dai confini determinati;
  3. la Sovranità, o potere di imperio.

Con il termine “popolo” si intende unicamente l’insieme dei cittadini, e non va confuso con la parola popolazione, che, invece, rappresenta un mero dato statistico che indica il numero di persone presenti in un determinato territorio e in un istante di tempo. Ad esempio, il popolo italiano è rappresentato dai soli cittadini italiani, i quali rimangono tali anche quando si trovano all’estero, mentre la popolazione in Italia è formata dai cittadini italiani che in quel momento si trovano in Italia, ma in parte anche da turisti o da cittadini stranieri residenti, che quindi non fanno parte del popolo italiano.

Il “territorio nazionale è una porzione del pianeta, delimitata dai confini con gli altri Stati o con la giurisdizione internazionale. Con territorio non si intende solo la terraferma, ma anche il mare fino a 12 miglia dalla costa (qualora non vi siano diversi accordi bilaterali con altri Stati), mentre nelle acque internazionali fino a 200 miglia al di là del territorio nazionale si trova l’area economica esclusiva (ossia area di pesca o di sfruttamento delle risorse naturali, che, però, non è più territorio nazionale).

Il territorio, inoltre, si sviluppa anche verticalmente: lo spazio aereo fa parte del territorio dello Stato, fino alla fine dell’atmosfera, così come anche il sottosuolo fa parte del territorio nazionale, fin dove si può arrivare (teoricamente, fino al centro della terra).

Addirittura, legalmente anche aerei e navi militari sono considerati territorio nazionale ovunque si trovino, mentre agli aerei e navi civili si applica la legge dello Stato del quale battono bandiera solo quando si trovano in acque internazionali, altrimenti rispondono alla legge dello Stato del quale varcano i confini.

Cos’è, infine, la “sovranità”? Orbene, la sovranità è l’attuazione della volontà esercitata da un’autorità suprema sul popolo e sul territorio. Questo potere d’imperio ha per definizione una natura duale: si ha la sovranità se e solo se lo Stato è indipendente sul piano esterno, cioè non recepisce passivamente direttive provenienti da soggetti esterni ai suoi confini, ed è supremo sul piano interno, perché entro i suoi confini esercita il potere assoluto, non riconoscendo alcuna autorità sopra sé stesso.

Ciò detto, ne scaturisce che la definizione di Stato si può ottimizzare in una semplice equazione matematica, ovvero che lo Stato rappresenta la somma di Popolo, Territorio e Sovranità:

POPOLO + TERRITORIO + SOVRANITÀ = STATO

Pertanto, qualora venisse meno anche uno solo di questi tre elementi costitutivi, o anche la frazione di uno di essi, allora non si potrebbe più parlare tecnicamente di Stato.

In relazione all’elemento della sovranità, è importante precisare che, a seconda delle modalità individuate dallo Stato stesso per il suo esercizio, si determina la distinzione tra democrazia e tirannia:

  • Si ha Democrazia quando è il popolo stesso che esercita la sovranità, il potere di imperio, su sé stesso e sul proprio territorio;
  • Si ha Tirannia quando un individuo, o un’élite dominante, esercita il potere d’imperio sul popolo e sul territorio.

Certamente, discernere se in uno Stato vige la democrazia o la tirannia, è qualcosa che non si può stabilire con certezza basandosi solo sulle leggi, ossia formalmente, ma lo si può capire solo fattualmente, perché (e questo appare evidente studiando i regimi della storia) tutti i tiranni hanno sempre cercato di ammantarsi con il velo della democrazia e di presentarsi come i paladini difensori del popolo, a partire dai tiranni greci e da quelli romani, fino ai dittatori più recenti del ‘900 e per finire con le tirannie contemporanee, più sottili e nascoste, ben descritte da George Orwell nel suo famosissimo libro intitolato “1984”.

Formalmente, infatti, le striscianti tirannie che ammorbano molti Paesi odierni, si trovano all’interno di un ordinamento democratico, ma di fatto sono tirannie, poiché il popolo subisce il potere d’imperio, in quanto il voto esercitato è stato privato di valore. Basti pensare alle già citate dittature del secolo scorso, laddove Hitler fu votato e divenne Presidente del Reich e Mussolini fu nominato Presidente del Consiglio: entrambi erano formalmente i legittimi capi del governo e ogni loro azione si attuava mediante leggi dello Stato, tuttavia le loro decisioni erano avulse da qualsivoglia volontà popolare.

La forma di governo, tuttavia, non incide sul concetto di sovranità dello Stato, che sussiste a prescindere da chi sia il soggetto che la esercita: infatti, un colpo di stato o il passaggio da una forma di governo all’altra può mutare il potere d’imperio, ma non priva lo Stato della sua sovranità nazionale.

Ciò non toglie, però, che esistano eventi in grado di menomare la Sovranità dello Stato. Infatti, come ben spiegato dal famoso avvocato genovese Marco Mori, “ogni evento bellico è, per sua definizione, il tentativo di sottomettere uno Stato menomando la sua sovranità e la sua indipendenza. Infatti, in caso di invasione armata, certamente non svanisce il territorio, che geograficamente, seppure bombardato, rimane. Non scompare neppure il popolo, che nonostante i morti conseguenti ad una guerra, non si estingue completamente. Uno Stato invaso perde invece il potere d’imperio, ovvero la sovranità sul suo territorio.” Chiaramente, nel caso di una democrazia, è il popolo stesso che perderebbe la sovranità sul suo territorio.

Ecco perché sottrarre ad uno Stato la sovranità non solo è l’unica condotta che si può realisticamente commettere contro di esso, ma rappresenta l’azione più grave e ostile. Non a caso, lo Stato viene definito come un Dio mortale, perché lo Stato è immortale di per sé stesso, ma può essere assassinato per mano altrui.

Questo appare chiarissimo se esaminiamo il sistema penalistico italiano, il quale ci aiuta a capire cosa siano, in concreto, gli atti volti a menomare la sovranità nazionale. L’Art. 243 C.P. recita: “Chiunque tiene intelligenze con lo straniero affinché uno Stato estero muova guerra o compia atti di ostilità contro lo Stato italiano, ovvero commette altri fatti diretti allo stesso scopo, è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni. Se la guerra segue, si applica la pena di morte; se le ostilità si verificano, si applica l’ergastolo”.

A livello penalistico, con l’espressione “atto di ostilità”, si intende semplicemente ciò che contrasta con la personalità giuridica dello Stato, menomandone la sovranità, ossia l’indipendenza dall’esterno e/o il potere d’imperio sul suo territorio.

Riassumendo, il carattere ostile di un atto compiuto contro uno Stato sta in re ipsa nella cessione di sovranità, la quale può avvenire attraverso:

  1. un evento bellico esterno, come una guerra da parte di uno Stato straniero;
  2. un evento bellico interno, come una guerra civile (secessione);
  3. un atto di intelligenza, ovvero, in primis, uno o più trattati internazionali politici, volti a cedere quote di sovranità nazionale ad uno Stato estero o ad un ente sovranazionale.

Da qui, capiamo subito che il verificarsi dell’evento bellico non è elemento necessariamente richiesto per la consumazione del reato, per il quale è sufficiente anche semplicemente l’avvenuta intelligenza con lo straniero finalizzato alla guerra, o al fine di compiere anche altri atti parimenti ostili contro la nazione. Dunque, si parla anche di atti diversi dalla guerra che comunque ledono la personalità giuridica dello Stato. Tenere “intelligenze” significa semplicemente stringere un accordo con lo straniero; accordo che, ai fini della consumazione del reato, può anche essere assolutamente palese e non già occulto. La qualificazione giuridica è infatti quella che definisce il concetto di “atto ostile diverso dalla guerra”. Atti di ostilità diversi dalla guerra stessa, altro non sono che tutte le azioni d’inimicizia che risultino dannose della personalità giuridica del Paese, anche qualora non coercitive o non violente. La stipula di un trattato internazionale è per eccellenza un atto d’intelligenza con lo straniero, ma se esso, nel suo contenuto, prevede cessioni di sovranità nazionale, allora rientra nella fattispecie punita dall’Art. 243 C.P.

Alcuni delitti di questo tipo vengono compiuti con estrema disinvoltura, tanto da non essere riconosciuti dai più: infatti, a livello globale esistono pubblicamente fori sganciati da ogni ufficialità (ossia composti da privati, senza alcun incarico istituzionale), che si sviluppano in ambiente economico-finanziario e che hanno dichiaratamente di mira la menomazione della sovranità degli Stati nazionali, poiché essi rappresentano un potenziale freno al loro business. Infatti, poiché gli Stati, per loro natura, possono sovranamente legiferare per limitare esportazioni o importazioni di un determinato bene o servizio, o nazionalizzare un’azienda per pubblica utilità, lo scopo di quei centri di potere privati è quello di esercitare un potere quasi superiore a quello dello stesso Stato. Per questo, mediante condotte sediziose ed eversive (nel senso più letterale del termine), tali fori sganciati da ogni ufficialità prendono le proprie decisioni in maniera del tutto arbitraria e in totale autonomia, per poi farle attuare direttamente dai policy makers, ossia i politici da loro influenzati, oppure indirettamente, creando strutture ordinamentali sovranazionali, alle quali i policy makers aderiscono cedendo quote di sovranità nazionale.

In questo modo gli Stati aderenti sono costretti a recepire passivamente le direttive emanate da questi enti sovranazionali, i quali esercitano di fatto il potere d’imperio, avendo competenza esclusiva in quelle specifiche materie delle quali è stata ceduta loro la sovranità nazionale da parte dei politici, pertanto tali materie non sono più modificabili dalla volontà popolare attraverso il voto, poiché gli Stati e i loro Parlamenti hanno rinunciato al diritto di legiferare su quelle tematiche e hanno recepito il divieto assoluto di occuparsene.

Da qui la menomazione del diritto plurisoggettivo del voto, a causa della riduzione formale e fattuale dello Stato in una mera provincia sotto una sovranità esterna e, contemporaneamente, il passaggio da democrazia a tirannia.

Orbene, in base a tutto quanto scritto finora e avendo abbastanza elementi per fare discernimento, è arrivato il momento di rispondere alla domanda iniziale: se ogni Stato, in quanto tale, come abbiamo dimostrato, godendo della pienezza del suo potere di imperio, può risolvere tutti i problemi materiali e pratici, allora perché oggi lo Stato italiano non interviene per affrontare i gravi problemi attuali? La Repubblica Italiana ha la pienezza della sua sovranità, oppure ha ceduto a qualcuno la competenza esclusiva su specifiche materie, sulle quali, di conseguenza, non può più legiferare, trasformandosi in una mera provincia vassalla di qualcun altro? A chi ha ceduto l’Italia la sua sovranità?

In buona sostanza, la domanda scomoda è: l’Italia è ancora uno Stato?

  • Proviamo a rispondere a tali quesiti ascoltando, a titolo esemplificativo, il contenuto delle parole pronunciate da due importanti figure istituzionali, utilissime per aiutare il lettore a formulare in autonomia le proprie considerazioni e a trarre le logiche conclusioni:
    1. il primo esempio è costituito dal discorso del Presidente della Repubblica Mattarella, tenuto nell’aprile 2016, nel quale addirittura elogia i fori sganciati da ogni ufficialità, invitando al Quirinale uno di questi, la famigerata Commissione Trilaterale:

    https://www.youtube.com/watch?v=osAOCzCZFM0&ab_channel=PresidenzadellaRepubblicaItalianaQuirinale 

    1.   il secondo esempio, ancora più incisivo, è dato invece da una nota dichiarazione confessoria del Ministro della Giustizia Orlando, in occasione di un evento organizzato dal Il Fatto Quotidiano, nel settembre 2016, nel quale ammette l’esistenza di poteri economici sovranazionali talmente forti da mettere il Parlamento difronte al fatto compiuto, e in grado di minacciare le stesse istituzioni: https://www.youtube.com/watch?t=4170&v=MYRSk_0lwdo&feature=emb_imp_woyt

    il video dura troppo, guardate pure un minuto e mezzo: dal minuto 1:09:30 a 1:11:00

(autore)
Diego Manca, Presidente MMT Regione Veneto