Gli esiti (inattesi) del conflitto russo-ucraino

Esiste un reale rischio economico per la Russia?

scritto da Caterina Migliore

(Ndr – Con piacere pubblichiamo uno scritto, ricco di spunti di riflessione, della nostra Caterina. Buona lettura.)

In questi giorni si sente spesso parlare nei vari dibattiti italiani dell’isolamento della Russia dovuto alle sanzioni occidentali. Premessa la sempre dovuta prudenza nel dare ascolto alle informazioni provenienti da entrambi i fronti coinvolti nel conflitto, se questa disfatta economica russa ancora oggi data per certa dalle fonti occidentali fosse vera verrebbe da chiedersi come sia stato possibile che, a fronte di una guerra che secondo gli analisti ha richiesto almeno anni di preparazione, Putin non si sia attrezzato per fronteggiare eventuali (e prevedibili) sanzioni da parte dell’Occidente.

La narrazione diffusa di tutti i media italiani di una Russia allo sbando, cioè del tutto priva di una strategia anche sul piano delle contromosse economiche e finanziarie, non convince[1]. E questo per almeno tre buoni motivi: il primo, come s’è detto, è che parrebbe quantomeno bizzarro che un’azione premeditata come quella dell’attacco all’Ucraina non sia stata valutata anche nei suoi aspetti di reazione del mondo occidentale con le relative contromosse; il secondo, perché la via d’uscita in realtà è già stata segnata attraverso gli sviluppi delle relazioni economiche tra Russia e Cina[2]; terzo perché, va ammesso, dubitiamo di ciò che ci viene raccontato dai media occidentali che non ci pare abbiano brillato negli ultimi anni per serietà nel dare correttamente le notizie: sono spesso spudoratamente di parte.

La prima domanda da porsi è se questa accelerazione verso la bipolarizzazione dei blocchi non vada a discapito invece dell’egemonia USA, sempre più schiacciata dalle iniziative congiunte di Russia e Cina, miranti ormai da anni a uscire dall’influenza finanziaria del blocco occidentale[3].

Le sanzioni a danno della Russia dimostrano al mondo che le riserve valutarie in dollari americani accumulate dalle banche centrali possono essere bloccate. Questa situazione di fatto genera una perdita di fiducia nel sistema a trazione americana basato sul dollaro: il peso di questa scelta, lungi dal giudicarne qui l’efficacia in questa fase particolare del conflitto, rivoluziona in termini geopolitici, economici e finanziari le relazioni fra blocchi di potere, e mette in crisi la gestione economica e persino il ruolo internazionale del dollaro statunitense.

Animato dalla necessità di porre un freno all’iniziativa di Putin, e costretto per ora a rinunciare a qualsiasi intervento diretto di tipo bellico, l’Occidente a guida USA ha attivato le sanzioni bloccando l’accesso della banca centrale russa alla maggior parte delle sue riserve estere, ravvivando però la rilevanza tra le più grandi nazioni del mondo della domanda non nuova ma fondamentale: “quanto è alto il rischio?”. In questa situazione geopolitica, infatti, accumulare attività estere è ormai considerato potenzialmente pericoloso: i due blocchi militari ed economici, occidentale da un lato ed euroasiatico dall’altro, sembrano destinati ad allontanarsi sempre più l’uno dall’altro, con il rischio non improbabile di non comunicare tra loro, o almeno in modo non ufficiale.

Dopo che Mosca ha attaccato l’Ucraina, gli Stati Uniti e i loro alleati per ritorsione hanno bloccato l’accesso della banca centrale russa alla maggior parte dei suoi 630 miliardi di dollari di riserve estere[4]. Volendo semplificare la portata di questa decisione, possiamo dire che gli USA hanno deciso, unilateralmente, che tali riserve non valgono più nulla, diventando, de facto, di “qualcun altro”. E qui arriviamo al punto: se i saldi in dollari americani diventano voci di computer senza valore e non garantiscono l’acquisto di beni essenziali, per Mosca diventa logico smettere di accumularne in termine di riserve. Tanto è vero che, in pieno conflitto di cui non si vede ancora un’ipotesi di fine, la Russia ha già azzerato i suoi investimenti ufficiali in titoli del Tesoro USA, operazione iniziata non da ora[5].

Dal punto di vista russo, meglio investire in ricchezza fisica come grano, barili di petrolio e, naturalmente, oro. O anche, con portata enorme sul piano geopolitico, investendo in attività manifatturiere cinesi[6]. I legami finanziari ed economici tra le due superpotenze si rafforzeranno, e con un effetto a catena anche le nazioni non sanzionate ma appartenenti all’area filorusso-cinese, o semplicemente neutrali, potrebbero voler diversificare il proprio rischio, spingendo in una direzione del tutto contraria alla globalizzazione, destinando il mondo a consolidare due blocchi separati di potere tecnologico, monetario e militare. Una realtà impensabile anche solo fino a pochi mesi fa.

La seconda domanda è se il consolidamento del rapporto tra Russia e Cina si andrà sempre più rafforzando, specie attraverso accordi commerciali di grande respiro, ciò metterà a rischio l’egemonia della valuta statunitense nel resto del mondo [7]? La politica di Biden riuscirà a ricostruire la fiducia nella moneta verde fondata su un’economia reale e in salute? La sensazione è che le decisioni riguardanti le sanzioni alla Russia sembrino tracciare un percorso di declino inesorabile che colpisce chi le ha messe in atto, accentuando all’estero l’impressione di una Nazione (o insieme di Nazioni) non più in grado di reagire efficacemente di fronte alla crisi interna e alle spinte verso la de-dollarizzazione e la de-globalizzazione.

Ciò che sembra logico aspettarsi è la possibilità per Russia e Cina di creare un sistema finanziario alternativo e competitivo. In linea con l’Euroasiatismo[8] di Aleksandr Dugin, filosofo russo e figura controversa, convinto antioccidentalista e antiglobalista, Putin si muove compiendo a pieno la volontà di fare della Russia una civiltà a sé stante, e utilizza i mezzi finanziari ed economici per arrivare al suo obiettivo. Il conflitto con l’Ucraina è solo una prima fase strategica di un progetto epocale. Se i piani russi andranno in porto, globalizzazione, atlantismo e great reset rischieranno di essere, a breve, parole prive di senso almeno per metà del nostro mondo. In quest’ottica la “corsa all’oro” già in atto da qualche tempo potrebbe ulteriormente accelerare. La Russia ha già proceduto ad accumulare riserve in oro. Stessa cosa sta facendo la Cina (un nuovo Gold Exchange Standard?). Entrambe le Nazioni avrebbero in linea teorica la possibilità di creare un sistema alternativo di pagamenti basato sulla convertibilità in oro. Il discorso non è nuovo, sono più di dieci anni che Russia e Cina ragionano su questo[9], suscitando peraltro non poco scetticismo tra gli addetti ai lavori.

Un fatto è certo: nel tentativo di fermare Putin, l’Occidente dà il via allo sganciamento della Russia dal mondo europeo. Cercando e generando soluzioni alternative in materia di beni essenziali, energia, oro e criptovalute[10], la Russia, spinta dalle sanzioni occidentali, si aggancia all’area asiatica (India compresa[11]), e rilancia in chiave totalmente indipendente e pienamente sovranista: “Le società russe avranno il diritto di pagare i debiti ai creditori di paesi che commettono «azioni ostili» in rubli”[12]. Non possiamo non intravvedere in questa politica alcuni dei presupposti della Teoria della Moneta Moderna. Starà a noi in qualità di osservatori valutare progressivamente quali ne saranno i conseguenti sviluppi economici, e non solo, di questo nuovo corso storico segnato dal leader russo, e in quale direzione andranno.

1 commento
  1. Roby Zagor
    Roby Zagor dice:

    Una politica economica in stile MMT è già in atto in Russia da decenni.
    È infatti aumentata di parecchio la qualità di vita dei cittadini, come raccontano diverse interviste a persone di sicura fuducia dello scrivente.
    Come MMT si propone, in Russia hanno migliorato la possibilità d’impiego e ridistribuito più efficacemente la ricchezza prodotta all’interno.
    La stessa cosa la stanno facendo da anni anche in Cina anche se declinata in una politica sociale più volta al controllo.
    E forse anche l’India sta giungendo alle medesime conclusioni.
    Al di la della guerra, risposta politica ad una continua azione di provocazione militare perpretata negli anni, appare evidente che in un paese con sufficienti risorse umane e naturali , una moneta sovrana unita ad un sano piano economico porta occupazione e benessere che non possono essere controllati da quei gruppi oligarchici, glibalisti e speculativi che amano, per loro necessità, la moneta a debito, ormai diffusa in occidente.
    R. Z.

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