Grande Reset, non in nome della Modern Money Theory (parte prima)
La MMT, pro stato democrazia occupazione, non può essere compatibile con le logiche del Grande Reset
scritto da Giuseppe Nasone e Tiziano Tanari
Diversi commentatori del web tendono ad associare la MMT al Grande Reset. Il sotto testo sembra quasi essere che la prima sia parte integrante o, almeno, elemento strumentale per la realizzazione del secondo. Come si vedrà a breve, ciò equivarrebbe a mischiare l’oro con il piombo.
Le dinamiche e soprattutto le logiche connesse alla MMT non possono essere più distanti, quando non antitetiche, da quelle del Grande Reset:
- la creazione di un’economia migliore per tutti contro il riassetto gattopardesco in salsa post-liberista e pseudo-ecologista.
Innanzitutto una parentesi per il lettore ignaro di cosa sia questo “Grande Reset”.
Solo per dare un’idea: s’immagini l’analisi di una realtà odierna caratterizzata da elevate interdipendenza, velocità e complessità, al fine di prevedere le possibili strade alternative che l’umanità potrebbe volere imboccare, finita la c.d. pandemia Covid-19.
Si pensi a uno scenario geopolitico privo di una netta leadership mondiale. A una nuova realtà economica in cui tramonta il neo liberismo, reo di fallimento nel dare supporto alla gestione dell’emergenza sanitaria. In cui l’accorciamento delle catene di approvvigionamento globali e la regionalizzazione in grandi aree economiche genera una parziale deglobalizzazione. In cui le economie nazionali stentano, per parecchi anni a venire, nel tentativo di ripristinare i livelli pre-Covid. In cui gli stati aumentano le politiche di welfare per gestire il disagio sociale. In cui si forma una “nuova normalità” fatta, tra l’altro, di massiccio e permanente distanziamento sociale e digitalizzazione pervasiva e riempitiva di ogni aspetto della vita degli individui. In cui le stesse popolazioni, marchiate a fuoco dall’esperienza della pandemia, pretendono dai governi d’ora innanzi più sicurezza e controllo (anche eventualmente a scapito dei diritti individuali e di privacy). In cui gli individui acquistano una marcata sensibilità verso i problemi ambientali e ciò che è “veramente importante nella vita”: il fermarsi ad ascoltare il canto degli uccellini prevarrà sull’ansia della produzione – e fruizione – del PIL…
Voilà il Grande Reset del Capitalismo, in cui le “parti in causa” (fondamentalmente, grandi imprese capitalistiche e Stati) cooperano responsabilmente per costruire un “mondo più inclusivo, ecologico, migliore per tutti”.
Vale la pena notare che non abbiamo a che fare soltanto con una delirante visione del mondo futuro che ci aspetta da domani (ma che è già in formazione da ieri). Essa è il contenuto di un rapporto ampio e variegato, trasfuso in un libro di quasi trecento pagine, pubblicato a luglio 2020, scritto a quattro mani da Klaus Schwab, fondatore del World Economic Forum e da Thierry Malleret, manager versato in analisi predittive, presentato in occasione del WEF 2020.
Stiamo dunque parlando, rispettivamente: 1) di una delle più prestigiose e influenti think tank al mondo, in uno dei più prestigiosi e influenti consessi al mondo a cui partecipano i “Grandi della Terra” e 2) di un corposo monito naturalmente indirizzato ai propri partners (le grandi imprese: qui l’elenco https://www.weforum.org/partners#search l’elenco) e di un’imbeccata politica verso gli attori istituzionali pubblici partecipanti al forum (di cui vediamo già frutti sparsi, per esempio, nel PNRR che ci riguarda).
Tornando a noi, cosa centra in tutto questo la MMT?
Essa è citata nel libro suddetto dagli autori, a proposito dell’intervento statale di politica economica a sostegno del sistema vulnerato dalla crisi pandemica: “Una delle maggiori preoccupazioni è che questa cooperazione implicita tra politiche fiscali e monetarie porti a un’inflazione incontrollabile. Ciò ha origine dall’idea che i decisori politici dispiegheranno un massiccio stimolo fiscale che sarà completamente monetizzato, cioè non finanziato tramite debito pubblico standard. Qui è dove la Teoria Monetaria Moderna (MMT) e l’helycopter money entrano in scena… Lo stimolo deve dunque provenire da un aumento dei disavanzi fiscali (il che significa che la spesa pubblica aumenterà in un momento in cui calerà il gettito fiscale). Detto nei termini più semplici possibili (e, in questo caso, semplicistici), MMT funziona in questo modo: i governi emetteranno del debito che la banca centrale acquisterà. Se non lo rivende mai, equivale a finanza monetaria: il deficit viene monetizzato (dalla banca centrale che acquista i titoli che il governo emette) e il governo può usare il denaro come meglio crede. Può, ad esempio, lasciarlo cadere metaforicamente dagli elicotteri alle persone bisognose. L’idea è accattivante e realizzabile, ma… una volta che i cittadini si rendono conto che i soldi si possono trovare su un “albero magico dei soldi”, i politici eletti saranno sottoposti a una pressione pubblica feroce e implacabile per crearne di più e di più ancora, il che è quando la questione dell’inflazione entra in gioco…”.
Ormai non sorprende incontrare economisti ortodossi che, parlando di MMT, finiscono per fare un bel pasticcio.
Il punto è che la filtrano dalle loro lenti del pregiudizio mainstream, incapaci di comprendere il funzionamento reale del sistema monetario; o, al meno peggio, si fermano alla superficie della superficie, non essendo in grado di penetrarla nel suo vero nucleo.
D’altronde, da quando è alla ribalta sui media internazionali, la MMT è identificata come quella “della spesa in deficit”, magari pure illimitata con immancabile contorno di (iper)inflazione.
Tornando al lavoro di Schwab e Malleret, non immune ai suddetti condizionamenti interpretativi, sul quale tanto ci sarebbe da dire, prossimamente nella seconda parte di questo articolo ci soffermeremo esclusivamente su pochi aspetti chiave.
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