IL “SOLE” CHIAMA, “MMT ITALIA” RISPONDE
L’interessante “apertura” de “Il Sole 24 Ore” sotto la lente di ingrandimento di MMT Italia e di Warren Mosler
Scritto da Filippo Lucchese
Trovare su una rubrica de “Il Sole 24 Ore” riferimenti espliciti alla MMT sarebbe stato, fino a pochi mesi fa, pressoché impossibile; può sorprendere così che lo scorso gennaio, su Econopoly, sia stato pubblicato addirittura un ampio e articolato contributo interamente incentrato sulla Teoria della Moneta Moderna (abbreviato MMT), a cura del dottor Gabriele Guzzi.
Può essere considerata di certo una buona notizia, che potrebbe indicare un’inedita apertura al confronto da parte di un mondo finora mostratosi granitico nella difesa e nella promozione di un certo impianto ideologico.
Naturalmente la fedeltà ai vecchi paradigmi continua a percepirsi abbastanza chiaramente fin dalle prime righe, in cui la MMT viene definita una “cosiddetta” Teoria; ciò da un lato è comprensibile, in quanto era difficile immaginare che venisse improvvisamente sconfessata la pur sfortunata linea editoriale degli ultimi decenni, dall’altro lato è un peccato, perché, nonostante le presumibilmente buone intenzioni, finisce per rendere in diversi frangenti titubante, e quindi approssimativo, l’approccio ai principi e alle proposte della teoria.
Non sfugge poi la tempistica, che sembra suggerire il vago intento di non farsi trovare impreparati qualora gli indirizzi di politica economica internazionale dovessero imporre riposizionamenti; non a caso viene citato il meritorio lavoro editoriale della Kelton, consulente dell’amministrazione statunitense, mentre non si trova menzione dei teorici e degli accademici della MMT, a partire dal fondatore Warren Mosler.
Ciò premesso, tuttavia, l’articolo offre diversi profili di interesse, e sollecita alcune riflessioni e precisazioni, di merito e di metodo, di cui si proverà a dare sinteticamente conto nelle righe che seguono.
Innanzitutto la teoria viene introdotta citando, e mostrando di condividere nella sostanza, la seguente affermazione: nella MMT “ciò che è buono non è nuovo, e ciò che è nuovo non è buono”.
Si tratta di una frase di sicuro impatto comunicativo, ma che distorce completamente la realtà.
La MMT rappresenta infatti a tutti gli effetti un’elaborazione originale, nata da una serie di intuizioni dell’economista Warren Mosler.
Non si tratta, dunque, di una semplice ricapitolazione degli assunti di alcuni dei principali economisti del XX secolo, come affermato nell’articolo, ma di un contributo di novità alla storia del pensiero economico, soprattutto se valutata nel suo complesso e per le sue implicazioni; ciò, ovviamente, non vuol dire che non esistano, come accade sempre, elementi di parziale continuità con indirizzi economici consolidati, più o meno recenti.
L’originalità della MMT deriva anche dal peculiare percorso professionale e scientifico del suo fondatore, Warren Mosler, a partire dalla sua attività di gestore di hedge fund ai massimi livelli, che lo portò già all’inizio degli anni ’90 ad avere l’occasione di “spiegare” di persona addirittura al ministro delle finanze italiano il corretto funzionamento dei titoli di Stato e la reale natura dei rischi connessi.
Proprio al contributo di Mosler, che ringraziamo, dobbiamo alcune delle precisazioni relative ai contenuti dell’articolo di cui sopra.
La prima precisazione riguarda, appunto, l’originalità del contributo della teoria, che Mosler ha provato a sintetizzare in alcuni passaggi teorici-chiave:
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le risorse necessarie al pagamento delle tasse provengono esclusivamente da “agenti statali”;
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la disoccupazione è una conseguenza della politica fiscale;
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è quindi compito dello Stato dare un’occupazione a tutti coloro che siano disponibili a lavorare;
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il livello dei prezzi è funzione dei prezzi pagati dallo Stato quale fornitore unico dei beni e dei servizi.
Anche solo i quattro punti appena citati, tanto chiari da sembrare quasi lapidari, se sviluppati richiederebbero interi trattati scientifici.
Questa è proprio una delle caratteristiche più peculiari della MMT, ovvero la capacità di fondere una straordinaria immediatezza comunicativa dei concetti chiave, capace tuttavia di non scadere mai nell’approssimazione, con un impianto analitico e tecnico estremamente raffinato, in grado di cogliere i numerosi livelli di complessità dei sistemi finanziari ed economici contemporanei.
Un altro aspetto esposto in forma vagamente caricaturale nell’articolo di Econopoly è un presunto statalismo di fondo della MMT, tanto che lo “spazio fiscale” servirebbe “al Governo” per acquistare beni e servizi con strumenti autoprodotti, trasferendo risorse “dal privato al pubblico”.
In realtà la MMT non dice questo; per la MMT lo spazio fiscale serve a consentire a tutti coloro che vogliano di poter vendere e comprare beni e servizi. In primo luogo, dunque, ai privati. Certamente è indiscutibile che uno dei pregi della MMT, soprattutto in un contesto caratterizzato da pesanti distorsioni in merito, è rappresentato dalla riscoperta del sano ruolo che spetterebbe allo Stato nell’economia, ma il ruolo dello Stato, a partire dalla gestione della fiscalità, è quello di garantire il pieno dispiegamento delle potenzialità di tutti gli attori economici, a partire da quelli privati.
La moneta rappresenta lo strumento chiave in quest’ottica, tanto che, come ricorda Mosler, si determina spazio “reale” inutilizzato (disoccupati e risorse) ogni qualvolta che lo Stato sottodimensiona la propria spesa e i propri investimenti, non riuscendo così a soddisfare il desiderio di risparmio degli attori economici, al netto delle incombenze fiscali. Per questo motivo, creare la moneta necessaria al funzionamento ottimale del sistema economico diventa non solo una possibilità, ma soprattutto un dovere per uno Stato con sovranità monetaria.
Un’altra precisazione, che invero fa riferimento a una prassi abbastanza diffusa, riguarda il ricorso a espressioni quali “usare la MMT” o “applicare la MMT”; ebbene, tali espressioni, formalmente, sono prive di senso.
La MMT, infatti, descrive la realtà e i meccanismi che ne regolano il funzionamento; comprendere la MMT significa semplicemente comprendere ciò che accade realmente. Si spiega così come mai per anni tante previsioni, provenienti anche da fonti autorevoli, si siano rivelate completamente errate, mentre le deduzioni dei principali esponenti della MMT si siano rivelate sistematicamente corrette, anche e soprattutto quando apparivano contro-intuitive rispetto al pensiero dominante, che poggiava (e tuttora, per lo più, continua a poggiare) su paradigmi vecchi e superati.
A proposito di vecchi paradigmi, tra questi si può annoverare sicuramente la famigerata credenza per la quale i tassi di interesse sui titoli di debito pubblico dipenderebbero dalle scelte e dalle reazioni dei “mercati”; il fatto che questa cosa venga ripetuta a reti unificate da decenni non implica che sia vera. E infatti non lo è.
Il tasso di interesse, infatti, non dipende dai mercati, ma quasi esclusivamente dalle garanzie fornite dalla Banca Centrale, come gli eventi si sono incaricati di dimostrare ormai da anni, talora in modo clamoroso; anzi, la MMT sottolinea come questo potere da parte della Banca Centrale si dispieghi a prescindere dall’acquisto effettivo dei titoli sul mercato, ma semplicemente in virtù del suo ruolo di soggetto fornitore monopolista delle riserve.
Su questo aspetto l’articolo centra sostanzialmente il punto, pur indulgendo, anche attraverso citazioni “mirate”, in accenti celebrativi, riferiti alle recenti operazioni della BCE, dal sapore vagamente propagandistico; “inflazione” di acronomi (PEPP, PSPP, APP…) a parte, infatti, si è trattato, né più né meno, dell’esplicazione di uno dei doveri fondamentali di una qualsiasi Banca Centrale.
Ci sarebbero, volendo, ancora ulteriori spunti di riflessione, per i quali si rimanda a eventuali future occasioni; quanto detto, tuttavia, si ritiene che già consenta tanto di rendere merito all’iniziativa del dottor Guzzi e della rubrica Econopoly, che ha offerto un’importante opportunità di discussione sulla MMT in una sede finora non abituale, quanto, ci si augura, di porre le premesse per lo sviluppo, in prospettiva, di ulteriori e sempre più maturi spazi di approfondimento e confronto.
In conclusione, non può mancare un doveroso ringraziamento anche e soprattutto a Warren Mosler, per la disponibilità e per il prezioso contributo fornito alla discussione.
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