Sulla Via della Seta
Con la Via della Seta l’Italia avrà eccezionali opportunità commerciali e c’è già chi cerca d’impedirlo.
Articolo di supporto alla video pillola n. 7 di Daniele Morandi e Giuseppe Nasone
Italia, Costituzione, Nuova Via della Seta ed MMT. Cosa c’entrano tra di loro lo vedremo a breve.
Innanzitutto, prima constatazione: se non ti occupi tu della tua società, qualcun altro comunque decide, anche per te, e non è detto che faccia gli interessi tuoi e del tuo Paese. Chi pensa di potersi sottrarre alla politica disinteressandosene, magari perché la ritiene “una cosa sporca” e nella sua vita non ce la vuole, in realtà ha soltanto deciso di non partecipare a formarla bensì di subirla. È tutta questione di scelte. Scelte che concorrono a determinare il presente e il futuro di una Nazione.
Chiaro?
Seconda constatazione: il nostro Paese è prezioso, ricco e conteso. L’economia reale italiana, il patrimonio industriale, storico, agro-alimentare, immobiliare, paesaggistico… tutto questo fa gola a tanti. Siamo in una guerra, senza carri armati e militari ma pur sempre guerra, fatta di trattati, memorandum eccetera.
Così è, e oggi ci concentriamo sul perimetro di questa guerra descrivendone uno dei fronti: la Belt and Road Initiative (Bri), la Nuova Via della Seta, un progetto infrastrutturale e commerciale lanciato dal governo cinese.
L’obiettivo della Cina è connettersi con Europa e Africa tramite la creazione di un corridoio che comprende porti, linee ferroviarie, strade e vie marittime. Dallo sviluppo previsto, puoi notare subito che l’Italia è uno degli sbocchi privilegiati, per ragioni storiche e geografiche: infatti è al centro del Mediterraneo, esposta alla connettività euroasiatica che rappresenta un’immensa opportunità in termini di flussi di merci e di investimenti per tutti coloro, in Europa e in Asia, che vi parteciperanno.
C’è un altro elemento importante da considerare, e cioè che l’Italia è incastrata in un meccanismo, quello dell’Euro, che le impedisce di emettere moneta e guidare la propria economia, pertanto in quale altro modo può agire per portare soldi alla Nazione?
La Cina è un immenso mercato di sbocco commerciale, e inoltre la Via marittima tocca altri importantissimi mercati strategici e in via di forte sviluppo: Emirati Arabi Uniti, India, Mercati del Golfo del Bengala…
E Africa. L’Africa è il continente del boom demografico, un mercato di sbocco da oltre un miliardo di potenziali consumatori, forse il prossimo mercato guida per il nostro secolo e anche più. Nei prossimi anni l’Africa sarà il continente con il più alto tasso di crescita nei centri urbani. Si stima che, entro il 2050, le città africane raccoglieranno 950 milioni – quasi un miliardo – di cittadini in più rispetto agli attuali, e con tassi maggiori di ricchezza e capacità di consumo. I numeri dell’Africa sono numeri chiave per la pianificazione di qualsiasi politica commerciale internazionale, e una sfida che influenzerà inevitabilmente il continente Europeo.
E l’Italia dove si trova?
Così è rappresentata in uno studio della Farnesina:
In sintesi: guarda questa immagine di Google Maps e renditi conto da te.
Dato il suo notevole sviluppo costiero, il nostro Paese ha una potenzialità commerciale immensa, ed è esposto alle regioni geografiche che registreranno la maggiore crescita economica nei prossimi decenni.
E quale politico non avrebbe la tentazione di sfruttare questa condizione per valorizzare il proprio Paese e rafforzare l’export su questi enormi mercati? Inoltre, il corridoio commerciale della Via della Seta implica un forte collegamento con la Russia e le sue fonti di approvvigionamento energetico. In un contesto del genere, secondo te che valore strategico assumono i nostri Porti, le nostre Autostrade, le nostre infrastrutture?
Rallentiamo un attimo, apriamo una parentesi e facciamo una precisazione importantissima, perché in questo contesto la MMT aggiunge un’ottica e un respiro che conferiscono inestimabile valore aggiunto all’intero discorso. Quando si parla di opportunità per l’Italia, per esempio con l’Africa, non intendiamo dire, in senso mercantilista, che ora andiamo là e sfruttiamo le materie prime e le risorse degli africani senza dare agli stessi la possibilità di essere indipendenti. L’opportunità deve essere reciproca. Per esempio, se noi siamo, come siamo, forti nella trasformazione (non per caso siamo una delle principali economie manifatturiere del pianeta), un rapporto di scambio può essere: materie da trasformare contro know-how. Questo è il concetto che intendiamo come MMT di sviluppo del commercio internazionale: basato sul reciproco rispetto e sul reciproco sviluppo indipendente di ciascuno stato.
Ma a qualcuno questo progetto potrebbe non essere gradito.
Non è gradito all’Olanda che mira al dominio commerciale con i suoi porti.
Non è gradito alla Germania che ha già una presenza influente nei porti greci e che, per ambire al controllo sull’economia del mediterraneo, importante via d’accesso al mercato africano, dovrebbe mettere le sue mani anche sui nostri di porti…
Potrebbe essere un ostacolo anche la stessa appartenenza dell’Italia all’Unione Europea, le cui decisioni potrebbero mettere a rischio i rapporti commerciali con alcuni importanti paesi partner (si pensi alle sanzioni inflitte dalla UE alla Russia).
Tra l’altro la stessa UE “mette in mano” a stati membri concorrenti un potenziale strumento di condizionamento diretto o indiretto delle nostre politiche economiche, dato lo specifico contesto artificiale dell’Eurozona in cui il marcato indebitamento pubblico dello Stato italiano si traduce automaticamente in una posizione di particolare vulnerabilità del debitore.
Per tacere inoltre, anche uscendo dai meri rapporti commerciali, sulle svariate affermazioni con cui le forze politiche statunitensi si sono espresse a sfavore del coinvolgimento del Nostro Paese nel progetto Via della Seta. Impedendo o rallentando l’adesione italiana, si elimina il naturale terminale marittimo del progetto.
Insomma: invidie, ricatti, ritorsioni, boicottaggi, strattonamenti, basse strategie, sgomitate per un posto al sole da pagare anche a caro prezzo… A te piace questa storia? A noi no. Ecco perché ora proviamo ad andare sopra e oltre a tutta la questione. Ti chiediamo di riflettere su quanto ti stiamo per dire.
Quanto descritto finora, non deve per forza avvenire in quei termini e soprattutto NON È CIÒ CHE LA COSTITUZIONE ITALIANA VUOLE PER NOI. L’organizzazione sociale che la Costituzione traccia, ruota intorno alla persona umana, valore fondante dinanzi al quale ogni altra esigenza o calcolo utilitaristico, cede il passo. Ancora una volta, si tratta di scelte: i nostri governanti hanno scelto un assetto monetario ed economico che oggi sottrae allo Stato gli strumenti e la libertà di azione indispensabili per perseguire le strategie più funzionali allo sviluppo della propria economia e al benessere di imprese e cittadini.
Lo Stato italiano, sottoscrivendo i trattati europei, si è privato del suo potere di emissione monetaria e quindi del suo potere d’intervento nell’economia, facendosi da parte in nome del libero mercato. In tal modo, ci ha lasciati alle prese con un mondo incentrato sulla competizione sfrenata fra imprese di paesi diversi. Attenzione: non voglio dirti che i rapporti e il confronto con il resto del mondo non siano importanti e potenzialmente positivi; ma se s’impostano così, vediamo e sperimentiamo come i paesi sono portati a competere in maniera fratricida l’uno con l’altro in una corsa senza fine verso il basso (peggiori condizioni di lavoro, difficoltà per le imprese a stare sul mercato… fino ad arrivare a spoliazioni d’intere economie per mano straniera).
Uno Stato che invece sia in grado e voglia aiutare la propria economia a funzionare bene, attraverso un intervento attivo e mirato, potrebbe valorizzare per esempio la qualità dei prodotti italiani (made in Italy) e l’innovatività che ci contraddistingue, soprattutto fra le piccole e medie aziende da sempre elogiate come modello virtuoso a livello mondiale. Senza lasciare al giudizio del resto del mondo il responso sulla sopravvivenza o meno delle aziende italiane.
La MMT non ha una posizione dogmatica su quale debba essere il saldo dei pagamenti con l’estero, così come il saldo pubblico. Entrambi, infatti, sono la risultante di numerose decisioni dei settori coinvolti che difficilmente potranno essere indirizzate verso un numero preciso. Ciò a cui dobbiamo guardare è sempre l’economia reale: il governo dovrebbe spendere nella misura necessaria a sostenere famiglie e imprese e la tassazione dovrebbe essere a un livello tale che le persone abbiano abbastanza denaro da spendere per comprare quello che viene prodotto in Italia in una situazione di piena occupazione e ciò che il resto del mondo ci vuole vendere.
Uno stato che opera così, infine, potrà liberamente decidere di aiutare le imprese con vocazione all’export e fare in modo di sfruttare al meglio opportunità come quelle della Nuova Via della Seta, sostenendo e basando la loro competitività sul mercato estero, non più sul ribasso nel lavoro e nella qualità del prodotto ma piuttosto sulla tecnologia, sull’innovazione, sulle infrastrutture.
E questa storia, ti suona meglio di quell’altra?
Ciò che ti chiedo è di restare informato e di diffondere questo video.
Link utili (per approfondimenti):
Africa
Mediterraneo
rapporto-med-maeci-ita.pdf (esteri.it)
UE e USA contrari
No Olanda agli aiuti
Mi sembra molto avventato quanto riportato in alcuni passaggi. Sarebbe un vantaggio commerciare più liberamente con queste realtà se avessimo una nostra moneta, se avessimo pertanto il controllo della nostra economia e se potessimo applicare la logica della piena occupazione legata alla produzione interna e all’importazione di quello che gli altri fanno meglio di noi, o di ciò che non abbiamo. Nell’attuale contesto liberista, sarebbe una lotta al massacro finalizzata alle esportazioni verso peraltro realtà dove non si rispettano i diritti umani, con il rischio di precarizzare sempre di più le condizioni anche dei nostri lavoratori e di svendere ulteriormente il nostro patrimonio, cose peraltro che già stanno avvenendo.
Proprio così Marco. E infatti più di metà articolo è volto a fare capire che l’opportunità commerciale c’è (tant’è che già appaiono difficoltà e resistenze ai nostri danni) ma comunque il prezzo da pagare per beneficiarne in questo contesto mercantilista è inaccettabile. Aggiungo una ulteriore osservazione presente nell’articolo che forse, pur presente, è rimasta un po’ nello sfondo: anche volendo beneficiare dell’occasione (e senza pensare al resto), il fatto di essere dentro all’Unione Europea ci è di ostacolo. Non sembra paradossale?