Federico Fubini è uno dei giornalisti italiani da seguire: perché è così addentro alle vicende politico-economiche che coinvolgono governo e istituzioni europee, che spesso ciò che scrive è da studiare poiché contiene gli esatti desiderata richiesti poi ai cittadini italiani. Si pensi alla nota telefonata di Draghi a Napolitano, della quale Fubini scrisse il 31 marzo 2013: una informazione del genere è arrivata a Fubini solo grazie alla volontà di Draghi, o meglio di Draghi e Napolitano assieme. L’hanno messa in mani fidate, che ne avrebbero fatto buon uso.
Così è interessantissimo, e tremendo, l’articolo pubblicato oggi, 28 febbraio, sul Corriere.it da parte di Fubini. Il titolo è “La flessibilità di oggi domani può non bastare“. A commento della visita di Juncker a Renzi, e, en passant, a Napolitano, Fubini scrive un articolo che va studiato per due motivi:
a) contiene un astruso pensiero (il)logico teso a giustificare la debolezza italiana e la correttezza dei Commissari;
b) a fronte di questa fantasiosa debolezza giustifica l’Assalto Finale verso la liquidazione delle contrattazioni sindacali nazionali.
Sul punto a), vale la pena leggere il recente articolo scritto da Mario Volpi. Cosa t’inventa Fubini? Poiché l’Italia non può più essere accusata per alti deficit di bilancio, essendo la più “austera” fra i paesi citati da Fubini (Francia, Spagna, Portogallo, Irlanda), allora Fubini, o chi per lui si inventa un altro parametro. Lo sintetizziamo così: Stato Che Riduce il Deficit Più Degli Altri Indipendentemente Dal Punto di Partenza.
Lo scrive in un tweet.
Riduzione del rapporto deficit/Pil (2009-2015)
Irlanda 10,9%
Spagna 6,6%
Portogallo 6%
Francia 3,8%
Italia 1,7% #flexibility @Corriereit
— federico fubini (@federicofubini) 28 febbraio 2016
“Siamo il Paese che ha risanato di meno, rispetto al punto di partenza” scrive Fubini: è come se in una corsa di cento metri l’atleta che passa da 10 secondi a 9,9 secondi venga giudicato peggiore del concorrente che impiegava 20 secondi, e oggi 16. Il primo si è migliorato del 10%, il secondo del 20%, quindi il primo è sotto indagine.
Sempre Fubini, ovviamente, ci spiega perché: “Il motivo è che l’economia italiana è quella che è andata peggio in questo gruppo di Paesi dai conti in disordine: si è contratta di più del 7%, più della Spagna o del Portogallo, mentre Irlanda e Francia sono cresciute. Senza un sistema produttivo vitale è difficile crescere e far quadrare i conti, ed è esattamente quanto manca in Italia”. Ovviamente Fubini fa finta di non capire che l’Italia, avendo i “conti in ordine” (in realtà in ordine per lo Stato, in disordine per famiglie e imprese), ha avuto per forza di cose una crescita inferiore, perché aumentando le tasse e riducendo la spesa l’economia continua ad avvitarsi su se stessa. Se all’Italia fosse concesso il 10% di deficit concesso alla Spagna, Renzi nel 2015 avrebbe potuto spendere o detassare per circa 110 miliardi in un solo anno. Centodieci.
Ma è sul punto b) che occorrerà riflettere, perché se sui numeri siamo alla solita solfa per altro ribadita, sulle richieste pervenute al tavolo di Renzi c’è da fidarsi di Fubini. Renzi ha già saggiato in passato come la sua permanenza alla Presidenza del Consiglio sia possibile soltanto se si realizza quanto richiesto, altro che “Volta Buona”. E quindi si tratta di tre riforme verticistiche, nella scuola (i presidi decidono i professori), nella legge elettorale (i partiti decidono i candidati) e nella Costituzione (meno freni al governo) che hanno come funzione quella di sviluppare una società in cui l’ordine ricevuto dal Capo diventa legge per i cittadini ex-sovrani; e di una unica riforma economica, il “Jobs Act”, che ha l’obiettivo di precarizzare il lavoro per tutti. Qui una raccolta di “pressioni” da parte di politici e carta stampata nel settembre 2014.
Renzi dunque ha il ruolo di usare il consenso per realizzare quanto chiesto dalla Troika. E Fubini ce lo fa ben capire. Poiché i dati di bilancio dell’Italia, per il 2015 e ancor più il 2016 saranno tutti disattesi, allora Juncker concederà qualche decimale di deficit a patto che Renzi porti a Bruxelles un nuovo scalpo dopo quelli già offerti in sacrificio. Eccolo. Tre aggettivi, perché uno non basta: “Una nuova, vera, efficace riforma“. Siamo all’Assalto Finale.