Nonostante l’euro svalutato sul dollaro (oggi 1.06), nonostante il Quantitative Easing di Draghi, nonostante il ribasso del prezzo del petrolio, nonostante la spinta delle esportazioni, nonostante i pesanti processi di precarizzazione del mercato del lavoro, il tasso di disoccupazione nell’Eurozona è passato dal 11.2% di inizio anno al 10.8% di oggi.
Questa è la prova che per combattere una profonda recessione e ridurre seriamente la disoccupazione, non si può far affidamento né sulle politiche finalizzate a massimizzare l’export (che non funzionano), né sulle politiche monetarie espansive volte a ridurre i tassi d’interesse e rilanciare il credito privato (che non funzionano), né intervenendo sulle regole del mercato del lavoro (neanche questo funziona).
L’unico modo per ottenere dei risultati decenti in termini di crescita dell’occupazione è far leva su politiche fiscali espansive (aumento della spesa pubblica e riduzione delle tasse). Ce la faranno i nostri eroi a giocare questa carta?
Andiamo a vedere i dati sulla disoccupazione di altri paesi che non hanno l’euro. Ovviamente l’Eurozona dovrebbe essere confrontata con Usa, Uk, Giappone, Australia, Canada, Svezia, Norvegia, Cina… ma è meglio evitare.
Come possiamo vedere anche pescando tra le economia emergenti, non se ne trova una con tasso di disoccupazione maggiore di quello dell’EurozonaDraghi lavoro.
Però da noi c’è la ripresa.