Come i media, opinionisti ed economisti conservatori utilizzano il linguaggio per manipolare la tua percezione della realtà economica
Di David Lisetti 
Questo articolo e altri articoli che nel corso del tempo pubblicherò sono frutto dello studio e traduzione di un particolare ramo di ricerca sviluppato dall’economista Bill Mithcell.
Cosa ha fatto di estremamente interessante ed innovativo Bill Mithcell?
Bill con il suo paper “framing Modern Money Theory” ha integrato le sue competenze economiche alla linguistica e alle scienze cognitive.
Nello specifico in questo primo articolo andremo a vedere cosa succede quando riceviamo un messaggio sotto forma di metafora,  ossia come automaticamente il nostro cervello computa e quali sono gli effetti sulla nostra percezione.
Leggendo per la prima volta questo paper sono letteralmente sobbalzato sulla sedia, neanche io che da tempo studio e ricerco questi specifici aspetti comunicativi potevo immaginarmi quanto sia facile manipolarci e quanto siamo indifesi di fronte agli “esperti”.
Lo scopo che mi spinge a scrivere in questo momento è collegato alla volontà di condividere con te una sorta di libretto delle istruzioni per difenderti dall’informazione main stream, così che conoscendo queste dinamiche e consapevolizzandole sarai automaticamente in grado di schivare i subdoli stratagemmi che quotidianamente siamo costretti a subire.
Se riterrai questo scritto interessante allora ti chiedo di condividerlo con i tuoi familiari e amici: la condivisione di idee è alla base della società, riporto qui sotto un’estratto dal sito di file-sharing “pirate bay” che focalizza bene questo concetto:
“Uno degli aspetti che sappiamo veramente è che la nostra società sempre condividerà. La comunicazione digitale ha fatto si che sia molto più semplice e quindi la società continuerà a farlo”
La nostra epoca si porta dietro tanti lati bui ma allo stesso tempo possiamo candidamente e sicuramente ammettere che ci sta anche fornendo la possibilità di migliorare noi stessi e chi ci sta intorno, condividendo appunto ciò che per noi fa la differenza.
Dopo la disamina sui nostri tempi e la condivisione entriamo nel vivo della trattazione.
“La metafora è molto di  più di mero linguaggio”
Per avvalorare questo assunto riporto un passaggio del 1989 del celebre linguista Lakoff e del suo collaboratore Mark Turner “le metafore sono mappe concettuali, esse sono parte del nostro pensiero non mero linguaggio”. 
Cosa ci vogliono dire, cosa ci stanno dicendo in termini tecnici i due ricercatori?
(ATTENZIONE non è strettamente necessario leggere questo prossimo paragrafo tecnico, mi rendo conto che può sembrare un po’ ingarbugliato, quindi se vuoi puoi direttamente passare al paragrafo pratico successivo)
Per rispondere nel migliore dei modi dobbiamo tirare in ballo un’importante ramo delle scienze cognitive “l’Emboided Hyphothesis”, il quale afferma che c’è una ampia componente di concetti base utili per la nostra quotidianità, intrinsecamente collegati alla struttura neuronale, ciò genera una sorta di motore perpetuo che ci porta ad assumere comportamenti standardizzati a seconda di quali sono gli stimoli cognitivi che riceviamo dall’esterno o che noi stessi produciamo.
Siamo di fronte ad un processo che possiamo definire “inferenziale” ovvero un’operazione mentale per cui colleghiamo un giudizio o un fatto a noi noto ad un altro concetto o fatto che nella realtà può o non può avere un collegamento prettamente logico.
Questo processo inferenziale è “mappato” da tutta una serie di assunti che noi diamo per certi e questi assunti sono contenuti all’interno della nostra struttura psicofisica.
Quanto sopra rappresenta la centralità del sistema fisico e percettivo durante i processi cognitivi. Ricerche nel campo della neurobiologia e delle scienza comportamentale supportano la l’emboided hypothesis e l’importanza dell suo funzionamento in relazione al linguaggio e alla comprensione (Chang et al., 2004:4).
Possiamo vedere come questa impostazione di Lakoff inerente al linguaggio metaforico si contrappone alla teoria metaforica e della retorica di Aristotele e Quintiliano, infatti nella seguente citazione di Aristotele si può cogliere un collegamento fra “il vecchio e il nuovo”:
“…] ma e’ grandissimo veramente che ci sia l’espressione metaforica. Solo questa non si può mutuare da altri, e poi è indizio di nobiltà, perché l’usare bene la metafora significa il percepire con la mente il concetto affine”
Chiaramente Aristotele qui enfatizza gli aspetti positivi del linguaggio metaforico, a questo punto prendo la palla al balzo per specificare un concetto fondamentale, la metafora, non deve esser vista come un qualcosa di negativo a prescindere o positivo a prescindere ma è l’utilizzo che ne facciamo che ne determina la polarità.
Ora vediamo nella pratica quotidiana cosa questi linguisti e studiosi ci stanno comunicando: 
L’”emboided structure” è collegata a tutte le nostre azioni quotidiane come ad esempio l’afferrare qualcosa con la tua mano o lo stare in piedi e il camminare. Queste azioni che conducono allo sviluppo della nostra capacità  sensoriale e motoria sono estese anche alla nostra sfera di traduzione di concetti astratti o di metafore semplificate, queste metafore sono legate intrinsecamente alle nostre esperienze quotidiane. Per esempio, Lakoff e Johnson (1999: 96) spiegano che noi combiniamo le nostre esperienze soggettive, come ad esempio il sentire caldo, a emozioni legate alla sfera affettuosa, cioè la nostra mappa sensoriale e motoria collega il provare caldo al sentimento di affetto. In questo esempio, l’apparato sensoriale e motorio partendo dalla sensazione di calore si collega ad altri ambiti esperenziali, per cui appare chiaro come le nostre esperienze si agganciano alle nostre percezioni sensoriali. Possiamo vedere come le metafore giochino un ruolo fondamentale nel collegare percezioni, percezioni cognitive, linguaggio, ed espressioni linguistiche. Tutto ciò ci porta a concludere che la mente funziona principalmente attraverso metafore e che tutto il linguaggio è essenzialmente un linguaggio formale: Le metafore e le associazioni visive sono centrali a tutto il processo di concettualizzazione e ragionamento, difatti le esperienze umane correlate alla formulazione dei livelli base di categorizzazione, come il contenimento, le direzioni, i collegamenti, il bilanciamento e la forza (Lakoff, 1987: 267) fanno parte di un processo cognitivo che è guidato fondamentalmente da metafore. Le metafore quindi non sono dei costrutti sociali creati in modo arbitrario, piuttosto loro sono “forzate allo stesso tempo dalla natura del nostro essere umani (composti di mente e copro) e dalle interazioni che abbiamo quotidianamente con il mondo esterno” (Lakoff and Johnson, 1999: 96).
“Le metafore sono allo stesso tempo sia estremamente potenti che pervasive. Queste metafore guidano la nostra capacità di generare i nostri assunti base, e quindi anche al modo in cui pensiamo all’economia” Bill Mithcell.
Per esempio noi associamo a concetti come “più” o “meno” termini direzionali come in alto e in basso, questa è la conseguenza della nostra interazione psicofisica al mondo circostante e allo sviluppo della nostra personalità. Inoltre associamo alle metafore direzionali anche stati emozionali come essere felici o infelici, anche il livello di quantità è collegato al linguaggio direzionale, poiché “più” lo concettualiziamo visualizzando una dinamica di crescita, invece “meno” lo percepiamo come una dinamica discendente. Se relazioniamo quanto sopra esposto al nostro modo di percepire il denaro, vediamo come “più” è un qualcosa di buono e positivo, invece “meno” è qualcosa di tipicamente negativo.
Iniziate a capire come questo può avere un’implicazione sulle nostre percezioni?
Poniamo un caso di natura economica: come anche voi saprete nel corso dell’evoluzione di questa disciplina si è dibattuto molto su cosa sia veramente il deficit pubblico, importanti firme economiche hanno con il tempo spiegato, producendo fiumi e fiumi di paper quanto il deficit pubblico sia necessario per il superamento  di crisi economiche pro-cicliche e come quanto questo importante strumento debba essere utilizzato con flessibilità da politici e consiglieri economici responsabili ed adeguatamente consapevoli del funzionamento dei sistemi economici e monetari. A supporto di questa tesi possiamo insieme leggere un estratto di un pubblicazione del ’92 dove l’economista di Cambridge Wynne Godley avvertiva della pericolosità di fissare un tetto alla possibilità di deficit pubblico, ricordando inoltre la sua critica rivolta al parametro del 3% di deficit massimo inserito nel Trattato dell’Unione Europea
“un Paese o una regione non ha alcun potere di svalutare, e se questo Paese non è il beneficiario di un sistema di perequazione fiscale allora, un processo di declino cumulativo e terminale sarebbe inevitabile e condurrebbe, alla fine, all’emigrazione come unica alternativa alla povertà e fame
Di seguito il link dell’articolo del ’92 tradotto in italiano 
Inizi a razionalizzare come ad esempio nel caso del deficit  si deve evitare di parlare in termini di positività o negatività? Il deficit non è positivo né negativo è solo una strada percorribile dal governo ed esternamente efficace per uscire da situazioni di crisi economica.
Quante volte al Tg, alla radio, nei giornali, hai sentito e visto esperti attaccare e dileggiare il deficit ? (per inciso ritornerò sul concetto del deficit in articoli successivi).
Quante volte economisti e politici pur di difendere scelte scellerate ed economicamente folli (come mettere un tetto al deficit) si sono avvalsi di metafore efficacemente costruite proprio per manipolare la percezione che tu hai di uno strumento contabile? Ti riporto di seguito una lista di 7 fra le metafore più utilizzate a tal fine, poi successivamente ne analizzeremo 2, una che va per la maggiore nei paesi anglosassoni e invece un’altra con cui siamo martellati quotidianamente in Italia:
1-il buco nero della spesa pubblica
2-peggioramento dei conti pubblici
3-Stiamo andando in bancarotta, ci siamo indebitati troppo
4-Abbiamo gonfiato il deficit pubblico e il debito pubblico come una mongolfiera
5-Stiamo spendendo senza senno
6-Una montagna di debito pubblico
7- Il il debito pubblico peserà sulle spalle dei nostri figli
Esaminiamo il punto 4 “Abbiamo gonfiato il deficit pubblico e il debito pubblico come una mongolfiera” (metafora anglosassone), alla luce di quanto esposto  finora, credi che ci sia un collegamento logico fra DEFICIT-GONFIARE-MONGOLFIERA? Assolutamente NO, se analizzi queste tre parole vedrai che accostandole non hanno un senso logico, eppure nella nostra mente questa frase si materializza generando un’immagine metaforica dove la mongolfiera si sta gonfiando senza che noi ne abbiamo il controllo, ciò si collega ad una emozione estremamente forte ovvero la paura di perdere il controllo, che a sua volta genera in noi una sensazione di repulsione che ci allontana dalla razionalizzazione del deficit.
Ora passiamo al 7 “Il debito pubblico peserà sulle spalle dei nostri figli”, la questione si complica notevolmente: c’è un chiaro riferimento alla famiglia, valore sacro specialmente in un paese cattolico, si aggiunge quindi un “peso” che evoca la sensazione di fatica, sofferenza.
Generalmente un peso, un macigno viene associato a qualcosa che ci trascina verso il “basso”, e noi automaticamente colleghiamo questo termine direzionale a qualcosa di negativo.
Anche qui abbiamo delle parole che da un punto di vista logico ed economico non hanno alcun significato, DEBITO-PESO-FIGLI ma istintivamente l’unione di queste parole disegna nella nostra testa un’immagine di sofferenza per i nostri figli generata da nostri comportamenti errati.
Capisci che a livello di percezione questa metafora collega il deficit e il debito pubblico alla tua incapacità di far crescere dignitosamente i tuoi figli, tutto ciò non fa altro che generare in te il senso di colpa per le tue passate azioni, che potrà essere eliminato solo se accetti tagli al deficit e al debito pubblico che a loro volta generano una sostanziale diminuzione di ricchezza privata, di servizi pubblici e in definitiva del benessere collettivo.
Come ti ho precedentemente detto, ritorneremo con un ulteriore articolo (sempre tratto dal paper di Bill) su questo specifico punto, comunque inserisco questo grafico realizzato dalla professoressa Stephanie Kelton (capo economista del bilancio del Senato Americano) che ti fornirà un’idea chiara di come una contrazione del deficit pubblico genera una contrazione dei risparmi di noi cittadini:

Saldi settoriali della Kelton

Bene spero che questo articolo sia stato di tuo gradimento, è solo l’inizio, perché abbiamo solo iniziato (grazie a Bill) a grattare la superficie della manipolazione di massa.
Nel prossimo articolo parlerò delle “visioni dell’economia”, sono certo che stai rabbrividendo: immagina se sono riusciti a manipolare così bene la sola parola deficit pensa che impegno hanno profuso per veicolare la loro integrale visione economica.
Orwell dove sei?