C’è una battuta che gira tra i miei colleghi: «Sai qual è la differenza tra il Giappone e la Grecia?». L’agghiacciante risposta è: «Tre anni». L’ovvio riferimento è alla situazione del debito pubblico. Per quanto paradossale, l’accostamento della grande potenza industriale asiatica al piccolo e disastrato Stato ellenico non è poi così assurdo.
Di agghiacciante, nel leggere questo attacco ad un articolo di Luigi Zingales pubblicato il 6 novembre 2012 su Il Sole 24 Ore, c’era la sicumera predittiva di Zingales, all’epoca impegnato nella sventurata avventura di Fare per Fermare il Declino con personaggi come Oscar Giannino, Massimo Bordin, Fabio Scacciavillani. Il meglio del peggio del neoliberismo italiano, praticamente manco arrivato alle urne per le note vicende di lauree e master.
Molti passaggi sono davvero agghiaccianti (ma chi sono ‘sti colleghi e che senso dell’umorismo hanno, Luigi?) e nascondono, al di là delle giravolte compiute anche da Zingales, l’adesione convinta all’austerità europea e al dominio della finanza sulla politica, ovvero della Bce sui governi (oramai regionali) europei. Almeno nel 2012. In pieno governo Monti.
Alcune citazioni, ricordando che i tre anni sono trascorsi e questa non è che una delle tante patacche neoliberiste che almeno la crisi ha svelato in tutta la propria inconsistenza. Perché il mondo che Zingales e soci pensano è un mondo astratto (clicca qui) e un mondo in cui l’economia da scienza sociale diviene scienza matematica e dunque pensiero unico con risultati unici. E a quei risultati occorre conformare società, diritto, cultura, natura.
Leggiamo: “Presto lo stato nipponico sarà costretto a finanziarsi almeno o in parte sui mercati internazionali, che sono meno ossequenti dei cittadini giapponesi e domanderanno un rendimento più elevato. Ma con un debito pari a 230% del Pil un aumento dei costo del debito si traduce velocemente in un deficit più elevato che impaurisce i mercati internazionali e fa aumentare maggiormente i tassi di interesse. Come noi italiani abbiamo imparato a nostre spese, il vortice diventa velocemente pericoloso. Il Giappone può uscirne?” Non sa che il Giappone non è mai entrato nel vortice che gira negli incubi di Zingales.
“Il Giappone può monetizzare il proprio debito. Ma nel momento in cui il mercato realizza che questo succederà, il costo del debito aumenterà per compensare creditori internazionali del rischio di inflazione/svalutazione”. Eppure oltre al Giappone anche Stati Uniti, Gran Bretagna e per una via un po’ sghemba anche la Bce stanno “monetizzando il debito”. Nessun aumento dei tassi di interesse che ovviamente sono ai minimi storici, il che sta contribuendo a deflazionare le economie. Altre semmai sono le ripercussioni possibili, ma lasciam perdere.
“Con un debito pubblico sul Pil del 230% e un deficit statale del 10%, quello che dovrebbe sorprendere non è il paragone tra Giappone e Grecia, ma il numero di anni richiesti perché la similitudine si avveri. Dopo tutto la Grecia, quando nel 2010 è entrata in crisi, aveva un rapporto debito Pil di solo il 143% e un deficit del 10 per cento. Ed è ancora più sorprendente che il mercato non se ne preoccupi affatto. Con un rendimento decennale dei titoli giapponesi di solo 0,78%, il Giappone sembra lungi dalla catastrofe ellenica. Sbagliano i miei colleghi o sbaglia il mercato? Temo il mercato. Ma vale la pena di capire perché“. Appunto: perché, Zingales?