Di Daniele Della Bona. Mancano ormai pochi giorni al referendum di domenica 5 luglio 2015 in Grecia, una pagina decisiva nella lunga e travagliata storia dell’Eurozona, che potrebbe segnare il futuro non solo della penisola ellenica ma anche del resto d’Europa e soprattutto dell’Eurozona. I cittadini greci sono chiamati a decidere se accettare o meno la proposta dei creditori internazionali (Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea e istituzioni europee), una scelta che il governo guidato da Alexis Tsipras ha deciso di mettere nella mani dei cittadini.
Quest’articolo è basato su un documento esclusivo più ampio con le risposte alle questioni più importanti riguardanti la situazione greca redatto da FEF Academy (trovi il link al documento integrale in chiusura). Redatto sulla base di un report interno di Deutsche Bank del 19 giugno 2015, dal titolo Focus Europe. On the edge, che abbiamo potuto consultare in via esclusiva. Il tutto è stato integrato da una serie di colloqui con economisti ed esperti di finanza internazionali. La ricerca e la raccolta dei dati, così come la rielaborazione delle informazioni, sono state effettuate direttamente da FEF Academy.
Partiamo vedendo chi detiene il debito pubblico di Atene. Complessivamente il debito pubblico greco ammonta in totale a 280,8 miliardi di euro (pari al 177 % del PIL ellenico). Come potete vedere dal grafico in basso (Figura 1), gran parte del debito greco si trova attualmente nelle mani di creditori istituzionali. L’European Financial Stability Facility (EFSF) o cosiddetto Fondo Salva Stati, avviato il 12 febbraio del 2012 per sostenere i paesi dell’Eurozona a rischio default, risulta essere il maggior creditore con una cifra pari a 130,9 miliardi di euro. La seconda voce più rilevante è rappresentata dal BilateralLoanFacilities, un programma di prestiti bilaterali fatti alla Grecia dai paesi membri dell’Area Euro a partire dal 2 maggio del 2010 e concluso a fine 2011, che vanta un credito di 52,9 miliardi di euro. Il Fondo Monetario Internazionale (FMI), invece, che ha preso parte all’erogazione di fondi all’interno del programma portato avanti insieme alle istituzioni europee, ha una posizione creditoria di 21 miliardi di euro. La Banca Centrale Europea (BCE) detiene poi 27 miliardi di titoli di Stato greci: acquistati all’interno del Securities Market Program avviato dalla BCE avviati il 10 maggio del 2010 all’interno per acquistare in via definitiva obbligazioni pubbliche dei governi dell’Eurozona sul mercato secondario, poi concluso nel settembre del 2012.
Il totale del debito detenuto da creditori istituzionali ammonta quindi a 231,8 miliardi di euro (una quota pari a quasi l’82,5% del totale).
Il restante 17,5% è ripartito sul versante dei privati, per un ammontare complessivo che è pari a 49 miliardi. Questa cifra è ripartita fra T-bills, titoli a 3 o 6 mesi di scadenza (pari a 15miliardi) e nuove obbligazioni greche a medio e lungo termine, che sono detenute da istituzioni del settore privato e altri detentori privati non istituzionali (34 miliardi).

 fef grecia debito

Le prossime scadenze per il governo greco prevedono il pagamento di 7 miliardi entro la fine di luglio: ripartiti fra FMI, BCE e T-Bills (quest’ultimi stando alle previsioni del governo Tsipras e alla prassi portata avanti finora saranno rinnovati e quindi non liquidati per una cifra pari a 3 miliardi di euro). Il 13 luglio ci sarà poi una tranche da 0,5 miliardi dovuti al FMI e il 20 luglio il pagamento previsto di 3,5 miliardi di euro alla BCE.
Qual è, nello specifico, l’esposizione dell’Italia? Il nostro paese, insieme agli altri paesi dell’Area Euro, partecipa pro quota all’EFSF (17,86 %). I suoi versamenti complessivi, fra EFSF e prestiti bilaterali ai paesi membri dell’Eurozona, sono secondo la Banca d’Italia pari a 43 miliardi e 901 milioni di euro (dato ad aprile 2015), dei quali 27 miliardi e 251 milioni sono prestiti alla Grecia tramite l’EFSF e 10 miliardi e 8 milioni di euro sono stati erogati come prestito bilaterale. Pertanto, su questi due fronti, l’Italia risulta esposta complessivamente verso la Grecia per 37 miliardi e 259 milioni di euro (vedi Tabella 1).
A questa cifra potrebbe aggiungersi l’eventuale ricapitalizzazione della BCE in caso di default greco da parte della Banca d’Italia, che però potrebbe potenzialmente toccare al governo italiano. Si tratta di altri 12,9 miliardi di euro. Anche se, vedendo i dati, i numeri non sembrano rendere plausibile una chiamata in causa del governo di Roma su questo fronte (per tutti i dettagli e i calcoli con cui è stata ricavata questa cifra vedi documento integrale).
Complessivamente, comunque, l’esposizione complessiva dell’Italia verso la Grecia è secondo i nostri calcoli pari a 50,1 miliardi di euro, di cui 37,2 miliardi certamente sulle spalle del governo di Roma.
Tabella 1. Esposizione verso la Grecia Paesi Area Euro (miliardi di euro).

Prestiti Bilaterali Fondi versati  garanzia dei prestiti EFSF Totale
Austria 1,555 4,235 5,790
Belgio 1,942 5,291 7,233
Cipro 0,110 0,110
Estonia 0,390 0,390
Finlandia 1,004 2,735 3,739
Francia 11,389 31,020 42,409
Germania 15,165 41,308 56,473
Grecia
Irlanda 0,347 0,347
Italia 10,008 27,259 37,267
Lettonia
Lussemburgo 0,140 0,381 0,521
Malta 0,051 0,138 0,189
Paesi Bassi 3,194 8,699 11,893
Portogallo 1,102 1,102
Slovacchia 1,503 1,503
Slovenia 0,243 0,717 0,960
Spagna 6,650 18,113 24,763
Totale 52,900 141,8 194,7

I maggiori rischi per l’Italia sono quelli derivanti dalla sua adesione all’European Financial Stability Facility (EFSF) o cosiddetto Fondo Salva Stati, risulta essere il maggior creditore greco con una cifra pari a 130,9 miliardi di euro. Di questa cifra però la Grecia dovrà ripagare la prima tranche solamente nel 2023 e a seguire fino al 2054. Insomma, non appare esserci un rischio imminente su questo fronte a meno che, una volta attivate le clausole di cross default dopo il mancato pagamento al FMI, l’EFSF non opti per un’accelerazione dei pagamenti.
Mettendo da parte questo scenario, nell’ipotesi di un mancato pagamento da parte di Atene o di una ristrutturazione del debito (come peraltro aveva richiesto il governo Tsipras inviando una lettera il 30 giugno all’Eurogruppo dove chiedeva che ”il debito verso l’EFSF fosse ristrutturato e rimodulato”), cosa prevede l’EFSF a livello legale in casi d’inadempienza di uno Stato debitore?
La cornice legale di accordo fra i paesi aderenti al Fondo prevede che “se un paese non onora i suoi pagamenti, le garanzie saranno richieste ai garanti”. La mancanza di fondi sarebbe coperta, quindi tramite la richiesta ai vari Stati aderenti di adempiere agli impegni di garanzia sottoscritti. Queste garanzie sono “irrevocabili e incondizionate”. Per l’Italia si parlerebbe di una cifra che, stando ai documenti ufficiali dell’EFSF, sarebbe pari a un massimo di 139 miliardi e 267 milioni. Soldi che, in caso di bisogno, l’Italia sarebbe quindi costretta a mobilitare (non possiamo ipotizzare una cifra eventuale perché dipenderebbe da una serie di fattori non facilmente stimabili). Sorte analoga toccherebbe a tutti gli altri governi, Germania in testa con 211 miliardi di euro. E forse proprio quest’aspetto spiega la riluttanza delle istituzioni europee verso una ristrutturazione del debito greco, che darebbe non pochi grattacapi ai governi a livello politico con i loro rispettivi elettorati nazionali.
Puoi trovare l’ intero documento direttamente su FEF Academy: