Forse dovevamo scrivere prima questo articolo. Che per altro era stato illustrato magistralmente da Filippo Abbate nella sua lezione all’Università Federico II di Napoli. Per cui rimandiamo al video e alle slide da noi, da tempo, pubblicate.
SE NON HAI VOGLIA DI LEGGERE L’ARTICOLO ASCOLTA LA LEZIONE VIDEO DI ABBATE DAL MINUTO 43:00
E AIUTATI LEGGENDO CON ATTENZIONE LE SLIDE PROIETTATE
Parlare di Grecia senza capire l’azione dell’euro sulle cause della crisi greca è come parlare di calcio con chi ignora la regola del fuorigioco: una inutile ed estenuante perdita di tempo. Parlereste di ciclismo con chi non sa cosa sia una cronometro o una scalata? Parlereste di nuoto con chi non conosce la differenza tra stile libero e dorso? No, vi rifiutereste.
PERCHE’ L’EURO DISTRUGGE LE ECONOMIE (E LE SOCIETA’) PERIFERICHE: La caratteristica principale dell’Eurozona è la privatizzazione degli Stati, anche nella loro funzione monetaria. Questo comporta l’impossibilità di attivare politiche economiche anti-cicliche, ovvero che contrastino il ciclo recessivo dell’economia, i cui fondamenti sono quindi demandati all’economia privata.
Ora vedremo, stilizzati, gli effetti sull’economia privata nell’Eurozona, e come essi siano distruttivi per la periferia.
EFFETTI SUL COMMERCIO Dal momento in cui si adotta la stessa moneta, non vi sono più oscillazioni fra le valute degli stessi paesi: un euro greco equivale ad un euro tedesco. In precedenza invece una dracma veniva raffrontata al valore del marco tedesco giorno dopo giorno. Poiché mediamente l’inflazione in Grecia era superiore a quella tedesca – oltre che da un diverso sistema produttivo e di scambi internazionali – la dracma perdeva valore rispetto al marco. Il cambio rifletteva la forza attrattiva delle due economie e i differenti tassi di inflazione.
Con l’euro non vi è più aggiustamento con i tassi di cambio. Ma è come prendere una medicina che consente di non avvertire dolore, mentre la malattia (o presunta tale, nel nostro caso) è in corso. Dunque le monete hanno sempre lo stesso valore, ma le economie sono diverse e ciò necessiterebbe di un riallineamento dei cambi, impossibile ovviamente. Anche i tassi di inflazione sono diversi. Dopo 15 anni di euro, ad esempio, l’Italia ha accumulato una inflazione di quasi l’11% superiore alla Germania. Ciò significa che un chilo di pane che nel 1999 costava 1 euro in Italia e in Germania, a parità di altre condizioni costa oggi in Italia 11 centesimi più che in Germania: senza adeguamento del cambio, è chiaro che tutto ciò ha condotto all’attuale espansione commerciale tedesca a danno di tutti gli altri paesi europei (per la serie: la solidarietà nell’Unione Europea).
EFFETTI SUL SISTEMA BANCARIO. Poniamo che, con marco e dracma, in Germania fosse attesa una inflazione del 2%, e in Grecia del 10%. Una banca tedesca, prestando ad un cittadino tedesco 100 marchi, avrebbe richiesto l’anno successivo la restituzione di 100 marchi più 4 marchi per interessi, di cui 2 per compensare l’attesa perdita di valore della moneta, 2 come profitto.
La stessa banca tedesca, con la sua filiale in Grecia, effettua prestiti in dracme, acquistate vendendo marchi, e con tasso di inflazione atteso all’anno 0+1 del 10%. Quindi converte 100 marchi in equivalenti dracme (poniamo, per semplicità, 100 dracme). Ma lo fa solo se l’anno seguente il debitore si impegna alla restituzione di: a) il capitale, 100 dracme; b) l’inflazione attesa, 10 dracme; c) il tasso di profitto atteso, 2 dracme; d) l’assicurazione per il “rischio cambio”, ovvero possibili oscillazioni del cambio marco-dracma che mettono a rischio la consistenza reale del profitto atteso, 3 dracme.
Quindi il cittadino tedesco, all’anno 0+1, resistuirà 104 marchi. Il cittadino greco che riceve identico prestito (100 marchi=100 dracme all’anno zero) ne restituisce 115: tasso di interesse 15%, anche se il tasso di interesse reale al netto dell’inflazione è pari a 5 di cui tre una sorta di “cuscinetto” di sicurezza (appunto, una assicurazione).
ARRIVA L’EURO E… Viene eliminato il rischio di cambio: la banca tedesca può prestare ad un greco euro, come ad un tedesco. Le due economie però sono diverse. Quindi?
La Banca Tedesca presta 100 euro ad un berlinese, e chiede la restituzione di 104, esattamente come in precedenza con il marco.
Ma in Grecia? L’inflazione resta al 10%: quindi il prestito necessita della restituzione di 100 euro di capitale, 10 euro di inflazione attesa, più, eventualmente, 2 euro per profitto atteso. Non vi è più rischio di cambio. E già così il tasso di interesse scende dal precedente 15% al 12%.
La banca, tuttavia, realizza un utile enorme riportando il denaro in Germania: prestando ad un tedesco 100 euro, ne avrà 104; prestando ad un greco, 112. Nella stessa moneta.
Ecco allora che tutte le banche franco-tedesche si precipitano in Grecia, così come Spagna, Portogallo, Irlanda, e realizzano profitti enormi, riducendo ulteriormente i tassi nei paesi periferici, in una gara sfrenata; ed ecco spiegato il ricorso al credito, le famose “bolle”, l’espansione edilizia, il consumo facile con le carte di credito. Tutte cose spesso testimoniate dai greci. Per una banca offrire prestiti a tassi bassissimi era un modo per penetrare nei mercati periferici e comunque realizzare profitti enormi rispetto a quelli precedenti.
Inoltre con il sistema euro quei prestiti erano usati per acquistare beni provenienti sempre dalla Germania, grazie all’annullamento della “protezione” del cambio (senza dimenticare altre grandezze basilari come il costo del lavoro).
Poi arriva la crisi del 2007, le banche sono esposte in grandi quantità di prestiti difficilmente esigibili perché l’economia reale va a rotoli; la struttura dell’Eurozona impedisce agli stati di agire in funzione anticiclica, e la crisi si aggrava. Le banche franco-tedesche devono rientrare velocemente dei prestiti concessi con eccesso di leggerezza; prestiti diventati carta straccia; gli Stati si indebitano per sostenere i disoccupati, per la riduzione delle entrate (si indebitano sempre con le banche, tra l’altro…) e inoltre assumono i debiti per i fallimenti delle banche nazionali; tutto il peso della crisi viene trasferito dalle banche agli Stati, che quindi devono imporre austerità ovvero tassare più di quanto spendono (il famoso avanzo primario) distruggendo le economie e le società per garantire l’accesso al finanziamento delle banche.
L’austerità infatti distrugge l’economia, la società e la cultura di un popolo con l’unico obiettivo di garantire i possessori di ricchezza finanziaria.
Mettere i “conti in ordine” significa semplicemente far pagare a cittadini e imprese il conto del potere finanziario; significa mettere la politica e la democrazia sotto il potere economico globalizzato.
A voi la scelta.