da Me-Mmt Emilia Romagna.
La gestione della ristrutturazione di un debito pubbico è più pressante che mai. Il sistema attuale ripone una fiducia eccessiva nelle virtù del mercato, con inutili conflitti e costosi ritardi nell’affrontare i problemi. Gli esempi sono molti: in Argentina lo scontro tra le autorità e un numero ristretto di “investitori” (fondi avvoltoio/hedge fund) ha messo a rischio l’intera ristrutturazione del debito, che la grande maggioranza di creditori aveva già accettato.
In Grecia buona parte dei fondi dei programmi europei di sostegno finanziario è destinata a risarcire i titolari di creditori precedenti, mentre al paese vengono imposte durissime misure di austerità.
Le dispute vengono risolte non sulla base di regole eque, ma attraverso una serie di negoziati tra soggetti che non sono alla pari, con i ricchi e potenti che quasi sempre impongono la loro volontà agli altri. I risultati di questi negoziati non solo sono iniqui, ma anche inefficienti.
I sostenitori di questo sistema affermano che i casi come quello dell’Argentina sono solo eccezioni e che la maggior parte delle volte il sistema funziona. Ovviamente intendono dire che di solito il paese debole si arrende. Ma a che prezzo per i suoi cittadini? Fino a che punto la ristrutturazione funziona? Il percorso di riduzione del debito è sostenibile? Dato che queste domande vengono ignorate, spesso a una crisi del debito ne segue subito un’altra.
La ristrutturazione del debito greco nel 2012 è un caso da manuale. La Grecia ha giocato secondo le regole dei mercati finanziari ed è riuscita a portare a termine la ristrutturazione in tempi brevi, ma l’accordo era pessimo e non ha favorito la ripresa dell’economia.
I debitori in difficoltà devono poter ripartire da zero. Una severità eccessiva porta a una situazione in cui tutti ci rimettono: il debitore non riesce a riprendersi e i creditori non riescono a recuperare i soldi.
Ecco perché nessun governo lascia alle forze di mercato il compito di ristrutturare i debiti interni. Non a caso esiste un diritto fallimentare che stabilisce le regole per la contrattazione fra creditore e debitore e favorisce l’efficienza e l’equità. La ristrutturazione del debito pubblico è ancora più complicata di una bancarotta privata.
Per esempio, le norme dovrebbero includere la sospensione dei procedimenti mentre la ristrutturazione è in corso, limitando così i danni dei fondi avvoltoio, i creditori disposti a concedere prestiti ad un paese che sta ristrutturando il debito avrebbero un trattamento di favore. Bisognerebbe stabilire che nessuno può rinunciare ai diritti fondamentali. Non può esserci una cessione volontaria di sovranità, così come nessun può vendersi come schiavo, va stabilito che nessun governo democratico può vincolare i suoi successori a tempo indeterminato.
L’applicazione di un sistema simile non può essere affidata al Fondo monetario internazionale (FMI), troppo legato ai credito e creditore a sua volta. Le crisi continueranno e ripetersi, se vogliamo che la globalizzazione funzioni per tutti, le regole devono cambiare.
tratto dall’articolo “Come risolvere le crisi del debito”, Internazionale
scritto da J. Stiglitz
Una considerazione. La cosiddetta “crisi del debito” non esiste più dal 26 luglio 2012 allorquando Mario Draghi dichiarò che la BCE avrebbe fatto tutto quello che serve per proteggere l’Euro e l’Eurozona dal collasso (link). Perciò è ancora più assurdo l’accanimento sul debito greco. Quello che permane non è la crisi del debito bensì la crisi del deficit, troppo ristretto per le attuali esigenze degli Stati membri dell’Eurozona.
Per conoscere le soluzioni che uno Stato dovrebbe adottare per combattere questa crisi, vi rimandiamo al seguente articolo: Fuori dalla crisi in 90 giorni