Una intervista “fragorosa” rilasciata dall’ex viceministro all’Economia Stefano Fassina, parlamentare del Partito Democratico. Affilate pugnalate al sistema euro, con il consiglio al governo Tsipras di lasciare l’euro e tornare alla dracma. “Il problema se lo devono porre tutti, dalla Grecia all’Italia alla Germania alla Francia alla Spagna” ha dichiarato a La Stampa (sotto video integrale).
Qui l’intervista.
Caro Fassina, però la verità o la si dice tutta intera, oppure (ri)fare il giochetto dell’euro (tacere la sua essenza fino al momento in cui il mostro appare in superficie e non può essere più negato all’opinione pubblica) non sarà doppiamente moralmente tollerabile.
Gli archivi sono a portata di clic, come queste sue dichiarazioni pubblicate su L’Unità il 22 aprile 2012:
Massimo D’Antoni e Ronny Mazzocchi hanno scritto sull’Unità che il pareggio di bilancio in Costituzione è un cedimento della politica . Lei che dice, visto che il Pd l’ha votato? «Hanno ragione, è certamente frutto di subalternità culturale assumere come vincolo costituzionale la norma del pareggio di bilancio, di per sé espressione di una cultura economica fallita. Tuttavia l’Italia si è trovata a fare i conti con un vincolo politico e quel voto è stato il prezzo necessario da pagare per costruire una politica di bilancio nell’area Euro legittimata democraticamente».
Troppo facile, oggi, si direbbe. Ma si apprezza il passetto in ritardo mentre il resto del partito affoga tra ignoranza e viltà filo-tedesca (ricorda qualcosa?).
Però Fassina, nell’intervista, ripete spesso che l’eurozona sta sprofondando “nella deflazione e nella insostenibilità del debito pubblico“.
Serve un altro passo ancora, Fassina. Il debito pubblico è insostenibile perché l’euro “è una moneta straniera”, mentre se tornassimo alla valuta nazionale non avremmo alcun problema di solvibilità e anzi ogni deficit pubblico equivarrebbe ad un surplus privato.
Non è difficile. E lei lo sa. Lo sa?
Ce lo ricorderemo.