La nuova tipologia contrattuale, introdotta con il decreto in attuazione della Legge delega del 10 dicembre 2014, n.183, riguarda tutti i lavoratori che verranno assunti a partire dalla data di entrata in vigore del decreto stesso fino al 31 dicembre 2015 e che nei sei mesi precedenti all’assunzione non abbiano avuto in essere un contratto a tempo indeterminato con qualunque datore di lavoro.
Da ciò discende che potranno essere assunti i lavoratori che hanno in corso, o hanno avuto, anche con lo stesso datore di lavoro, un rapporto a tempo determinato, un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto, i famosi co.co.co. e co.co.pro., una associazione in partecipazione, un contratto intermittente, una prestazione di lavoro accessorio, una collaborazione occasionale o un a partita IVA.
La Legge di Stabilità pubblicata in Gazzetta il 29 dicembre, n.300, ha introdotto invece il famoso incentivo di carattere economico per la sospirata “riduzione” del costo del lavoro: la legge prevede infatti che per i primi 36 mesi di lavoro il datore di lavoro sia esonerato dal pagamento dei contributi previdenziali fino a 8.060 euro annui, con esclusione dei premi e i contributi dovuti all’Inail, per tutti i lavoratori assunti a tempo indeterminato dal 1° gennaio fino a fine anno.
Dallo sgravio sono esclusi i lavoratori domestici e i lavoratori agricoli. Il lavoratore di fatto non si accorgerà di nessun cambiamento significativo, tranne nel caso in cui dovesse essere licenziato. Con il decreto attuativo che introduce il contratto a tutele crescenti (che entrerà in vigore presumibilmente i primi di febbraio) cambia infatti in modo sensibile la disciplina dei licenziamenti, in poche parole, anche nelle aziende con più di 15 dipendenti, i quali godevano delle tutele previste dal famoso art 18 dello Statuto dei Lavoratori, sarà più facile essere licenziati.
Per essere più precisi non cambierà niente nel caso di licenziamenti discriminatori o nulli, in questi casi il giudice potrà sempre prevedere la reintegra nel posto di lavoro. Ciò che cambia in modo sostanziale è il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ad esempio per motivi economici: anche se il licenziamento sarà giudicato illegittimo il lavoratore non potrà essere reintegrato, ma avrà diritto ad un indennità crescente, da qui il nome del contratto, in relazione all’anzianità di servizio.
La stessa disciplina si applicherà anche ai licenziamenti disciplinari o per giustificato motivo soggettivo, a meno che il fatto contestato non sia giudicato insussistente. Con questo nuovo tipo di contratto si verranno così a creare due regimi, il regime di tutele classiche, previsto dalla precedente disciplina per i lavoratori a tempo indeterminato assunti prima dell’entrata in vigore del decreto attuativo e, il regime di tutele crescenti, per il lavoratori a tempo indeterminato assunti successivamente allo stesso.
Il nuovo contratto risulta effettivamente essere molto più conveniente di tutte le altre tipologie di lavoro dipendente esistenti. Oltre alle ben note polemiche relative ai licenziamenti portate avanti soprattutto da sindacati e dalla sinistra del Pd, uno dei nei più grandi della riforma riguarda il fatto che la Legge di Stabilità ha eliminato uno strumento strutturale molto utilizzato che erano le assunzioni effettuate ai sensi della legge n. 407 del 1990: ad un incentivo strutturale ne è stato sostituito uno temporaneo.
Questa legge, che per quasi 25 anni ha rappresentato uno degli incentivi più richiesti ed efficaci, è stata abolita in modo definitivo e sicuramente troppo frettoloso. Occorre ricordare che, la legge 407/90 permetteva di assumere disoccupati di lungo periodo (più di 24 mesi) in qualsiasi momento e senza limiti di spesa: la 407/90 prevedeva infatti lo sgravio del 50% e, in alcuni casi, l’esonero totale dai contributi Inps ed Inail per le assunzioni a tempo indeterminato effettuate in qualsiasi momento.
L’esonero contributivo previsto dal Job Act riguarda invece il solo 2015. Dal 2016 in poi quali agevolazioni ci saranno per i nuovi assunti?
Questa soppressione, secondo molti addetti ai lavori, comporterà negli anni a venire, un danno molto pesante al già disastrato mondo del lavoro, soprattutto nel Mezzogiorno e nel settore Artigiano dove la 407/90 prevedeva uno sgravio contributivo totale. Il rischio è che, a parità di condizioni economiche, si perderanno molte assunzioni se non si prevedrà nei decreti attuativi un incentivo al pari di quello soppresso dopo il 2015.
Sulle possibilità che queste nuove regole incentivino le assunzioni c’è notevole perplessità: siamo alla quarta riforma in pochi anni e ormai è chiaro come il cambio delle regole del gioco non garantisca risultati positivi se il terreno nel quale sono impiantate le nuove regole è sterile ed è chiaro a tutti che attualmente il terreno economico italiano lo sia e che le imprese, senza lavoro, difficilmente riusciranno a crearne per quanto possano essere incentivate.
È molto più probabile che vengano stabilizzati contratti già esistenti e che quindi non si crei nuova occupazione. Anche l’obiettivo di creare lavoro stabile sembrerebbe difficile da raggiungere, nonostante il contratto a tempo indeterminato sia attualmente più conveniente: il rischio è che, in mancanza di una domanda stabile e di interventi pubblici, i nuovi assunti saranno con tutta probabilità rimandati a casa nel momento in cui cesserà l’agevolazione.