Traduzione di Alessio Tartari Fonte: Corporate Europe Observatory http://corporateeurope.org/eu-crisis/2013/03/businesseurope-and-economic-governance PRIMA PARTE Per l’austerità, contro lo Stato sociale! Sin dall’esplosione della crisi, sono state introdotte delle autorità economiche UE importanti riforme. Tali riforme sono disegnate per bloccare la politica fiscale di livello nazionale e rinforzare l’austerità a livello europeo. Le politiche di austerità e neoliberiste delle autorità non sono il semplice risultato di una teoria economica sbagliata o fasulla, sono state promosse deliberatamente e a vantaggio di potenti interessi. Il grande business ha usato la crisi come un’opportunità per raggiungere i propri obiettivi di lungo termine nell’agenda politica europea. Mentre i politici d’Europa discutono gli ulteriori passi per intensificare l’Unione Economica e Monetaria, diamo uno sguardo a ritroso per capire come l’Europa è stata costruita al fine di avere un sistema permanente di politica economica neoliberista. Ciò non può essere osservato senza un esame dei maggiori attori della comunità del business. La principale lobby Una delle maggiori forze trainanti dietro le riforme delle autorità economiche negli ultimi anni è BusinessEurope (BE). BE è la più grande associazione d’affari europea ed organizza imprese di livello comunitario. Costituita da 41 aziende nazionali e federazioni industriali, tramite le loro stesse parole giocano “un ruolo cruciale” nell’assicurare “che gli interessi delle compagnie siano rappresentati e difesi vis-à-vis con le istituzioni europee, principalmente al fine di preservare e rafforzare la competitività aziendale1.Mentre BE è un’ampia alleanza del business attraverso l’Europa, la sua struttura interna rivela il dominio degli interessi di imprese multinazionali. Il Consiglio Aziendale ed il Gruppo di Supporto, che consiste in  60 rappresentanti di imprese multinazionali, giocano un ruolo importante non solo all’interno di BE, ma anche nell’assicurare i contatti di BE con gli alti funzionari dell’UE. BE è uno dei gruppi più potenti a livello UE ed è pertanto una delle principali lobby in contatto con la Commissione. Grazie all’accesso privilegiato alla Commissione Europea è ben posizionata al fine di assicurare che gli interessi professionali siano ben rappresentati nel processo decisionale europeo. L’opportunità di una vita Se è sempre vero che una crisi porta anche opportunità, questo è stato decisamente il caso di BE. Sin dalla crisi del debito sovrano che ha colpito la Grecia lo scorso 2009 diffondendosi poi attraverso l’intera eurozona, BE ha sfruttato l’urgenza della situazione per promuovere la propria agenda di politica economica. È stata una delle voci più forti riguardo le questioni della governance economica a Brussels. Già dal 2009, fino al termine dello scorso anno, BE è intervenuta nel dibattito in corso rendendo disponibili al pubblico più di 20 documenti politici, lettere alle istituzioni europee e a singoli attori chiave. Come andremo poi a vedere, molte delle loro richieste e proposte sono già state realizzate nelle riforme delle autorità economiche, e siamo sicuri di vederne implementate ancor di più nei prossimi anni. BE ha enorme interesse che le politiche europee durante l’attuale crisi siano coerenti ed offrano l’opportunità di perseguire il loro tornaconto economico. Innanzitutto, le misure coercitive di austerità aumentano la pressione sullo stato sociale ed aprono quindi nuovi settori per il profitto privato, non appena i servizi e le compagnie pubbliche vengono privatizzate per racimolare denaro per il bilancio [pubblico, ndt]. Al contempo i tagli alle spese sociali indeboliscono le protezioni sui lavoratori peggiorando le condizioni di lavoro. In secondo luogo, l’inasprirsi dell’austerità si accompagna alla promozione di riforme strutturali, un termine che si riferisce non al cambiamento della struttura economica ma ad un affondo di politiche economiche neoliberiste con privatizzazioni, liberalizzazioni ed in particolare un indebolimento dei diritti sul lavoro. Infine, BusinessEurope è a favore di queste riforme della gestione economica soprattutto perché limitano le competenze delle democrazie nazionali, forzando questi paesi ad implementare le misure di austerità e di riforma strutturale. Questo implica una maggiore forza della Commissione Europea – un’istituzione che tende ad essere molto favorevole agli interessi del business – mentre i parlamenti nazionali perdono la maggior parte del loro potere decisionale sulle politiche fiscali ed economiche. BusinessEurope: stilare l’agenda. Nel tardo 2009 BE ha iniziato a sviluppare l’agenda per affrontare la crisi con il documento politico “Riportare l’europa in pista”2 in cui descrive le sue richieste per l’Europa post-crisi. A cuore del programma di BE troviamo un richiamo al consolidamento fiscale, un’intensificazione del mercato unico, deregolamentazione del mercato del lavoro e un incoraggiamento del libero commercio, in breve, austerità e riforme strutturali neoliberiste. È inoltre meritevole di nota che BE è stata fra le prime a premere per una riforma del modello di governance economica dell’Europa nel contesto dell’attuale crisi. Mentre BE avrebbe sviluppato successivamente documenti con proposte più concrete, nel paper precedentemente menzionato, BE aveva già indicato la direzione generale nella quale voleva che l’UE andasse. “Per incrementare i suoi benefici, i membri correnti e futuri dell’Area Euro avranno bisogno di rafforzare la loro responsabilità collettiva […] verso disciplina fiscale, riforme  strutturali, competitività vigorosa e duratura […]. Rafforzare l’autorità economica dell’Area Euro aiuterà nell’incoraggiare una maggiore integrazione del mercato in una più ampia UE […]”3 Alcuni mesi più tardi, ad inizio 2010, quando la gravità della crisi dei debiti sovrani era conclamata, i programmi di trasformazione dell’Europa di BE divennero ancora più specifici pubblicando un piano d’azione, “Combinare sostenibilità fiscale e crescita”4. Mentre l’indirizzo era lo stesso nel complesso, le proposte di BE in questo caso entrano nei dettagli dei modi e termini in cui ciò sarebbe dovuto accadere. Fra le loro richieste, notevole è il richiamo a regole fiscali vincolanti di livello nazionale ed europeo, tenendo in considerazione il deficit e il debito sovrano in relazione al PIL5.L’obiettivo di BE con tali regole vincolanti è chiaro, come essi stessi dichiarano: ridurre la portata della “contrattazione politica” sulle regole fiscali, come suggerisce il capo economista di BE. Questo significa null’altro che una riduzione della democrazia, invece di una “contrattazione politica”6 tra i governi eletti, i partiti politici e le parti sociali, le questioni di budget dovrebbero essere innanzitutto il risultato di regole inflessibili e democraticamente immutabili. Per BusinessEurope il livello Europeo e vale a dire la Commissione Europea, fornisce la struttura perfetta per fissare le politiche economiche e fiscali nazionali, poiché tale livello non è né trasparente né deve veramente tener conto del pubblico. Rafforzare la Commissione significa dare più peso ad un’istituzione che non è particolarmente coinvolta nelle procedure democratiche ed il cui personale è – come riportato in dozzine di casi di conflitto d’interesse (revolving doors)7 – strettamente legato con le élites economiche e uno dei principali obbiettivi delle lobbysmo aziendale. Oltretutto, chiedendo più poteri per la Commissione a tale riguardo, significa rafforzare nello specifico la Direzione Generale per gli Affari Economici e Finanziari, che può essere considerata parte dell’avanguardia neoliberista in Europa. Il progetto perseguito da BE è pertanto non solo a favore dell’austerità (e di riforme strutturali neoliberiste) ma un progetto per limitare la democrazia stessa, specialmente laddove tange gli interessi del business. Con ciò BE è stata tra i primi attori politici a proporre regole fiscali vincolanti. Mesi fa la Commissione Europea ha menzionato “strumenti vincolanti” per assicurare la conformità al Patto di Crescita e Stabilità.7 Possiamo dunque concludere che BE è stata estremamente efficace nel preparare l’agenda delle riforme delle autorità economiche. Ad oggi, le regole fiscali [vincolanti, ndt] sia europee che nazionali sono realtà con l’implementazione dei cosiddetti Six-pack e Fiscal Compact8. L’obiettivo chiave: riforme strutturali. BE non è ad ogni modo solamente interessata al consolidamento fiscale. Uniscono la loro richiesta di austerità con un ampio programma economico-politico di “riforme strutturali” esposto nel già menzionato piano d’azione9:

  • Considerazioni su squilibri interni e competitività esterna – un eufemismo per leggi pro-business e bassi salari – nelle riforme della governance economica.
  • Ridimensionamento del settore pubblico: “Da parte del settore pubblico, il ricorso al mercato dovrebbe essere generalizzato ogni volta che esiste un mercato competitivo per i servizi forniti ai cittadini o per le attività accessorie all’amministrazione statale10.”
  • Maggiore estensione della gestione pubblico-privata.
  • Riforme del sistema pensionistico: legare le aspettative di vita e l’età di pensionamento, promuovendo fondi pensione privati.
  • Salute: “aumentare il grado di competizione tra fornitori di assicurazioni su salute e assistenza al fine di rendere il sistema più efficiente ed innovativo.” [deregolamentazione, ndt]
  • Sistema fiscale: riduzione delle tasse per le imprese, “giusta e trasparente competizione sul fisco”, rendere la forza lavoro più attraente tramite riduzione del carico fiscale sul lavoro.11

Il documento politico del 2010 e il piano d’azione mostrano un’agenda chiara: BE preme per un forte consolidamento delle finanze pubbliche. Ciò è combinato con un agenda per, brevemente, privatizzare i servizi pubblici e spostare il carico fiscale dalle imprese verso il consumo, che incide maggiormente sugli indigenti. L’interesse di BE in tali tipi di politiche è logico. Anche se le politiche di austerità peggiorano la crisi economica, fanno comunque gli interessi del grande business. L’attacco al welfare, coadiuvato dalla promozione di riforme strutturali nel mercato del lavoro indeboliscono i lavoratori e con ciò, in un’economia in contrazione, avvantaggiano la quota profitti supportando il progetto di re-orientamento delle economie europee verso una crescita guidata dalle esportazioni anziché dalla domanda interna. Un’altra ragione per cui BE promuove tale agenda di privatizzazioni: la crescente pressione sul bilancio nazionale porta le nazioni al tentativo di consolidare le proprie finanze privatizzando le aziende ed i servizi pubblici. Questa agenda è promossa da diverse iniziative della Commissione per liberalizzare settori tradizionalmente di dominio pubblico. La privatizzazione di questi settori significa che nuove aree si aprono a profittevoli business in tempo di crisi. Lo scopo complessivo dell’agenda di BE può essere dunque descritto come un attacco generale al lavoro e allo stato sociale per guadagnare maggiori profitti con i loro investimenti. Il programma di politica economica di BE è puntellato di spiegazioni ideologiche della crisi al fine di giustificare le loro richieste. Nella loro visione, la crisi del debito sovrano non ha nulla a che fare con la socializzazione delle perdite private ma piuttosto “ha la sua origine in anni di indulgente e debole gestione economica, da molto prima che la crisi esplodesse”12. Ciò è accaduto, secondo BE, poiché i mercati finanziari non hanno distinto tra i diversi paesi dell’Eurozona e hanno fornito loro credito a basso costo. Pertanto sono diffidenti verso gli Eurobonds o altre forme di mutualizzazione del debito, in particolare condividere l’onere del debito a livello UE allenterebbe la pressione dei mercati sui governi nazionali che perseguono le misure di austerità e riforme strutturali. BusinessEurope e la Task Force – “Un dialogo strutturato”? Nel Marzo 2010, mentre BE pubblicava il suo piano d’azione, il Consiglio Europeo stabiliva la Task Force sulla gestione economica che si supponesse lavorare ad una nuova struttura per le autorità economiche dell’UE e dell’Eurozona in particolare. Presieduta dal Presidente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy, composta dai ministri delle finanze dei vari paesi, dal Commissario per gli Affari Economici e Monetari, Olli Rehn, e dal presidente della BCE, Jean-Claude Trichet. La Task Force mancava totalmente di regole sulla trasparenza normalmente applicate alle istituzioni europee, così come non era neanche stata prevista dalla struttura legale dell’UE. Dunque, non sappiamo fino a che grado le lobby del business abbiano influenzato il lavoro della Task Force. Ma ciò che sappiamo è che BE era alquanto interessata a guadagnare influenza sulla stessa. In una lettera, il direttore generale della BE, Philipe de Buck, chiedeva a Van Rompuy un “dialogo strutturale”13 con la Task Force ed i suoi partecipanti. Non sappiamo se questo “dialogo strutturale” sia avvenuto ma i documenti di BE disponibili pubblicamente e rivolti alla Task Force, rivelano un’ulteriore radicalizzazione e specificità della loro agenda. Particolarmente degna di nota è la loro agenda di riforme del mercato del lavoro, all’interno di una più stringente struttura d’autorità economiche: “Modernizzare il meccanismo di determinazione dei salari include la rimozione dell’indicizzazione ai prezzi, riduzione del costo indiretto del lavoro e riforma del sistema dei benefit, tutte priorità importanti a tale riguardo. Anche i salari del settore pubblico devono essere definiti tenendo conto del loro effetto sulla formazione dei salari nel resto dell’economia, il loro contributo alla stabilità dei prezzi e l’impatto sulla competitività globale14.”