Non tutti sanno che l’11 settembre del 1973 accade qualcosa che avrebbe segnato il futuro di intere generazioni. Augusto Pinochet, con un colpo di stato militare, prende il potere in Cile e dà il via a quella che passerà alla storia come “Rivoluzione della scuola di Chicago”.
La dittatura di Pinochet non è stata una dittatura militare come le altre, ma il primo esperimento istituzionale di un paradigma totalitarista e dogmatico che ha lentamente trasformato la vita di milioni di persone imponendo un modello assolutista inspiegabilmente sottovalutato dai popoli.
Il Neoliberismo è un totalitarismo, un’ideologia autoritaria e dominante, caldeggiata ed appoggiata dalle grandi istituzioni politico-economiche (FMI, WTO, Banca Mondiale), che sta inesorabilmente smantellando lo Stato di diritto.
La crisi del ’29 negli Stati Uniti e la grande depressione che ne seguì, sancirono il fallimento del libero mercato e misero gli Stati di fronte alla necessità di un cambiamento di rotta nelle politiche economiche su larga scala.
Pioniere ed architetto del nuovo corso fu John Maynard Keynes ed il suo testo “Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta”(1936) ne fu il punto di svolta. Un’ altra economia, volta al benessere dei popoli, era possibile. E così è stato per molti anni a seguire. Descrivere un quadro completo del periodo che va dagli anni ’40 alla metà degli anni ‘70 è certamente complicato, ma è altrettanto semplice affermare che nessun altro periodo della storia abbia conosciuto una crescita così forte e in gran parte condivisa da tutte le classi sociali. Molti paesi registrano progressi record nelle proprie economie, il nuovo Stato sociale si dirige verso la piena occupazione e la valorizzazione dei diritti sanciti dalle Costituzioni nazionali, in particolare quelle nate nell’immediato dopoguerra.
Ma i germi del laissez faire non erano scomparsi, non sconfitti del tutto, così una piccola cerchia di ideologi e professori dell’Università di Chicago, convinti che la società potesse essere regolata interamente da forze “naturali”, comincia a sviluppare una corrente di pensiero volta a sostenere il mercato come la sola ed unica religione.
I due guru del nuovo movimento anti-stato furono Friederich von Hayek e un suo allievo, Milton Friedman, che diventerà da lì a poco, il primo consulente di Pinochet per le politiche economiche. I “Chicago boys”, dopo aver ottenuto ingenti finanziamenti e dato il via a una rete di Think Thanks con lo scopo di spargere il verbo, sfruttano la prima occasione utile che si presenta loro: il golpe cileno rappresenta uno strumento utile per l’applicazione pratica delle nuove teorie e in breve tempo, la consulenza della scuola monetarista di Friedman si traduce in un programma di privatizzazioni selvagge e deregolamentazione del mercato del lavoro in un paese ancora sotto shock. E’ la nascita della cosiddetta “shock economy”, la panacea tattica del capitalismo contemporaneo: approfittarsi di uno stato di shock politico, sociale o economico per effettuare un cambiamento rapido, permanente ed irreversibile nella società.
Scrive Naomi Klein a tal proposito: “Per più di trent’anni Friedman e i suoi potenti seguaci avevano perfezionato proprio questa strategia: attendere il verificarsi di una grande crisi o di un grande shock, quindi sfruttare le risorse dello Stato per ottenere un guadagno personale, mentre gli abitanti sono ancora disorientati, e poi agire rapidamente per rendere permanenti le riforme”.
Andiamo ad analizzare quali sono le caratteristiche di questa scuola di pensiero, che altro non è se non la ripresentazione in chiave moderna del liberismo nato agli inizi dell’ottocento. Un nuovo liberismo (Neoliberismo) dunque, ancora più estremista, fondamentalista. La premessa teorica, l’ideologia di base, come detto poc’anzi, è la convinzione che le variabili economiche, domanda, offerta, occupazione, siano regolate da leggi naturali legate al comportamento individuale.
Il mercato, lasciato a se stesso, è visto come un sistema perfetto in grado di autoregolarsi, solo se si concede la possibilità agli individui di agire secondo i propri interessi. La condizione necessaria, dunque, trova le basi nella visione di una maggiore efficienza del privato rispetto al pubblico. Tutto questo per Friedman e soci ha valore scientifico e dogmatico ed è sostenuto da modelli matematici in grado di spiegare e prevedere esattamente le situazioni.
E’ il trasformare una scienza sociale come l’economia alla stregua delle scienze naturali, tramite rappresentazioni che si dimostreranno, nel corso della storia e oggi ne abbiamo l’esempio lampante, del tutto prive di contatto con la realtà. I capisaldi del neoliberismo ce li “regala” Friedman nel suo “Capitalismo e Libertà” (1962) e possono essere riassunti in un concetto chiave: La liberazione dell’economia da qualsiasi forma di intervento dello Stato.
Neoliberismo, questi sono i miei gioielli:
– Deregulation, ovvero l’eliminazione di tutte quelle norme o restrizioni che limitano le operazioni di mercato e quindi l’accumulazione del profitto, secondo la concezione che una minore incidenza di regole permetterebbe al mercato di agire in maniera più efficiente. Riguarda anche campi come il lavoro salariato, con la conseguente eliminazione delle garanzie sociali legate ad esso.
– Riduzione della spesa pubblica ai minimi termini. Ne fanno le spese gli ammortizzatori sociali, il sistema pensionistico, l’assistenza sanitaria, l’istruzione e la formazione.
– Privatizzazioni: tutti i servizi pubblici sono da privatizzare, per ribadire la maggiore efficienza del privato rispetto al pubblico. Tutto ciò è reso possibile usando la tattica della shock economy. Osserva Friedman in un suo saggio: “Soltanto una crisi, reale o percepita, produce vero cambiamento. Quando quella crisi si verifica, le azioni intraprese dipendono dalle idee che circolano. Questa, io credo, è la nostra funzione principale: sviluppare alternative alle politiche esistenti, mantenerle in vita e disponibili finché il politicamente impossibile diventa il politicamente inevitabile”.
Insignito addirittura del nobel per l’economia nel 1976 (e qui ci sarebbe da aprire una polemica infinita sulla validità e serietà di questo “premio”), Milton Friedman ha speso tutta la sua vita a combattere chi, come Keynes, credeva nell’intervento dello Stato nell’economia e nella sua funzione anti-ciclica. E’ superfluo affermare che le politiche economiche della scuola di Chicago abbiano avuto un successo impensabile per aver fatto presa su quei ceti abbienti (per utilizzare un eufemismo) che hanno visto nelle teorie neoliberiste uno strumento utile per accrescere il proprio, già forte, potere finanziario e che hanno contribuito con ingenti forme di finanziamento alla sua diffusione su scala mondiale, con un sistema propagandistico che ancora oggi è preponderante.
La liberalizzazione dei mercati finanziari rappresenta il logico punto di arrivo di tutto questo. Chi ne ha fatto le spese sono state quelle classi sociali, sulla cui difesa era stato costruito il modello di Stato sociale. Mi riferisco alle continue deregolamentazioni a discapito del lavoro salariato, per esempio e alla conseguente realtà precaria che vivono oggi milioni di cittadini europei. La progressiva eliminazione dei diritti dei lavoratori e l’inesorabile scomparsa delle lotte sindacali vanno a braccetto con la delegittimazione dei meccanismi istituzionali e di partecipazione democratica, pensiamo all’Unione Europea, figlia delle logiche liberiste, fondata su istituzioni del tutto fuori controllo da parte dei popoli.
Una vera guerra politico-economica contro la maggioranza della popolazione che vede l’inesorabile smantellamento delle garanzie del Welfare State, etichettato ormai come vetusto ed inutile sistema sociale, con gli Stati, subordinati ai centri del potere finanziario, che impongono ai popoli modelli di vita funzionali alle necessità dei processi economici. Ne risulta la condanna inesorabile di milioni di esseri umani al diniego dell’ordinamento sancito dalle Costituzioni, alla negazione dei diritti alla salute, all’educazione, all’istruzione. Oggi, il popolo europeo sembra essersi arreso. Il declino delle coscienze è tangibile e sono troppo timidi i tentativi che vanno nel senso opposto.
Noi lo ricordiamo sempre: l’alternativa c’è e si chiama Mosler economics Modern Money Theory, ha alle spalle cento anni di macroeconomia ed il suo scopo è quello di costruire un’economia Salva-Vita, Salva-Nazione, Salva-Democrazia.