Seconda e ultima parte
Uso del modello
Adesso procederemo con un esempio di come tale modello possa essere integrato all’interno di un’analisi del circuito monetario. In questo esempio, cominciamo con le seguenti assunzioni:
1. lo Stato impone un’imposta principale eguale per tutti gli individui;
2. lo Stato assume soltanto il fattore lavoro;
3. non vi è alcuna disposizione al risparmio netto di attività finanziarie nette (niente
spesa a deficit né relativa disoccupazione involontaria — cfr. FEAPS, JPKE Dic. ’97);
4. lo Stato non assume tutta la forza lavoro disponibile (vi è un settore privato);
5. i produttori beneficiano del credito bancario;
6. i consumatori non hanno accesso al credito.
Il circuito monetario inizia con la componente verticale, allorquando lo Stato chiarisce quello ch’esso accetterà per i pagamenti fiscali. L’imposta principale è pagabile esclusivamente in unità di tale valuta. Questo induce i contribuenti ad offrire beni e servizi in cambio di unità della valuta. Lo Stato adesso è quindi in grado di utilizzare la propria valuta per acquistare beni e servizi. Questo processo si risolve nella monetizzazione delle transazioni nella valuta dello Stato. Con ciò i contribuenti continuano a offrire beni e servizi in vendita, e in breve altri agenti del settore privato che desiderano ciò che viene offerto in vendita cercheranno i mezzi per ottenere le unità della valuta che viene domandata dai venditori. Le forze in gioco nella componente verticale sono sufficienti ad indurre i venditori di beni e servizi a denominare le loro offerte in unità della valuta dello Stato. Quivi segue uno scambio in unità di conto dallo Stato al settore privato, e dal settore privato allo Stato, allorché lo Stato spende e le tasse vengono pagate.
Il credito (attività orizzontale) sorge non appena un compratore desidera acquistare prendendo in prestito ciò che i venditori domandano. L’acquirente potrebbe direttamente prendere a prestito dal venditore. Ciò si tradurrebbe nella cessione degli oggetti venduti in cambio di un pagherò cambiario del compratore, denominato nella valuta statale, che viene accettato dal venditore. Questa cambiale può essere considerata una forma di moneta, dipende da ciò che si vuole definire come tale. Il pagherò presumibilmente avrà un suo valore, altrimenti il venditore non l’avrebbe accettato. Chiaramente, però, ogni valore è soggetto a variazioni, poiché le condizioni finanziarie dell’acquirente possono cambiare. Peraltro non vi è nessun motivo per cui una tale promessa di pagamento non possa essere negoziabile, in quanto ogni nuovo detentore di essa tenterà di utilizzarla per effettuare acquisti da altri venditori. Il riflusso potrebbe verificarsi quando l’emittente originario del pagherò lo ottiene nuovamente indietro tramite vendita di beni o servizi, oppure quando l’emittente originario se ne libera in cambio della valuta dello Stato.
Si noti che anche se la promessa di pagamento è in circolazione, essa non è un mezzo accettabile per il pagamento delle imposte. Essa è, tuttavia, un esempio di leverage con la valuta dello Stato; è attività orizzontale endogena. Il detentore ha una posizione “lunga” e l’emittente una “corta”. Il saldo è sempre 0. Essa, però, è denominata in unità della valuta statale. L’attività orizzontale è sempre denominata in unità di un componente verticale.
La medesima transazione potrebbe essere intermediata da una banca. Forse il venditore non accetterà il pagherò dell’acquirente, però accetterebbe un deposito bancario. L’acquirente potrebbe allora recarsi in una banca e chiedere un prestito. Se verrà concesso, il risultato sarà che la banca deterrà il pagherò dell’acquirente e concederà al venditore un deposito presso di essa. L’attività bancaria dunque si assume il rischio creditizio del compratore (presumibilmente espresso dal tasso d’interesse applicato). Le banche che svolgono questo tipo di attività sono simili alle compagnie assicuratrici, le quali gestiscono il rischio mediante la verifica e la diversificazione. Di nuovo, ciò costituisce attività orizzontale.
I depositi bancari sono le registrazioni contabili dei prestiti. Vi è una grossa espansione di asset finanziari, ma il saldo rimane sempre 0. Per ogni deposito esiste un prestito dal quale esso trae origine. Si osservi, tuttavia, che poiché i depositi bancari sono accettati per il pagamento delle imposte, essi possono fungere come parte della componente verticale. Di nuovo, le banche che esercitano tale funzione, nel caso in cui i depositi vengano utilizzati per i pagamenti fiscali, intermediano l’attività verticale.
I contribuenti che non gradiscano un impiego statale, o che non ne beneficino, ne cercheranno altri, altri modi alternativi per procurarsi la valuta. In ultima analisi, date le assunzioni di cui supra, i fondi occorrenti devono, direttamente o indirettamente, promanare da qualcuno che è stato impiegato dallo Stato. Nel caso più semplice, i singoli offrono beni e servizi agli occupati dallo Stato in cambio di parte della valuta originariamente guadagnata dallo Stato.
Gli esenti dalle tasse, pure, sono propensi a divenire usufruttuari della moneta, dato che allorquando essi notano i beni e i servizi in vendita, desiderano pure unità della valuta dello Stato per il suo valore nominale. Essi possono, ad esempio, vendere la loro forza lavoro a coloro i quali sono occupati dallo Stato, e poi, con le unità valutarie così ottenute, effettuare acquisti dai contribuenti non impiegati dallo Stato.
Ad un certo punto, può emergere un imprenditore che tenti di organizzare la produzione con l’obiettivo di trarne un profitto, il quale può poi essere sfruttato per effettuare acquisti personali. Ciò potrebbe cominciare con il prendere in prestito da una banca per pagare il monte salari, e finire con il recupero delle spese e con un profitto attraverso le vendite dell’output finale. L’esempio di questo paragrafo è rappresentativo dell’esistente analisi del circuito. Adesso però possiamo andare oltre, dato che persino le interazioni più complesse tra imprese, consumatori, contribuenti e lo Stato sono prontamente esaminate nel contesto del nostro modello.
In questo esempio abbiamo assunto un’imposta principale. Avremmo potuto assumere un’imposta sui consumi, come un’imposta sul reddito. Si noti, tuttavia, che un’imposta reddituale, sui redditi guadagnati dal settore privato in virtù di un impiego statale, smetterà di far funzionare il modello. Lavorando per lo Stato, si otterrebbe semplicemente un pagamento netto in unità valutarie per le quali non vi sarebbe alcun utilizzo ulteriore. Quello che si richiede è un’imposta reddituale simbolica sulle transazioni all’interno del settore privato. Queste transazioni — occupazione del settore privato — genererebbero dunque una passività fiscale netta nel settore privato che richiederebbe la vendita di beni e servizi allo Stato. Da notare che ciò comporterebbe il dover includere un’imposta figurativa, altrimenti il settore privato commercerebbe (ancora) tramite altri mezzi di scambio.
È peraltro chiaro che le imposte sui consumi hanno l’effetto di scoraggiare le transazioni soggette ad imposizione fiscale. Pertanto il modello si presta all’analisi delle differenze fra le varie imposte sul patrimonio e sui consumi.
Equilibrio fiscale
Sin da principio, lo Stato deve spendere o quantomeno fornire ciò che è necessario per pagare le imposte. Nonché, a fini pratici, il settore privato vorrà ottenere più unità valutarie dallo Stato in cambio di beni e servizi reali del minimo occorrente per pagare le proprie passività fiscali. Le unità valutarie accumulate in eccesso vengono definite risparmio netto di attività finanziarie denominate in unità di conto da parte del settore privato. Altrove ho utilizzato il termine H (Mosler 1997-98). Ciò è analogo all’acquisto da parte del settore privato di più grano dal coltivatore rispetto proprio all’ammontare esatto di consumo corrente.
Se lo Stato (o il coltivatore) non proponesse di fornire l’ammontare desiderato dai contribuenti (o dai consumatori), vi sarebbe, per definizione, una carenza. L’attività orizzontale non è in grado di provvedere a nessuna accumulazione netta. Un desiderio collettivo nel settore privato può essere ovviato solamente nella componente verticale. Come sostiene Moore (1988), solamente la banca centrale può risolvere uno squilibrio di riserve. Con tono simile, Keynes dimostrò che, tranne che nell’improbabile caso di un imprevisto, il risparmio netto effettivo e quello desiderato saranno eguali solamente in regime di piena occupazione, “deliberatamente”, ovverosia, quando lo Stato incorre in un deficit di bilancio (Keynes, 1936, p. 212 [ed. it.]).
Questo non significa che l’attività orizzontale non possa determinare una variazione nella disposizione al risparmio netto. Ad esempio, un incremento del prezzo del grano sui mercati a termine, dovuto ad una carenza, riduce di certo la disposizione al risparmio netto di grano. Il mercato del grano può stabilizzarsi ad un prezzo più elevato. Tale stabilità si verifica quando il risparmio netto effettivo di grano eguaglia il rispettivo risparmio desiderato. Similmente, una riduzione nella spesa a deficit dello Stato può portare una deflazione che si stabilizzerà quando i prezzi si ridurranno abbastanza da permettere agli agenti del settore privato di diminuire il loro desiderio collettivo di risparmio netto effettuando acquisti, spendendo il risparmio netto accumulato o indebitandosi.
La componente orizzontale è un leverage della componente verticale. Ciò implica una sensibilità dei prezzi all’offerta e variazioni della domanda che possono avere origine nella componente verticale. Le variazioni nell’equilibrio fiscale sono analoghe ai cambiamenti nel raccolto atteso o negli scavi minerari attesi. Le variazioni nella tassazione sono analoghe alle variazioni nella domanda di consumi. L’equilibrio fiscale si verifica solamente allorquando lo Stato intraprende una politica fiscale che consenta all’H effettivo di eguagliare l’H desiderato (Mosler, 1997-98). Con la maggior parte delle altre merci, è consentito al mercato di mantenere tale equilibrio. Le variazioni dei prezzi sono continue poiché le scorte delle varie merci aumentano e diminuiscono.
La valuta dello Stato, tuttavia, è un caso di singolo offerente. Perciò, per un’analogia maggiormente accurata, dobbiamo considerare altri esempi di singoli offerenti, per quanto attiene ai processi che rendono eguali il risparmio netto desiderato e il risparmio netto effettivo. Un esempio può essere quello di un monopolista dell’acqua, che ha un offerta illimitata senza alcun costo marginale di produzione. Tale monopolio sarebbe così situato in una zona priva di alcun’altra offerta disponibile, con una popolazione sufficientemente “prigioniera”.
La teoria microeconomica riconosce che tale singolo offerente dell’acqua necessaria stabilisce un prezzo e poi lascia che la popolazione acquisti tanto più desidera a quel dato prezzo. Un prezzo più elevato ridurrebbe probabilmente le vendite, così come un prezzo più basso le incrementerebbe, dipendendo ciò dall’elasticità della domanda. Talune fluttuazioni delle vendite sono da ascriversi a variazioni nell’acqua tenuta negli impianti di stoccaggio, e alcune al consumo discrezionale, come quello per bagni e docce. Il volume di acqua venduto e usato per bere, ad esempio, potrebbe essere meno elastico di quello venduto per l’autolavaggio. In ogni caso, comunque, il singolo offerente d’acqua verosimilmente non sceglierà una strategia di vendita alternativa come vendere una quantità fissa di acqua e lasciare determinare il prezzo al mercato. Se lo facesse, si troverebbe in una situazione molto difficile da gestire. A seconda dell’elasticità, fissare una quantità un po’ troppo elevata potrebbe causare un’ampia caduta del prezzo, così come fissare una quantità un po’ troppo bassa potrebbe causare una brusca lievitazione dei prezzi. E, poiché le condizioni del mercato e la domanda sono cambiati, la volatilità potrebbe risultare elevata, in particolar modo se i litri desiderati tenuti negli impianti di stoccaggio fossero soggetti a trepidazioni mutevoli. Infatti, anche se il monopolista dell’acqua si accingesse a preventivare la quantità di litri che spera di vendere e lasciasse decidere il prezzo al mercato, verosimilmente esso cambierebbe presto politica. Un prezzo alle stelle risulterebbe probabilmente in un incremento della quantità offerta, ed un prezzo in caduta potrebbe comportare un declino della quantità immessa sul mercato. Quindi, in ogni caso, il monopolista verosimilmente finirebbe per agire come decisore del prezzo. La posizione di price setter viene erosa solamente se e quando lo status di offerente singolo decade.
Nel caso di uno Stato singolo offerente della propria valuta di emissione, esso è nella posizione di decisore del prezzo della valuta. Esso può unilateralmente stabilire i termini di scambio che proporrà a chi è in cerca della sua valuta. Ironia della sorte, attualmente nessuno Stato sembra riconoscerlo. Al contrario, gli Stati agiscono come se fossero in competizione con altri compratori quando realizza acquisti con la propria valuta. Essi credono e, di fatto, agiscono come se dovessero aumentare le entrate fiscali o prendere a prestito per finanziare la spesa. Hanno scelto l’opzione di stabilire la quantità di valuta che desiderano spendere, tramite un processo di bilancio, per poi scambiare tale valuta a prezzi di mercato in cambio dei beni e servizi desiderati. Come il monopolista dell’acqua, spendere troppo farà salire i prezzi (ridurrà il valore della moneta) e spendere troppo poco innescherà una deflazione (incrementa il valore della moneta). Per di più, non vi è un “ammontare giusto”, poiché la disposizione (a livello mondiale) al risparmio netto di tale valuta può essere in costante variazione. Ne consegue un NAIRU [Non Accelerating Inflation Rate of Unemployment, tasso di disoccupazione al di sopra del quale l’inflazione si mantiene stabile o, semplicemente, tasso di disoccupazione “naturale”; NdT] oscillante, privando dunque tale concetto della maggior parte della sua rilevanza pratica.
L’altra opzione pratica per lo Stato, in quanto singolo offerente della propria valuta, se desidera mantenere un’economia di mercato, è amministrare una scorta di riserva [buffer stock; NdT]. Tradizionalmente è stato l’oro a svolgere questo ruolo. Lo Stato stabilisce il prezzo al quale esso compra o vende oro, conducendo poi una politica fiscale e monetaria che consenta a tale scorta di rimanere credibile. Graham (1937), molto tempo fa, suggerì che le merci diverse dall’oro potrebbero svolgere una funzione simile. In “Full Employment and Price Stability” fu presentata l’opzione di utilizzare il lavoro come buffer stock dello Stato (Mosler, 1997-98). Chiaramente, quando si gestisce un buffer stock, gli acquisti effettuati ai prezzi stabiliti non sono inflazionistici; essi evitano la deflazione al di sotto di quel livello. Né sono deflazionistiche le vendite dal buffer stock; piuttosto, esse servono ad inibire l’inflazione.
Deficit spending e tassazione futura
È stato continuamente obiettato e ampiamente accettato che la spesa a deficit dello Stato rappresenta una forma di tassazione futura. Il nostro modello, tuttavia, dimostra chiaramente che ciò non ne raffigura il caso. Per esempio, se i coltivatori vendono più grano di ciò che la popolazione vuole consumare in quel periodo, si può dire che essi stiano effettuando una spesa a deficit di grano che andrà a costituire scorte di magazzino. Ciò implica che in futuro il consumo salirà o che la produzione futura verrà ridotta? Non necessariamente. Si può obiettare che il valore futuro del grano prima o poi cadrà, però ciò dipende dalle scorte desiderate per il futuro. Infatti, i commercianti di grano considerano attentamente le scorte. Essi hanno qualche percezione del “giusto” ammontare, coerente con prezzi stabili. Tale ammontare “giusto” naturalmente fluttuerà di pari passo con la dimensione della popolazione, la disponibilità di beni sostituti, etc. Nel caso del singolo offerente, come il monopolista dell’acqua che stabilisce il prezzo e lascia che il mercato compri tutto ciò che vuole, le vendite eccedenti il consumo corrente, di nuovo, non necessariamente significano aumenti futuri del consumo o produzione futura inferiore. Né significano necessariamente una caduta nei prezzi futuri dell’acqua.
Stesso dicasi per lo Stato in quanto emettitore della propria valuta. Lo Stato non costringe nessuno a scambiare beni e servizi per la propria valuta. Lo scambio avviene con i venditori volontari che desiderano tale valuta. La spesa a deficit si verifica solamente se il settore privato vuole accumulare unità della valuta al fine di risparmiare al netto. L’iperinflazione è la condizione nella quale il settore privato non desidera più l’unità valutaria (come riflesso dal livello dei prezzi).
La crisi asiatica del 1997
La crisi asiatica del 1997 si presta ad essere analizzata secondo gli schemi dell’impianto generale per le merci qui presentato. Ciò che accadde può essere descritto come un dollar squeeze [“stretta” di dollari; NdT]. A fronte di un deficit di bilancio federale USA in declino, l’espansione orizzontale in Asia continuò attraverso la prima metà del 1997. Gli agenti prendevano in prestito dollari e, o li spendevano direttamente in progetti, o li usavano per acquistare valuta locale per far procedere i loro affari. Ciò significava che essi erano in posizione corta sul dollaro e in posizione lunga sulle loro valute locali, le quali venivano generalmente investite in imprese locali. Spesso erano le banche centrali locali ad incoraggiare questo tipo di assunzione del rischio stabilendo tassi d’interesse interni più elevati di quello degli Stati Uniti e mantenendo simultaneamente un tasso di cambio fisso. Mentre gli affaristi locali prendevano in prestito dollari per scambiarli in valute locali, le banche centrali erano più che volenterose di accomodarli e di accumulare riserve in dollari. Tuttavia, quando il settore privato cominciò a divenire venditore netto delle valute locali per pagare le proprie obbligazioni in dollari, le banche centrali furono riluttanti a perdere le proprie riserve in dollari per sostenere le valute locali, così le lasciarono fluttuare al ribasso. A quei tassi di cambio esteri più bassi gli affaristi locali non erano più in grado di adempiere alle loro obbligazioni in dollari e ne conseguì una crisi di liquidità, non ancora risolta.
Continuando con il nostro modello d’analisi per le merci, ciò era simile all’essere in posizione corta sul grano mentre le scorte di magazzino andavano finendo. Adesso, con le valute locali in crisi, molti di questi paesi stanno incorrendo in notevoli surplus commerciali in dollari. Ciò significa che qualcun altro sta incorrendo in deficit in dollari, poiché la componente orizzontale fra nazioni ha sempre un saldo nullo. Fintantoché il saldo di bilancio statunitense rimane per com’è, vi è poco da fare per alleviare il dollar squeeze mondiale, tranne che un decremento nella disposizione al risparmio netto di attività denominate in dollari. I prezzi in caduta possono ridurre la disposizione al risparmio netto, inducendo una spesa addizionale, ma ciò non è solito avvenire. Infatti, è difficile trovare un settore dell’economia statunitense che sia in grado di continuare ad incrementare il proprio indebitamento abbastanza da aumentare la crescita del PIL statunitense. I due ampi settori di crescita furono l’espansione dei sub prime e del credito asiatico, entrambi in drammatico rallentamento. Inoltre, sembra che tutte le nazioni stiano imponendo riduzioni dei deficit (fiscali) allo stesso istante, precludendo la possibilità di un’espansione condotta dall’export.
Devo ancora leggere tutte quelle menzioni della politica fiscale USA come una causa di preoccupazioni e come una colpevole complice nella crisi asiatica. Nessuna sembra riconoscere l’importanza dei deficit allo stesso modo di come riconoscono l’importanza del volume delle scorte di altre merci. Ciò forse perché i mercati non reagiscono in anticipo alla inevitabile stretta di posizioni corte, in quanto nessuno dei partecipanti al mercato è consapevole del nesso. Pertanto, soltanto dopo che la carenza diviene grave il mercato finalmente reagisce, poiché coloro in posizione corta non hanno altra scelta che coprire le loro posizioni vendendo altri asset per ottenere i dollari necessari. Così essa colpisce duramente e velocemente. Si noti che l’economia giapponese si è espansa abbastanza rapidamente negli ultimi anni ’80 da portare il bilancio in surplus. Subito dopo, il mercato azionario e il mercato immobiliare crollarono poiché gli agenti furono costretti a vendere questi asset per ottenere gli yen necessari. Otto anni dopo il mercato azionario è ancora fuori di oltre il 60% dai suoi massimi e il mercato immobiliare continua a cadere annualmente a tassi a cifra doppia, a dispetto degli anni di tassi d’interesse prossimi allo 0%. Una brusca stretta di yen può essere risolta solamente nella componente verticale. E gli obiettivi di bilancio di lungo termine contrastano con tale necessità.
Conclusione
Questo paper traccia un modo alternativo di vedere il circuito monetario che prende in considerazione il ruolo centrale dello Stato sin dall’inizio dell’analisi. Sono state introdotte le componenti orizzontale e verticale del circuito monetario ed è stata analizzata la loro relazione. È stato mostrato che questo impianto è applicabile non solo alle valute, ma ad ogni merce. Ciò in quanto, sebbene la valuta non ottiene il suo valore in virtù del suo status di merce, una volta munita di valore una valuta guidata dalle tasse può essere analizzata alla stessa stregua di ogni altra merce. In aggiunta, per sfatare il mito che i deficit implicano tassazione futura, è stato mostrato anche che tale impianto è altamente applicabile all’attuale crisi finanziaria asiatica.
Bibliografia
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Moore, Basil, 1988, Horizontalists and Verticalists, Cambridge: Cambridge University Press.
Mosler, Warren, 1997-98, “Full Employment and Price Stability,” Journal of Post Keynesian Eco-nomics, Vol. 20. No. 2., “Soft Currency Ecomonics” http://www.warrenmosler.com
Wray, L. Randall, “Money and Taxes: The Chartalist Approach,” Working Paper No. 222, Jerome Levy Economics Institute.
Fonte: qui
Traduzione a cura di Marco Sciortino
Un impianto analitico generale per l’analisi delle valute e delle altre merci – 2/2
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