Il Fondo Monetario Internazionale ha rivisto al ribasso le stime di crescita della Germania per il 2013. Ad aprile, infatti, si prevedeva una modesta crescita dello 0,6% che adesso viene derubricata a un’ancora più misero +0,3%.

Spiegare perché la Germania sta morendo assieme ai suoi “partner” dell’Eurozona è molto semplice:

1. La politica economica e commerciale tedesca di tipo mercantilistico (esportare il più possibile e ridurre le importazioni per mantenere un saldo estero positivo: “essere competitivi” come si dice spesso sui media) ha dapprima condotto a una forte riduzione dei salari dei lavoratori tedeschi, che sono fortemente scesi in termini reali a partire soprattutto dal 2003 – vedi il grafico tratto dal documento dell’International Labour Organization delle Nazioni Unite, Global Employment Trends 2012, p. 45. Come fra l’altro ha anche confessato pubblicamente uno dei consulenti che ha preso parte alla riforma del mercato del lavoro introdotta in Germania (le cosiddette riforme Hartz).

salari tedeschi

E perché, domanderete, i salari non crescevano? Ovviamente perché se il salario non cresce difficilmente il lavoratore tedesco può comprare beni e servizi prodotti a casa propria o all’estero (meno soldi hai e meno cose compri). In questo modo, da un lato, i beni prodotti dai lavoratori tedeschi  potevano essere esportati e, dall’altro, si conteneva anche la spesa per beni e servizi di importazione. Il tutto a vantaggio del produttore tedesco che vedeva così aumentare i propri profitti via export.

Qual è in altre parole il concetto di fondo: deprimere i consumi interni per favorire una politica di stampo mercantilistico che punta tutto su un saldo commerciale ed estero attivo. Ovviamente se i salari non crescono in linea con ciò che si produce, anche i consumi interni stenteranno a crescere. Infatti, non stupisce che la Germania dall’ingresso nell’Euro e fino allo scoppio della crisi americana nel 2007 sia stata il paese che è cresciuto meno in Europa (dietro solo all’Italia). Non ci credete?! Ecco i dati tratti dal Fondo Monetario Internazionale (World Economic Outlook Database, aprile 2013):

MEDIA TASSO CRESCITA 1999-2007

Quando si parla dei vantaggi che la Germania ha tratto e trae dalla permanenza nell’Euro non dobbiamo mai dimenticare che ci si riferisce sempre ai vantaggi di una determinata categoria: il produttore, l’industriale, il capitalista tedesco. Non si parla certamente dei lavoratori tedeschi, che di fatto producono di più per guadagnare di meno e vendere al resto del mondo i propri beni a tutto vantaggio dei profitti delle grandi aziende alemanne. Che dite, la cosa potrà finire bene?

Ma non finisce qui, arriviamo al secondo aspetto cruciale:

2. Il giochino è andato avanti fintanto che i paesi del sud Europa avevano abbastanza soldi per comprare i beni tedeschi (soprattutto perché le banche tedesche veicolavano prestiti ai paesi del sud Europa, che in parte venivano usati proprio per comprare gli stessi beni tedeschi). Ma adesso che i redditi dei paesi della periferia sono stati sbriciolati via dall’ austerità (imposta proprio dai creditori esteri, tedeschi in testa, ai paesi debitori) anche la domanda estera teutonica sta inesorabilmente calando. In parole povere: se nessuno ha più un soldo in tasca chi ti compra ciò che produci?

Quindi l’equazione è semplice:

calo della domanda interna (causato da diminuzione dei salari) + calo della domanda estera = implosione dell’economia tedesca.

FONTE: http://memmttoscana.wordpress.com/