C’è un fraintendimento sul Quantitative Easing (QE) che viene amplificato a dismisura dalla stampa, che chiama a sproposito il QE “stampare moneta” o “iniettare liquidità”. Un esempio tipico di non comprensione del QE è Federico Rampini di Repubblica.
La conseguenza di questo fraintendimento è che capita poi che ci sia chi dice: “beh, gli Stati Uniti hanno la MMT perché stampano moneta ma ci sono un sacco di disoccupati, quindi la MMT non funziona”. Già in passato qui abbiamo spiegato perché la sovranità monetaria da sola NON significa piena occupazione. Il caso del Giappone di oggi ripropone le stesse dinamiche che già avevamo illustrato per la Gran Bretagna.
La Banca del Giappone annuncia oggi di voler procedere a un’operazione di acquisto di titoli di stato, azioni, altri assets finanziari “a rischio”, al fine di aumentare la base monetaria.  Questo intervento, e ogni forma di QE (come gli interventi di USA e UK di cui abbiamo parlato) consistono in uno scambio riserve bancarie > titoli di Stato, mediante il quale i titoli vengono rimossi dalla circolazione e con essi il reddito da interesse, e scambiati con riserve (la “base monetaria”). Questa operazione:
1) Non “inietta liquidità”, non “stampa moneta”, ma crea riserve e non domanda aggregata;
2) L’aumento di riserve NON significa incremento dei crediti che saranno erogati dal sistema bancario alle attività produttive
3) Con il riassorbimento del titolo di Stato la Banca Centrale rimuove il rendimento dello stesso titolo di Stato dal sistema, quindi in realtà rimuove liquidità, non la aggiunge. Cioè ha effetti deflazionistici.
4) Non può “creare inflazione”
Come spiegato da Warren Mosler qui, non esistono canali che colleghino questo tipo di politiche all’economia reale.
Esiste invece un collegamento tra QE e indici dei mercati azionari. Gli interventi di QE FED negli USA tra il 2009 e il 2012 (QE1, QE2, QE3) hanno avuto come effetto la crescita dell’indice azionario S&P 500 (i 500 principali titoli quotati nella borsa di New York), riportando l’indice al livello pre-crisi del 2009:


Immagine di zerohedge.com

L’effetto del QE sull’indice S&P deriva in buona parte dal fatto che le aspettative spingono i trader a incrementare la domanda di titoli azionari , per cui l’indice cresce.
Dopo 3 QE negli USA Il tasso di disoccupazione invece è tornato esattamente allo stesso punto in cui si trovava nel 2009:

Quindi come già avevamo mostrato per la Gran Bretagna, il QE non ha effetti diretti percepibili sui livelli dell’occupazione e sulla domanda aggregata. Di conseguenza anche l’inflazione non risente del QE:

Il meccanismo è sempre lo stesso, è sempre inefficace allo stesso modo (o comunque con effetti sull’economica reale enormemente più blandi di quelli erroneamente attesi).
Anche oggi in Giappone succede lo stesso: l’indice Nikkei ha chiuso le contrattazioni con un +2.25% spinto dall’annuncio del QE.
In realtà anche questa volta le cose andranno come sempre: bene per le azioni, meno bene per l’economia reale.
After two decades of this, how can anyone believe it makes any difference???”
(Dopo due decenni che accade questo, uno come può ancora credere che serva a qualcosa? – W. Mosler)