Come si finanziava l’Italia prima dell’Euro
Dedicato a tutti quelli che: la MMT e il ritorno alla piena sovranità monetaria con la Banca Centrale che finanzia il Tesoro e con quest’ultimo che fissa il proprio tasso d’interesse sui titoli di Stato appartengono al mondo dei sogni.
Un omaggio a voi:
«Il miglioramento nel bilancio corrente che nel frattempo si era registrato (la copertura delle entrate correnti al netto degli interessi venne infatti raggiunta nel 1865) venne vanificato dagli eventi che occorsero nel 1866. In primo luogo una crisi finanziaria internazionale fece precipitare le quotazioni della rendita italiana all’estero, dalle 66 lire di marzo alle 49 di fine aprile, e fino a punte ancora inferiori. Le banche restringevano il credito; si iniziava la corsa agli sportelli (apro una parentesi: vi ricorda qualcosa la caduta dei titoli del debito pubblico italiano, la stretta creditizia del sistema bancario e la corsa agli sportelli? nda). Fu in questo clima che il Ministro delle Finanze Scialoja fece approvare il 30 aprile un disegno di legge che accordava “al governo la facoltà di provvedere per via di decreti reali, anche con mezzi straordinari, ai bisogni della finanza” […] Il 10 maggio successivo fu emanato un decreto che obbligava la Banca Nazionale a dare un mutuo al Tesoro di 250 milioni di lire al tasso di interesse (in seguito da più parti criticato) dell’1,1/2%, proclamando al contempo il “corso forzoso” di tutti i biglietti di banca in circolazione. Questa decisione, presa sotto l’incalzare degli eventi e quindi dettata più dalla necessità che da una libera scelta di politica economica, si rivelò molto più determinante per i destini del Debito Pubblico italiano (e dell’intera economia italiana) di quanto non sembrasse in un primo momento. Se, infatti, prima di tale provvedimento, l’unica alternativa al puro e semplice collocamento di prestiti consolidati (e di Buoni del Tesoro) era stata l’alienazione di patrimoni pubblici, ora si presentava anche percorribile il canale della creazione di moneta che, come vedremo, sarà ampiamente sfruttato».
Sì, avete letto bene, nel lontano 1866 il neonato Stato italiano si finanziava anche creando moneta tramite quella che allora era la Banca Nazionale (antenata della Banca d’Italia che verrà istituita nel 1893). E c’è di più:
«Dopo un anno (il 1869) di relativa calma, nel 1870 Sella, ritornato al Ministero delle Finanze, si ritrovò di nuovo di fronte al problema del ripianamento dei deficit residui, […]. Sella propose quindi una convenzione con la Banca Nazionale per il versamento di altri 122 milioni, il che avrebbe portato il debito totale del governo verso la Banca a 500 milioni. […] Il “rubinetto” della Banca Nazionale era assai allettante e, in un primo tempo, sembrava privo del tutto di effetti collaterali negativi che non fossero quelli dell’aggio dell’oro. […] Si continuò in tale direzione per sistemare gli ultimi buchi di bilancio, evitando la crescita esponenziale della spesa per interessi che si era verificata nei primi 10 anni: tra il 1862 e il 1871 essa si era pressoché triplicata! Le operazioni di credito con la Banca Nazionale erano però diventate ormai di importo talmente consistente, che la Banca si prestò a farle solo contro deposito in garanzia di titoli di Stato, ossia seguendo il metodo instaurato nel 1870 in occasione della convenzione relativa alle obbligazioni ecclesiastiche. In tal modo lo Stato registrava l’emissione di una nuova rendita, pagava regolarmente gli interessi, che gli venivano restituiti, e in cambio riceveva danaro liquido sborsando per esso solo lo 0,60%».
Cosa si può fare, dunque, per rimediare a una spesa per interessi divenuta insostenibile? Si devono fare le riforme strutturali? Si devono ascoltare i mercati e distruggere un paese a colpi d’austerità? All’epoca il rimedio adottato fu un altro: lo Stato emetteva titoli a un tasso prefissato, li vendeva alla Banca Nazionale, pagava su quei titoli interessi esigui che indovinate un pò: gli venivano in seguito restituiti dalla banca stessa. Ah giusto, ma oggi non si può fare perché c’è la Cina e l’Euro serve per difenderci contro l’invasione gialla.
La fonte (disponibile qui): Il ministero del Tesoro. Direzione generale del debito pubblico. Relazione del direttore generale alla commissione parlamentare di vigilanza. Il debito pubblico in Italia 1861-1987, Volume I (1988).FONTE: http://memmttoscana.wordpress.com/
Ma scusa Daniele, non ho ben capito.
Il Tesoro quindi continuava ad indebitarsi con la Banca Centrale ? Non poteva emettere denaro direttamente tramite il suo conto presso la Banca Centrale ?
E quel denaro che la banca gli prestava, poi lo stato era tenuto a restituirlo o rinnovava sempre il debito ?
E’ sempre stato così anche nella seconda metà del secolo scorso ?
Premessa: il post è il primo di una seria sul tema!
Comunque ti anticipo qualcosa:
I canali di indebitamento possono essere diversi e nel corso della Storia d’Italia sono mutati per modalità ed entità (lo vedremo). All’epoca un canale era quello della creazione monetaria effettuata materialmente dalla banca nazionale (quella che possiamo considerare la Banca Centrale dell’epoca) attraverso l’acquisto di titoli del debito o tramite un prestito i cui interessi venivano pagati dal governo alla banca e restituiti poi dalla banca al governo (una procedura simile venne utilizzata a partire dal 1975 (ne parlerò) fino al cosiddetto divorzio tramite l’acquisto in asta dei titoli invenduti da parte della Banca d’Italia che restituiva poi al Tesoro gli interessi che il Tesoro le pagava. Inoltre, dal dopo guerra il governo disporrà anche di strumenti di creazione monetaria per far fronte alle spese come il conto di tesoreria o le anticipazioni ordinarie e straordinarie della Banca d’Italia.
Ti invito a rimanere collegato per ulteriori approfondimenti. Un saluto.
Grazie mille Daniele.
E complimenti !!!