Il linguaggio non solo definisce la realtà ma dà un colore e un senso, indirizza la percezione della realtà. Il linguaggio crea la realtà. Consapevoli di questo ecco che alcuni  giornali, primo tra tutti La Repubblica, nelle ultime settimane hanno fatto partire l’operazione “Etichettamento Populismo”. Seguite i passaggi:
– Affiancare ai nomi dei partiti un immaginario:  si parla di forze responsabili (PD, Monti) contrapposte a populismi degli antieuropeisti (Grillo, Berlusconi, Lega). Non solo sono “forze” ma anche “responsabili”. Per contro, l’antieuropeismo, prima agganciato a dei partiti ma poi come concetto in generale, è connotato negativamente (populista e irresponsabile).
–  Citare un po’ di letteratura funzionale al processo “ti do un’etichetta, tu sei l’etichetta”: libri che spiegano il populismo come fenomeno endemico dell’età contemporanea, sia di destra che di sinistra. La scelta cade sulla definizione di populisti come “coloro che pretendono di rispondere al sogno di vedere cancellata ogni differenza tra i desideri e le loro realizzazioni, o di abolire qualsiasi attesa, qualsiasi dilazione del principio di realtà. Per cui dispensano generosamente adulazioni e promesse che non possono mantenere”.
– Contestare il rigore economico, i vincoli autoimposti, le regole del gioco equivale a mettere in discussione il principio di realtà. Significa dispensare adulazioni e sogni “non sostenibili”.
– Ultimo passaggio “il populismo non è altro che demagogia”. Chi mette in discussione questa Europa è populista e demagogo.
Come dice il Luciano Canfora in “è l’Europa che ce lo chiede, falso”: <<…. la qualifica populista viene brandita con molta facilità onde liberarsi del peso del popolo>>.
Prepariamoci. Anche di fronte a dati, esempi, evidenze che dimostrano l’assurdità delle politiche economiche e monetarie adottate, verremo appellati come populisti e demagoghi. Questa è una guerra economica e finanziaria che usa come pallottole il lessico e l’immaginario.