Questo saggio indaga sulla credenza comunemente accettata che la spesa del governo sia di regola finanziata tramite una combinazione di tasse e vendita di titoli.
Nei Paesi monetariamente sovrani i proventi della tassazione e della vendita di titoli non sono tecnicamente in grado di finanziare la spesa del governo; sfatiamo uno dei miti più comunemente accettati:
– È possibile che tasse e titoli finanzino la spesa pubblica? (formato PDF)

Sommario
Questo saggio indaga sulla credenza comunemente accettata che la spesa del governo sia di regola finanziata tramite una combinazione di tasse e vendita di titoli. L’argomento è tecnico e richiede un’analisi dettagliata del meccanismo della contabilità delle riserve presso la banca centrale. Dopo un’attenta valutazione della complessità della contabilità delle riserve, verrà mostrato come i proventi della tassazione e della vendita di titoli non sono tecnicamente in grado di finanziare la spesa del governo e che invero i governi moderni di fatto finanziano tutta la loro spesa mediante la creazione diretta di moneta ad alto potenziale. L’analisi mostra implicazioni significative per la politica fiscale oltreché monetaria.

1. INTRODUZIONE
La questione del metodo migliore con il quale finanziare la spesa (a deficit) del governo resta ancora un tema controverso fra molti economisti (v. Modigliani, 1992; Trostel, 1993; Ludvigson, 1996; e Smith et al., 1998). Nonostante la maggior parte di essi concordino sul fatto che le politiche finanziarie del governo richiedono una scelta fra imposizione di tasse, vendita di titoli del debito fruttanti interessi e lo ‘stampaggio’/creazione di moneta governativa1 (o una combinazione di queste), vi è spesso forte disaccordo riguardo le conseguenze macroeconomiche di tali scelte. La tesi di Barro-Ricardo (Barro, 1974), ad esempio, suggerisce che la scelta del finanziamento sia irrilevante. Questa argomentazione [nasce dal concetto secondo il quale, ndr] la spesa governativa finanziata tramite bond imporrà maggiori tasse in futuro inducendo le famiglie a risparmiare di più oggi. Il risparmio indotto, che è appena sufficiente per acquistare il nuovo debito pubblico, lascia la ricchezza privata netta invariata,  neutralizzando del tutto lo stimolo della spesa pubblica. Allo stesso modo, come riconosce Tobin, la spesa finanziata attraverso l’emissione di demand obligations [sono delle obbligazioni a tasso variabile, ndt] (ossia ‘stampando’ moneta), potrebbe portare un monetarista ricardiano a insinuare che una ‘pioggia di moneta’, sotto-forma di ‘pioggia di bond’, non avrà effetto sulla ricchezza privata aggregata o sul consumo, dato che gli aggiustamenti nel livello dei prezzi eviteranno che la quantità reale di moneta risenta dei cambiamenti (1998). Per cui, la spesa a deficit finanziata mediante bond — o mediante moneta — produce risultati ‘equivalenti’ a quelli che sarebbero risultati se tutta la spesa fosse stata finanziata attraverso l’imposizione fiscale.
Di contro, alcuni keynesiani asseriscono che le scelte circa la fonte (o le fonti) del disavanzo delle finanze siano invece rilevanti (Blinder e Solow, 1973, 1976; Buiter, 1977; Lerner, 1973; Tobin, 1961). Per essi, le conseguenze economiche del prendere in prestito e dello ‘stampare’ moneta possono differire sostanzialmente da quelle ottenibili quando la spesa pubblica è finanziata unicamente dalla tassazione. Probabilmente, fra i membri di tale gruppo, la maggior parte concorderebbe che stampare moneta sia il metodo meno comune e meno desiderabile per finanziare la spesa del governo. Infatti, la maggioranza di essi affermerebbe che la vendita di bond è (e dovrebbe essere) utilizzata per finanziare la spesa eccedente la tassazione.
Malgrado le differenti credenze sulle conseguenze delle decisioni di finanziamento, entrambi i gruppi, evidentemente, ritengono che il governo scelga come finanziare la propria spesa. Ciò che è vistosamente assente in questi dibattiti in corso, tuttavia, è un esame dettagliato delle sfumature relative alla contabilità delle riserve. Poiché queste sfumature non sono state incluse nelle analisi classiche, molti economisti continuano a discutere sulle conseguenze macroeconomiche dei metodi alternativi di “finanziamento”. Tali dibattiti derivano dall’apparente interdipendenza fra imposte, vendita di bond, e spesa a deficit. Considerando l’impatto di tali operazioni sulle riserve bancarie, la loro interdipendenza può essere definita come una conseguenza dei loro ‘effetti di riserva’, piuttosto che come una necessaria relazione di finanziamento.
Perciò, questo saggio esaminerà da vicino gli ‘effetti di riserva’ delle operazioni del Tesoro, esaminando l’impatto della spesa del governo, dell’imposizione fiscale e della vendita di titoli sulle riserve delle member banks [sono banche che fanno parte del sistema Federal Reserve, ndr]. La Sezione 2 espone dettagliatamente l’impatto della spesa del governo e della tassazione sulle riserve bancarie nonché l’importanza dei conseguenti effetti di riserva. Nella Sezione 3, vengono introdotte alcune importanti strategie per minimizzare gli effetti di riserva. Il caso della spesa a deficit verrà considerato nella Sezione 4, dove vengono discussi gli effetti di riserva dei vari metodi per la vendita del debito pubblico. Nella Sezione 5 saranno attentamente valutate la complessità della contabilità delle riserve, e la moneta creata ex novo sarà annunciata come la fonte di tutte le finanze del governo. Verrà inoltre dimostrato che i proventi della tassazione e della vendita di bond non sono anche in grado di finanziare la spesa pubblica, visto che la loro raccolta implica la loro distruzione. Nella sezione conclusiva viene suggerito che i dibattiti circa i metodi alternativi per finanziare la spesa (a deficit) del governo dovrebbero concentrarsi, piuttosto, sui mezzi alternativi per drenare le riserve (in eccesso) dal sistema bancario.

Can Taxes and Bonds Finance Government Spending? – Traduzione a cura di Marco Sciortino