Signore e signori, sono lieto di annunciare che, ne “il manicomio criminale a piede libero” hall of fame, c’è una new entry: Gianfranco Polillo, attuale Sottosegretario del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Polillo, classe ’44, una vita nei palazzi, il 4 dicembre 2012, a Ballarò, ha affermato che la Germania va meglio dell’Italia perché lì la gente lavora. Ora Gianfranco, ascoltami bene, tolgo un attimo la giacca e discutiamo da uomo a uomo, scusa il registro confidenziale. Un attimo i fondamentali, la vita, poi torniamo a parlare di economia. Se tu accetti, io ti porto nell’Italia vera, quella che forse, tu frequenti poco. Andiamo da un mio amico cinquantenne, Michele di Pesaro, in mobilità. L’azienda in cui lavorava vendeva materiale alle imprese edili. Tu sai come va l’edilizia oggi, vero? Bene, tu immagina cosa significhi per un uomo di mezza età tornare a casa da due figlie e una moglie e spiegare che non ha più un lavoro. Oggi Michele, essere umano, lavora in nero presso un mobilificio e tutti i giorni fa le consegne. Gianfranco, tu vieni con me e gli dici che “la Germania va meglio perché lì la gente lavora”. OK? Poi potremmo andare a parlare con i genitori degli imprenditori che si sono suicidati perché lo Stato era moroso con i figli; gli spiegheremo che l’Italia va peggio della Germania perché li c’è “gente che lavora”. Fatto questo, salutiamo anche Luisa, una donna che fa tre lavori per riuscire a pagare il mutuo, ad Ascoli. Tre! Non uno, tre, per avere uno stipendio normale. A queste persone gli spieghiamo che la Germania va bene poiché “…lì la gente lavora…”. Non posso garantire che rispondano tutti pacatamente.
Fatti i fondamentali, torniamo all’economia e Le do del Lei. Il suo ragionamento fa acqua da tutte le parti poiché, se lo utilizzassimo alla lettera – più si lavora meglio è – la locomotiva europea sarebbe ellenica, non tedesca, i cui lavoratori passano meno tempo di noi italiani in azienda e in ufficio. Conta molto di più la produttività per ora di lavoro, non la quantità di tempo in sé dedicata a una mansione, e una componente per aumentare la produttività sono gli investimenti pubblici, quelli che lo Stato italiano non può più fare. In base al suo ragionamento, i danesi sono dei falliti e noti come la differenza tra l’Italia e l’area euro non sia significativa. Da un Sottosegretario ci si attenderebbe un’analisi più profonda e suffragata dall’empirismo.
Fonte: http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/employment_unemployment_lfs/data/database (consultato il 5/12/2012)
Ho ascoltato con attenzione il suo intervento a Viterbo del 1° dicembre e mi permetta di commentarlo.
Ovviamente, Lei considera un successo lo spread a 308. Mi ha incuriosito notare come, nello stesso giorno [01/12/12, nda], l’Eurostat emanava un aggiornamento sui dati relativi alla povertà in Europa: “nel 2011, 119.6 milioni di persone, il 24.2% della popolazione nell’Unione europea a 27 Stati, erano a rischio di povertà o esclusione sociale; nel 2008 lo era il 23,5% della popolazione”. Mi viene da esclamare: meno male che l’Unione europea, a cui hanno dato il Nobel per la pace, e l’euro, siano un successo. Pensiamo se fossero state considerate un disastro dai nostri tecnici! Questo, Polillo, rende molto bene l’idea di come lo spread, sia un indicatore senza senso: i disperati aumentano, lo spread diminuisce. Comincio quasi a pensare che l’errore lo commetta io, interpretandolo in maniera distorta. Mi domando: e se lo spread fosse proprio un indicatore in base al quale peggio sta la gente, più bassi sono i salari, meno sono i lavoratori e meglio è, per Monti, per gli istituti finanziari e le élite che tessono la tela dell’euro? L’abbassamento dello spread non cambia niente, Polillo: abbiamo ancora la pistola puntata alla tempia, nulla è mutato! Tranne il fatto che qualcuno, nel frattempo, si è suicidato. Al prossimo starnuto che non piacerà alle élite, il dato tornerà ad alzarsi e il governo dovrà spingere sull’acceleratore per una nuova manovra lacrime e sangue: scommettiamo? Questo da noi, mentre gli Stati monetariamente sovrani non devono temere nulla. I declassamenti subiti da USA e Giappone non hanno prodotto conseguenze sugli interessi pagati sui loro bond e lo yen è, ad oggi, ancora la moneta-rifugio mondiale di riferimento.
Lei afferma che la Pubblica amministrazione debba comportarsi come una famiglia, cioè spendere solo basandosi sull’effettiva disponibilità finanziaria. Questo concetto è errato ed è causa sia di servizi pubblici inefficienti, poiché tenuti artificialmente in una situazione di indigenza istituzionalizzata per istillare nella mente delle persone che “privato è bello”, sia della perdita di posti di lavoro. Dobbiamo chiarire le idee che la mancata spesa significa un marciapiede in meno, è la mancata riparazione delle fogne, è una corsa di autobus non svolta. Il risparmio della spesa non è virtuoso, è omicida. Andiamo avanti. Lo Stato italiano si deve comportare come un qualsiasi nucleo familiare dal 2002 in poi, con l’introduzione dell’euro. Ricordiamo che, dal momento in cui Nixon decise di cessare la conversione di dollari in oro, gli Stati possono spendere la propria moneta illimitatamente e, essendo loro gli emettitori monopolistici della stessa, non devono comportarsi come me o Lei che siamo impossibilitati dall’incrementare il nostro conto corrente a piacimento. Chiaro? Lei definisce il debito pubblico italiano, in maniera dispregiativa, “…un masso enorme…”. Io lo definisco la nostra fortuna, poiché a quel debito pubblico corrisponde la nostra ricchezza finanziaria al centesimo. È grazie a quel “…masso enorme…” che sono state costruite tutte le infrastrutture fondamentali di questa nazione: la linea elettrica, telefonica, gli acquedotti, la rete ferroviaria e autostradale, porti e aeroporti, lavoro e progresso. Lo Stato, ripeto, è l’unico soggetto che può creare ricchezza finanziaria al netto, immettendola nel settore privato, non come le banche, alla cui creazione di un credito corrisponde sempre un debito da restituire. L’introduzione dell’euro sancisce l’impossibilità dello Stato di svolgere questo ruolo benefico, viene cosi a mancare l’attore fondamentale in grado di sostenere la domanda aggregata. Che cosa significa? Le fabbriche chiudono, aumentano le ore di cassa integrazione, cioè spesa a deficit negativa, aumenta il debito, le agenzie di rating ci declassano, ancora più difficile piazzare i bond, e cosi via, in una spirale senza fine che conduce all’emigrazione o alla povertà: benvenuti nell’euro! La sua idea di debito pubblico è grottesca: Lei non fa mai riferimento al fatto che uno Stato a moneta sovrana lo può rifinanziare in eterno senza problemi.
Rincarando la dose sottolinea come la crescita non possa più sostenerla lo Stato perché ”…prima ce lo potevamo permettere, adesso no, visto il nuovo contesto europeo” e aggiunge Lei “…i margini per fare deficit di bilancio, […] cioè per adottare politiche keynesiane, sono molto contenuti a causa degli accordi internazionali…”. Quindi Michele e Luisa, gente reale, devono soffrire perché alcuni accordi hanno mutato il contesto internazionale? Queste sono tesi criminali, che l’Italia torni sovrana, che l’Italia applichi subito la Mosler Economics – Modern Money Theory, cioè Keynes riportato nel 21° secolo a prescindere da qualsiasi trattato.
Insisto, Lei non conosce i rudimenti base della macroeconomia statale e questo La porta a temere che il problema dell’Italia sia il debito pubblico. Che un debito pubblico contenuto significhi tassi di interesse bassi sui titoli di Stato è errato. Il Giappone, con il più alto debito pubblico del mondo ha tassi di interesse prossimi allo zero. La Spagna è caduta ben prima di noi con debito pubblico/PIL al 70% (Italia 120%). Addirittura, la Bulgaria ha un rapporto debito pubblico/PIL inferiore al 20%, uno Stato super-virtuoso secondo gli assunti neoliberisti, eppure, per l’Eurostat, è la nazione con la più alta percentuale di persone povere e a rischio di esclusione sociale in Europa, il 49%. Il problema non è l’eccessiva spesa pubblica, ma, al contrario, proprio l’insufficiente ammontare di investimenti statali. Se una nazione volesse costruire 500 km di linee ferroviarie in 10 anni, cosa dovrebbe fare? Uno Stato monetariamente sovrano organizzerebbe un’asta al ribasso, per garantire efficienza e nessun sperpero inutile di denaro, e trasferirebbe con un computer i soldi necessari per acquistare il materiale e il lavoro eseguito dagli ingeneri e dagli operai qualificati. Quel denaro venuto dal nulla sarà accreditato sul c/c della ditta che eseguirà i lavori, tale somma versata dallo Stato permetterà di pagare gli stipendi che sosteranno a loro volta la domanda, quindi altri salari, lavoro, io pendolare usufruirò di nuovi binari, nuove tratte, meno ritardi e cosi via. Bello no!?! Ma Polillo afferma “…toglietevi dalla testa che la crescita la fa lo Stato” perché non capisce come spende un Paese monetariamente sovrano. La cifra emessa dallo Stato sovrano va restituita? No! Il debito pubblico è solo un esercizio contabile in cui lo Stato annota, annualmente, la differenza tra tasse e spesa. Nel mondo dei Sottosegretari, quello di Babbo Natale, esiste un’unica visione; lo Stato dovrebbe tentare di accaparrarsi il denaro sufficiente elemosinandolo dai mercati finanziari privati che decidono l’interesse. Questo prestito sarebbe si da ripagare stavolta, poiché non è creato dallo Stato. Che senso ha tutto questo? Perché complicarsi la vita? Se la moneta non è più legata all’oro, quale motivo conduce a rinunciare al benessere, alla prosperità, alla salvaguardia dell’ambiente? Per un’ideologia? Lei descrive il sistema euro come se fosse l’unico disponibile, mente, se adottassimo una moneta sovrana lo Stato potrebbe attuare programmi di lavoro garantito, e favorire l’iniziativa imprenditoriale privata nella migliore maniera possibile. Oggi io percepisco uno Stato che siede a braccia conserte mentre le imprese, i nostri gioielli, cessano di vivere o vengono svendute. L’Italia è una nazione che, prima a causa dello SME, oggi di Maastricht e dell’euro, sale su un ring con i polsi legati dietro la schiena.
Lei parla di “…spostamento decisionale effettivo…” dall’Italia verso l’Europa. Io non apprezzo questo trasferimento poiché vorrei che il Parlamento italiano fosse sovrano; oggi ci ritroviamo in una dittatura europea imposta «dall’alto». Ma chi ve l’ha chiesta? Lo chiedo a Lei e al suo collega Monti, che a Verona ha sentenziato che auspica la cessione di sovranità dell’Italia a organi sovranazionali. Cedere, cedere, cedere, io invece voglio una nazione padrona del suo destino.
Si vanta del fatto che l’Italia sia il primo Paese in Europa ad aver raggiunto il pareggio di bilancio; qui casca l’asino nuovamente caro Sottosegretario: non si può uscire da nessuna crisi se l’Italia non torna a spendere a deficit per sostenere la domanda aggregata, non c’è scampo. Il pareggio di bilancio, che avete inserito in Costituzione, non aumenta il potere d’acquisto e senza l’intervento statale la ricchezza privata, semplicemente, circola all’interno del settore in cui cittadini, banche e imprese si trovano. Oggi siamo nella situazione in cui la quantità di moneta non è sufficiente per sostenere la produzione di beni e servizi minima affinché sia garantita la piena occupazione. Viene da sé che l’unico sbocco potrebbe essere il settore estero, ma la competizione internazionale conseguente, indurrebbe una pressione al ribasso sui salari (deflazione), fattore che provocherebbe la riduzione dei nostri livelli di benessere. Aggiungo che Lei stesso sostiene che siano stati registrati solo due casi, nella storia economica italiana, di bilancio in pareggio. Non le pare ovvio che sia deleterio perseguire questa strategia, proprio mentre i Paesi avanzati vanno nella direzione opposta? Giappone e Usa, per esempio, hanno una spesa a deficit superiore all’8%.
La sua ricetta per la ripresa economica dell’Italia è mediocre. Lei sottolinea come la crescita dipenda da due aspetti: la riduzione dell’evasione fiscale e l’aumento delle ore di lavoro (ma è un suo chiodo fisso?!?). Sul pagamento delle tasse ho seri dubbi che gli italiani le evadano dal 2008 in poi, quindi non si spiega sia il boom economico sia come mai siamo entrati nel G8: siamo un popolo di evasori si o no? 30 anni fa eravamo dei santi sotto questo punto di vista? Non credo. Con la lira, l’evasione era un problema morale, non finanziario per il semplice motivo che prima le tasse servivano per contenere l’inflazione, risolvere i fallimenti del mercato e per imporre l’uso della moneta emessa monopolisticamente dallo Stato. Lei queste cose le ignora da ignorante qual è. Polillo, Lei realmente non capisce i fondamenti base della macroeconomia di uno Stato, eppure è Sottosegretario. Le sfugge totalmente la differenza tra uno Stato monetariamente sovrano e non, quindi non riesce a darsi una spiegazione sensata sui motivi della crisi. Lei stesso dice di sentirsi impotente e non in grado di dare delle risposte; Polillo, l’Italia ha ridenominato tutto il debito pubblico in una moneta che non controlla e questo genera i disastri che stanno avvenendo. Sono a Sua disposizione per il giro nell’Italia vera come accennavo all’inizio. À bientôt!