Nel primo articolo abbiamo visto come uno Stato a moneta sovrana, unico proprietario della moneta, spenda per primo immettendo denaro nel settore dei cittadini. Lo Stato crea la moneta dal nulla e la distribuisce ai privati in cambio di servizi, beni reali, mano d’opera, etc. etc. a differenza di uno Stato a moneta non sovrana che è invece costretto a prendere in prestito il denaro per poterlo spendere.
Come si inserisce, in questo contesto, il meccanismo delle TASSE?
Secondo la credenza più diffusa e del tutto priva di fondamento, le tasse servirebbero a finanziare le spese dello Stato. In altre parole un governo chiederebbe il denaro ai cittadini tramite l’imposizione fiscale e lo accumulerebbe per pagare successivamente le sue spese. Questo falso mito vede lo Stato comportarsi esattamente come una famiglia che ha bisogno di guadagnare/accumulare denaro PRIMA di poterlo spendere.
Pensiamoci bene: per quale motivo uno Stato, proprietario di una moneta, che può creare dal nulla come e quando vuole, dovrebbe chiederla in prestito ai cittadini? Inoltre, come potrebbe, il cittadino, pagare le tasse se qualcuno per primo non avesse immesso denaro all’interno del circuito monetario? Risulta evidente la presenza di una contraddizione in questo ragionamento.
Non c’è dubbio che lo Stato debba creare e spendere per PRIMO la moneta, accreditando i conti correnti dei privati, per poter in seguito eliminarla, qualora sia necessario, tramite la tassazione.
Chiarito questo punto, possiamo rispondere alla domanda: a cosa servono allora le tasse?
La tassazione, in uno Stato a moneta sovrana, svolge una triplice funzione:
1) Legittima l’esistenza e la funzione della moneta creata dallo Stato, perché sarà l’unica unità con cui poter pagare le tasse. In altre parole, se i cittadini sanno di dover pagare le tasse in una determinata valuta (in Corona svedese per esempio), questo automaticamente genera una domanda (richiesta) della valuta stessa e ciò ne impone l’utilizzo.
2) È utilizzata come drenaggio di liquidità: lo Stato toglie denaro al settore non governativo per diminuirne la capacità di spesa. Ciò è utile, in particolari circostanze, per mantenere stabile il livello dei prezzi e l’inflazione. Inoltre, utilizzando la leva fiscale, ovvero aumentando o diminuendo le tasse, un governo può controllare la propensione al risparmio e al consumo dei cittadini.
3) Ridurre o limitare le esternalità negative: tassare tutte quelle attività economiche che comportano un effetto negativo sull’ambiente o sulla popolazione. Un’attività economica particolarmente inquinante per esempio. Oppure favorire un comportamento virtuoso (esternalità positiva) come detassare gli interventi in edilizia che aumentano il risparmio energetico.
Detto questo abbiamo chiarito come la spesa di uno Stato a moneta sovrana non è mai vincolata alle entrate che sono decise in base alle politiche fiscali ritenute più adatte in un particolare momento storico, SUCCESSIVAMENTE alla spesa.
Da questi presupposti risulta chiaro che uno Stato a moneta sovrana non ha bisogno di essere gestito come una famiglia, cosa che invece sta accadendo per gli Stati ingabbiati nella zona Euro.
Come detto in precedenza, avendo perso la sovranità monetaria, uno Stato che non può creare la propria moneta è COSTRETTO a chiederla in prestito per finanziare la propria spesa!
In queste condizioni lo Stato è costretto a finanziarsi con l’indebitamento sui mercati dei titoli di stato o con le tasse, e spinto a “risparmiare” applicando i tagli alla spesa pubblica (sanità, istruzione, giustizia, etc. etc.).
In sintesi possiamo concludere come segue:
Mentre uno Stato a moneta sovrana (che emette la propria valuta) non ha bisogno di rivalersi sui cittadini per perseguire la propria politica economica e sociale, gli Stati dell’eurozona (che utilizzano la valuta Euro) sono costretti ad utilizzare le tasse come strumento per poter accumulare denaro utile alla propria spesa.